Venezuela: destre cercano il golpe modello rivoluzioni colorate

di Geraldina Colotti* – il Manifesto

«Ripristinare l’ordine costituzionale in Venezuela». Questo l’imperativo di Trump, ripreso dal Segretario generale dell’OSA, Luis Almagro, dopo lo scontro di poteri tra l’Alta corte e il Parlamento governato dalle destre. Ma allora – a rigor di logica – quella bolivariana era a tutti gli effetti una democrazia e non una «dittatura castro-madurista» come sostengono le destre…

E PROPRIO la vivacità del dibattito tra i 5 poteri dello Stato sta lì a dimostrarlo. Che la questione in campo non sia la difesa della «democrazia», ma il controllo delle risorse petrolifere e il ruolo di Russia e Cina nelle imprese miste venezuelane, è parso chiaro dal colpo di mano compiuto da Almagro e dai paesi neoliberisti nella notte di lunedì. Il segretario uruguayano ha convocato una nuova riunione d’urgenza per applicare a Caracas le sanzioni previste dalla Carta democratica interamericana e imporre al governo Maduro l’agenda voluta dalle destre.

BOLIVIA E HAITI, a cui tocca la presidenza pro-tempore e la vicepresidenza del Consiglio Permanente dell’OSA, non hanno approvato la riunione. Il loro parere è stato però ignorato, e il gruppo si è riunito ugualmente, diretto dall’Honduras, fra le proteste dei paesi progressisti. In quella sede è stato approvato un testo in cui si afferma che in Venezuela esiste una «grave alterazione costituzionale dell’ordine democratico» e si chiede a Maduro di ristabilire «la piena autorità» del Parlamento, governato dalle destre. La dichiarazione non è stata votata, ma approvata «a maggioranza» dei presenti (17 su 21 Stati presenti e 4 astenuti).

«UN GOLPE istituzionale», hanno denunciato la Bolivia e il Venezuela, che accusano l’OSA di essersi trasformato in un tribunale d’Inquisizione contro Caracas. Di sicuro un fatto assai anomalo nella storia dell’organismo con sede a Washington. Con quale autorevolezza può dirimere le contingenze un organismo che non rispetta le sue stesse procedure? Ma, d’altro canto, in prima fila a dar lezione di democrazia, vi è il gruppo ora egemone nel Mercosur, da cui è stato sospeso il Venezuela: Brasile, Argentina e Paraguay. Il governo Temer è frutto di un golpe istituzionale contro Dilma Rousseff. Temer è indagato per finanziamenti illeciti, il principale accusatore di Rousseff è stato condannato a 15 anni, molti ministri sono inquisiti. L’Argentina di Macri sta calpestando il diritto al lavoro e alla salute. Il governo del Paraguay, erede del golpe istituzionale contro Fernando Lugo, è al centro di una crisi istituzionale che ha provocato un morto, devastazioni e feriti. E diversi partiti hanno chiesto all’OSA di applicare la Carta Democratica Interamericana al Paraguay. Il mondo al rovescio? No, grandi interessi geopolitici.

«TRUMP è il vero difensore del popolo venezuelano», ha dichiarato d’altronde Lilian Tintori al ritorno da Washington dove i deputati di opposizione hanno chiesto al presidente USA di intervenire nel loro paese, e poi hanno votato in Parlamento la richiesta. Tintori è la moglie del leader di Voluntad Popular, Leopoldo Lopez, in carcere per le violenze del 2014. Vp è un partito di estrema destra, eppure ha ottime entrature a tutto tondo, negli Usa e in Europa… Se in Venezuela i prezzi sono alle stelle, se il paese sarebbe alla fame e in crisi umanitaria, dove trovano i soldi per girare il mondo questi personaggi?

IERI, a Cacaras, si sono svolte due manifestazioni contrapposte: quella dell’opposizione ha cercato invano di raggiungere il centro di Caracas, che è stato proibito dal 2014, quando sono scoppiati scontri e devastazioni, durati mesi. Forti dell’appoggio internazionale, i deputati di opposizione ora vogliono destituire i magistrati del Tribunal Supremo de Justicia. Resta, però, una sentenza dell’Alta corte che ha dichiarato il Parlamento «en desacato» (in ribellione) per aver voluto accreditare tre deputati dello Stato Amazonas eletti con frode. La manifestazione chavista ha portato in piazza grandi numeri contro le ingerenze esterne. Maduro ha convocato gli organismi popolari per discutere se sia il caso di uscire dall’OSA. Il dibattito ferve.

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