Il golpista venezuelano, fuggiasco in Europa

di Geraldina Colotti

«Ringrazio il ruolo dell’Italia nel Consiglio dell’ONU in difesa dell’autonomia e voglio ringraziare Antonio Tajani perché ha rappresentato in modo dignitoso il popolo venezuelano».

L’ex sindaco della Gran Caracas Antonio Ledezma, in fuga dal Venezuela, ha pronunciato queste parole durante una conferenza stampa tenuta a Madrid, durante la quale ha minacciato il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro: con l’arroganza propria di quei cani piccoli ma furenti che, per abbaiare ai grandi, si rifugiano dietro le gambe dei propri padroni. E leccano a destra e a manca, badando bene di non tralasciare i maggiordomi – in questo caso l’Italia. La borghesia, si sa, difende i suoi. E’ la lotta di classe. E della lotta di classe fa parte anche la battaglia delle idee, condotta in questi tempi attraverso la guerra mediatica, che cerca di confondere gli oppressi affinché prendano le parti degli oppressori. Davvero conviene rileggere i testi di Frantz Fanon…

Ledezma vuole essere consacrato presidente “in esilio”: dal governo illegittimo e virtuale voluto da Almagro e dai poteri forti sul modello di quello tentato contro la Siria o, nel secolo scorso, contro l’ultima rivoluzione novecentesca, quella del Nicaragua Sandinista.

Davvero conviene rileggere quel brano del romanzo di Isabel Allende La casa de los espiritus in cui l’autrice descrive gli effetti del sabotaggio compiuto allora contro la primavera allendista. Un brano che sembra attagliarsi perfettamente alla situazione del Venezuela di oggi, non solo a quella del Cile del 1973. Il Venezuela, infatti, è la nuova trincea, la cui difesa riguarda tutte e tutti quelli che non vogliono farsi distruggere dall’arroganza del capitalismo. Dall’Europa all’America latina, per essere rappresentata, la “sinistra” deve pagare pegno dissociandosi dal socialismo. La democrazia borghese non consente veri spazi di agibilità e rappresentanza alle classi popolari, che infatti disertano in maggioranza alle urne. E per questo, i suoi “cani da guardia” sparano a zero su quanti si presentino con un programma di riforme strutturali a denunciare la subalternità dei governi nazionali ai diktat sovranazionali. Non a caso, in Cile, a guidare la coalizione del Frente Amplio c’è la giornalista Beatriz Sanchez, che considera Fidel Castro un dittatore e quella venezuelana “non proprio una democrazia”, e anche su Allende ha avuto da ridire.

L’Assemblea nazionale costituente che sta legiferando in Venezuela non le piace: però ha agitato il tema di uno stato plurinazionale e di un’assemblea nazionale costituente. L’involucro serve, ma senza il contenuto di classe. A celebrare la fuga di Ledezma, in Colombia, è stato prima di tutti l’ex presidente Alvaro Uribe, notoriamente un campione di democrazia… Uribe guida il fronte reazionario contro la soluzione politica in Colombia, e difende gli interessi della guerra e dei paramilitari. A un anno dalla firma del nuovo accordo di pace in Colombia, gli ex guerriglieri delle FARC ammazzati sono già 32. Sono stati uccisi 12 dei loro familiari, 9 uomini e 3 donne, e un altro risulta desaparecido dal 28 ottobre. Il 17 novembre, l’Acnur ha denunciato il preoccupante aumento degli assassinii e delle minacce ai difensori dei diritti umani e ai leader comunitari: 78 omicidi compiuti in un anno e oltre 1500 contadini espulsi con la forza dalle loro terre. Le Farc, che ora sono partito politico, hanno protestato per la recente sentenza della Corte costituzionale, che crea ulteriori ambiguità negli accordi di soluzione politica firmati all’Avana un anno fa. Il ricatto pende tutto sugli ex guerriglieri e non sui paramilitari e i loro sostenitori. Le Farc – che hanno aperto una sede del loro nuovo partito anche in Venezuela – hanno però manifestato grande fiducia nella volontà delle classi popolari di lottare per un cambiamento strutturale in Colombia. Un cammino che, in concreto, sta percorrendo anche la seconda guerriglia più importante, quella guevarista dell’Eln, imponendo la presenza delle organizzazioni popolari nei negoziati con il governo Santos. Il “modello bolivariano” – inteso come la messa al centro delle istanze organizzate del potere popolare – si sta facendo spazio anche in Italia.

