Mangusta non mangia coccodrillo (parte I)

Fabián Escalante Font  https://lapupilainsomne.wordpress.com

Prossimamente si compieranno i 55 anni della “crisi di ottobre” o “crisi dei missili sovietici a Cuba del 1962”, che fu preceduta dalla “operazione Mangusta”, il progetto sovversivo e terroristico di maggior dimensione e portata che il governo USA, e tutte le sue Agenzie, avessero intrapreso sino ad allora. Tuttavia, nella memoria di studiosi ed analisti del tema è rimasto solo l’episodio dei missili e le sue conseguenze, senza spiegare o comprendere quali furono le cause e le origini di quel conflitto che pose il mondo sull’orlo dell’olocausto nucleare. Pertanto, con questo articolo, iniziamo una serie di testi per analizzare quegli eventi e porli nella giusta dimensione storica, politica ed operativa.

Il titolo allude, in modo immaginario, al combattimento tra due potenti animali, la mangusta USA con tutte le risorse materiali, militari e scientifico tecniche a sua favore ed il coccodrillo cubano, che sommerso in acqua e armato con le sue poderose fauci, cavalcato da Fidel, sarebbe diventato invincibile, sconfiggendoli di nuovo.

Il 30 novembre 1961 il presidente John F. Kennedy, in funzione del suggerimento della Commissione Taylor approvò il Progetto Cuba o Operazione Mangusta, un vasto programma sovversivo che, con la partecipazione di quasi tutti gli organismi governativi USA, perseguiva il rovesciamento del governo cubano. All’unisono, il Dipartimento della Difesa ricevette l’ordine di includere nei suoi piani di guerra l’isola caraibica. Le principali città cubane furono collocate nel mirino dei potenti missili nucleari USA. Il generale Edward Lansdale, [1] uno specialista del Pentagono in guerra contro-insurrezionale, fu designato a dirigere la nuova operazione, mentre fu creato all’interno del Consiglio di Sicurezza Nazionale un gruppo speciale (SAG), sotto il comando diretto del procuratore generale Robert Kennedy, incaricato di approvare, monitorare e controllare le azioni.

Alla fine del 1961, il “fronte interno” era demoralizzato e gravemente colpito dagli arresti e colpi propinati dalla Sicurezza cubana. Avevano visto dissolvere le speranze di abbattere la Rivoluzione dopo i fallimenti delle operazioni CIA Patty e Liborio. I suoi dirigenti cominciarono a studiare l’alternativa di ripiegare, in alcuni casi, ed in altri di abbandonare la lotta. In breve, ragionavano, se i nordamericani con tutte le loro forze, nulla avevano potuto contro la Rivoluzione, loro, con le poche forze che gli rimanevano, senza soldi e risorse, poteva fare ben poco.

Le principali organizzazioni controrivoluzionarie, tra cui si trovavano i “Movimenti” di Recupero Rivoluzionario (MRR), il Rivoluzionario del Popolo (MRP), di Soccorso, Democratico Cristiano (MDC), Montecristi, il Direttorio Rivoluzionario Studentesco (DRE) ed altri erano attraversati da una crisi di comando e di forze per continuare i loro programmi sovversivi. L’essenziale: avevano perso la fiducia nel potere, fino ad allora incontrastato, degli USA. A Miami circolavano voci di tutti i tipi e si giustificavano fallimenti e sconfitte con la scusa dell’inesperienza presidenziale. Nuvole nere aleggiavano sulla controrivoluzione cubana e tale sconforto, come i venti del nord invernali che interessano il clima dell’isola, giunse alle sue coste.

La controrivoluzione era disorganizzata, ma il governo USA non voleva prenderne atto e tutti i giorni esigeva nuove azioni contro Cuba. Da Miami, nonostante ricevere informazioni quotidiane sulla situazione venutasi a creare e sullo stato regnante a Cuba, la CIA non perdeva occasione per organizzare nuove infiltrazioni, bombardamenti e sabotaggi. Gli esempi avanzano: l’assassinio del lavoratore Ruben Lopez Sabariego nella base navale USA di Guantanamo; la distruzione da parte di un comando della CIA di un ponte ferroviario ed un magazzino di zucchero nella provincia di Oriente; gli omicidi di Manuel Ascunce, un giovane alfabetizzatore e del contadino Pedro Lantigua, da parte di bande di ribelli nell’Escambray, e lo svolgimento di diversi bombardamenti aerei contro zuccherifici, azioni attuate nel corso degli ultimi mesi del 1961. Cercavano così di ossigenare il ‘fronte interno’ affinché servisse, di nuovo, come “cava” per i piani che stavano ricomponendosi a Washington.

