Undici tesi sul Venezuela

 ed una conclusione addottrinata

Juan Carlos Monedero http://www.cubadebate.cu

“E si ostinava nel ripetere la stessa cosa:” Questo non è come in una guerra … In una battaglia hai il nemico di fronte … Qui, il pericolo non ha volto né orario”. Si rifiutava di prendere sonniferi o calmanti: “Non voglio che mi prendano addormentato o sonnolento. Se vengono a cercarmi, mi difenderò, griderò, tirerò i mobili fuori dalla finestra … Farò uno scandalo … “

Alejo Carpentier, La consacrazione della primavera

1. Senza dubbio Nicolás Maduro non è Allende. Né è Chavez. Ma coloro che fecero il golpe contro Allende e contro Chavez sono, e anche questo è innegabile, gli stessi che, ora, stanno tentando un golpe in Venezuela.

2. I nemici dei tuoi nemici non sono i tuoi amici. Può non piacerti Maduro senza che ciò implichi dimenticare che nessun democratico può stare al fianco dei golpisti che inventarono gli squadroni della morte, i voli della morte, il paramilitarismo, l’assassinio della cultura, l’Operazione Condor, i massacri di contadini ed indigeni, il furto delle risorse pubbliche. E’ comprensibile che ci sia gente che non vuole schierarsi a fianco di Maduro, ma conviene pensare che sul lato che appoggia i golpisti ci sono, in Europa, i politici corrotti, i giornalisti mercenari, i nostalgici del franchismo, gli impresari senza scrupoli, i trafficanti d’armi, quelli che difendono aggiustamenti economici, quelli che celebrano il neoliberalismo. Non tutti coloro che criticano Maduro difendono queste posizioni politiche. Conosco gente onesta che non sopporta quello che sta accadendo, in questo momento, in Venezuela. Ma è evidente che dalla parte di coloro che sono alla ricerca di un golpe militare, in quel paese, ci sono coloro che hanno sempre sostenuto i golpe militari in America Latina o coloro che privilegiano le loro imprese sul rispetto per la democrazia. I media che stanno preparando la guerra civile in Venezuela sono gli stessi conglomerati mediatici che vendettero che in Iraq c’erano armi di distruzione di massa, che ci vendono che dobbiamo salvare le banche con i soldi pubblici o che difendono che l’orgia dei milionari e dei corrotti devono pagarla tutti con tagli e privatizzazioni. Sapere che si condivide trincea con gente simile dovrebbe chiamare a riflessione. La violenza deve essere sempre la linea rossa che non deve essere attraversata. Non ha senso che l’odio per Maduro metta qualche persona perbene accanto ai nemici dei popoli.

3. Maduro ha ereditato un ruolo molto difficile -gestire il Venezuela in un momento di caduta dei prezzi del petrolio e del ritorno USA in America Latina dopo la terribile avventura in Medio Oriente- ed una missione impossibile -sostituire Chavez-. La morte di Chavez privò il Venezuela e l’America Latina di un leader capace di attuare politiche che hanno tolto dalla povertà 70 milioni di persone nel continente. Chavez capì che la democrazia in un solo paese era impossibile e mise le sue risorse, in un momento di prosperità grazie al recupero dell’OPEC, affinché si iniziasse la fase più luminosa degli ultimi decenni nel continente: Lula in Brasile, Correa in Ecuador, Morales in Bolivia, Kirchner in Argentina, Lugo in Paraguay, Mujica in Uruguay, Funes in El Salvador, Petro a Bogotà e addirittura Bachelet in Cile raccomandavano questa nuova fase. L’istruzione e la sanità giunsero a settori popolari, si completò l’alfabetizzazione, si costruirono case popolari, nuove infrastrutture, trasporti pubblici (dopo la privatizzazione degli stessi o la vendita e la chiusura dei treni), si frenò la dipendenza dal FMI, s’indebolì il legame con gli USA creandosi UNASUR e CELAC. Ci sono anche ombre, per lo più legate alla debolezza dello Stato ed alla corruzione. Ma ci necessiterebbe un secolo affinché i casi di corruzione nei governi progressisti dell’America Latina sommino, per citare solo un caso, il costo della corruzione che significa il salvataggio delle banche. La propaganda dei padroni della propaganda termina ottenendo che l’oppresso ami l’oppressore. Mai, dalla demonizzazione di Fidel Castro, alcun dirigente latino-americano fu tanto vilipeso come Chavez. Per distribuire tra i poveri, dovette dire ai ricchi, d’America e anche d’Europa, che dovevano guadagnare un pò meno. Mai lo tollerarono, ciò che può essere compreso, in particolare in Spagna, dove, nel bel mezzo della crisi, responsabili economici e politici del Partito Popolare rubarono a man bassa mentre dicevano alla gente che doveva stringere la cinta. Andava Chavez, tale “gorilla”, a frenargli gli affari? Dopo aver vinto le prime elezioni, nel 1998, Chavez dovette affrontare numerosi tentativi di abbatterlo. Naturalmente, con la preziosa collaborazione della destra spagnola, prima con Aznar, poi con Rajoy e la già nota partecipazione di Felipe González come lobbista dei grandi capitali. (E’ curioso che lo stesso Aznar che fece affari con Venezuela e Libia poi si convertì in boia quando glielo ordinarono. Gheddafi addirittura regalò ad Aznar un cavallo. Pablo Casado fu l’assistente di Aznar in quell’operazione. Poi, cose della destra, celebrarono il suo assassinio).

