Papa Bergoglio in Colombia: di quale pace stiamo parlando?

di Geraldina Colotti http://www.lantidiplomatico.it

Dal 6 al 10 settembre, i riflettori saranno tutti per il papa Bergoglio, che si reca in Colombia “come pellegrino di speranza e di pace” nel suo ventesimo viaggio all’estero.

“Benvenuto, Francesco, il nostro impegno è per la pace”, risponde il Comando centrale dell’ELN. La guerriglia guevarista, la seconda per importanza dopo le FARC (marxiste-leniniste), ha concluso a Quito (in Ecuador) una tregua temporanea bilaterale e manifesta così l’intenzione di immettersi nello stesso percorso che ha portato le Farc a firmare un accordo con il governo e concludere con una soluzione politica l’ultra cinquantennale conflitto armato in Colombia.


Nelle trattative tra le FARC e il governo Santos hanno concorso soprattutto Venezuela e Cuba, anche se Bergoglio ha messo il suo peso nel finale. In quelle con l’ELN, la chiesa sarà determinante, fermo restando l’impegno del socialismo bolivariano e dei movimenti. L’ELN ha concluso l’anno scorso a Caracas una prima fase di trattative. E Maduro – il cui paese presiede importanti commissioni internazionali, dalla presidenza del Movimento dei non allineati alla Commissione per la decolonizzazione all’ONU – continua l’impegno di Chavez per l’autodeterminazione dei popoli e per la “diplomazia di pace” nei conflitti.

Ma di quale pace si può parlare in una Colombia che pullula di basi militari Usa e il cui ruolo di gendarme nella regione è pari a quello giocato da Israele in Medioriente? Di quale pace si può parlare in un paese di antiche storture e profonde disuguaglianze?

Perché la pace non diventi la pietra tombale calata dalle classi dominanti sui settori popolari come avviene dalle nostre parti, occorre risolvere le cause che producono la guerra, organizzarsi per farlo nelle modalità più consone al contesto storico. Scegliere, e continuare a pagarne il prezzo, squarciando il velo di finzione che occulta la natura dei rapporti di classe. In 14 mesi, mentre le armi della guerriglia hanno taciuto, sono stati ammazzati 156 leader comunitari, tra cui ex guerriglieri smobilitati e loro famigliari.

Subito dopo aver ricevuto il Nobel per la Pace, Santos ha chiesto l’adesione alla NATO e spicca nel campo dei presidenti neoliberisti che chiedono la fine del socialismo in Venezuela. Il “laboratorio bolivariano” è una trincea, di pratiche e simboli da stroncare o distorcere. La proposta di un’Assemblea nazionale costituente, attualmente attiva a Caracas, può essere deflagrante per il sistema colombiano, ove gli spazi di agibilità politica si sono chiusi fin dal 1948, con l’assassinio del leader liberale Eliécer Gaitan.

Dar voce alle istanze popolari organizzate, interessate a un cambiamento strutturale e a un nuovo modello di paese, è la vera partita in questa fase. Anche la chiesa sta giocando la sua.

Nel suo comunicato, il Comando ELN mostra i termini della questione partendo dal legame forte intrattenuto con quella chiesa di base che, nel grande Novecento, ha camminato al fianco del marxismo. Il sacerdote Camilo Torres, morto combattendo, è stato un fondatore dell’ELN. Nel secolo delle rivoluzioni, che ha imposto coerenza tra le parole e i fatti, il messaggio evangelico è stato messo alla prova della lotta di classe.

L’ELN riporta le frasi di Bergoglio secondo il quale: “Cristo parlò di una società in cui i poveri, i deboli, e gli emarginati siano quelli che decidono”. Parole che, in una “Colombia divisa, dividono anche la chiesa”, scrivono i guevaristi e proseguono: “Le decadi di conflitto che segnano la nostra storia sono marcate drammaticamente da questa divisione. La guerra è stata lo scenario in cui questi scontri si sono approfonditi, senza risparmiarci situazioni tragiche che oggi come colombiane e colombiani dobbiamo superare. Come comprendere altrimenti i massacri, il genocidio, la persecuzione, le sparizioni forzate, pratiche sistematiche che lo stesso regime ha alimentato. Le beatificazioni annunciate durante la presenza di Francisco nel paese riflettono questa tragedia…”.