Il generale Lansdale, che fungeva da capo di Stato Maggiore di Mangusta, riassunse in un documento elaborato il 19 febbraio 1962 le intenzioni degli USA riguardo la guerra che si proponevano contro Cuba:

“Di base l’operazione deve portare come conseguenza la sollevazione del popolo cubano […] la sollevazione ha bisogno di un movimento di azione fortemente motivato dal punto di vista politico a Cuba, in modo che si generi la ribellione, si orienti verso il raggiungimento dell’obiettivo e si tragga profitto al momento culminante. Le azioni politiche saranno assistite dalla guerra economica, con l’obiettivo di provocare che il regime comunista fallisca nel compito di soddisfare le esigenze economiche di Cuba; saranno anche appoggiate da operazioni psicologiche, che faranno sì che il risentimento delle persone contro il regime sia ogni giorno maggiore e saranno soccorsi dai gruppi militari che si incaricheranno di dare al movimento popolare un’arma di azione per il sabotaggio e la resistenza armata a sostegno degli obiettivi politici […] La fase di preparazione deve culminare nell’organizzazione delle azioni politiche nei siti chiave all’interno dell’isola, con propri mezzi di comunicazioni interni, la sua propria voce per le operazioni psicologiche e la sua propria arma di azione (piccoli gruppi guerriglieri, di sabotaggi, etc.). Questo deve avere l’appoggio favorevole del popolo cubano e far sì che il fatto si conosca all’estero. L’ambiente della sollevazione arriverà come risultato di un’azione minacciosa da parte del popolo contro un’azione di governo (causata da un qualche incidente) o come conseguenza di una divisione nel sistema di quadri dirigenti all’interno del regime, o per entrambi i motivi [… ] Il movimento popolare trarrà profitto da questa situazione, avviando una aperta rivolta. Si occuperanno e prenderanno determinate aree. Se fosse necessario, il movimento popolare chiederà aiuto alle nazioni libere dell’emisfero occidentale. Se fosse possibile agli USA, che in accordo con altre nazioni americane offriranno un aperto sostegno alla sollevazione dei cubani; tale supporto includerà la forza militare, se necessario”. [2]

Mangusta includeva un programma di attività che iniziava in marzo e si concludeva nell’ottobre 1962, quando “il necessario supporto militare”, avrebbe deciso -secondo i piani- il destino della Rivoluzione.

Dopo aver stabilito gli obiettivi generali e tracciato il calendario di lavoro, come se si trattasse di una programmazione in corso, il SAG (Gruppo Speciale Ampliato del Consiglio di Sicurezza, il suo acronimo in inglese) approvò in linee guida indipendenti le missioni aventi priorità, che alla fine inclusero 33 compiti relazionati ad azioni terroriste, sovversive, militari, diplomatiche, di blocco economico, politico e commerciale, guerra psicologica e batteriologica -quest’ultima finalizzata a far ammalare mediante l’introduzione di un parassita, i lavoratori dello zucchero e sabotare così il principale beneficio economico del paese.

Nel contesto di questo piano, il Dipartimento di Stato aveva le sue missioni molto ben definite. Alla fine di gennaio, Cuba era espulsa dalla Organizzazione degli Stati Americani (OSA) in conformità con l’ordine ricevuto dagli USA; il 3 febbraio il presidente John Kennedy decretava il blocco economico. Il giorno 20, Walter Rostow, consigliere del presidente, richiese ai membri dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) tener conto delle decisioni dell’ OSA contro Cuba al momento di formulare le sue politiche. Si chiese, agli alleati, di vietare il commerciali volontario di materiali strategici con Cuba e ridurre, in generale, il commercio con il paese.

Settimane dopo, il SAG confermò il calendario delle azioni per Mangusta. La sua sola lettura proietta chiaramente i suoi scopi e, soprattutto, quale era l’ultimo atto di quel progetto infernale:

Marzo: inizio delle azioni.

Aprile-Luglio: rafforzamento delle attività clandestine.