4. Chavez non lasciò in eredità a Maduro gli equilibri nazionali e regionali che costruì, che erano politici, economici e territoriali. Erano una costruzione personale in un paese che usciva da tassi di povertà del 60% della popolazione, quando Chavez giunse al governo. Ci sono cambiamenti che hanno bisogno di una generazione. Lì è dove l’opposizione sta cercando di strangolare Maduro, con problemi mal risolti come le importazioni, i dollari preferenziali o le difficoltà a frenare la corruzione che sfociano nelle carenze. Tuttavia, Maduro seppe ri-editare l’accordo “civico-militare” che tanto da fastidio agli amici del golpismo. Qualcosa evidente, poiché gli USA hanno sempre realizzato i golpe cercando l’appoggio nei militari autoctoni mercenari o disertori. L’esercito in America Latina solo si capisce in relazione agli USA. Li ha formati, sia in tattiche di tortura o di “lotta contro-insurrezionale”, sia nell’uso delle armi che gli vendono o nel rispetto dovuto agli interessi USA. In Venezuela, gli stessi che formarono gli assassini della Scuola di Meccanica della Marina Militare Argentina o che sostennero l’assassino Pinochet si trovano in una situazione difficile (l’assalto da parte di mercenari vestiti da militari alla caserma, in Carabobo, cercava di costruire la sensazione di crepe nell’esercito, cosa che ad oggi non sembra esistere). Come ha comprato militari, gli USA hanno sempre comprato giudici, giornalisti, professori, deputati, senatori, presidenti, sicari e coloro di cui hanno bisogno per mantenere l’America come il loro “cortile di casa”. Il cartello mediatico internazionale gli ha sempre coperto le spalle. E’ l’esistenza degli USA, come impero, che ha costruito l’esercito venezuelano. I nuovi ufficiali si sono formati nel discorso democratico sovrano ed antimperialista. Sono la maggioranza. C’è anche una ufficialità -la maggioranza ora pensionandosi- che si formò nella vecchia scuola e le sue ragioni per difendere la Costituzione venezuelana saranno più particolari. Le deficienze dello Stato venezuelana interessano anche l’esercito, ancor più nelle zone problematiche quali i confini. Ma le caserme in Venezuela stanno con il presidente costituzionale. E per questo è ancora più patetico ascoltare il democratico Felipe González chiedere ai militari venezuelani che facciano un golpe contro il governo di Nicolás Maduro.

5. A tali difficoltà di ereditare gli equilibri statali e gli accordi nella regione (l’amicizia di Chavez con i Kirchner, Lula, Evo, Correa, Lugo), dobbiamo aggiungere che la lotta dell’Arabia Saudita con il fracking e con la Russia, affondò i prezzi del petrolio, principale ricchezza del Venezuela. Questo inaspettato calo del prezzo del petrolio pose il governo di Maduro in una situazione complicata (è il problema delle “monoculture”. Basta, per capirlo, pensare cosa accadrebbe in Spagna, se calasse dell’80% il turismo per cause estranee a qualsiasi governo. Avrebbe preso, Rajoy, sette o otto milioni di voti in una situazione del genere?). Maduro ha dovuto ricostruire gli equilibri di potere in un momento di crisi economica brutale.

6. L’opposizione in Venezuela ha cercato di realizzare un golpe dallo stesso giorno che Chavez vinse. Il Venezuela fu la polena del cambiamento continentale. Farla finita con il Venezuela è schiacciare l’interruttore affinché lo stesso accada in luoghi dove non è ancora ritornato il neoliberalismo. Alle oligarchie danno fastidio i simboli che indeboliscono i loro punti di vista. Accadde con la II Repubblica, nel 1936, accadde in Cile con Allende, nel 1973. Farla finita con il Venezuela chavista è ritornare all’egemonia neoliberale ed, anche, alle tentazioni dittatoriali anni settanta.

