30° anniversario della vittoria di Cuito Cuanavale (IIp)

l’inizio della fine dell’Apartheid

Abel Sosa Martínez https://lapupilainsomne.wordpress.com

Già a quel punto l’alto comando cubano aveva stabilito che i sudafricani intendevano dare il colpo principale in direzione di Cuito Cuanavale, al pari di sviluppare azioni militari in altre regioni dell’Angola meridionale che, necessariamente, dovevano anche essere rinforzate. Anni dopo Fidel stesso, ha descritto la sua strategia al leader del Partito Comunista Sudafricano Joe Slovo: Cuba avrebbe fermato l’aggressione sudafricana e poi avrebbe attaccato in un’altra direzione “come il pugile che con la mano sinistra lo mantiene (a distanza ndt) e con la destra lo colpisce”.

Diventava allora imprescindibile garantire la difesa di Cuito Cuanavale, fermare lì l’offensiva sudafricana, ciò che avrebbe permesso contare sul tempo necessario per accumulare le forze necessarie che, su un terreno non scelto dal nemico ed in altra direzione, sarebbero passate alla controffensiva.

Già a quella data, di fine 1987 ed inizio 1988, due brigate di fanteria (21 e 25 BI) ed una brigata di fanteria motorizzata (59 BIM) con altre piccole unità delle FAPLA, con l’appoggio di alcune decine di consulenti cubani ed al costo di elevate perdite umane e materiali, erano riusciti a stabilire una linea di difesa, relativamente solida, sulle rive del fiume Cuito. Le truppe sudafricane erano penetrate per centinaia di chilometri all’interno dell’Angola e si stavano preparando a continuare la loro avanzata.

Da questo momento cominciano a giungere i rinforzi cubani dal nord e dal centro dell’Angola e da Cuba. Di quelli provenienti da nord formava parte il 32 Gruppo Tattico del quale faceva parte mio padre, come Capo della Sezione Politica, la cui missione era quella di difendere la regione Caiundo, sulle rive del fiume Cubango. Al giungere a Caiundo, mio ​​padre viene immediatamente trasferito a Cuito Cuanavale, alla Sezione Politica che lì era stata creata.

Questi rinforzi permisero consolidare la difesa, sconfiggere una dopo l’altra le offensive lanciate dalle truppe sudafricane, logorandole nei costanti combattimenti e causandole pesanti perdite. Furono queste azioni a costringere il regime del Sudafrica ed i suoi alleati a sedersi al tavolo dei negoziati.

Nei più di cinque mesi di aspri combattimenti a Cuito Cuanavale le truppe cubano-angolane si scontrarono con le forze di elite delle Forze di Difesa del Sud Africa (SADF) come il 101 Battaglione Meccanizzato, il 66 Gruppo Tattico, il 32 Battaglione Speciale “Bufalo” e i commando speciali Recces, così come unità delle allora chiamate Forze Territoriali della Namibia; a tutte le quali provocarono numerose vittime. Il mito dell’invincibilità del soldato bianco razzista sudafricano era definitivamente terminato.

Mio padre ricorda sempre con infinita ammirazione l’importante ruolo svolto da tutte le forze che hanno difeso Cuito Cuanavale, la gioventù predominante nella maggior parte dei combattenti, il suo elevato morale di combattimento, ottimismo nella vittoria, abnegazione, volontà di vincere, spirito di sacrificio e quotidiano eroismo. Molti di loro ottennero lo status di militanti dell’UJC o del PCC. In modo particolare viene alla sua memoria il ruolo svolto dai genieri artificieri cubani su due fronti:

Il primo, costruendo e ricostruendo, a volte in una sola notte, il martoriato e maltrattato ponte di assi di legno sul fiume Cuito, la cui larghezza era di circa novanta metri ed era un obiettivo prioritario degli attacchi di artiglieria e dell’aviazione sudafricana, anche con aeromobili senza pilota.

Questa era l’unica via d’accesso per le truppe cubano-angolane e garantiva la fornitura di uomini, tecnologia di combattimento, munizioni e alimenti, nonché l’evacuazione dei feriti. Quando il ponte fu completamente inutilizzabile per il fuoco dell’artiglieria nemica, mediante l’uso di gommoni e mezzi anfibi, si continuò ad assicurare l’attraversamento dell’ostacolo naturale.

Il secondo seminando, nel fronte d’avanguardia, impenetrabili campi minati, che includevano trappole esplosive ed ostacoli che fermarono le unità blindate e di fanteria sudafricane, a costo di considerevoli perdite, consentendo anche la cattura di alcuni mezzi tecnici di combattimento.

Altri ricordi sono associati al ruolo delle piccole unità miste di esplorazione composte da cubani, angolani e namibiani, che, costantemente, penetravano nelle profondità della retroguardia del nemico, raccogliendo vitali informazioni sulle loro forze e mezzi, o realizzando annientanti imboscate agli spostamenti delle truppe sudafricane.