Il comunicato cita anche le parole di Bergoglio, pronunciate durante un incontro mondiale con la gioventù: “Una Colombia in pace deve avere memoria, coraggio e speranza per costruire un futuro di giustizia e uguaglianza”. Una visione “profetica e pastorale” diversa sia da quella di Woytjla – il papa guerriero affossatore del comunismo – sia da quella di Ratzinger (il “pastore tedesco”…).

Aspetti che Bergoglio vuole rilanciare in America latina, dove il vento del socialismo ha ripreso a contendere il cammino alla chiesa, ma anche a livello globale. Tanto che, sia nei discorsi che nell’Enciclica Laudato si’, la sua critica al potere del denaro che distoglie “l’uomo” dal giusto cammino e alle multinazionali che devastano “l’ambiente come creazione di Dio che stiamo sfruttando in modo selvaggio” supera i balbettii di una sinistra che al massimo cerca di servire dio ma anche Mammona. Ma la pratica dei comunisti non si apprende in Vaticano.

Dice Bergoglio nel video-messaggio inviato ai colombiani prima del viaggio: “Il mondo di oggi ha bisogno consiglieri di pace e di dialogo. Anche la Chiesa è chiamata a questo compito, per promuovere la riconciliazione con il Signore e con i fratelli, ma anche la riconciliazione con l’ambiente che è una creazione di Dio e che stiamo sfruttando in modo selvaggio”.

Conciliazione o assunzione piena della contraddizione? Il nemico non è mio fratello, finché mantiene il coltello dalla parte del manico. Si può e si deve discutere sul modo più efficace e più consono di toglierglielo, ma il problema resta. E conviene non dargli le spalle. E si tratterà di abolire i coltelli, l’apparato che li produce, i simboli che li sostengono senza farsene fagocitare… Ma questa è un’altra storia, di cui anche si discute in Venezuela.

Intanto, si tratterà di capire quali spazi reali si aprono per una vera alternativa in quello che occorre chiamare “post-accordo”, e non certo “post-conflitto”. Agli imbonitori di “pace” fasulla, piace invece dilettarsi con il “giusto” mezzo, pronti a discettare sul cadavere di chi ha provato a “sporcarsi le mani” nel tentativo di prendere il potere e di mantenerlo.

Bergoglio – dicono le cronache – non incontrerà né i rappresentanti dell’opposizione venezuelana – che hanno solidi padrini a Bogotà -, né i rappresentanti delle Farc. Gli ex guerriglieri vedranno il papa “in un quadro liturgico e di preghiera”. Seppur (a quanto sembra) obtorto collo, Bergoglio non ha avallato l’Assemblea costituente in Venezuela: oltre un certo limite, anche la sua “opzione per i poveri” non può andare.

Le FARC hanno concluso in questi giorni la loro trasformazione in partito politico, mantenendo lo stesso acronimo ma con due parole diverse. Oggi si chiamano Fuerza Alternativa Revolucionaria del Comun. Cambia la tattica, ma la strategia e gli ideali restano gli stessi. Il simbolo è una rosa rossa con una stella a cinque punte nel centro. Ancora poche le donne nella nuova direzione, solo 4 su 15. Rodrigo Londoño è il nuovo presidente del partito, Iván Márquez è consigliere politico.

Prossima tappa, le elezioni presidenziali del 2018.

Secondo un’inchiesta di Gallup Colombia, il 12% dei colombiani ha un’immagine positiva delle Farc. Il 10% vede positivamente gli altri partiti. Le FARC hanno invitato il portiere della nazionale colombiana, René Higuita, a candidarsi per loro a senatore o a presidente della Colombia. Higuita aveva assistito alla Decima conferenza nazionale guerrigliera nella quale la base delle FARC ha approvato l’accordo di pace e il passaggio alla lotta politica.

Dal canto suo, l’ELN, durante la conferenza stampa che ha annunciato la tregua bilaterale ha lanciato un appello ai giovani: “Partecipate – ha detto – cercate la vostra strada verso un’umanità migliore di quella che ci dà il capitalismo”.

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