7. Il Venezuela ha anche le riserve di petrolio più grandi del mondo, acqua, biodiversità, l’Amazzonia, oro, coltan -forse la riserva più grande del mondo di coltan-. Gli stessi che hanno portato la distruzione in Siria, in Iraq o in Libia per rubargli il petrolio, vogliono fare lo stesso in Venezuela. Hanno bisogno, in precedenza, di conquistarsi l’opinione pubblica in modo che il furto non sia così evidente. Hanno bisogno di riprodurre, in Venezuela, la stessa strategia che costruirono quando parlavano di armi di distruzione di massa in Iraq. O non credette, molta gente onesta, che c’erano armi di distruzione di massa in Iraq? Oggi, quel paese, un tempo prospero, è una rovina. Chi credette a quelle menzogne del PP, che guardi com’è oggi Mosul. Complimenti agli ingenui. Le bugie continuano ogni giorno. L’opposizione mise una bomba al passaggio della polizia, a Caracas, e tutti i media a stampa pubblicarono la foto come se la responsabilità fosse di Maduro. Un elicottero rubato sparò granate contro la Corte Suprema ed i media tacciono. Sono atti terroristici. Di quelli che aprono le copertine ed i telegiornali. Tranne quando accadono in Venezuela. Un referendum illegale, in Venezuela, “fa pressione sul regime sino al limite”. Un referendum illegale in Catalogna è un atto vicino al delitto di sedizione.

8. Il cartello mediatico internazionale ha trovato un filone. Si tratta di una riedizione della paura di fronte alla Russia comunista, alla Cuba dittatoriale o al terrorismo internazionale (mai diranno che l’ISIS è una costruzione occidentale finanziata con capitale prevalentemente USA). Il Venezuela si è convertito nel nuovo demone. Così gli si permette di accusare di “chavisti” gli avversari e gli si evita di parlare di corruzione, lo svuotamento delle pensioni, la privatizzazione degli ospedali, scuole e università o dei salvataggi bancari. Mélenchon, Corbyn, Sanders, Podemos o qualsiasi forza di cambiamento in America Latina sono squalificate con l’accusa di chavisti, ora che accusare di comunista o appartenente all’ETA ha poco senso. Il giornalismo mercenario da anni ha questa strategia. Nessuno ha mai spiegato che politica genuinamente bolivariana c’è nei programmi dei partiti di cambiamento. Ma è indifferente. L’importante è diffamare. E gente di buona volontà finisce credendo che ci sono armi di distruzione di massa o che il Venezuela è una dittatura in cui, curiosamente, tutti i giorni l’opposizione manifesta (anche attaccando installazioni militari), dove i media criticano liberamente Maduro (non come in Arabia Saudita, Marocco o USA), o dove l’opposizione governa i comuni e le regioni. E’ la stessa tattica che costruì durante la Guerra Fredda il “pericolo comunista”. Per questo in Spagna, con il Venezuela, abbiamo una nuova Comunità Autonoma a cui solo manca che ci dicano, alla fine del telegiornale, il tempo che farà a Caracas quel giorno. Ogni cento volte che si dice “Venezuela”, novantacinque solo cercano distrarre, nascondere o mentire.

9. Il Venezuela ha un problema storico che non è stato risolto. In mancanza di miniere durante il periodo coloniale, non fu un vicereame, ma un semplice capitanato generale. Il XIX secolo fu una guerra civile permanente, e nel XX secolo, quando s’iniziò a costruire lo Stato, già avevano petrolio. Lo stato venezuelano è sempre stato rentier (rendita petrolifera), carente di efficacia, corroso dalla corruzione e ostaggio delle esigenze economiche degli USA d’accordo con le oligarchie locali. Lo scontro tra l’Assemblea e l’attuale capo di stato avrebbe dovuto essere risolta legalmente. Segnali dell’inefficienza sono evidenti da tempo. Il rentismo (rendita petrolifera) venezuelano non è stato superato. Il Venezuela distribuì la rendita petrolifera tra i più poveri, ma non ha superato tale cultura politica rentier né ha migliorato il funzionamento del suo stato. Ma non c’inganniamo. Il Brasile ha una struttura giuridica più consolidata ed il Parlamento e alcuni giudici hanno realizzato un golpe contro Dilma Roussef. Donald Trump può cambiare il Procuratore Generale e non succede nulla, ma se lo fa Maduro, Capo di Stato ugualmente eletto in un’elezione, lo si accusa di essere un dittatore. Alcune delle critiche a Maduro sono ingannevoli perché dimenticano che il Venezuela è un sistema presidenziale. È per questo che la Costituzione permette al Presidente di convocare un’Assemblea Costituente. Piacerà o meno, ma l’articolo 348 della vigente Costituzione del Venezuela autorizza il Presidente a tale compito, come in Spagna il Presidente del Governo può sciogliere il Parlamento.