Il ruolo degli artiglieri che con astuzia e completo dominio della tecnica di combattimento principalmente delle batterie lanciarazzi BM-21, affrontarono la sfida dell’artiglieria sudafricana a lungo raggio (obici G-5 e G-6 di 155 millimetri, con oltre 40 km di raggio d’azione effettiva e lanciarazzi multipli Walkiria) e furono in grado di vincerla.

La sua ammirazione per, l’allora Colonnello e capo operazioni della MMCA, Alvaro Lopez Miera, oggi Generale dell’Esercito ed Eroe della Repubblica di Cuba, primo alto ufficiale che giunse a Cuito Cuanavale il 5 dicembre 1987, a capo di un gruppo di consiglieri cubani con la missione di valutare in situ la situazione esistente e le reali possibilità di strutturare la difesa.

E l’attuale Generale di Divisione Ernio Hernandez Rodriguez e per il Generale di Brigata Miguel A. Lorente Leon, capo, in diverse fasi, del raggruppamento di truppe che difesero Cuito Cuanavale, che in forma audace e creativa seppero condurre le principali azioni che si realizzarono in quello scenario di combattimento.

Allo stesso modo mio padre sempre mi argomenta che nessuna storia, che si scriva su Cuito Cuanavale, sarà completa se manca di un capitolo dedicato alle quattro donne cubane che rimasero, tutto il tempo, accanto ai combattenti, sfidando tutti i tipi di pericoli e disagi della vita in campagna (militare), e che divennero una fonte di ispirazione ed esempio per le migliaia di uomini lì concentrati. Loro contribuirono con il loro lavoro a salvare vite preziose, queste quattro eredi della stirpe di Mariana Grajales furono: Adelaida Fleites Pérez, medico; Odalys Chalas Ortiz, medico; María Guerra Cabrera, tecnico in farmacia e Celia Duane Lambet assistente dentale e sanitaria.

Ed infine il ruolo dei nostri piloti da combattimento che in breve tempo conquistarono la supremazia nell’aria, dimostrando padronanza e temerarietà di fronte ad avversari esperti dotati di mezzi moderni e dando loro colpi devastanti.

Fu così schiacciante il dominio e la superiorità dell’aviazione da combattimento cubana, che già nel marzo 1987 la forza aerea sudafricana aveva praticamente cessato le sue operazioni, lasciando senza protezione le loro truppe di terra, che venivano costantemente riconosciute, localizzate ed annientate dalla nostra aviazione. Per avere un’idea della grandezza del ruolo svolto dall’aviazione, basti ricordare che tra gennaio e marzo 1988 si realizzarono 1283 missioni su Cuito Cuanavale, di cui 722 bombardamenti e 561 di copertura, gettando un totale di 358 tonnellate di bombe e circa 4000 razzi.

Quindi non è sorprendente, la già storica frase, in lingua afrikaner, creata da un soldato del Sud Africa sui resti di un muro del complesso idroelettrico di Calueque sulle rive del fiume Cunene, il 27 giugno 1988; quando, dopo un attacco a sorpresa di dodici unità delle nostre forze aeree alle truppe razziste di stanza lì scrisse “… MIK23 sak van die kart …” (… i MIG-23 ci spezzarono il cuore …).

Questo attacco aereo, eseguito a soli 11 km dal confine con la Namibia, fu il colpo di grazia finale all’arroganza razzista e convinse i dirigenti sudafricani ed i loro alleati, che per evitare un maggior disastro, era giusto prendere sul serio i negoziati in corso.

Il raid fu la risposta cubana ad ad un atto provocatorio realizzato, il giorno prima, nella zona di Tchipa, quando l’artiglieria sudafricana lanciò più di duecento proiettili contro le posizioni cubane nei momenti in cui le delegazioni dei due paesi, insieme alla parte angolana, mantenevano al Cairo, Egitto, conversazioni per cercare una soluzione al conflitto.

Fu così devastante il colpo dato dall’aviazione nel Calueque, che secondo testimonianze dei combattenti cubani che arrivarono ​​in quel luogo, una settimana più tardi, ancora le pareti ed il tetto di parte delle istallazioni, totalmente distrutte, avevano incrostati resti di pelle e di carne di soldati sudafricani. Ovunque c’erano macchie di sangue e frammenti di uniformi. Nelle zone circostanti si ammucchiava un intero cimitero di veicoli blindati. Le perdite, furono calcolate prudenzialmente, in più di un centinaio tra morti e feriti.

