Scenario globale, Trump ed implicazioni per Cuba

Santiago Pérez Benítez https://lapupilainsomne.wordpress.com

Frammenti dell’esposizione presentata durante l’evento annuale della Cattedra di Studi dei Caraibi dell’Università dell’Avana. 9 dicembre 2016.

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Politica verso Cuba

L’altra linea, che rappresenterebbe l’Amministrazione Trump, senza ritrattare necessariamente gli elementi della precedente strategia, e cercando gli stessi obiettivi, ma in maniera più “impaziente” privilegerebbe un corso più conflittuale, di maggior pressioni, ostilità, ingerenza, che fermi il ritmo dei progressi nelle relazioni bilaterali, e che di nuovo dia priorità alla generazione di instabilità e amplifichi le critiche a Cuba a livello internazionale, scatenando campagne diffamatorie e probabili pressioni multilaterali. Aumenterebbe le azioni di blocco, in particolare nel settore finanziario. Cercherebbe togliere a Cuba i presunti benefici e “respiri” che, nella sua logica, le offrì il disgelo con Obama, nel 2015 e 2016.

Questo scenario con Trump non esclude elementi di cooperazione con il governo cubano, come alcuni di quelli attualmente esistenti, e che nei manuali delle cosiddette guerre non convenzionali o piani di sovversione non si escludono. Non si deve aspettare la rottura delle relazioni diplomatiche, né il sensibile danneggiamento degli interessi economici USA, anche se questi sono ancora incipienti e poco potenti rispetto alla potenza della probabile politica della “imbaldanzita” Amministrazione, e in particolare del Congresso repubblicano.

Le possibili cause di questa maggior ostilità di Trump verso Cuba sarebbero:

I gruppi che lo sostengono non condividono il ragionamento di Obama che gli strumenti della precedente politica di ostilità hanno fallito. Essi credono che utilizzando i metodi dello scontro, molti raccolti nella Helms Burton, possono ottenere un cambio di sistema più speditamente.

Percezione di vulnerabilità di Cuba per i problemi economici che affronta in seguito alla crisi del Venezuela.

Interesse nell’invertire l’ “eredità” di Obama, di cui, insieme con l’accordo con l’Iran, è parte il cambio nella politica verso Cuba.

Cuba sarebbe il “nemico” più piccolo contro il quale si potrebbe mostrare durezza in politica estera. Il probabile attacco contro Cina ed Iran hanno costi molto più elevati.

Reazioni alle critiche da destra, perché Cuba non ha fatto le concessioni che le si sono chieste in materia di cambi nel suo sistema politico e nel tema delle libertà e dei diritti umani.

Pagamento alle azioni dei cubano americani di destra per aver agito a favore dei repubblicani nelle elezioni in Florida. Non sarebbe tanto per il potenziale elettorale dei cubani (i democratici hanno vinto il Dade e il Broward County), ma per il ruolo che giocano i cubano americani nel macchinario repubblicano nello Stato.

Possibilità di “fare concessioni” all’establishment repubblicano, i cui candidati alla Casa Bianca sostennero nelle primarie l’indurimento delle relazioni con Cuba, in particolare Marco Rubio e Jeb Bush. La Piattaforma Repubblicana, approvata dall’attuale Capo Ufficio della Casa Bianca, Reince Priebus, è molto ostile a Cuba. I commenti di Trump, in seguito alla morte di Fidel Castro, sono proprio in quella linea.

Visione che l’America Latina non continua a sostenere Cuba con la stessa intensità e nello stesso modo in cui lo ha fatto negli anni 2010-2015, dati i cambi verso destra nella regione,

Tentativi di “comprovare” o misurare la “resistenza” che gli può offrire la nuova guida del paese dal 2018 alle azioni esterne, tra cui provocazioni della controrivoluzione incoraggiata dagli USA.

Nessuna realizzazione di importanti affari ed interessi economici USA a Cuba che, teoricamente, potessero avere, ad oggi, la forza e la volontà di frenare le eventuali ostili politiche governative di Trump.

In questo scenario di cautela del processo di miglioramento delle relazioni bilaterali tra Cuba -USA o il peggioramento di esso (anche se è ancora prematuro specificare ulteriori dettagli), i paesi europei, nelle loro politiche bilaterali, si dividerebbero tra coloro che sono interessati a mantenere le loro posizioni ed interessi a Cuba e i più grandi alleati degli USA che, con sfumature, asseconderebbero il corso USA, e che non avrebbero grandi interessi nel nostro paese. In generale, tuttavia, Bruxelles continuerà a sostenere la linea di confronto più affine con la posizione del presidente Obama, soprattutto dopo la firma dell’Accordo con Cuba, del dicembre di quest’anno. A rigore, la reale politica dell’Unione e dei suoi paesi membri, anche quando era vigente la Posizione Comune, andava nella direzione della modalità di confronto che poi scelse l’amministrazione Obama.

