OSA: cronaca di un altro tentativo fallito contro il Venezuela

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Tredici dati urgenti

Al termine dell’Assemblea Generale dell’OSA nella città messicana di Cancun, dove nuovamente la strategia di tutela del Dipartimento di Stato USA non è riuscita ad imporsi, già alcuni movimenti e dichiarazioni mostrano segnali di come si svilupperà il ciclo di aggressione internazionale contro il Venezuela.

1. Da quando Gustavo Tovar Arroyo si è reso protagonista di un’aggressione contro il diplomatico, ed ora ministro degli esteri venezuelano, Samuel Moncada, si sapeva in anticipo che sia la Riunione dei Ministri degli Esteri sul Venezuela che l’Assemblea Generale avrebbero preso la via del linciaggio e dell’aggressività. E così è stato, in effetti: la delegazione venezuelana è stata molestata, dagli USA e dai suoi governi alleati, durante i tre giorni dell’evento, cercando di imporle condizioni ed una risoluzione che pregiudicava la sua sovranità. Se si vuole approfondire i dati chiave dell’Assemblea Generale dell’OSA, allora si può leggere i nostri Dato per dato sull’evento.

2. La risoluzione promossa da USA, Perù ed il paese ospitante che esigeva “riconsiderare” la convocazione di un’Assemblea Nazionale Costituente (ANC), dopo enormi pressioni ed azioni di divisione del blocco caraibico, non è riuscita ad essere imposta. Il grande evento dell’OSA, opportunità d’oro per acutizzare il ciclo di accerchiamento e di soffocamento internazionale contro il Venezuela, si è concluso senza una vittoria politica per il creatore e reggente dell’organismo.

3. Un importante dato politico che emette la chiusura dell’Assemblea Generale è che l’impossibilità degli USA di imporre una risoluzione aggressiva contro il Venezuela, nel loro stesso organismo internazionale, a sua volta è un riconoscimento dell’influenza geopolitica del Venezuela e dello scetticismo di più della metà dei membri dell’OSA per quanto riguarda l’adozione di misure di scontro e non dialoganti. I comunicati che lamentano non aver raggiunto la promessa risoluzione, raggruppavano solo gli stessi 14 paesi che facevano pressione per la sua approvazione.

4. Un altro ineludibile dato politico: i paesi dei Caraibi non solo rimangono una pietra d’inciampo per l’agenda di interventi regionali, ma durante i tre giorni del grande evento dell’OSA ha segnato i confini discorsivi sul Venezuela, a tal punto che, in extremis, i promotori della risoluzione hanno dovuto far appello al dialogo e trovare una “soluzione politica” per cercare di aggiungere il blocco dei Caraibi come alleati. In breve: il tono aggressivo e conflittuale usato per riferirsi al Venezuela, invece di unire, allontana ed inibisce il supporto di un importante numero di paesi membri dell’OSA.

5. L’OSA è stata utilizzata come piattaforma di sostegno internazionale per la violenza armata diretta dall’opposizione venezuelana contro la popolazione come meccanismo per la presa del potere per vie extra-istituzionali. L’appello dell’opposizione venezuelana ad attivare l’articolo 350 della Costituzione nazionale (disobbedienza civile) per acutizzare il quadro d’assedio politico ed economico, riflette che avevano piena fiducia che la risoluzione sarebbe stata approvata a modo di sostegno diplomatico. Al non passare la risoluzione e, soprattutto, al non avere una OSA unificata in una sola politica di sostegno al colpo di stato contro il Venezuela, la sua intenzione di aumentare la violenza perde uno dei suoi principali incentivi.

6. In tal senso, l’efficacia dell’OSA come piattaforma internazionale del golpe non solo dipende dall’approvazione di una risoluzione, ma dalla sua capacità di influire sul polso politico che sta prendendo il conflitto. Con l’ANC alle porte come meccanismo politico-elettorale, le richieste fatte da alcuni paesi membri ( “calendario elettorale”, etc.) dell’OSA stanno perdendo efficacia e senso del tempo, lasciando l’opposizione intrappolata tra ripiegarsi nell’ostracismo politico-istituzionale per compiacere i propri fanatici seguaci, o nell’accettazione degli enormi costi politici e legali per continuare a fomentare la violenza armata e lo scontro di piazza. Qualsiasi delle due decisioni sono costose in termini politici.