In Cuito Cuanavale, come il Comandante in capo ha riconosciuto più volte, la Rivoluzione Cubana si giocò perfino la propria esistenza, e ancora una volta uscì vittoriosa. Da allora la storia recente dell’Africa è segnata da un prima ed un dopo, e quella linea è segnata dalla vittoria cubano-angolana nella battaglia di Cuito Cuanavale e l’inarrestabile offensiva verso la frontiera con la Namibia.

link I parte


30 aniversario de la victoria de Cuito Cuanavale, el principio del fin del Apartheid

Por Abel Sosa Martínez

Ya para entonces el alto mando cubano había determinado que los sudafricanos pretendían dar el golpe principal en la dirección Cuito Cuanavale, a la par de desarrollar acciones militares en otras regiones del sur de Angola a las que necesariamente también había que reforzar. Años más tarde el propio Fidel, describió su estrategia al líder del Partido Comunista Sudafricano Joe Slovo: Cuba pararía la embestida sudafricana y luego atacaría en otra dirección, “como el boxeador que con la mano izquierda lo mantiene y con la derecha lo golpea”.

Se hacía entonces imprescindible garantizar la defensa de Cuito Cuanavale, detener allí la ofensiva sudafricana, lo que permitiría contar con el tiempo necesario para acumular las fuerzas necesarias, que en un terreno no escogido por el enemigo y en otra dirección pasarían a la contraofensiva.

Ya para esta fecha de finales del año 1987 y principios de 1988, 2 brigadas de infantería (21 y 25 BI) y una brigada de infantería motorizada (59 BIM) junto a otras pequeñas unidades de las FAPLA, con el apoyo de algunas decenas de asesores cuban y al costo de elevadas pérdidas humanas y materiales, habían logrado establecer una relativamente sólida línea de defensa en las márgenes del río Cuito. Las tropas sudafricanas habían penetrado cientos de kilómetros en el interior de Angola y se aprestaban a seguir su avance.

A partir de este momento comienzan a llegar los refuerzos cubanos desde el norte y centro de Angola, y desde Cuba. De los provenientes del norte formaba parte el 32 Grupo Táctico del cual formaba parte mi padre como Jefe de su Sección Política, que tenía como misión defender la región de Caiundo, en las márgenes del río Cubango. Al llegar a Caiundo mi padre es inmediatamente trasladado a Cuito Cuanavale, a la Sección Política que allí se había creado.

Estos refuerzos permitieron consolidar la defensa, derrotar una tras otras las ofensivas lanzadas por las tropas sudafricanas, desgastándolas en los constantes combates y ocasionándoles cuantiosas bajas. Fueron estas acciones las que obligaron al régimen de Sudáfrica y sus aliados a sentarse en la mesa de negociaciones.

En los más de cinco meses de encarnizados combates en Cuito Cuanavale las tropas cubano-angolanas se enfrentaron a fuerzas élites de las Fuerzas de Defensa de Sudáfrica (SADF) como el 101 Batallón Mecanizado, el 66 Grupo Táctico, el 32 Batallón Especial “Búfalo” y comandos especiales Recces, así como unidades de las entonces llamadas Fuerzas Territoriales de Namibia, a todas las cuales se les ocasionaron numerosas bajas. Se terminaba definitivamente el mito de la invencibilidad del soldado blanco racista sudafricano.

Mi viejo siempre recuerda con infinita admiración el relevante papel jugado por todas las fuerzas que defendieron Cuito Cuanavale, la juventud predominante en la mayoría de los combatientes, su elevada moral de combate, optimismo en la victoria, abnegación, voluntad de vencer, espíritu de sacrificio y cotidiano heroísmo. Muchos de ellos se harían acreedores de la condición de militantes de la UJC o del PCC. Muy especialmente viene a su memoria el papel jugado por los ingenieros zapadores cubanos en dos frentes:

El primero, construyendo y reconstruyendo a veces en una sola noche el maltrecho y castigado puente de tablones de madera sobre el río Cuito, cuya anchura era aproximadamente de noventa metros, y constituía un objetivo priorizado de los ataques de la artillería y la aviación sudafricana, incluso con aviones no tripulados.

Esta era la única vía de acceso para las tropas cubano-angolanas y garantizaba el suministro de hombres, técnica de combate, municiones y alimentos, así como la evacuación de los heridos. Cuando el puente quedó totalmente inutilizado por el fuego de la artillería enemiga, mediante el uso de medios anfibios y balsas, se siguió garantizando el cruce del natural obstáculo.

El segundo, sembrando en el borde delantero impenetrables campos de minas, que incluían trampas explosivas y obstáculos, que pararon en seco las unidades blindadas y de infantería sudafricanas, al costo de considerables pérdidas, permitiendo incluso la captura de algunos medios técnicos de combate.

Otros recuerdos están asociados al papel de las pequeñas unidades mixtas de exploración conformadas por cubanos, angolanos y namibios, que constantemente penetraban en las profundidades de la retaguardia del enemigo, acopiando vital información sobre sus fuerzas y medios, o realizando aniquiladoras emboscadas a los desplazamientos de las tropas sudafricanas.