1 agosto: scatenare i meccanismi per la sollevazione.

Agosto-Settembre: aumento delle azioni sovversive.

Ottobre: ​​rivolta generalizzata.

Fine ottobre: ​​ricostruzione del governo cubano [3].

Il 3 marzo il presidente Kennedy approvò con ordine esecutivo l’Operazione Mangusta e la sua sequenza di attività. Due dei suoi paragrafi qualificano in modo schiacciante gli obiettivi e le intenzioni del governo USA di allora:

“Nel tentativo di provocare il rovesciamento del governo segnalato, gli USA faranno uso delle risorse native, interne ed esterne, pur riconoscendo che il successo finale richiederà un decisivo intervento militare.

“Dette risorse native saranno utilizzate come sono sviluppate, per preparare e giustificare questo intervento e, a partire da quel momento, sostenere e facilitare lo stesso. [4]

In precedenza, il 19 gennaio 1962 si era svolta una riunione presso gli uffici di Robert Kennedy per analizzare tutte le proposte governative contro Cuba. George McManus, assistente di Richard Helms, allora vice direttore della CIA, prese appunti che in seguito furono declassificati confermando le idee di Lansdale e l’atmosfera anticubana prevalente in Washington: “Conclusione: il rovesciamento di Castro è possibile […] La soluzione del problema cubano ha la massima priorità per il governo USA. Non si deve risparmiare tempo, denaro o sforzo personale. Ieri il presidente indicò a Robert Kennedy che ancora non si è scritto il capitolo finale […] deve essere fatto e si farà. [5]

Queste dichiarazioni non erano semplici minacce motivate da un momento di rabbia. Era una vera e propria guerra. Il terrorismo di Stato acquisì una funzione preponderante dentro la politica interna ed estera USA verso Cuba in un momento in cui ancora nessuno aveva pensato o discusso la possibilità di collocare missili sovietici a Cuba.

Parallelamente il Dipartimento della Difesa ed il Pentagono cominciarono a sviluppare il “piano di emergenza” per invadere Cuba con le proprie forze militari come ultimo atto del programma approvato. Probabilmente, allora, i servizi segreti sovietici seppero, attraverso i loro agenti infiltrati in questi organismi, i piani in esecuzione. Più tardi, a fine maggio, avvisarono le autorità cubane.

Il progetto sovversivo era così ampio come variegato. Dai primi giorni di gennaio si pose im marcia un’operazione chiamata “Bottino”. Utilizzando programmazioni nella Voice of America, l’emittente ufficiale USA, ed in altre di base in Florida e udibili a Cuba, si annunciavano ricompense per l’assassinio di dirigenti cubani a tutti i livelli. Un presidente di CDR valeva 100$ e Fidel 1 milione. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana e mese dopo mese, durante quell’anno, le stazioni radio coinvolte nel progetto, tra cui quella ufficiale di uno Stato, diffondevano quel messaggio terrorista.

A questo va aggiunto che alle misure di blocco economico applicate all’inizio di quell’anno si sarebbe aggiunta una risoluzione del Congresso che vietava agli altri paesi di esportare prodotti di tecnologia USA all’isola e minacciando di tagliare qualsiasi aiuto economico ai governi che avessero appoggiato Cuba. Il 24 febbraio gli USA estesero il loro blocco a tutte le spedizioni provenienti da qualsiasi paese che contenessero materie prime provenienti da Cuba. Nello stesso mese s’intensificarono i voli esplorativi sul territorio nazionale di aerei militari USA. In un certo modo tutelavano gli aeromobili che, provenienti dagli USA, conducevano sistematici bombardamenti contro installazioni cubane.

In aprile Jose Miro Cardona, leader dell’auto denominato Consiglio Rivoluzionario Cubano, l’organizzazione di facciata della CIA che servì come copertura all’invasione della Baia dei Porci, si incontrò con il presidente Kennedy. In seguito disse ai media “che presto Castro sarà rovesciato”.

Il 19 aprile cominciarono le esercitazioni militari USA nei Caraibi chiamata Quick Kick (Calcio Rapido). L’ipotesi tattica era rovesciare un governo caraibico ostile agli USA, diretto da un tiranno di nome Ortsac -cioè, Castro al rovescio. A queste manovre parteciparono 40000 mila uomini, 300 aerei e 83 navi da guerra. Quel giorno il presidente Kennedy s’imbarcò sulla portaerei Enterprise per osservare le esercitazioni. Diverse navi mercantili di diverse nazionalità che si dirigevano a Cuba furono molestate da navi da guerra USA.

