Il Messico, un grande cimitero clandestino

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La violenza che scuote il Messico ha trasformato il paese in una grande fossa comune. In territorio messicano si contano almeno 1075 occultamenti di cadaveri, secondo quanto documentato dall’Università Iberoamericana (UIA) e la Commissione Messicana per la Difesa e la Promozione dei Diritti Umani (CMDPDH).

Tuttavia, entrambe le istituzioni chiariscono che la cifra reale è molto più grande, poiché le persone che cercano i propri familiari continuano a trovare nuove sepolture. Solo negli ultimi giorni, due nuovi siti si sono aggiunti all’elenco nello Stato occidentale di Veracruz.

«Violenza e terrore. Nuove scoperte sulle fosse clandestine in Messico», questo è il titolo di un dettagliato rapporto scaturito dalle investigazioni condotte dall’Università Iberoamericana (UIA) e la Commissione Messicana per la Difesa e la Promozione dei Diritti Umani (CMDPDH). Il documento denuncia che tra il 2009 e il 2016, sono state scoperte fosse comuni in 29 dei 32 Stati che compongono il Messico.

Il rapporto segnala che oltre ai narcotrafficanti, autori di questi crimini risultano essere agenti di polizia, militari e funzionari statali.

Una pratica, quella di eliminare e poi seppellire clandestinamente la vittima, divenuta «ricorrente» in Messico.

Le istituzioni che hanno condotto la ricerca lamentano di non avere alcuna «fiducia» nelle istituzioni dello Stato messicano, che ha mostrato di non avere «nessuna volontà» o la «capacità» di chiarire «le gravi violazioni dei diritti umani associate alle fosse clandestine».

UIA e CMDPDH concludono che «a causa delle dimensioni e delle caratteristiche delle atrocità di cui siamo testimoni» questa «crisi di violenza» rappresenta «uno dei passaggi più tragici della nostra storia e dell’intera America Latina negli ultimi decenni».

La tragedia messicana si sviluppa nella pressoché totale indifferenza della comunità internazionale. Inclusa quella di alcune organizzazioni paladine della difesa dei diritti umani a giorni alterni.

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