El rol de los artilleros que con astucia y pleno dominio de la técnica de combate, principalmente de las baterías de lanzacohetes BM-21, enfrentaron el reto de la artillería sudafricana de largo alcance (obuses G-5 y G-6 de 155 mm, con más de 40 Km de alcance efectivo y lanzacohetes múltiples Walkiria) y fueron capaces de vencerla.

Su admiración por, el entonces Coronel y jefe de operaciones de la MMCA, Álvaro López Miera, hoy General de Cuerpo de Ejército y Héroe de la República de Cuba, primer alto oficial que llegó a Cuito Cuanavale el 5 de diciembre de 1987, a la cabeza de un grupo de asesores cubanos con la misión de evaluar in situ la situación existente y las posibilidades reales de estructurar la defensa.

Y por el hoy General de División Ernio Hernández Rodríguez y por el General de Brigada Miguel A. Lorente León, jefes en diferentes etapas de la agrupación de tropas que defendieron Cuito Cuanavale, quienes de forma audaz y creativa supieron conducir las acciones principales que se libraron en ese escenario de combate.

De igual manera mi padre siempre me argumenta, que ninguna historia que se escriba sobre Cuito Cuanavale estará completa, si carece de un capítulo dedicado a las cuatro mujeres cubanas que permanecieron todo el tiempo al lado de los combatientes, desafiando todo tipo de peligros e incomodidades de la vida en campaña, y que se convirtieron en fuente de inspiración y ejemplo para los miles de hombres allí concentrados. Ellas contribuyeron con su labor a salvar inestimables vidas, estas cuatro herederas de la estirpe de Mariana Grajales fueron: Adelaida Fleites Pérez, médico; Odalys Chalas Ortiz, médico; María Guerra Cabrera, técnica en farmacia y Celia Duane Lambet asistente dental y sanitaria.

Y por último al papel de nuestros pilotos de combate que en poco tiempo lograron la supremacía en el aire, demostrando maestría y temeridad frente a experimentados adversarios dotados de modernos medios y propinándoles demoledores golpes.

Fue tan aplastante el dominio y superioridad de la aviación de combate cubana, que ya para el mes de marzo de 1987, la fuerza aérea sudafricana había prácticamente cesado sus operaciones, dejando desprotegida sus tropas terrestres, las cuales eran constantemente reconocidas, ubicadas y aniquiladas por nuestra fuerza aérea. Para tener una noción de la envergadura del papel jugado por la aviación, baste mencionar que entre enero y marzo de 1988 se realizaron 1,283 misiones sobre Cuito Cuanavale, de ellas 722 de bombardeo y 561 de cobertura, arrojándose un total de 358 toneladas de bombas y unos 4,000 cohetes.

Entonces no es de extrañar, la ya histórica frase en lengua afrikánder plasmada por un soldado sudafricano en los restos de una pared del complejo hidroeléctrico de Calueque, en las riberas del río Cunene, el 27 de junio de 1988; cuando tras un ataque sorpresivo de doce aparatos de nuestra fuerza aérea, a las tropas racistas allí acantonadas escribió “… MIK23 sak van die kart…” (… los MIG-23 nos partieron el corazón…).

Este golpe aéreo, ejecutado a solo 11 kilómetros de la frontera con Namibia, fue el puntillazo final a la prepotencia racista y convenció a los dirigentes sudafricanos y a sus aliados, de que para evitar un descalabro mayor, lo correcto era asumir con seriedad las negociaciones en marcha.

El raid, fue la respuesta cubana, a un acto provocador realizado el día anterior en la zona de Tchipa, cuando la artillería sudafricana lanzó más de doscientos proyectiles contra las posiciones cubanas, en los momentos en que las delegaciones de ambos países, junto a la parte angolana, mantenían en El Cairo, Egipto conversaciones para buscarle una solución al conflicto.

Fue tan demoledor el golpe dado por la aviación en Calueque, que según testimonios de los combatientes cubanos que arribaron a aquel lugar una semana después, aún las paredes y el techo de parte de las instalaciones totalmente destruidas, tenían incrustados restos de piel y carne de soldados sudafricanos. Por doquier se observaban manchas de sangre y fragmentos de uniformes. En los alrededores se amontonaba todo un cementerio de vehículos blindados. Las bajas ocasionadas se calcularon conservadoramente en más de cien entre muertos y heridos.

En Cuito Cuanavale como reconoció en varias ocasiones el Comandante en Jefe, la Revolución Cubana se jugó hasta su propia existencia, y una vez más salió victoriosa. A partir de entonces la historia reciente de África está marcada por un antes y un después, y esa línea la marca la victoria cubano-angolana en la batalla de Cuito Cuanavale y la indetenible ofensiva hacia la frontera con Namibia.

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