A 21 anni dalla legge che codificò il blocco

Moralmente e giuridicamente corretto rimane la totale revoca del blocco …

Sergio Alejandro Gomez http://www.cubahora.cu

Quando il 12 marzo 1996 il presidente William Clinton approvò la legge Helms-Burton, circondato da importanti figure dell’ultra destra anti cubana di Miami, cedette una parte considerevole delle prerogative che aveva sbandierato la Casa Bianca per gestire la propria politica verso Cuba da che John F. Kennedy impose il blocco totale, nel gennaio 1962.

Clinton regalò la penna con cui firmò la legge a Jorge Mas Canosa, l’allora presidente della Fondazione Nazionale Cubano-Americana, il quartier generale, in Florida, degli atti terroristici e della sovversione contro Cuba.

Era chiaro coloro che avevano annotato una vittoria.

I sostenitori della linea dura contro la Rivoluzione erano certi che la Legge per la Libertà Cubana e la Solidarietà Democratica (LIBERTAD), il suo cinico nome ufficiale, sarebbe stata la stoccata finale contro il progetto politico e sociale che avevano sovranamente scelto, i cubani, nel 1959.

“E’ tempo di stringere le viti”, disse Jesse Helms, uno dei patrocinatori del progetto, al presentarlo al Comitato Relazioni Esteri del Senato, che egli presiedeva. Dan Burton, che lo sosteneva dal sottocomitato dell’Emisfero Occidentale della Camera dei Rappresentanti, affermò, da parte sua, che sarebbe stato “l’ultimo chiodo nella bara” di Fidel Castro.

L’iniziativa legislativa passava per gli emicicli del Congresso, dal febbraio 1995, con un ambiente favorevole dato il dominio repubblicano di entrambe le camere.

Ma la scusa dell’amministrazione democratica per fare il passo finale e approvare la legge Helms-Burton, quasi in modo spedito, fu la risposta, di Cuba, alla ripetuta violazione della sua sovranità dai parte del gruppo Hermanos al Rescate.

Il 24 febbraio 1996 furono abbattuti, in acque territoriale cubane, due aerei del gruppo guidato da José Basulto, un personaggio che riconobbe, poco dopo, davanti ai media, che era stato “addestrato come terrorista, dagli USA, nell’uso della violenza per raggiungere determinati obiettivi”.

Le ripetute incursioni nel territorio nazionale degli Hermanos al Rescate, prontamente denunciate da Cuba alle autorità statunitensi, violavano tutte le norme internazionali e mettevano in pericolo la sicurezza dei cittadini cubani.

L’atmosfera di ostilità, a Miami, in pieno anno elettorale -con Clinton alla ricerca della rielezione- e l’equilibrio delle forze sfavorevole nel Congresso, completavano uno scenario avverso per le forze moderate che, all’interno dell’amministrazione democratica, scommettevano su un approccio, verso Cuba, con metodi meno frontali.

“Approvare la legge fu buono in un anno elettorale in Florida, ma minò ogni opportunità che potessi aver tenuto di togliere l’embargo, in un secondo mandato, in risposta a cambi positivi dentro Cuba”, scrisse l’ex presidente nelle sue memorie.

Sotto quattro chiavi

La Helms-Burton, che era una compilazione di vari progetti contro Cuba, in transito al Congresso, generò allarme non tanto per immischiarsi negli affari interni di un paese indipendente, che non aveva aggredito gli USA, ma per l’incostituzionalità di diversi paragrafi e le possibili complicazioni derivanti dalla loro applicazione extraterritoriale.

“Sicuramente è una legge fuori dal comune”, dice l’avvocato di Washington, Robert Muse, che ha una vasta esperienza nello studio del quadro giuridico degli USA verso Cuba.

Musa considera che si tratta di una eccezione, tra l’altro, per il modo in cui viola il diritto internazionale, includendo la sua portata extraterritoriale nell’interferire col commercio di Cuba con altri paesi. Sottolinea, inoltre, la trasgressione del principio di sovranità e della giurisdizione interna delle nazioni per cercare di cambiare il sistema politico cubano. “Questo è proprio il suo obiettivo dichiarato”.

“E l’altro elemento di violazione è che cerca di legiferare, per Cuba, in termini di definire di ciò che è la democrazia, tra cui il divieto di partecipazione di Fidel e Raul in un governo a Cuba”, aggiunge.

La legge stessa è composta da quattro capitoli. Il primo è progettato per rafforzare le misure di blocco e cerca la sua internazionalizzazione, anche se, già allora, l’Assemblea Generale dell’ONU si era pronunciata, in gran parte, contro tale politica di aggressione.

