Otto miti sull’economia venezuelana

Pasqualina Curcio, Venezuela Infos – SitoAurora

Ci hanno raccontato tante favole sull’economia venezuelana, tanto da far parte del luogo comune di oggi. Al momento dell’ampio dialogo sociale nel quadro della Costituente, è importante distinguere la realtà dalla fantasia in queste storie che ci raccontano da sempre.

1. “Il Venezuela è un Paese a monocultura”. Sia in Patria che all’estero si sente dire che in Venezuela si produce solo petrolio. I dati della Banca Centrale del Venezuela indicano il contrario. In media, la produzione nazionale lorda [1] per l’84% è costituita da attività non-petrolifere. La produzione di petrolio occupa solo il 16%.

Nell’ambito della produzione non-petrolifera, l’industria è al primo posto (21%), seguita dai servizi pubblici (15,6%, cioè sanità, istruzione, ordine pubblico, sicurezza e difesa, protezione sociale); servizi immobiliari (13,2%); commercio e servizi (12,6%); costruzioni (8%); servizi comunitari (7%); agricoltura, allevamento e pesca (6,4%); comunicazioni (5,9%); e infine trasporti e depositi (4,6%).

Quindi, se non siamo questo monoproduttore come sempre presentati, l’economia venezuelana è caratterizzata però dalla condizione di monoesportatore. Quasi il 90% delle esportazioni riguarda in effetti il petrolio, tramite il settore pubblico (Petróleos de Venezuela, PDVSA).

Il problema non risiede nella nostra condizione di Paese di mono-esportazione petrolifera, né nel fatto che il settore pubblico se ne occupa, ma dallo scarso rendimento del settore privato. Anche se appare ancora potente, storicamente esporta, in media, meno del 10% del totale. Il 10% delle esportazioni non petrolifere riguarda minerali (26%); industria chimica (45%); plastica e gomma (3%), metalli (10%), tutti prodotti dal settore pubblico [2]. L’esportazione del settore privato non supera in media l’1% del totale.

2. “Non produciamo ciò che mangiamo”. Un’altra favola è che tutti gli alimenti consumati dai venezuelani sono importati. Niente di più lontano dalla realtà. Del cibo disponibile, l’88% in media è prodotto dai nostri agricoltori, allevatori e pescatori in terre e mari venezuelani, il restante 12% è ancora importato. [3]

Il Venezuela produce il 99% dei tuberi consumati, il 92% dello zucchero, il 97% della verdura, il 92% della carne, il 99% delle uova, il 98% di frutta e latte, il 90% di caffè e tè. Il 63% dei cereali. L’importazione principale sono grano (100%) e malto d’orzo (100%), utilizzati per la produzione di pane e birra, che non possono essere prodotti a livello locale a causa del clima. 91% dei legumi (fagioli, lenticchie) consumati dai venezuelani è importato quando potrebbe perfettamente essere prodotto sul nostro territorio. Importiamo anche il 53% di grassi, in particolare la soia.

Non c’è dubbio che alcune di queste favole sono scuse del grande capitale, in particolare di quello che concentra la produzione agroalimentare chiedendo allo Stato sempre più dollari a tasso preferenziale con l’argomento che non vi ha accesso, altrimenti non potrebbe importare questi prodotti, affamando la popolazione. Gli serve anche giustificare il debito privato, suo riconoscimento e ripianamento da parte dello Stato… Il 50% della produzione totale di alimenti dell’agribusiness si concentra sul 10% delle aziende private. [4] In altre parole, siamo di fronte a una produzione alimentare monopolistica. Anche se non lo si menziona mai, è uno dei principali punti deboli del modello di produzione economica del Venezuela, non solo per gli effetti negativi prodotti dai monopoli su prezzi e quantità, ma soprattutto per la dipendenza da una manciata di aziende che producono, importano e distribuiscono un bene strategico come l’alimentazione della popolazione. La situazione rafforza il potere coercitivo che possono esercitare queste aziende, per interessi economici od intenti politici, come osservato negli ultimi anni in Venezuela. La lezione principale di questa storia è la differenza tra sicurezza e sovranità alimentare.