10. Zapatero e altri ex presidenti, il Papa, l’ONU sollecitarono entrambe le parti, in Venezuela, al dialogo. L’opposizione raccolse circa sette milioni di voti (anche se è più complicato che possano giungere ad un tale accordo su un candidato/a per la presidenza del paese). Maduro, in un contesto regionale molto difficile, con forti ristrettezze economiche che colpiscono l’acquisto di beni di base, tra cui medicine, ha unito otto milioni di voti (benché siano sette secondo le dichiarazioni, tanto sospette, del Presidente di Smarmatic, che ha appena firmato un milionario contratto in Colombia). Il Venezuela è chiaramente diviso. L’opposizione, come altre volte, ha optato per la violenza e quindi non capisce che Maduro sommi molti milioni di sostenitori. Se in Spagna, un gruppo bruciasse centri sanitari, bruciasse scuole, sparasse contro la Corte Suprema, assaltasse caserme, assumesse elementi marginali per seminare il terrore, impedisse con forme di lotta da strada il transito ed, addirittura, bruciasse vive persone per pensare in modo diverso qualcuno si sorprenderebbe che la cittadinanza votasse in direzione contraria a questi pazzi?

11. Fallita la via violenta, all’opposizione venezuelana rimangono due possibilità: continuare con la via insurrezionale, incoraggiata dal Partito Popolare, Donald Trump e l’estrema destra internazionale, o cercare di vincere alle urne. Gli USA continuano a far pressione (in dichiarazioni ad un settimanale uruguaiano, il presidente Tabare ha detto che votò per espellere illegalmente Venezuela dal MERCOSUR per paura delle rappresaglie dei grandi paesi). 57 paesi delle Nazioni Unite hanno richiesto che si rispetti la sovranità del Venezuela. Poiché gli USA non ottengono la maggioranza per forzare il Venezuela, si ostinano a inventare spazi (come la Dichiarazione di Lima, senza alcun valore giuridico, perché non ha raggiunto la maggioranza nell’ OSA). La destra mondiale vuole farla finita con il Venezuela, anche se questo costa sangue e fuoco alla popolazione venezuelana. Perciò alcuni oppositori, come Henry Ramos Allup, hanno chiesto la fine della violenza. Venezuela ha all’orizzonte elezioni comunali e regionali. E’ lo scenario dove l’opposizione dovrebbe dimostrare tale maggioranza che sostengono avere. Il Venezuela deve convocare queste elezioni ed è un’ottima occasione per misurare elettoralmente le forze. Perché, in caso contrario, lo scontro che stiamo vedendo aumenterà e s’incisterà in una terribile cancrena. A chi interessa una guerra civile in Venezuela? Non c’inganniamo. Né al PP né a Trump interessano i diritti umani. Se così fosse romperebbero con l’Arabia Saudita, che decapita quindici giovani per manifestare durante la Primavera Araba, o frustano le donne che guidano; o con la Colombia, dove sono 150 gli uccisi dai paramilitari negli ultimi mesi; o col Messico, dove si assassina, ogni mese, qualche giornalista ed appaiono fosse comuni con decine di cadaveri. Pene di 75 anni sono pendenti, negli USA, contro manifestanti contro le politiche di Trump. Il Venezuela si è convertito, in Spagna, nella 18 Comunità Autonoma solo perché il presidente Rajoy ha dovuto comparire come testimone per la corruzione nel suo partito. È più arioso parlare di Venezuela che della corruzione delle 800 accuse del PP imputati. Ci sono ingenui che gli credono. Cosa diranno, ora, che la maggior parte dell’opposizione ha accettato partecipare alle elezioni regionali? Il patto tra il PSOE e Podemos in Castilla-La Mancha è stato presentato dalla destra manchega come l’inizio della venezualizzazione della Spagna. Quanta sfacciataggine e quanta stupidità. C’è gente che gli crede. Mentre il PP tace di fronte, per esempio, alle persecuzioni che la dittatura monarchica marocchina fa, in Spagna, dei dissidenti politici o imprigiona, per ordine del dittatore Erdogan, un giornalista critico con la dittatura turca. Ci dirà qualcuno che a questi governi interessano i diritti umani?

Conclusione: non c’è bisogno di concordare, né molto meno, con Maduro ed il suo modo di fare le cose, per non accettare il golpe che si vuole costruire in Venezuela. Stiamo parlando di non commettere gli stessi errori credendo alle menzogne che costruiscono i media. Venezuela deve risolvere i suoi problemi attraverso il dialogo. Ed è evidente che ha problemi. Ma due metà in guerra non vanno da nessuna parte monologando. Benché una parte la sostengano i paesi più potenti del contesto neoliberale. Né il PP né la destra vogliono il dialogo. Vogliono che Maduro si consegni. E crede qualcuno che gli otto milioni di votanti della Costituente rimangano a braccia conserte? Il nuovo governo li reprimerebbe e addirittura li assassinerebbe. I media direbbero che la democrazia venezuelana si starebbe difendendo dai nemici della democrazia. E si tornerebbe ad avere gente ingenua che gli crederebbe. Dal resto del mondo, in nome della democrazia, bastano due cose: esigere ed incoraggiare il dialogo in Venezuela, e capire che sarebbe bene non permettere né al PP né alla destra internazionale, a partire da Donald Trump, rieditare una delle loro miserie più orribili che consiste nel seminare dolore in altri luoghi per occultare il dolore che costruiscono nei nostri stessi paesi.