Il 27 aprile, più di cinquanta persone rimasero ferite, vittime di un criminale sabotaggio per mano di diversi agenti CIA in un magazzino di prodotti chimici situato nella località di El Cotorro, nei pressi della capitale. Il giorno 28, l’ufficio dell’Agenzia di Notizie Prensa Latina, a New York, fu assaltato da controrivoluzionari. Risultarono ferite tre persone e furono causati notevoli danni materiali. Anche quel mese si realizzarono pesanti combattimenti tra truppe cubane e gruppi di banditi che operavano nelle catene montuose dell’Escambray e che erano stati intensamente riforniti, per via aerea, dalla CIA. Ai primi di maggio, il Dipartimento del Tesoro USA rescisse, formalmente, lo status di nazione più favorita per Cuba. Il giorno 12 una imbarcazione proveniente dal Nord attaccò, in prossimità delle coste cubane, una imbarcazione di pattuglia della Marina da Guerra, uccidendo cinque membri del suo equipaggio. Diversi aerei U-2, destinati allo spionaggio, sorvolarono in quel mese tutte le regioni del paese. S’intrapresero ulteriori provocazioni di soldati nordamericani presso la base navale di Guantanamo, mentre continuarono i bombardamenti aerei contro obiettivi industriali, gli attacchi pirati alle nostre coste, i mitragliamenti a lance di pattuglia, le uccisioni di pescatori, i sabotaggi a fabbriche e magazzini, le provocazioni dalla base navale, i voli esplorativi, l’aumento delle trasmissioni radio sovversive, gli aerei che bombardavano villaggi, l’infiltrazione di agenti e sabotatori, il sequestro di barche e l’intensificazione di voli spia.

Si compiva così la prima parte del calendario di azioni previste per i primi sei mesi dell’anno. Eravamo o meno immersi in una vera e propria guerra?

link II parte


Mangosta no come cocodrilo (Parte I)

Por Fabián Escalante Font

Próximamente se cumplirán 55 años de la “crisis de octubre” o “crisis de los misiles soviéticos en Cuba de 1962”, que estuvo antecedida por la “operación Mangosta”, el proyecto subversivo y terrorista de mayor dimensión y envergadura que el gobierno de Estados unidos y todas sus Agencias hubiese emprendido hasta entonces. Sin embargo, en la memoria de los estudiosos y analistas del tema, solo ha quedado el episodio de los misiles y sus consecuencias, sin explicar o comprender cuáles fueron las causas y orígenes de aquel conflicto que puso al Mundo al borde del holocausto nuclear. Por ello, con éste artículo, iniciamos una serie de textos para analizar aquellos acontecimientos y colocarlos en su justa dimensión histórica, política y operativa.

El título alude imaginariamente, al combate entre dos poderosos animales, la mangosta norteamericana con todos los recursos materiales, militares y científico técnicos a su favor y el cocodrilo cubano, que sumergido en el agua y armado con sus poderosas fauces, cabalgado por Fidel se tornaría invencible, derrotándolos una vez más.

El 30 de noviembre de 1961 el presidente John F. Kennedy, en correspondencia con la sugerencia de la Comisión Taylor, aprobó el Proyecto Cuba u Operación Mangosta, un vasto programa subversivo que, con la participación de casi todos los organismos gubernamentales norteamericanos, perseguía el derrocamiento del gobierno cubano. Al unísono, el Departamento de Defensa recibió la orden de incluir en sus planes de guerra a la isla caribeña. Las principales ciudades cubanas se colocaron en la mira de los poderosos misiles nucleares norteamericanos. El general Edward Lansdale,[1] un especialista del Pentágono en guerra antisubversiva, fue designado para dirigir la nueva operación, mientras que se creó dentro del Consejo de Seguridad Nacional un grupo especial (SAG) bajo el comando directo del fiscal general Robert Kennedy, encargado de aprobar, supervisar y controlar las acciones.