Il secondo è un piano dettagliato di restaurazione del capitalismo, a Cuba, diretto dagli USA una volta che si raggiungano gli obiettivi del primo capitolo. Definisce i passi che dovrebbero essere adottati per soddisfare le aspettative di Washington, tra cui, tra altri molti aspetti, lo scioglimento del Ministero degli Interni, del movimento operaio cubano e la integrale compensazione (in un’interpretazione unilaterale dei termini) in tutti i presunti danneggiati dalle nazionalizzazioni di proprietà all’inizio della Rivoluzione.

Il terzo e quarto capitolo furono quelli che sollevarono più irritazione a livello globale per essere violatori di norme fondamentali del diritto internazionale e per il loro impatto sugli interessi economici di altre potenze. In essi si dà il diritto di citare in giudizio contro coloro che “trafficano” (un concetto tirato per i capelli, per l’occasione) con le proprietà nazionalizzate e la possibilità di negare i visti d’ingresso, negli USA, a cittadini di paesi terzi che incorrono in queste presunte violazioni.

Mentre il terzo capitolo, dall’ epoca di Clinton, è religiosamente prorogato per periodi di sei mesi (sebbene non del tutto abrogato cosa che lo tiene in attesa di applicazione), il quarto capitolo sì è entrato in vigore in determinati casi.

Diversi paesi europei, Canada, Messico, tra altri, si videro obbligati ad approvare leggi antidoto per blindarsi contro l’extraterritorialità USA ed evitare possibili danni ai loro interessi.

“Come tutta la matassa pseudo legale che formano il blocco, la Helms-Burton è una mostruosità che pretende coprire legalmente una volontà politica che manca di sostegno giuridico nell’ordine internazionale”, dice Rodolfo Dávalos, professore titolare presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università de L’Avana.

La codificazione del blocco

Al di là dei suoi obiettivi interventisti, la Legge Helms-Burton introdusse un cambio che, due decenni più tardi, segna ancora le relazioni tra Cuba e USA.

“Non si propose solo stringere, un po’ più, il dado del blocco, ma eternizzarlo, cioè, rendere molto più difficile che potesse essere eliminato dall’Esecutivo, fino a quando non si fosse raggiunto l’obiettivo centrale di rovesciare la Rivoluzione”, segnala Davalos.

L’anche presidente del Tribunale Cubano di Arbitraggio Commerciale Internazionale assicura che si cercò “codificare” la complesso matassa che conformano le varie disposizioni che attuano la politica di aggressione verso l’isola. “Si elevò alla categoria normativa di Legge tutte le precedenti norme, regole, regolamenti ed ordini presidenziali adottati, dal 1962, in relazione al blocco imposto a Cuba, a prescindere dalla gerarchia normativa”.

Secondo Robert Muse, gli autori della legge ed i congressisti cubano-americani che l’hanno appoggiata, come Lincoln Diaz-Balart, volevano allontanare dalla figura del presidente ogni autorità riguardante la politica verso Cuba per lasciarla nelle loro mani.

Porte di servizio

Ma Muse considera che commisero un grave errore e lasciarono aperte diverse porte per l’azione presidenziale.

Addirittura Clinton, quando stava firmando la legge, si accorse degli inconvenienti di ammanettare l’Esecutivo per dirigere, come è sua responsabilità mediante delega del Congresso, le relazioni estere USA.

“Secondo la Costituzione, interpreto la legge (la Helms-Burton), nel senso che essa non abroga l’autorità presidenziale di condurre la politica estera” riferisce un comunicato ufficiale del suo ufficio il 12 marzo 1996.

“Quando la Helms-Burton convertì l’embargo (blocco) esistente in legge, anche trasformò in legge l’autorità presidenziale di emettere licenze e di fare eccezioni all’embargo (blocco)” assicura William Leogrande, professore alla American University di Washington e autore del libro ‘Canali segreti verso Cuba: La storia segreta dei negoziati tra Washington e l’Avana’.

Questa opinione è condivisa da diversi specialisti, sia cubani che statunitensi, intervistati da questo giornale.

Sebbene gli scenari giuridici sono vaghi anche per gli esperti, la questione chiave sarebbe che alcune legislazioni si sovrappongono ad altre, nel corso degli anni, ma non si annullano. In modo tale che sono ancora in vigore, nella politica verso Cuba, i poteri della Legge di Assistenza all’Estero, del 1961, così come alcune delle disposizioni della Legge sul Commercio con il Nemico, risalente al 1917, le stesse che rafforzano, dal 1962, i dipartimenti del Commercio e del Tesoro per gestire l’applicazione, in concreto, del blocco.