3. “Il settore pubblico è improduttivo”. Si dice anche che il settore pubblico non produce nulla. Discriminando la produzione totale per settore istituzionale, cioè tra settore pubblico e privato, ci si rende conto che in media il 34% del prodotto interno lordo è generato dal settore pubblico e il 66% dal settore privato. Dalle attività del settore pubblico in Venezuela provengono principalmente petrolio, servizi pubblici (sanità, istruzione, trasporti, difesa, ordine pubblico, sicurezza, protezione sociale), elettricità, acqua, estrazione mineraria. Negli ultimi quattro anni, nonostante i prezzi del petrolio in calo, fattore chiave dei livelli di produzione in Venezuela, nonostante i vari aspetti della guerra economica attuata dal settore privato, come il blocco del credito internazionale e l’inflazione indotta con la manipolazione monetaria sul mercato illegale, la produzione del settore pubblico è aumentata.

La produzione del settore pubblico è aumentata costantemente dal 2003, anche nel 2009, anno che vide un calo del 34% del prezzo del petrolio. Oltre al business del petrolio, la fornitura dei servizi pubblici è seconda nella produzione dopo la manifattura.

4. “Il settore pubblico, a differenza del settore privato, è inefficace”. Si dice che lo Stato è inefficace, cioè che i lavoratori del settore pubblico ricevano lo stipendio senza fare nulla o, nella migliore delle ipotesi, facendo poco. Al contrario, le aziende private sono ancora considerate “efficienti”. Per definizione, si considera “efficiente” produrre di più con meno risorse. [5] Questa favola è la base della tesi secondo cui lo Stato non deve intervenire nell’economia. In Venezuela, in media, la produttività del lavoro nel settore pubblico, tra cui il petroloo [6], è stata 2,5 volte superiore a quello del settore privato. [7] Dal 1997 al 2015 ogni lavoratore pubblico ha prodotto 8,07 milioni di bolivares all’anno [8], mentre ogni lavoratore del settore privato ne ha prodotto 3,25 milioni. Anche escludendo da questi calcoli il petrolio, la produttività del settore pubblico rimane non solo 1,3 volte superiore a quella del settore privato, ma dal 2006 ha avuto un incremento del 44% da 3,5 milioni di bolivar all’anno per lavoratore a 5,1 milioni. [9] Al contrario, nello stesso periodo, la produttività del settore privato è diminuita del 14%.

Questi risultati ci permettono di celebrare alcuni protagonisti della nostra storia contemporanea: i lavoratori del settore pubblico. Operai, medici, infermieri, paramedici, bio-analisti, insegnanti, docenti universitari e lavoratori in genere; ingegneri e tecnici della manutenzione e pulizia; i responsabili della nettezza urbana; comunicatori; conduttori di metropolitana e autobus; agenti della polizia; militari delle Forze Armate Nazionali Bolivariane; vigili del fuoco; lavoratori del servizio diplomatico; della pubblica amministrazione; della giustizia; i cuochi che preparano i pasti per gli scolari; musicisti delle orchestre sinfoniche; allenatori sportivi; guardiaboschi; portuali e aeroportuali, amministratoti del processo elettorale e anche i deputati, alla fine tutti coloro che si alzano presto per gestire il settore pubblico.

5. “Solo le aziende private producono”. Questa classica fiaba vuole dire che ogni modo di produzione che non sia privato è meno efficace, non solo nel caso dello Stato, ma anche dei servizi comunitari, di cooperative e comuni. Infatti, dal 1999, primo anno della rivoluzione bolivariana, al 2015, il prodotto interno lordo è aumentato del 43%. Ma dopo le attività finanziarie e le comunicazioni, mostrarono il maggiore incremento nello stesso periodo le attività dei servizi comunitari e sociali. Quarti furono i servizi delle amministrazioni pubbliche. Attività agricole, allevamento, manifattura, commercio e trasporti, principalmente in mano ai privati, registrarono un aumento dal 1999, ma inferiore.

Sembra che non solo i metodi di produzione privati conferiscano valore aggiunto all’economia. La proprietà statale, come già detto, non solo è al secondo posto nella produzione, che non solo è aumentata negli ultimi anni, nonostante il calo dei prezzi del petrolio: ma ha visto crescere l’alta produttività del lavoro. La produzione di proprietà sociali è stata una delle attività economiche che ha registrato il maggiore incremento negli ultimi anni e ha contribuito in misura importante al prodotto interno lordo. Il riconoscimento costituzionale di altri modi di produzione, in parallelo alla produzione privata, è un passo importante per la democratizzazione della produzione e la riduzione della dipendenza da un numero ristretto di grandi imprese in molti settori monopolizzati della produzione, dell’importazione e della distribuzione di beni e servizi.