A finales de 1961, el “frente interno” estaba desmoralizado y duramente afectado por las detenciones y los golpes propinados por la Seguridad cubana. Habían visto desvanecer las esperanzas de derrocar la Revolución después de los fracasos de las operaciones de la CIA Patty y Liborio. Sus dirigentes comenzaron a estudiar la alternativa de replegarse en unos casos, y en otros de abandonar la lucha. En definitiva, razonaban, si los norteamericanos, con todo su poderío, nada habían podido contra la Revolución, ellos, con las escasas fuerzas que les quedaban, sin dinero y recursos, poco podrían hacer.

Las principales organizaciones contrarrevolucionarias, entre las que se encontraban los “Movimientos” de Recuperación Revolucionaria (MRR), el Revolucionario del Pueblo, (MRP), Rescate, Demócrata Cristiano (MDC), Montecristi, el Directorio Revolucionario Estudiantil (DRE) y otras, atravesaban por una crisis de mando y de fuerzas para continuar sus programas subversivos. Lo esencial: habían perdido la confianza en el poderío hasta entonces indiscutido de los Estados Unidos. En Miami circulaban rumores de todo tipo y se justificaban los fracasos y las derrotas con la excusa de la inexperiencia presidencial. Nubes negras se cernían sobre la contrarrevolución cubana y ese desaliento, como los nortes invernales que afectan el clima de la Isla, llegó a sus costas.

La contrarrevolución estaba desorganizada, pero el gobierno norteamericano no deseaba enterarse y exigía todos los días nuevas acciones contra Cuba. Desde Miami, a pesar de recibir a diario informaciones sobre la situación creada y el estado reinante en Cuba, la CIA no perdía oportunidad de organizar nuevas infiltraciones, bombardeos y sabotajes. Sobran los ejemplos: el asesinato del obrero Rubén López Sabariego en la base naval norteamericana de Guantánamo; la destrucción por un comando de la CIA de un puente del ferrocarril y un almacén de azúcar en la provincia de Oriente; los asesinatos de Manuel Ascunce, un joven alfabetizador, y del campesino Pedro Lantigua, por bandas de alzados en el Escambray, y la realización de varios bombardeos aéreos contra centrales azucareros, acciones implementadas durante los últimos meses de 1961. Trataban así de oxigenar al «frente interno» para que sirviera nuevamente como «cantera» para los planes que estaban recomponiéndose en Washington.

El general Lansdale, quien fungiera como jefe del Estado Mayor de Mangosta, sintetizó en un documento elaborado el 19 de febrero de 1962 las intenciones de los Estados Unidos respecto a la guerra que se proponían contra Cuba:

“Básicamente la operación debe traer como consecuencia la sublevación del pueblo cubano […] la sublevación necesita de un movimiento de acción fuertemente motivado desde el punto de vista político en Cuba, para que así se genere la rebelión, se oriente hacia el logro del objetivo y se saque provecho en el momento clímax. Las acciones políticas estarán asistidas por la guerra económica, con el objetivo de provocar que el régimen comunista fracase en la tarea de satisfacer las necesidades económicas de Cuba; serán también apoyadas por operaciones psicológicas, que harán que el resentimiento de las gentes contra el régimen sea cada día mayor y estarán socorridas por los grupos militares que se encargarán de darle al movimiento popular un arma de acción para el sabotaje y la resistencia armada en apoyo a los objetivos políticos […] La fase de preparación debe culminar con la organización de las acciones políticas en los sitios claves dentro de la Isla, con sus propios medios de comunicaciones internas, su propia voz para las operaciones psicológicas y su propia arma de acción (pequeños grupos guerrilleros, de sabotajes, etc.). Este debe contar con el apoyo favorable del pueblo cubano y hacer que el hecho se conozca en el exterior. El clímax de la sublevación vendrá como resultado de una acción amenazadora por parte del pueblo ante una acción del gobierno (provocada por algún incidente) o como consecuencia de un agrietamiento en el sistema de cuadros de dirección dentro del régimen, o por ambas razones […] El movimiento popular sacará provecho de este clímax, iniciando una revuelta abierta. Se ocuparán y tomarán determinadas áreas. Si fuera necesario, el movimiento popular pedirá ayuda a las naciones libres del hemisferio occidental. Si fuera posible a los Estados Unidos, quienes de común acuerdo con otras naciones americanas ofrecerán un apoyo abierto a la sublevación de los cubanos; dicho apoyo incluirá la fuerza militar en lo necesario”.[2]

Mangosta incluía un calendario de actividades que comenzaba en el mes de marzo y concluía en octubre de 1962, cuando “el apoyo militar necesario” decidiera —según los planes— el destino de la Revolución.