L’orizzonte politico è quello delle prossime elezioni presidenziali in Colombia nel 2018. Ma nel mirino ci sono già da subito le comunali in Venezuela che si svolgeranno il 10 dicembre e le presidenziali del 2018: ovvero il governo delle risorse nel paese che custodisce le prime riserve di petrolio e di oro del mondo.

Il Segretario dell’Osa Luis Almagro e l’arco di forze reazionarie che insistono nel formare un governo parallelo all’estero contro Maduro, hanno già eletto come rappresentante Antonio Ledezma: il vampiro, come viene chiamato in Venezuela. La ministra degli Esteri colombiana, Holguin, ha incontrato il suo omologo statunitense, l’ex capo della Exxon Mobil Rex Tillerson: per “studiare la crisi venezuelana”… Intanto, i fondi avvoltoio attaccano l’economia venezuelana come hanno fatto con l’Argentina di Cristina Kirchner, mentre i media di guerra alimentano i rumori di default.

E intanto, si diffonde una notizia inquietante: l’Isis si sta radicando in America latina. Già all’inizio dell’anno, un rapporto dell’istituto di intelligence statunitense Soufan Group, che fornisce analisi a governi e istituzioni internazionali, ha avvertito che oltre 150 messicani hanno ingrossato le fila dell’organizzazione radicale islamista, e che il Latinoamerica è diventata area di reclutamento e base logistica per l’Isis: che segue la via del narcotraffico. Da anni, il cosiddetto Stato islamico fa riferimento al Messico nei suoi video. Secondo il governo di Trinidad e Tobago, circa 125 combattenti provengono da questa regione dei Caraibi. D’altronde, a giugno, anche la Russia ha lanciato l’allarme sulla possibilità che i paesi dell’America latina e dei Caraibi possano diventare zone di transito per l’Isis. Il rapporto fa riferimento anche all’arresto di 8 persone che avrebbero avuto intenzione di compiere attentati durante i Giochi Olimpici di Rio de Janeiro, nel 2016. Un episodio che è servito al golpista Temer per aumentare gli arresti preventivi contro l’opposizione sociale in Brasile. Già in altre occasioni, alcuni media internazionali hanno diffuso notizie circa il reclutamento dell’Isis in Argentina e in Brasile.

Ora, la rivista Semana tratta in dettaglio una notizia diffusa dagli inquirenti svizzeri: in una recente retata contro una cellula di supporto all’Isis, arrestata in Svizzera, è stata arrestata anche una ventitreenne venezuelano-colombiana, reclutata – parrebbe – dal suo fidanzato bosniaco. Il ventisettenne bosniaco si sarebbe radicalizzato negli ultimi anni, divenendo a sua volta un reclutatore. La coppia avrebbe compiuto cinque viaggi in Colombia, tra il 2009 e il 2015.

Come leggere questa notizia? Intanto, vale ricordare chi si è servito e si serve dell’Isis e per quali reali obiettivi, oltre la cortina di fumo della cosiddetta lotta al terrorismo e al narcotraffico alzata dai paesi che più producono e gestiscono l’uno e l’altro: in primo luogo gli Stati uniti. Messico, Colombia, Argentina e Brasile sono i paesi in cui agiscono grandi interessi occulti, basi militari Usa e sofisticati sistemi di controllo di cui ha il monopolio Israele, com’è emerso durante lo scandalo delle intercettazioni illegali nei confronti della stampa messicana scomoda, che paga con la vita ogni tentativo di raccontare l’intreccio pervasivo di mafia e politica. Ma il dato da considerare è che, da mesi, gli Stati uniti stanno agitando lo spettro della lotta al terrorismo e al narcotraffico per attaccare il Venezuela bolivariano, definendolo un narco-stato che supporta “gruppi terroristi”.

Chi invece, come il sindaco Ledezma o come Freddy Guevara (rifugiato nell’ambasciata del Cile) organizza piani destabilizzanti per sovvertire il governo legittimo del Venezuela, viene considerato un “combattente per la libertà”. Il “vampiro” Ledezma, ex golpista durante i governi di Chavez e Maduro, è stato un repressore durante i governi della IV Repubblica: che piacevano tanto all’Italia e all’Europa, anche se gli oppositori venivano buttati giù dagli aerei e nelle caserme militari si torturava a morte. Ledezma è stato accolto trionfalmente in Spagna e salutato con enfasi in Italia dal solito Pierferdinando Casini, ovviamente in nome della “democrazia” e dei “diritti umani”…

 

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