Cronaca di una sconfitta annunciata

 di Pedro Martínez Pírez

bloqueonìmanoUn triste ruolo toccherà svolgere ai diplomatici statunitensi che assisteranno a New York, il prossimo martedì 28 ottobre, al dibattito nell’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite sul tema del blocco economico, commerciale e finanziario degli Stati Uniti contro Cuba, perché la storia indica che si tratta del momento nel quale diventa palese la solitudine dell’impero nel massimo organismo internazionale.

Sarà un doloroso martedì 28 per i funzionari nordamericani, generalmente molto prepotenti, ma che da ventidue anni consecutivi subiscono infauste sconfitte politiche nel più democratico organo delle Nazioni Unite: l’Assemblea Generale.

Quando il Cancelliere di Cuba, Bruno Rodríguez, presenterà la risoluzione sul blocco yankee, di nuovo verranno fuori a splendere le fragili e ipocrite argomentazioni dei rappresentanti degli Stati Uniti per cercare di giustificare il blocco contro la piccola Cuba, che si prolunga da più di mezzo secolo ed è costato all’Isola più di un milione di milioni di dollari.

Uno degli argomenti molto ripetuti da Washington davanti alla comunità internazionale è che non si tratta di un blocco, bensì di un embargo. Ma questo cinico pretesto viene demolito dai dati contenuti nella relazione di Cuba e negli allegati di decine di paesi, che mediante cifre e dati dimostrano che si tratta di un blocco che colpisce non solamente la nazione caraibica, ma tutti i paesi del mondo che commerciano o hanno vincoli finanziari con Cuba a causa della portata extraterritoriale delle leggi anticubane promosse dal Congresso degli Stati Uniti.

Il dibattito sul blocco tornerà a mostrare la quasi unanimità del mondo, compresa la maggioranza degli alleati degli Stati Uniti, che reclamano di anno in anno la rimozione del blocco, e metterà in evidenza che l’unico voto sicuro su cui conta Washington all’ONU è nient’altro e niente meno che quello del governo sionista di Israele, che ha appena commesso un vero genocidio contro il popolo palestinese a Gaza.

Per noi che qualche volta abbiamo compiuto missioni diplomatiche all’estero, e io l’ho fatto con orgoglio in Ecuador e in Cile, nel decennio degli anni sessanta, rappresentando Cuba, ci fa pena – o vergogna – la figuraccia e la faccia tosta dei funzionari nordamericani che si muovono inquieti nei loro banchi nel momento in cui la lavagna elettronica dell’ONU mostra la schiacciante votazione contro il blocco e il drammatico isolamento della maggior potenza economica e militare del mondo, sconfitta dalla resistenza, dalla dignità e dalla ragione di un popolo che non vuole tornare ad essere, come è stato nel passato, una neocolonia yankee.

Traduzione: Redazione di El Moncada
http://www.radiohc.cu

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