Una vez establecidos los objetivos generales y trazado el calendario de trabajo, como si se tratara de una planificación corriente, el SAG (Grupo Especial Ampliado del Consejo de Seguridad, por sus siglas en inglés) aprobó en lineamientos independientes las misiones priorizadas, que al final incluyeron 33 tareas relacionadas con acciones terroristas, subversivas, militares, diplomáticas, de bloqueo económico, político y comercial, guerra psicológica y bacteriológica —esta última encaminada a enfermar, mediante la introducción de una plaga, a los trabajadores azucareros y sabotear así el principal renglón económico del país.

En el contexto de este plan, el Departamento de Estado tenía sus misiones muy bien definidas. A finales de enero, Cuba era expulsada de la Organización de Estados Americanos (OEA) en cumplimiento de la orden recibida de los Estados Unidos; el 3 de febrero el presidente John Kennedy decretaba el bloqueo económico. El día 20, Walter Rostow, asesor presidencial, solicitó a los miembros de la Organización del Tratado del Atlántico Norte (OTAN) tomar en cuenta las decisiones de la OEA contra Cuba a la hora de formular sus políticas. Se les pidió a los aliados prohibir el comercio voluntario de materiales estratégicos con Cuba y reducir el comercio en general con el país.

Semanas después, el SAG confirmó el calendario de las acciones para Mangosta. Su sola lectura proyecta con toda claridad sus fines y, sobre todo, cuál era el último acto de aquel proyecto infernal:

Marzo: inicio de las acciones.

Abril-julio: fortalecimiento de las actividades clandestinas.

1º de agosto: desencadenar los mecanismos para la sublevación.

Agosto-septiembre: incremento de las acciones subversivas.

Octubre: revuelta generalizada.

Finales de octubre: reconstrucción del gobierno cubano.[3]

El 3 de marzo el presidente Kennedy aprobó por orden ejecutiva la Operación Mangosta y su secuencia de actividades. Dos de sus párrafos califican de manera contundente los fines e intenciones del gobierno norteamericano de entonces:

“En el empeño para causar el derrocamiento del gobierno señalado, los Estados Unidos harán uso de los recursos nativos, internos y externos, aunque reconocen que el éxito final requerirá de una intervención militar decisiva.

“Dichos recursos nativos serán utilizados tal y como están desarrollados, para preparar y justificar esta intervención y a partir de ese momento, apoyar y facilitar la misma.[4]

Antes, el 19 de enero de 1962 se había efectuado una reunión en las oficinas de Robert Kennedy para analizar todas las propuestas gubernamentales contra Cuba. George McManus, ayudante de Richard Helms, entonces subdirector de la CIA, tomó notas que más tarde desclasificadas que confirman las ideas de Lansdale y el ambiente anticubano prevaleciente en Washington:“Conclusión: el derrocamiento de Castro es posible […] La solución del problema cubano tiene máxima prioridad para el gobierno de los Estados Unidos. No se debe escatimar tiempo, dinero o esfuerzo personal. Ayer el presidente le indicó a Robert Kennedy que todavía no se ha escrito el capítulo final […] tiene que hacerse y se hará.[5]

Aquellas afirmaciones no eran simples amenazas motivadas por un momento de cólera. Se trataba de una verdadera guerra. El terrorismo de Estado adquirió una función preponderante dentro de la política interna y externa de los Estados Unidos hacia Cuba en momentos en que aún nadie había pensado o conversado la posibilidad de colocar misiles soviéticos en Cuba.

Paralelamente el Departamento de Defensa y el Pentágono comenzaron a elaborar el “plan de contingencia” para invadir a Cuba con sus fuerzas militares como un último acto del calendario aprobado. Probablemente entonces la inteligencia soviética conoció, a través de sus agentes infiltrados en esos organismos, los planes en marcha. Más tarde, a finales de mayo, alertó a las autoridades cubanas.

El proyecto subversivo era tan extenso como variado. Desde los primeros días de enero se puso en marcha un operativo denominado “Botín”. Mediante el uso de programaciones en La Voz de las Américas, la emisora oficial de los Estados Unidos, y otras radicadas en la Florida y audibles en Cuba, se anunciaban recompensas por el asesinato de líderes cubanos a todos los niveles. Un presidente de CDR valía cien dólares y Fidel un millón. Día tras día, semana tras semana y mes tras mes, durante aquel año las radioemisoras involucradas en el proyecto, incluida la oficial de un Estado, difundían aquel mensaje terrorista.