Cuba è l’unico paese che, oggi, è soggetto alle norme della fine della I Guerra Mondiale, ed il presidente USA rinnova, annualmente, l’inclusione dell’isola. Ma, anche se sembra contraddittorio, in tale atto sta difendendo le sue prerogative di agire e trasformare la politica verso Cuba.

E questo è esattamente ciò che Obama ha fatto dallo scorso 17 dicembre, con tre giri di misure che hanno modificato alcuni aspetti del blocco, mentre rimane ancora in vigore la maggior parte delle politiche e delle misure di aggressione.

Gli analisti concordano sul fatto che si potrebbe fare molto di più.

“Tra i temi più importanti sono il divieto di utilizzare il dollaro, da parte di Cuba, nelle transazioni internazionali, che le imprese nazionali possano esportare verso gli USA e che si tolgano i divieti per fare affari con le aziende statali” riferisce il professore e ricercatore cubano Carlos Alzugaray.

Circa la questione degli investimenti, un altro dei punti chiave discussi, oggi, le opinioni sono anche diverse. Da qui l’aspettativa che ha generato l’inedita autorizzazione dell’Ufficio di Controllo degli Attivi Stranieri alla società Cleber LLC, per avviare le relative procedure, a Cuba, per la costruzione di una fabbrica di trattori in Mariel.

Stephen Prost -membro dello studio legale Hogan Lovells a Washington e autore di una influente relazione, del 2011, sul potere esecutivo per modificare le sanzioni economiche contro Cuba- ritiene che il presidente ha ampi poteri per approvare ulteriori licenze affinché società USA effettuino investimenti sull’isola, anche se soggette a certe restrizioni legali (come il caso di transazioni con proprietà nazionali), sempre che si dimostri che sarà in “sostegno al popolo cubano”.

“Posso immaginare molti tipi di investimenti che soddisfano questi criteri in settori quali telecomunicazioni, agricoltura, medicina, energia, infrastrutture, istruzione, viaggi, attività culturali, sport e divertimento” aggiunge.

Sebbene il presidente può ancora fare molto di più, conclude Rodolfo Davalos, moralmente e giuridicamente corretto rimane la totale revoca del blocco, per essere in violazione del diritto internazionale.

Ma questo, a causa della legge che fu firmata 21 anni fa, solo lo può fare il Congresso.


A 21 años de la ley que codificó el bloqueo

Lo moral y jurídicamente correcto sigue siendo el levantamiento total del bloqueo…

SERGIO ALEJANDRO GÓMEZ

Cuando el 12 de marzo de 1996 el presidente William Clin­ton aprobó la Ley Helms-Burton, rodeado de importantes figuras de la ultraderecha anticubana de Miami, cedió una parte considerable de las prerrogativas que había ostentado la Casa Blanca para ma­nejar su política hacia Cuba desde que John F. Kennedy impusiera el bloqueo total en enero de 1962.

Clinton le regaló el lapicero con que firmó la ley a Jorge Mas Canosa, el entonces presidente de la Fundación Nacional Cu­bano-Americana, el cuartel general en la Florida de los actos terroristas y la subversión contra la Isla.

Quedaba claro quiénes se habían anotado una victoria.

Los defensores de la línea dura contra la Revolución estaban seguros de que la Ley para la Libertad Cubana y la Solidaridad Democrática (LIBERTAD), su cínico nombre oficial, sería la estocada final contra el proyecto político y social que habían escogido soberanamente los cubanos en 1959.

“Es hora de apretar los tornillos”, dijo Jesse Helms, uno de los patrocinadores del proyecto, al presentarlo en el Comité de Relaciones Exteriores del Senado que él presidía. Dan Burton, quien lo respaldaba desde el subcomité del Hemisferio Occi­dental de la Cámara de Representantes, afirmó por su parte que sería “el último clavo en el ataúd” de Fidel Castro.

La iniciativa legislativa transitaba por los hemiciclos del Con­greso desde febrero de 1995 con un ambiente favorable dado el dominio republicano de ambas cámaras.

Pero la excusa de la administración demócrata para dar el paso final y aprobar la Helms-Burton casi de manera expedita fue la respuesta de Cuba ante la reiterada violación de su soberanía por parte de la agrupación Hermanos al Rescate.

El 24 de febrero de 1996 fueron derribados en aguas territoriales cubanas dos aviones del grupo dirigido por José Basulto, un personaje que reconoció poco después ante los medios de prensa que había sido “entrenado como un terrorista por Es­tados Unidos en el uso de la violencia para lograr determinados objetivos”.