7. Di fronte al fiasco dell’OSA, influenti politici e diplomatici USA si muovono rapidamente cercando di spostare verso altre istanze l’asse di aggressione internazionale contro il Venezuela, accettando in via di fatto che l’OSA non può fare più di quello che ha già fatto per fermare l’ANC e per promuovere il nuovo ciclo di violenza annunciata dall’opposizione venezuelana.

8. La senatrice USA Ileana Ros, promotrice di sanzioni anti-venezuelane, ha commentato che deve ampliarsi la lista di sanzioni contro il Venezuela, in una chiara agenda di pressione affinché il Dipartimento del Tesoro e la Casa Bianca, unilateralmente, prendano misure di forza (diplomatiche e finanziarie) contro il paese, cercando di compensare il sostegno all’anti-chavismo non ottenuto nell’OSA.

Da parte sua, Marco Rubio, che appartiene allo stesso club di politici anti-cubani e pro-Israele, ha minacciato Haiti, Repubblica Dominicana ed El Salvador che il loro sostegno al Venezuela potrebbe danneggiare le loro relazioni con gli USA.

9. Da parte sua, l’ambasciatrice USA presso l’ONU, l’imprenditrice Nikki Haley ha detto, oggi, che “il popolo venezuelano sta soffrendo la fame, mentre il suo Governo calpesta la democrazia”. Evidentemente l’alta diplomatica nominata dal presidente Donald Trump, davanti all’incapacità dell’OSA di potenziare il conflitto venezuelano a favore degli USA cerca (sulla base di dichiarazioni aggressive di questo tipo), che il “tema Venezuela” sia incluso per forza nell’agenda del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Una manovra che permetterebbe, almeno nel gioco delle apparenze che significa la diplomazia mondiale, non solo far pressione per sanzioni ed embarghi multilaterali contro il Venezuela, ma accoppiare appoggi diplomatici per un aumento della violenza.

10. A questo proposito, è importante tenere in prospettiva che l’OSA è stata creata come un organismo regionale affinché gli USA avessero un meccanismo istituzionale che potesse legittimare le sue azioni nel “suo cortile”, senza dover passare attraverso organismi internazionali formati da altre potenze mondiali. Il fatto che gli USA ricorrano all’ONU per internazionalizzare il tema Venezuela dimostra la manifesta inefficacia dell’ex Ministero delle Colonie, oltre ad essere un segno di debolezza.

11. Tuttavia, nell’immediato, il rapido movimento di questi settori politici USA deve essere intesa come una reazione alla proposta venezuelana di includere cinque paesi della regione (Nicaragua, Uruguay, El Salvador, Repubblica Dominicana e di Saint Vincent e Grenadine), per rilanciare il dialogo nazionale tra il governo bolivariano e l’opposizione venezuelana. Deve ricordarsi, anche, che un nuovo tentativo di dialogo gode di un ampio supporto regionale come un meccanismo di gestione del conflitto venezuelano.

12. Il contesto dell’espulsione di Cuba dall’OSA serve abbastanza per comprendere la vittoria della Rivoluzione Bolivariana in questo organismo regionale. Gli USA, a quel tempo 1962, poterono, senza alcun contrattempo, espellere l’isola dall’organismo per avere un governo “aderente al marxismo-leninismo, in contrasto con le norme del sistema inter-americano”, secondo l’accademico Julio Muriente Perez. 14 paesi votarono a favore, quattro si astennero e due contro, senza che si generasse alcun episodio per ostacolare questa manovra. Più di 50 anni dopo, il contesto d’assedio al Venezuela è simile a quello di Cuba, ancorato in una nuova era di interventismo. La differenza risiede nel fatto che il paese si ritira per sua decisione dall’organismo, ed in ogni riunione in cui lo si consente pone in evidenza lo svuotamento politico ed istituzionale dell’organismo per influire sulle questioni importanti e nevralgiche del continente. Non solo riguardo il conflitto interno del paese, ma a temi così vicini ai latinoamericani come il muro Trump al confine col Messico ed il massacro degli studenti in Ayotzinapa, proposte come risoluzione da parte del Venezuela. Tutte categoricamente rifiutate dai membri dell’OSA subordinati agli USA.