In generale, i governi dell’America Latina e dei Caraibi manterrebbero la solidarietà con Cuba ed il livello di appoggio al nostro paese, anche se esisterebbero sfumature nel livello di coinvolgimento di alcuni paesi. Alcuni governi latino-americani di destra privilegerebbero l’ostilità ideologica per rafforzare le loro posizioni contro i settori progressisti nazionali, anche se farebbero attenzione con l’essere identificati come “trumpistas” da parte dell’opinione pubblica dei loro rispettivi paesi ed eviterebbero di rompere il consenso già raggiunto nella politica verso Cuba nell’ambito della CELAC e altri organismi regionali.

Le politiche di Russia e Cina, in questo scenario, si manterrebbero stabili e manterrebbero l’impegno col nostro paese, criticando il corso ostile dell’amministrazione Trump, anche se le sfumature della loro reazione ed il grado di impegno e l’aumento del loro coinvolgimento a Cuba sarebbe in dipendenza dello stato in cui si trovano, in quel momento, le relazioni con gli USA ed il blocco occidentale in generale. Nel caso particolare della Cina, è da aspettarsi un processo di incremento significativo dei legami con L’Avana.

Dato il potenziale di relazioni coltivate ​​da Cuba con i governi e le imprese di Canada, Asia, Medio Oriente e Africa, è da prevedere la continuità e l’incremento degli interessi e relazioni di questi paesi e dei loro settori economici e politici con l’isola, consentendo loro di mostrare autonomia di fronte a quella politica, sicuramente globalmente criticata, oltre a soddisfare specifici interessi economici, politici, di cooperazione, nei contesti multilaterali, tra altri.

E’ chiaro che nello senario che si avvicina, Cuba come ogni attore internazionale, va a affrontare importanti minacce, ma anche si aprono opportunità per la sua interazione, ciò che include l’approfittare dei conflitti all’interno delle classi dirigenti USA; l’interazione con gli altri attori internazionali in competizione con Washington come Cina, Russia; i nessi che Cuba mantiene con paesi europei, Canada, America Latina e gli altri attori governativi di altri continenti. Si aprono anche importanti opzioni di interazione con settori economici e corporazioni private, gruppi di solidarietà, regioni ed organismi di integrazione regionali.


Escenario global, Trump e implicaciones para Cuba

Por Santiago Pérez Benítez

Fragmentos de ponencia presentada en el evento anual de la Cátedra de Estudios del Caribe de la Universidad de la Habana. 9 de diciembre del 2016.

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Política hacia Cuba

La otra línea, que representaría la Administración Trump, sin desdecirse necesariamente de elementos de la anterior estrategia, y buscando los mismos objetivos, pero de manera más “impaciente”, privilegiaría un curso más confrontativo, de mayores presiones, hostilidad, injerencia, que detenga el ritmo de los avances en las relaciones bilaterales, y que de nuevo priorice la generación de inestabilidad y amplifique las críticas a Cuba a nivel internacional, desatando campañas de difamación y probables presiones multilaterales. Incrementaría las acciones de bloqueo, sobre todo en el ámbito financiero. Buscaría quitarle a Cuba los supuestos beneficios y “respiros” que, en su lógica, le otorgó el deshielo con Obama en el 2015 y 2016.

Este escenario con Trump no excluye elementos de cooperación con el gobierno cubano como algunos de los actualmente existentes, y que en los manuales de las llamadas guerras no convencionales o planes de subversión no se excluyen. No debe esperarse la ruptura de las relaciones diplomáticas, ni la afectación sensible de intereses económicos norteamericanos, aunque estos aún son incipientes y poco poderosos en comparación con el poder de la política probable de la “envalentonada” Administración, y sobre todo del Congreso Republicano.

Las posibles causas de esta mayor hostilidad de Trump hacia Cuba serían:

Los grupos que lo apoyan no comparten el razonamiento de Obama de que los instrumentos de la anterior política de hostilidad han fracasado. Opinan que empleando los métodos de la confrontación, muchos recogidos en la Helms Burton, pueden lograr el cambio de sistema de manera más expedita.

Percepción de vulnerabilidad de Cuba por los problemas económicos que afronta a raíz de la crisis de Venezuela.

Interés en revertir el “legado” de Obama, del cual, junto con el acuerdo con Irán, forma parte el cambio en la política hacia Cuba.

Cuba sería el “enemigo” más pequeño contra el cual se pudiera mostrar dureza en política exterior. La probable embestida contra China e Irán tendría muchos mayores costos.