Las repetidas incursiones en territorio nacional de los aviones de Hermanos al Rescate, denunciadas oportunamente por Cuba a las autoridades estadounidenses, violaban todas las normas internacionales y ponían en riesgo la seguridad de ciudadanos cubanos.

El ambiente de hostilidad en Miami en pleno año electoral —con Clinton buscando la reelección— y el balance de fuerzas desfavorable en el Congreso, completaban un escenario adverso para las fuerzas moderadas que, dentro de la administración demócrata, apostaban por un acercamiento hacia Cuba con métodos menos frontales.

“Aprobar la ley fue bueno en un año electoral en la Florida, pero minó cualquier oportunidad que pudiera haber tenido de levantar el embargo en un segundo mandato en respuesta a cambios positivos dentro de Cuba”, escribió el exmandatario en sus memorias.

BAJO CUATRO LLAVES

La Helms-Burton, que era una compilación de distintos proyectos contrarios a Cuba en tránsito por el Congreso, generó alarma no ya por inmiscuirse en los asuntos internos de un país independiente que no había agredido a Estados Unidos, sino por la inconstitucionalidad de varios acápites y las posibles complicaciones derivadas de su aplicación extraterritorial.

“Sin duda es una ley fuera de lo normal”, opina el abogado radicado en Washington Robert Muse, quien tiene una am­plia experiencia en el estudio del entramado legal de Estados Unidos hacia Cuba.

Muse considera que es una excepción, entre otros elementos, por la forma en que viola la ley internacional, incluyendo su alcance extraterritorial al interferir el comercio de la Isla con otros países. Destaca además la transgresión del principio de soberanía y la jurisdicción interna de las naciones al intentar cambiar el sistema político cubano. “Este es precisamente su objetivo declarado”.

“Y el otro elemento violatorio es que intenta legislar por Cuba en términos de definir qué es la democracia, incluyendo la prohibición de la participación de Fidel y Raúl en un gobierno en Cuba”, añade.

La ley en sí está compuesta por cuatro capítulos. El primero está diseñado para fortalecer las medidas de bloqueo y busca su internacionalización, a pesar de que para entonces ya la Asamblea General de la ONU se había pronunciado mayoritariamente en contra de esa política de agresión.

El segundo es un plan detallado de la restauración del capitalismo en Cuba dirigido desde Estados Unidos una vez que se logren los objetivos del primer capítulo. Estipula los pasos que tendrían que darse para cumplir las expectativas de Washing­ton, incluido entre muchos otros aspectos la disolución del Ministerio del Interior, del movimiento obrero cubano y la compensación íntegra (en una interpretación unilateral de los términos) a todos los supuestos afectados por las nacionalizaciones de propiedades al comienzo de la Revolución.

El tercer y cuarto capítulo fueron los que levantaron mayor escozor a nivel global por ser violatorios de normas básicas del derecho internacional y por su impacto en los intereses económicos de otras potencias. En ellos se da derecho a establecer juicios contra quienes “trafiquen” (un concepto traído por los pelos para la ocasión) con las propiedades nacionalizadas y la posibilidad de negar visas de entrada a Estados Unidos a los ciudadanos de terceros países que incurran en esas supuestas violaciones.

Mientras el tercer capítulo, desde la época de Clinton, es religiosamente prorrogado por periodos de seis meses (si bien no derogado por entero lo que lo mantiene pendiente de aplicación), el capítulo cuarto sí ha entrado en vigor en determinados casos.

Varios países europeos, Canadá, México, entre otros, se vieron obligados a aprobar leyes antídoto para blindarse ante la extraterritorialidad estadounidense y evitar posibles daños a sus intereses.

“Como toda la madeja seudolegal que conforma el bloqueo, la Helms-Burton es un engendro que pretende revestir legalmente una voluntad política que carece de respaldo jurídico en el orden internacional”, opina Rodolfo Dávalos, profesor titular de la Facultad de Derecho de la Universidad de La Habana.

LA CODIFICACIÓN DEL BLOQUEO

Más allá de sus objetivos injerencistas, la Ley Helms-Burton introdujo un cambio que dos décadas después sigue marcando las relaciones entre Cuba y Estados Unidos.

“No se propuso solamente apretar un poco más la tuerca del bloqueo, sino eternizarlo, o sea, hacer mucho más difícil que pudiera ser levantado por el Ejecutivo, hasta tanto no se lograra el objetivo central de derrocar la Revolución”, señala Dávalos.