A lo anterior habría que sumar que a las medidas de bloqueo económico aplicadas en los comienzos de ese año se añadiría una resolución del Congreso prohibiendo a otros países exportar productos de tecnología norteamericana a la Isla y amenazándolos con cortar cualquier ayuda económica a los gobiernos que apoyaran a Cuba. El 24 de febrero Estados Unidos extendió su bloqueo a todos los embarques procedentes de cualquier país que contuvieran materias primas provenientes de Cuba. En ese propio mes se intensificaron los vuelos exploratorios sobre el territorio nacional por los aviones militares norteamericanos. De cierta manera amparaban a las avionetas que, procedentes de los Estados Unidos, realizaron bombardeos sistemáticos contra instalaciones cubanas.

En abril José Miró Cardona, líder del auto titulado Consejo Revolucionario Cubano, la organización pantalla de la CIA que sirvió de cubierta a la invasión de Bahía de Cochinos, se entrevistó con el presidente Kennedy. Expresó posteriormente a los medios de prensa “que pronto Castro sería derrocado”.

El día 19 de abril comenzaron los ejercicios militares norteamericanos en el Caribe denominado Quick Kick (Patada Rápida). El supuesto táctico era derrocar a un gobierno caribeño hostil a los Estados Unidos, dirigido por un tirano de apellido Ortsac —es decir, Castro al revés. En estas maniobras participaron 40,000 mil hombres, trescientos aviones y ochenta y tres embarcaciones de guerra. Ese día el presidente Kennedy abordó el portaviones Enterprise para observar los ejercicios. Varios barcos mercantes de diferentes nacionalidades que se dirigían a Cuba fueron hostigados por buques de guerra de los Estados Unidos.

El día 27 de abril más de cincuenta personas resultaron heridas, víctimas de un sabotaje criminal a manos de varios agentes de la CIA en un almacén de productos químicos situado en la localidad del El Cotorro, cercana a la capital. El día 28, la oficina de la Agencia de Noticias Prensa Latina en Nueva York fue asaltada por contrarrevolucionarios. Resultaron heridas tres personas y se ocasionaron importantes daños materiales. También ese mes se efectuaron fuertes combates entre tropas cubanas y agrupaciones de bandidos que actuaban en los macizos montañosos del Escambray y que habían sido abastecidos intensamente mediante la vía aérea por la CIA. En los primeros días de mayo, el Departamento del Tesoro de los Estados Unidos rescindió formalmente la condición de nación más favorecida a Cuba. El día 12 una embarcación procedente del Norte atacó, en las costas cubanas, a una patrullera de la Marina de Guerra, asesinando a cinco de sus tripulantes. Varios aviones U-2, destinados al espionaje, sobrevolaron durante ese mes todas las regiones del país. Se emprendieron nuevas provocaciones de soldados norteamericanos en la base naval de Guantánamo, mientras continuaron los bombardeos de aviones contra objetivos industriales, los ataques piratas a nuestras costas, los ametrallamientos a lanchas patrulleras, el asesinato de pescadores, los sabotajes a fábricas y almacenes, las provocaciones desde la base naval, los vuelos exploratorios, el incremento de emisiones radiales subversivas, las avionetas que bombardeaban poblados, la infiltración de agentes y saboteadores, el secuestro de embarcaciones y la intensificación de los vuelos espías.

Se cumplía así la primera parte del calendario de acciones previsto para los seis primeros meses del año. ¿Estábamos o no inmersos en una guerra real?

Notas 

[1] Edward Lansdale (1908-1987): General de aviación. Se desempeñó en las Filipinas como especialista en guerra antisubversiva y en Viet Nam como asesor militar del gobierno colonial francés. Agente de la CIA.

[2] “The Cuba Project”. Documento desclasificado por el gobierno de los Estados Unidos sobre la Operación Mangosta.

[3] “Guidelines for Operation Mongoose”, 14 de marzo de 1962.

[4] Alleged Assassination…, cit., p. 141.

[5] Edward Landsdale: “The Cuba Project”, 18 de enero de 1962.

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