13. La partecipazione della delegazione venezuelana, guidata da Delcy Rodríguez, è stata storica e senza precedenti, in nessun altro momento del continente gli USA sono stati così esposti e spostati da un paese sudamericano in un organismo che hanno gestito a piacere dalla sua nascita. L’importanza storica di ciò che è accaduto in questi giorni forse non si lascia apprezzare in tutte le sue espressioni nell’immediato, ma per il nuovo ciclo politico che affronta il Venezuela e la regione, segna indubbiamente un precedente chiave. E il Venezuela è stato il protagonista.

(Da Misión Verdad)


Crónica de otro intento fallido contra Venezuela en la OEA: Trece datos urgentes

Al cierre de la Asamblea General de la OEA en la ciudad mexicana de Cancún, donde nuevamente la estrategia de tutelaje del Departamento de Estado de EEUU no logró imponerse, ya algunos movimientos y declaraciones van dando señales de cómo se desarrollará el ciclo de agresión internacional contra Venezuela.

1. Desde que Gustavo Tovar Arroyo protagonizara una agresión contra el diplomático y ahora canciller venezolano Samuel Moncada, se sabía de antemano que tanto la Reunión de Cancilleres sobre Venezuela, así como la Asamblea General, tomarían la ruta del linchamiento y la agresividad. Y fue así efectivamente: la delegación venezolana fue hostigada por EEUU y sus gobiernos aliados durante los tres días del evento, intentando imponerle condiciones y una resolución que vulneraba su soberanía. Si quiere profundizar en las datos claves de la Asamblea General de la OEA, puede leer a continuación nuestro Dato a Dato sobre el evento.

2. La resolución promovida por EEUU, Perú y el país anfitrión que exigía “reconsiderar” la convocatoria de una Asamblea Nacional Constituyente (ANC), luego de enormes presiones y acciones divisivas en el bloque caribeño, no logró ser impuesta. El magno evento de la OEA, oportunidad dorada para agudizar el ciclo de cerco y asfixia internacional contra Venezuela, concluyó sin una victoria política para el creador y regente del organismo.

3. Un dato político importante que emite el cierre de la Asamblea General es que la imposibilidad de que EEUU pueda imponer una resolución agresiva contra Venezuela en su propio organismo internacional, a su vez es un reconocimiento a la influencia geopolítica de Venezuela y el escepticismo de más de la mitad de los miembros de la OEA respecto a tomar medidas confrontativas y no dialogantes. Los comunicados que lamentaban no haber logrado la prometida resolución, sólo agrupaba a los mismos 14 países que presionaban por su aprobación.

4. Otro dato político ineludible: los países del Caribe no sólo siguen siendo una piedra de tranca para la agenda de intervención regional, sino que durante los tres días del magno evento de la OEA marcó las fronteras discursivas sobre Venezuela, a tal punto de que en extremis los promotores de la resolución tuvieron que llamar al diálogo y encontrar una “solución política” para intentar sumar al bloque caribeño como aliados. En síntesis: el tono agresivo y conflictivo utilizado para referirse a Venezuela, más que aglutinar, aleja e inhibe el apoyo de un importante número de países miembros de la OEA.

5. La OEA ha sido utilizada como una plataforma de respaldo internacional para la violencia armada dirigida por la oposición venezolana contra la población, como mecanismo para la toma del poder por vías extrainstitucionales. El llamado de la oposición venezolana a activar el artículo 350 de la Constitución nacional (desobediencia civil), para agudizar el cuadro de asedio político y económico, refleja que tenían plena seguridad en que esa resolución sería aprobada a modo de respaldo diplomático. Al no ocurrir la resolución, y más importante, al no tener una OEA unificada en una sola política de apoyo al golpe de Estado contra Venezuela, su intención de escalar la violencia pierde uno de sus principales alicientes.

6. En tal sentido, la efectividad de la OEA como plataforma internacional del golpe de Estado no sólo depende de la aprobación de una resolución, sino de su capacidad de influir en el pulso político que va tomando el conflicto. Con la ANC en puertas como mecanismo político-electoral, las exigencias realizadas por algunos países miembros (“calendario electoral”, etc.) de la OEA van perdiendo efectividad y sentido de momento, dejando a la oposición entrampada entre replegarse al ostracismo político-institucional para contentar a sus fanatizados seguidores, o en la aceptación de enormes costos políticos y legales por seguir azuzando la violencia armada y la confrontación callejera. Cualquiera de las dos decisiones son costosas en términos políticos.