(tratto da Público)


Once tesis sobre Venezuela y una conclusión escarmentada

Por: Juan Carlos Monedero

“Y se empeñaba en repetir lo mismo: “Esto no es como en una guerra… En una batalla tienes el enemigo delante… Aquí, el peligro no tiene rostro ni horario”. Se negaba a tomar somníferos o calmantes: “No quiero que me agarren dormido o amodorrado. Si vienen por mí, me defenderé, gritaré, tiraré los muebles por la ventana… Armaré un escándalo…”

Alejo Carpentier, La consagración de la primavera

1. Es indudable que Nicolás Maduro no es Allende. Tampoco es Chávez. Pero los que dieron el golpe contra Allende y contra Chávez son, y eso también es indudable, los mismos que ahora están buscando un golpe en Venezuela.

2. Los enemigos de tus enemigos no son tus amigos. Puede no gustarte Maduro sin que eso implique olvidar que ningún demócrata puede ponerse al lado de los golpistas que inventaron los escuadrones de la muerte, los vuelos de la muerte, el paramilitarismo, el asesinato de la cultura, la operación Cóndor, las masacres de campesinos e indígenas, el robo de los recursos públicos. Es comprensible que haya gente que no quiera ponerse del lado de Maduro, pero conviene pensar que en el lado que apoya a los golpistas están, en Europa, los políticos corruptos, los periodistas mercenarios, los nostálgicos del franquismo, los empresarios sin escrúpulos, los vendedores de armas, los que defienden los ajustes económicos, los que celebran el neoliberalismo. No todos los que critican a Maduro defienden esas posiciones políticas. Conozco gente honesta que no soporta lo que está pasando ahora mismo en Venezuela. Pero es evidente que del lado de los que están buscando un golpe militar en ese país están los que siempre apoyaron los golpes militares en América Latina o los que priman sus negocios por encima del respeto a la democracia. Los medios de comunicación que están preparando la guerra civil en Venezuela son los mismos conglomerados mediáticos que vendieron que en Irak había armas de destrucción masiva, que nos venden que hay que rescatar a los bancos con dinero público o que defienden que la orgía de los millonarios y los corruptos hay que pagarla entre todos con recortes y privatizaciones. Saber que se comparte trinchera con semejante gente debiera llamar a la reflexión. La violencia siempre debe ser la línea roja que no debe traspasarse. No tiene sentido que el odio a Maduro ponga a nadie decente al lado de los enemigos de los pueblos.

  1. Maduro heredó un papel muy difícil -gestionar Venezuela en un momento de caída de los precios del petróleo y de regreso de Estados Unidos a Latinoamérica después de la terrible aventura en Oriente Medio- y una misión imposible -sustituir a Chávez-. La muerte de Chávez privó a Venezuela y a América Latina de un líder capaz de poner en marcha políticas que han sacado de la pobreza a 70 millones de personas en el continente. Chávez entendió que la democracia en un solo país era imposible y puso sus recursos, en un momento de bonanza gracias a la recuperación de la OPEP, para que se iniciara la etapa más luminosa de las últimas décadas en el continente: Lula en Brasil, Correa en Ecuador, Morales en Bolivia, Kirchner en Argentina, Lugo en Paraguay, Mujica en Uruguay, Funes en El Salvador, Petro en Bogotá e incluso Bachelet en Chile referenciaban esa nueva etapa. La educación y la salud llegaron a los sectores populares, se completó la alfabetización, se construyeron viviendas públicas, nuevas infraestructuras, transportes públicos (después de la privatización de los mismos o la venta y cierre de los trenes), se frenó la dependencia del FMI, se debilitó el lazo con los Estados Unidos creándose la UNASUR y la CELAC. También hay sombras, principalmente vinculadas a la debilidad estatal y a la corrupción. Pero haría falta un siglo para que los casos de corrupción en los gobiernos progresistas de América Latina sumen, por citar sólo un asunto, el coste de la corrupción que significa el rescate bancario. La propaganda de los dueños de la propaganda terminan logrando que el oprimido ame al opresor. Nunca desde la demonización de Fidel Castro fue ningún líder latinoamericano tan vilipendiado como Chávez. Para repartir entre los pobres, hubo que decirle a los ricos, de América y también de Europa, que tenían que ganar un poco menos. Nunca lo toleraron, lo que puede entenderse, especialmente en España, donde, en mitad de la crisis, responsables económicos y políticos del Partido Popular robaban a manos llenas al tiempo que decían a la gente que tenía que apretarse el cinturón ¿Iba Chávez ese “gorila” a frenarles sus negocios? Desde que ganó las primeras elecciones en 1998, Chávez tuvo que enfrentarse a numerosos intentos de derribarlo. Por supuesto, con la inestimable ayuda de la derecha española, primero con Aznar, luego con Rajoy, y la ya conocida participación de Felipe González como lobbista de grandes capitales. (Es curioso que el mismo Aznar que hizo negocios con Venezuela y con Libia luego se convirtió en ejecutor cuando se lo ordenaron. Gadafi incluso le regaló a Aznar un caballo. Pablo Casado fue el asistente de Aznar en esa operación. Luego, cosas de la derecha, celebraron su asesinato).

