Donald Trump torna alla carica con Cuba ed ha dimostrato la sua evidente cecità rispetto al nostro paese: ora ha accusato il governo cubano di trattare in «maniera terribile» le donne.
Durante un meeting politico a Cedar Rapids, in Iowa, l’inquilino della Casa Bianca, altamente criticato per i suoi numerosi commenti sessisti, razzisti e misogini, contro le donne, ha segnalato L’Avana come un luogo ostile per la vita delle donne.
In linea con gli annunci dello scorso 6 giugno, quando ha scambiato la politica verso l’Isola nell’estremo della Florida per voti a suo favore nel Congresso, Trump ha ripreso il tema Cuba con la stessa ignoranza.
Contrariamente a quello che succede negli Stati uniti in materia di potere femminile, l’Isola più grande delle Antille ha molto da mostrare.
Le parole di Donald Trump contrastano con la realtà delle donne cubane in generale, con i principi dignità e d’emancipazione per tutti che trionfarono nel gennaio del 1959.
Il magnate-presidente, coinvolto in vari scandali per i suoi commenti sulle donne, ignora che l’uguaglianza di genere e l’autonomia della donna sono una delle conquiste più apprezzate della Rivoluzione.
Le cubane non solo sono beneficiarie di piena uguaglianza di diritti, ma contano anche sull’accesso universale e gratuito all’educazione e alla salute, a un sistema d’attenzione alla famiglia e ai servizi in materia di salute sessuale e riproduttiva, includendo la pianificazione familiare, la licenza di maternità pagata, salario uguale per lavoro uguale, in relazione agli uomini.
Donald Trump ha osato mettere in dubbio il riconoscimento internazionale guadagnato da Cuba a proposito del potere femminile e non ha guardato nemmeno una cifra, che nel caso di Cuba sono schiaccianti.
In Cuba le donne sono il 48% delle persone occupate nel settore statale e una cifra simile occupa posti di direzione ai più alti livelli.
L’agenzia delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e il potere delle donne, (ONU Donne) si riferisce continuamente all’esempio di Cuba come a quello di una società che offre piena facilità al sesso femminile e un accesso ugualitario.
Le cubane hanno preziose opportunità di lavoro, partecipazione e guida.
Nell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare sono rappresentate al 48.86%, per cui il loro contributo al disegno delle politiche per la conduzione e il perfezionamento del sistema socialista è più che evidente.
Nel contesto latinoamericano e dei Caraibi, dove gli uomini guadagnano come media il 19% più delle donne, il 55% dei posti di lavoro femminili è nel settore informale.
A Cuba le donne sono il 78% del personale della salute, quasi la metà degli investigatori scientifici e più del 66% della forza con la più alta preparazione scientifica e professionale del Paese.
Almeno il 60% sono laureate in educazione superiore, dicono i dati ufficiali.
Con affermazioni assolutamente carenti di ogni credibilità, si tenta d’ovviare il lavoro della nostra nazione e specificatamente della Federazione delle Donne Cubane – FMC – un’istituzione con circa quattro milioni d’iscritte attualmente, con il 90,4 % con più di 14 anni, esaltata nel mondo per il suo lavoro in difesa e costruzione d’una cornice di benessere per le donne.
UNA RIVOLUZIONE DENTRO L’ALTRA RIVOLUZIONE
La situazione della donna cubana cominciò a cambiare già otto mesi dopo il trionfo della Rivoluzione.
Con la dittatura di Fulgencio Batista (1952 – 1958), la donna rappresentava solo il 17% della popolazione lavorativa attiva, nella maggioranza dei casi il suo ruolo era quello di donna di casa.
Le donne erano la maggioranza degli 800.000 analfabeti che c’erano allora.
Dall’inizio del processo guidato dal Comandante in Capo Fidel Castro è stata una priorità la generazione di politiche pubbliche per avanzare nell’inclusione e la diffusione delle potenzialità delle cubane, per cui il 23 agosto del 1960 si costituì la FMC con Vilma Espín Guillois come presidente.
Si aperse così una nuova tappa nella vita delle donne cubane e si chiuse un capitolo ignominioso della storia di Cuba.
“La donna è una Rivoluzione nella Rivoluzione», disse Fidel quel giorno storico e chiamò «a lavorare, a organizzare e a porre in attività lo spirito creatore, l’entusiasmo delle donne cubane, per far sì che la donna cubana in questa tappa rivoluzionaria faccia scomparire sino all’ultima traccia di discriminazione ed abbia, la donna cubana per le sue virtù e i suoi meriti, il luogo che le corrisponde nella storia della Patria».
Parole che difficilmente Donald Trump, pur conoscendole, riuscirebbe a capire.