7. Ante el fiasco de la OEA, influyentes políticos y diplomáticos de EEUU se mueven rápidamente intentando desplazar hacia otras instancias el eje de agresión internacional contra Venezuela, aceptando por la vía de los hechos que la OEA no puede hacer más de lo que ya ha hecho para detener la ANC y para promover el nuevo ciclo de violencia anunciado por la oposición venezolana.

8. La senadora estadounidense Ileana Ros, promotora de sanciones antivenezolanas, comentó que debía ampliarse la lista de sancionados de Venezuela, en una clara agenda de presión para que el Departamento del Tesoro y la Casa Blanca unilateralmente tomen medidas de fuerza (diplomáticas y financieras) contra el país, buscando compensar el respaldo al antichavismo no logrado en la OEA.

Por su parte, Marco Rubio, perteneciente al mismo club de políticos anticubanos y pro-Israel, amenazó a Haití, República Dominicana y El Salvador de que su apoyo a Venezuela afectaría sus relaciones con EEUU.

9. Por su parte, la embajadora de EEUU ante la ONU, la empresaria Nikki Haley, declaró el día de hoy que “el pueblo venezolano está padeciendo hambre mientras su Gobierno pisotea la democracia”. Evidentemente la alta diplomática nombrada por el presidente Donald Trump, ante la incapacidad de la OEA de potenciar el conflicto venezolano a favor de EEUU, intenta (a base de declaraciones agresivas de este tipo) que el “tema Venezuela” sea incluido a la fuerza en la agenda del Consejo de Seguridad de la ONU. Una maniobra que permitiría, al menos en el juego de apariencias que significa la diplomacia mundial, no sólo presionar por sanciones y embargos multilaterales contra Venezuela, sino acoplar apoyos diplomáticos para un aumento de la violencia.

10. En ese sentido, es importante tener en perspectiva que la OEA fue creada como un organismo regional para que Estados Unidos tuviese un mecanismo institucional que pudiera legitimar sus acciones en “su patio trasero”, sin tener que pasar por organismos internacionales conformados por otras potencias mundiales. El hecho de que Estados Unidos acuda a la ONU para internacionalizar el tema Venezuela demuestra la inefectividad manifiesta del otrora Ministerio de las Colonias, además de ser un signo de debilidad.

11. Sin embargo, en lo inmediato, el rápido movimiento de estos sectores políticos estadounidenses debe entenderse como una reacción a la propuesta venezolana de incluir a cinco países de la región (Nicaragua, Uruguay, El Salvador, República Dominicana y San Vicente y las Granadinas), para relanzar el diálogo nacional entre el Gobierno Bolivariano y la oposición venezolana. Necesario recordar, también, que un nuevo intento de diálogo goza de amplio respaldo regional como un mecanismo de administración del conflicto venezolano.

12. El contexto de la expulsión de Cuba de la OEA sirve bastante para comprender la victoria de la Revolución Bolivariana en esta instancia regional. EEUU, en ese momento de 1962, pudo sin ningún contratiempo expulsar a la isla del organismo por tener un gobierno “adherido al marxismo-leninismo, contrario a las normas del sistema interamericano”, de acuerdo al académico Julio Muriente Pérez. 14 países votaron a favor, cuatro se abstuvieron y dos lo hicieron en contra, sin que se generara ningún episodio que dificultara esta maniobra. Más de 50 años después, el contexto de asedio a Venezuela es similar al de Cuba anclado en una nueva era de intervencionismo. La diferencia reside en que el país se retira por decisión propia del organismo, y en cada reunión en que se lo permite pone en evidencia el vaciamiento político e institucional del organismo para influir en los temas importantes y neurálgicos del continente. No sólo respecto al conflicto interno del país, sino a temas tan cercanos a los latinoamericanos como el muro de Trump en la frontera con México y la masacre de estudiantes en Ayotzinapa, propuestas a modo de resolución por parte de Venezuela. Todos rechazados de plano por miembros de la OEA subordinados a EEUU.

13. La participación de la delegación venezolana a cargo de Delcy Rodríguez fue histórica e inédita, en ningún otro momento del continente Estados Unidos había quedado tan expuesto y descolocado por un país suramericano en un organismo que ha manejado a placer desde su nacimiento. La importancia histórica de lo ocurrido durantes estos días quizás no se deje apreciar en todas sus expresiones en lo inmediato, pero para el nuevo ciclo político que afronta Venezuela y la región, marca sin lugar a dudas un precedente clave. Y Venezuela fue protagonista.

(Tomado de Misión Verdad)

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