4. Chávez no legó a Maduro los equilibrios nacionales y regionales que construyó, que eran políticos, económicos y territoriales. Eran una construcción personal en un país que salía de tasas de pobreza del 60% de la población cuando llegó Chávez al gobierno. Hay cambios que necesitan una generación. Ahí es donde la oposición pretende estrangular a Maduro, con problemas mal resueltos como las importaciones, los dólares preferenciales o las dificultades para frenar la corrupción que desembocan en desabastecimiento. Sin embargo, Maduro supo reeditar el acuerdo “cívico-militar” que tanto molesta a los amigos del golpismo. Algo evidente, pues Estados Unidos siempre ha dado los golpes buscando apoyos en militares autóctonos mercenarios o desertores. El ejército en América Latina solo se entiende en relación con Estados Unidos. Les han formado, sea en tácticas de tortura o en “lucha contrainsurgente”, sea en el uso de las armas que les venden o en el respeto debido a los intereses norteamericanos. En Venezuela, los mismos que formaron a los asesinos de la Escuela Mecánica de la Armada argentina o que sostuvieron al asesino Pinochet lo tienen complicado (el asalto por parte de mercenarios vestidos de militares a un cuartel en Carabobo buscaba construir la sensación de fisuras en el ejército, algo que a día de hoy no parece que exista). Igual que ha comprado militares, Estados Unidos siempre ha comprado jueces, periodistas, profesores, diputados, senadores, presidentes, sicarios y a quien hiciera falta para mantener a América como su “patio trasero”. El cártel mediático internacional siempre le ha cubierto las espaldas. Es la existencia de Estados Unidos como imperio lo que ha construido el ejército venezolano. Los nuevos oficiales se han formado en el discurso democrático soberano y antiimperialista. Son mayoría. Hay también una oficialidad -la mayoría ya jubilándose- que se formó en la vieja escuela y sus razones para defender la Constitución venezolana serán más particulares. Las deficiencias del Estado venezolano afectan también al ejército, aún más en zonas problemáticas como las fronteras. Pero los cuarteles en Venezuela están con el Presidente constitucional. Y por eso es aún más patético escuchar al demócrata Felipe González pedir a los militares venezolanos que den un golpe contra el gobierno de Nicolás Maduro.

5. A esas dificultades de heredar los equilibrios estatales y los acuerdos en la región (la amistad de Chávez con los Kirchner, con Lula, con Evo, con Correa, con Lugo), hay que añadir que la pugna de Arabia Saudí con el fracking y con Rusia, hundió los precios del petróleo, principal riqueza de Venezuela. Esta inesperada caída del precio del petróleo colocó al gobierno de Maduro en una situación complicada (es el problema de los “monocultivos”. Basta para entenderlo pensar qué ocurriría en España si se hundiera un 80% el turismo por causas ajenas a ningún gobierno. ¿Sacaría Rajoy siete u ocho millones de votos en una situación así?). Maduro ha tenido que reconstruir los equilibrios de poder en un momento de crisis económica brutal.

  1. La oposición en Venezuela lleva intentando dar un golpe de Estado desde el mismo día que ganó Chávez. Venezuela fue el mascarón de proa del cambio continental. Acabar con Venezuela es abrir la espita para que ocurra lo mismo en los sitios donde aún no ha regresado el neoliberalismo. A las oligarquías les molestan los símbolos que debilitan sus puntos de vista. Pasó con la II República en 1936, pasó en Chile con Allende en 1973. Acabar con la Venezuela chavista es regresar a la hegemonía neoliberal e, incluso, a las tentaciones dictatoriales de los años setenta.