El también presidente de la Corte Cubana de Arbitraje Comercial Internacional asegura que se buscó “codificar” la compleja madeja que conforman las distintas disposiciones que instrumentan la política de agresión hacia la Isla. “Se elevó a la categoría normativa de Ley a todas las anteriores normas, regulaciones, reglamentos y órdenes presidenciales adoptadas desde 1962 con relación al bloqueo impuesto a Cuba, sin distinción de jerarquía normativa”.

Según Robert Muse, los autores de la ley y los congresistas cubano-americanos que la respaldaron, como Lincoln Díaz-Balart, querían alejar de la figura del presidente toda autoridad respecto a la política hacia Cuba para dejarla en sus manos.

PUERTAS TRASERAS

Pero Muse considera que cometieron un grave error y dejaron abierta varias puertas para la acción presidencial.

Incluso Clinton, cuando estaba firmando la ley, se percató de los inconvenientes de maniatar al Ejecutivo para dirigir, co­mo es su responsabilidad por delegación del Congreso, las relaciones exteriores de los Estados Unidos.

“De acuerdo con la Constitución, interpreto la ley (la Helms-Burton) en el sentido de que no deroga la autoridad presidencial de conducir la política exterior”, refiere un comunicado oficial de su despacho con fecha 12 de marzo de 1996.

“Cuando la Helms-Burton convirtió el embargo (bloqueo) existente en ley, también transformó en ley la autoridad presidencial de emitir licencias y hacer excepciones al embargo (bloqueo)”, asegura William LeoGrande, profesor de la Univer­sidad Americana de Washington y autor del libro Canales se­cretos hacia Cuba: La historia secreta de las negociaciones entre Washington y La Habana.

Esta opinión es compartida por varios especialistas tanto cubanos como estadounidenses consultados por este diario.

Aunque los trasfondos legales son difusos incluso para los entendidos, la clave del asunto radicaría en que unas legislaciones se sobreponen sobre las otras a lo largo de los años, pero no se anulan. De tal manera que aún están en vigor, en la política hacia Cuba, las potestades de la Ley de Asistencia al Exterior de 1961, así como algunas de las estipulaciones de la Ley de Comercio con el Enemigo que data de 1917, las mismas que empoderan desde 1962 a los departamentos de Comercio y del Tesoro para manejar la aplicación del bloqueo en la práctica.

Cuba es el único país en la actualidad que está sujeto a la normativa de finales de la Primera Guerra Mundial, y el mandatario de los Estados Unidos renueva anualmente la inclusión de la Isla. Pero, aunque parezca contradictorio, en ese acto está defendiendo sus prerrogativas para actuar y transformar la política hacia Cuba.

Y eso es precisamente lo que ha venido haciendo Obama desde el pasado 17 de diciembre, con tres rondas de medidas que han modificado algunos aspectos del bloqueo, mientras aún se mantiene en vigor el grueso de las políticas y medidas de agresión.

Los analistas concuerdan en que podría hacer mucho más.

“Entre los temas más importantes están la prohibición de usar el dólar por parte de Cuba en las transacciones internacionales, que las empresas nacionales puedan exportar hacia Estados Unidos y que se quiten las prohibiciones para hacer negocios con empresas estatales”, refiere el profesor e investigador cubano Carlos Alzugaray.

En cuanto al asunto de las inversiones, otro de los puntos claves que se debaten en la actualidad, las opiniones también son diversas. De ahí la expectativa que ha generado la inédita autorización de la Oficina de Control de Activos Extranjeros a la empresa Cleber LLC, para que inicie los trámites pertinentes en Cuba respecto a la construcción de una fábrica de tractores en el Mariel.

Stephen Prost —miembro de la firma de abogados Hogan Lovells de Washington y autor de un influyente informe del año 2011 sobre la autoridad ejecutiva para modificar las sanciones económicas contra Cuba— opina que el presidente tiene una amplia autoridad para aprobar licencias adicionales para que entidades norteamericanas hagan inversiones en la Isla, aunque sujetas a ciertas restricciones legales (como el caso de las transacciones con propiedades nacionales), siempre que se pruebe que será en “apoyo al pueblo cubano”.

“Puedo imaginar muchas clases de inversiones que cumplan esos criterios en áreas como telecomunicaciones, agricultura, medicina, energía, infraestructura, educación, viajes, actividades culturales, deportes y entretenimiento”, añade.

Si bien el presidente puede aún hacer mucho más, concluye Rodolfo Dávalos, lo moral y jurídicamente correcto sigue siendo el levantamiento total del bloqueo, por ser violatorio del derecho internacional.

Pero eso, debido a la ley que se firmó hace 21 años, solo lo puede hacer el Congreso.

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