Reacciones ante las críticas desde la derecha porque Cuba no ha hecho las concesiones que se le han demandado en el área de los cambios en su sistema político y en el tema de las libertades y derechos humanos.

Pago a las acciones de los cubanoamericanos de derecha por haber actuado a favor de los republicanos en las elecciones en la Florida. No sería tanto por el potencial electoral de los cubanos (los demócratas ganaron el Dade y el Broward County), sino por el papel que juegan los cubano-americanos en la maquinaria republicana en el Estado.

Posibilidad de “hacer concesiones” al establishment republicano, cuyos candidatos a la Casa Blanca abogaron en las primarias por un endurecimiento de las relaciones con Cuba, sobre todo Marco Rubio y Jeb Bush. La Plataforma Republicana, aprobada por el hoy Jefe de Despacho de la Casa Blanca, Reince Priebus, es muy hostil contra Cuba. Los comentarios de Trump a raíz del fallecimiento de Fidel Castro van precisamente en esa línea.

Visión de que América Latina no continúa apoyando a Cuba con la misma intensidad y de la misma manera que lo hizo en los años del 2010-2015, dados los cambios hacia la derecha en la región,

Intentos de “comprobar” o medir la “resistencia” que le puede ofrecer la nueva dirección del país desde el 2018 a las acciones externas, incluyendo provocaciones de la contrarrevolución alentada por los EEU.

No concreción de importantes negocios e intereses económicos norteamericanos en Cuba que teóricamente pudieran tener, para la fecha, la fuerza y voluntad de frenar las eventuales políticas gubernamentales hostiles de Trump.

En este escenario de detenimiento del proceso de mejoría de las relaciones bilaterales Cuba-EEUU o empeoramiento de las mismas (aunque todavía es prematuro precisar mayores detalles), los países europeos, en sus políticas bilaterales, se dividirían entre los interesados en mantener sus posiciones e intereses en Cuba y los mayores aliados de EEUU que, con matices, secundarían el curso norteamericano, y que no tendrían grandes intereses en nuestro país. De manera general, no obstante, Bruselas seguirá abogando por la línea de confrontación más afín con la posición del Presidente Obama, sobre todo después de la firma del Acuerdo con Cuba de diciembre de este año. En rigor, la política real de la Unión y de sus países miembros, incluso cuando estaba vigente la Posición Común, iba en la dirección de la modalidad de confrontación que posteriormente escogió la Administración Obama.

En general, los gobiernos de América Latina y el Caribe mantendrían la solidaridad con Cuba y el nivel de apoyo a nuestro país, aunque existirían matices en el nivel de involucramiento de algunos países. Algunos gobiernos latinoamericanos de derecha privilegiarían la hostilidad ideológica para fortalecer sus posiciones frente a los sectores progresistas nacionales, aunque se cuidarían de ser identificados como “trumpistas” por la opinión pública de sus respectivos países y evitarían romper los consensos ya alcanzados en la política hacia Cuba en el marco de la CELAC y otros organismos regionales.

Las políticas de Rusia y China en este escenario se mantendrían estables y mantendrían el compromiso con nuestro país, criticando el curso hostil de la Administración Trump, aunque los matices de su reacción y el grado de compromiso e incremento de su involucramiento en Cuba sería en dependencia del estado en que se encuentren para esos momentos las relaciones con EEUU y el bloque occidental en general. En el caso particular de China, es de esperar un proceso de incremento significativo de los nexos con la Habana.

Dado el potencial de relaciones cultivadas por Cuba con los gobiernos y sociedades de Canadá, Asia, Medio Oriente y Africa, es de prever la continuidad e incremento de los intereses y relaciones de estos países y de sus sectores económicos y políticos con la Isla, en tanto que les permite mostrar autonomía frente a la de seguro criticada globalmente política de Trump, además de satisfacer intereses económicos específicos, políticos, de cooperación, en los ambientes multilaterales, entre otros.

Está claro que en el escenario que se avecina, Cuba como cualquier actor internacional, va a confrontar importantes amenazas, pero también se abren oportunidades para su interacción, lo que incluye el aprovechamiento de los conflictos al interior de las clases dominantes de EEUU; la interacción con los otros actores internacionales en competencia con Washington como China, Rusia; los nexos que mantiene Cuba con países europeos, Canadá, América Latina y el resto de los actores gubernamentales de otros continentes. Se abren también importantes opciones de interacción con sectores económicos y corporaciones privadas, grupos de solidaridad, regiones y organismos de integración regionales.

Santiago Pérez Benítez. Investigador del CIPI, Centro de Investigaciones de Política Internacional

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