7. Venezuela tiene además las reservas de petróleo más grandes del mundo, agua, biodiversidad, el Amazonas, oro, coltán -quizá la reserva más grande del mundo de coltán-. Los mismos que han llevado la destrucción a Siria, a Irak o a Libia para robarles el petróleo, quieren hacer lo mismo en Venezuela. Necesitan ganarse previamente a la opinión pública para que el robo no sea tan evidente. Necesitan reproducir en Venezuela la misma estrategia que construyeron cuando hablaban de armas de destrucción masiva en Irak. ¿O no se creyó mucha gente honesta que había armas de destrucción masiva en Irak? Hoy, aquel país antaño próspero es una ruina. Quien se creyó aquellas mentiras del PP, que mire cómo está hoy Mosul. Enhorabuena a los ingenuos. Las mentiras siguen todos los días. La oposición puso una bomba al paso de policías en Caracas y todos los medios impresos publicaron la foto como si la responsabilidad fuera de Maduro. Un helicóptero robado lanzó granadas contra el Tribunal Supremo y los medios lo silencias. Son actos terroristas. De esos que abren portadas y los telediarios. Salvo cuando suceden en Venezuela. Un referéndum ilegal en Venezuela “presiona al régimen hasta el límite”. Un referéndum ilegal en Catalunya es un acto cercano al delito de sedición.

8. El cártel mediático internacional ha encontrado un filón. Se trata de una reedición del miedo ante la Rusia comunista, la Cuba dictatorial o el terrorismo internacional (nunca dirán que el ISIS es una construcción occidental financiada con capital norteamericano principalmente). Venezuela se ha convertido en el nuevo demonio. Así se les permite acusar de “chavistas” a los adversarios y les evita hablar de la corrupción, del vaciamiento de las pensiones, de la privatización de los hospitales, las escuelas y las universidades o de los rescates bancarios. Mélenchon, Corbyn, Sanders, Podemos o cualquier fuerza de cambio en América Latina son descalificados con la acusación de chavistas, ahora que acusar de comunistas o de etarras tiene poco recorrido. El periodismo mercenario lleva años con esa estrategia. Nadie nunca ha explicado qué política genuinamente bolivariana va en los programas de los partidos de cambio. Pero da lo mismo. Lo importante es difamar. Y gente de buena voluntad termina creyendo que hay armas de destrucción masiva o que Venezuela es una dictadura donde, curiosamente, todos los días la oposición se manifiesta (incluso atacando instalaciones militares), donde los medios critican libremente a Maduro (no como en Arabia Saudí, Marruecos o Estados Unidos) o donde la oposición gobierna en alcaldías y regiones. Es la misma táctica que construyó durante la guerra fría el “peligro comunista”. Por eso en España, con Venezuela, tenemos una nueva Comunidad Autónoma de la que solamente falta que nos digan al final de los telediario el tiempo que va a hacer en Caracas ese día. De cada cien veces que se dice “Venezuela”, noventa y cinco sólo buscan distraer, ocultar o mentir.

9. Venezuela tiene un problema histórico que no ha resuelto. Al carecer de minas durante la colonia, no fue un Virreinato, sino una simple capitanía general. El siglo XIX fue una guerra civil permanente, y en el siglo XX, cuando se empezó a construir el Estado, ya tenían petróleo. El Estado venezolano siempre ha sido rentista, carente de eficacia, agujereado por la corrupción y rehén de las necesidades económicas de los Estados Unidos acordadas con las oligarquías locales. El choque entre la Asamblea y la jefatura del Estado actual debiera haberse zanjado jurídicamente. Señales de la ineficiencia vienen siendo evidentes desde hace tiempo. El rentismo venezolano no se ha superado. Venezuela redistribuyó la renta del petróleo entre los más humildes, pero no ha superado esa cultura política rentista ni ha mejorado el funcionamiento de su estado. Pero no nos engañemos. Brasil tiene una estructura jurídica más consolidada y el Parlamento y algunos jueces han dado un golpe de Estado contra Dilma Roussef. Donald Trump puede cambiar a la Fiscal General y no pasa nada, pero si lo hace Maduro, Jefe del Estado igualmente elegido en unas elecciones, se le acusa de dictador. Una parte de las críticas a Maduro son tramposas porque olvidan que Venezuela es un sistema presidencialista. Es por eso que la Constitución permite al Presidente convocar una Asamblea Constituyente. Gustará más o menos, pero el artículo 348 de la Constitución vigente de Venezuela faculta al Presidente en esa tarea, igual que en España el Presidente del Gobierno puede disolver el Parlamento.