6. “L a produzione privata è scesa dal 1999 (primo anno della rivoluzione bolivariana)”. Questa è la voce amplificata da certi media: dal 1999 le società private sono state smantellate, e la questione in politica economica dell’uguaglianza e della giustizia sociale ha creato sfiducia e scoraggiato gli investitori. Si dice così che il controllo dei prezzi, del mercato dei cambi e la presunta mancanza di valuta estera abbiano impedito alle aziende di produrre. Fiction, ancora una volta: la produzione nel settore privato è aumentata in media del 35% dal 1999. Tutte le attività economiche del settore privato sono aumentate. Ad esempio, l’attività delle istituzioni finanziarie e assicurazioni, soprattutto private, è esplosa (375%) nello stesso periodo; il commercio è aumentato del 64%; trasporto e stoccaggio del 46%; comunicazioni del 332%; agricoltura, allevamento e pesca del 27%; manifattura del 12%; servizi immobiliari del 50%. Inoltre non solo il prodotto interno lordo del settore privato è aumentato, ma il tasso di rendimento del capitale era in costante crescita dal 2003, raggiungendo nel 2008 [10] il massimo storico dal 1970, il 22%.

Non c’è dubbio che chi ripete questa favola vuole giustificare il ritorno al modello neoliberista cessando i controllare i prezzi dei beni di prima necessità prodotti dai grandi monopoli, congelando i salari, privatizzando i servizi pubblici e consentendo a certi proprietari di grandi capitali, tra cui bancari e finanziari, di appropriarsi della valuta ottenuta con l’esportazione del petrolio.

7. “Non si produce perché il governo ha espropriato le aziende private”. Il mito che il governo abbia espropriato quasi tutte le aziende private va di moda negli ultimi anni. Di 28222 unità economiche corrispondenti all’attività industriale, solo 363 o 1,2%, sono nelle mani del settore pubblico. Il restante 98,71% è di proprietà privata. Delle unità economiche legate al commercio, il settore pubblico ne riunisce 294 su un totale di 243444, cioè lo 0,12%. Il restante 99,87% delle unità corrispondenti in questa attività sono del settore privato. Allo stesso modo, le aziende dei servizi appartenenti al pubblico sono lo 0,88% (943 su 111333 unità). Il resto è di proprietà privata. [11]

8. “Viviamo solo con i proventi del petrolio”. Questa fiaba è la più elaborata e diffusa di tutte. Diffonde un particolarmente potente messaggio ideologico: “i venezuelani sono pigri, non lavorano”, la cui funzione è nascondere il principale problema dell’attuale modello economico venezuelano: uso, distribuzione e proprietà delle ricchezze, tra cui i proventi del petrolio. E’ importante capire che in realtà, per i proprietari di capitale e forza-lavoro, “non funziona” è cioè appropriarsi storicamente di una proporzione importante delle entrate petrolifere e, in generale, del valore aggiunto dell’economia.

Riferimenti:
[1] Il prodotto interno lordo (PIL) misura tutti i beni e servizi prodotti in un’economia in un determinato periodo, di solito un anno.
[2] Istituto Nazionale di Statistica (INE). Sistema di consultazione del commercio estero. I dati sono disponibili dal 1950. Abbiamo avuto accesso alle informazioni raccolte dal 1980.
[3] Rassegna dati dal Bilancio Alimentare, strumento istituito nel 1950 dall’Istituto Nazionale della Nutrizione (NIN) per misurare la disponibilità di cibo (produzione, importazione ed esportazione).
[4] Dato del 2011 tratto dall’Indagine sulle grandi industrie del dicembre 2013, pubblicata dall’Istituto Nazionale di Statistica (INE).
[5] La produttività del lavoro è calcolata dividendo la produzione totale per il numero di lavoratori.
[6] Il fatturato è calcolato dividendo il prodotto interno lordo (PIL) del settore pubblico per il numero di lavoratori di questo settore.
[7] Calcolato nel 1997-2015.
[8] Per l’anno di riferimento 1997.
[9] Bolivar indicizzati al valore del 1997.
[10] Abbiamo questi dati fino al 2008, quando smise di lavorarci Asdrúbal Baptista: Fondamenti quantitativi dell’economia venezuelana.
[11] Istituto Nazionale di Statistica. Quarto Censimento economico 2007-2008.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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