10. Zapatero y otros ex Presidentes, el Papa, Naciones Unidas vienen pidiendo a ambas partes en Venezuela que dialoguen. La oposición reunió en torno a siete millones de votos (si bien es más complicado que puedan llegar a ese acuerdo en torno a un candidato o candidata a la Presidencia del país). Maduro, en un contexto regional muy complicado, con fuertes estrecheces económicas que afectan a la compra de insumos básicos, incluidas medicinas, ha juntado ocho millones de votos (aunque sean siete, según las declaraciones tan sospechosas del Presidente de Smarmatic, que acaba de firmar un contrato millonario en Colombia). Venezuela está claramente dividida. La oposición, como otras veces, ha optado por la violencia y luego no entiende que Maduro sume tantos millones de apoyos. Si en España un grupo quemase centros de salud, quemase escuelas, disparara contra el Tribunal Supremo, asaltara cuarteles, contratara a marginales para sembrar el terror, impidiese con formas de lucha callejera el tránsito e, incluso, quemase vivas a personas por pensar diferente ¿alguien se extrañaría que la ciudadanía votase en la dirección contraria a esos locos?

11. Fracasada la vía violenta, a la oposición venezolana le quedan dos posibilidades: seguir con la vía insurreccional, alentada por el Partido Popular, Donald Trump y la extrema derecha internacional, o intentar ganar en las urnas. Estados Unidos sigue presionando (en declaraciones a un semanario uruguayo, el Presidente Tabaré dijo que votó para expulsar ilegalmente a Venezuela del Mercosur por miedo a las represalias de los países grandes). 57 países de Naciones Unidas han exigido que se respete la soberanía de Venezuela. Como Estados Unidos no logra mayoría para forzar a Venezuela, insiste en inventar espacios (como la Declaración de Lima, sin ninguna fuerza jurídica porque no han conseguido mayoría en la OEA). La derecha mundial quiere acabar con Venezuela, aunque eso le cueste sangre y fuego a la población venezolana. Por eso algunos opositores, como Henry Ramos-Allup, han llamado al fin de la violencia. Venezuela tiene en el horizonte elecciones municipales y regionales. Es el escenario donde la oposición debiera demostrar esa mayoría que reclaman. Venezuela tiene que convocar esas elecciones y es una oportunidad excelente para medir electoralmente las fuerzas. Porque, de lo contrario, el choque que estamos viendo se enquistará y se convertirá en una gangrena terrible. ¿A quién le interesa una guerra civil en Venezuela? No nos engañemos. Ni al PP ni a Trump le interesan los derechos humanos. Si así fuera romperían con Arabia Saudí, que va a decapitar a quince jóvenes por manifestarse durante la Primavera Árabe, o dan latigazos a las mujeres que conducen; o con Colombia, donde van 150 asesinados por los paramilitares en los últimos meses; o en México, donde se asesina cada mes a algún periodista y aparecen fosas comunes con decenas de cadáveres. Penas de 75 años están pidiendo en Estados Unidos contra manifestantes contra las políticas de Trump. Venezuela se ha convertido en España en la 18 Comunidad Autónoma sólo porque el Presidente Rajoy ha tenido que comparecer como testigo por la corrupción en su partido. Es más airoso hablar de Venezuela que de la corrupción de los 800 cargos del PP imputados. Hay ingenuos que les creen. ¿Qué dirán ahora que el grueso de la oposición ha aceptado participar en las elecciones regionales? El pacto entre el PSOE y Podemos en Castilla-La Mancha ha sido presentado por la derecha manchega como el comienzo de la venezonalización de España. Cuánta caradura y cuánta estupidez. Hay gente que les cree. Mientras, el PP guarda silencio ante, por ejemplo, las persecuciones que la dictadura monárquica marroquí hace en España de los disidentes políticos, o encarcela por orden del dictador Erdogan a un periodista crítico con la dictadura turca. ¿Nos va a decir alguien que a estos gobiernos les interesan los derechos humanos?

Conclusión: no hace falta comulgar, ni mucho menos, con Maduro y su manera de hacer las cosas, para no aceptar el golpe de estado que se quiere construir en Venezuela. Estamos hablando de no volver a cometer los mismos errores creyéndonos las mentiras que construyen los medios. Venezuela tiene que solventar sus problemas dialogando. Y es evidente que tiene problemas. Pero dos mitades enfrentadas no van a ningún lado monologando. Aunque a una parte le apoyen los países más poderosos del ámbito neoliberal. Ni el PP ni la derecha quieren diálogo. Quieren que Maduro se entregue. ¿Y cree alguien que los ocho millones de votantes de la Asamblea Constituyente se iban a quedar de brazos cruzados? El nuevo gobierno les reprimiría e, incluso, les asesinaría. Los medios dirían que la democracia venezolana se estaría defendiendo de los enemigos de la democracia. Y volvería a haber gente ingénua que les creería. Desde el resto del mundo, en nombre de la democracia, bastan dos cosas: exigir y alentar el diálogo en Venezuela, y entender que sería bueno no permitir ni al PP ni a las derechas internacionales, empezando por Donald Trump, reeditar una de sus miserias más horribles que consiste en sembrar dolor en otros sitios para ocultar el dolor que construyen en nuestros propios países.

(Tomado de Público)

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