Esiste davvero un’opposizione politica in Venezuela?

Alberto Aranguibel http://www.correodelorinoco.gob.ve

Al di là della incongruenza del fatto che un settore della popolazione venezuelana, che si dice oppositrice, accusi di incompetenza il governo di cui lei stessa è parte in ministeri, governatorati, municipalità e altri organismi pubblici dello Stato, nei quali ha partecipazione e responsabilità nella maggior parte delle politiche che critica.

Al di là della insensatezza dell’ opposizione che include rivendicare come simbolo della lotta contro una fittizia dittatura una Costituzione furiosamente negata per più di tre lustri da tale opposizione, e i cui promotori (della Costituzione) sono stati esattamente gli stessi rivoluzionari che accusa di essere dittatori.

Al di là del demenziale sfogo che significa opporsi freneticamente ad un’elezione per la quale questa stessa opposizione percorse il mondo intero implorando per “libertà” e “democrazia” e che la portò a scendere in strada per bruciare vivi esseri umani che, presumibilmente, rappresentavano il governo che, secondo il discorso dell’opposizione, impediva la realizzazione di quelle elezioni per le quali lottavano così duramente.

Addirittura al di là dello squilibrato fatto di denunciare come fraudolenta un’elezione che ancora non è stata realizzata, e che accusa di avvantaggiato per il vergognoso contrattempo dell’opposizione di non aver trovato, tra loro, una figura di consenso che potessero presentare, per finire adattandosi ad un candidato di facciata con il quale ci sono più disaccordi che affinità, l’opposizione venezuelana potrebbe essere definita come qualsiasi tipo di fenomeno socio-culturale, ma mai come un attore politico.

La cosiddetta opposizione venezuelana, oltre che inconsistente, contraddittoria ed incoerente, come è sempre stata, ha sistematicamente rifuggito qualsiasi possibilità di identificazione con ogni corrente di pensiero che consenta definire chiaramente la sua ubicazione nello spettro ideologico.

Non esiste negli annali della teoria politica il caso di alcun movimento, organizzazione o raggruppamento di partito che assuma come dottirna una proposta discorsiva basata, esclusivamente, sulla diffamazione e le accuse infondate contro l’avversario politico, come è il caso dell’opposizione venezuelana. Neppure nelle circostanze in cui lo scontro tra fazioni avverse è passato dal razionale al violento, come è accaduto, ad esempio, durante la guerra di indipendenza venezuelana dove, nonostante la crudezza e l’imprevedibilità quotidiana della lotta, lo sviluppo delle idee del Libertador (Bolivar ndt) non cessò, neppure per un istante, nella sua mirabile profusione e portata come pensatore e genio della politica.

Una particolare eccezione alla regola di base della coerenza e della sostenibilità ideologica, che deve governare ogni movimento politico, potrebbe essere il caso dell’insolito “Movimento Anarchico Organizzato”, in cui mi sono imbattuto nella città di Valparaiso, Cile, perché è perfettamente comprensibile che senza una minima disciplina persino gli anarchici sono condannati al fallimento più clamoroso.

Anche così, nell’incongruenza ci può essere legittimità. La diversità delle idee non deve essere intesa in alcun modo come insostanzialità o inconsistenza. Nello spazio della pluralità è esistito, nel corso della storia, la vasta panoplia di correnti politiche emerse dalla più recalcitrante estrema sinistra sino all’estrema destra più reazionaria, attraverso tutte le forme del centralismo politico che si sono conosciute.

Ma la sedicente “opposizione venezuelana”, rivista scrupolosamente sotto il setaccio della teoria politica, non si adatta, in alcun modo, a nessuna di quelle variazioni o correnti ideologiche. Che la denominazione di “opposizione” sia la più comoda in termini linguistici, è una cosa. Che lo sia veramente, è cosa molto diversa.

Quando si esamina attentamente il discorso dell’opposizione, negli ultimi diciotto anni, si trova senza la minima difficoltà che la legge fisica che più esprime l’opposizione è quella che enuncia che due onde opposte finiscono per annullarsi reciprocamente nella misura in cui cresce la discordanza di fase.

L’opposizione non ha fatto altro che ripetutamente annullarsi in ogni scenario del dibattito che, in un qualche momento, essa stessa ha sollevato. Nel 2001 si oppose furiosa all’estensione dell’apertura del registro elettorale, adducendo ragioni insostanziali. Un anno dopo (lo stesso anno che eliminava nel decreto dittatoriale di Carmona tutte le cariche elettive popolari in nome della democrazia) protestava per la chiusura dello stesso registro accusando il governo di limitare il diritto di iscrizione ai nuovi elettori. L’ottava stella nel Padiglione Nazionale è stata un’altra ragione di agguerrite manifestazioni dell’ opposizione che sono state annullate con l’approvazione, gerarchica, di otto stelle. Il ripudio dei rilevatori digitali, in un primo momento, fu dimenticato quando si è trattato di accusare il governo di volerli eliminare. Oggi, gridando, chiedono al governo di imporre il controllo dei prezzi a cui si è opposta tutta la vita e si stupisce per un’inflazione che essi stessi hanno promosso da Miami.

Come sempre avvertì il Comandante Chávez, ideologicamente parlando, l’opposizione è completamente nulla. È “il nulla”, secondo le esatte parole del massimo leader della Rivoluzione.

Ora, se non si comprende che il disastro attuale dell’opposizione è, senza dubbio, un momento di eccezionale opportunità per la Rivoluzione in termini non già semplicemente elettorali, ma in ragione dello straordinario trionfo, che significa vedere sfumata una destra canaglia che non ha ceduto, neppure un secondo, nel suo impegno per cercare di sterminare il chavismo, e le cui profonde divisioni e conflitti interni non sono che il riflesso della abissale sconfitta di un settore che fece apparire se stesso come il potente concorrente che sarebbe stato sempre sul punto di farla finita con la rivoluzione, allora non staremmo facendo nulla, affrontandolo con tanta tenacità, se giunto il momento del vero progresso non facciamo valere il trionfo come conseguenza.

Sotto questo aspetto, la Rivoluzione Bolivariana ha mostrato serie debolezze in termini di comunicazione politica.

Continua a parlare, ancora oggi, in tutto i notiziari, programmi di opinione, nei discorsi ufficiali e nelle dichiarazioni dei partiti rivoluzionari, di una Mesa de la Unidad Democrática (MUD) che non esiste; è un’ulteriore innegabile dimostrazione di quella ricorrenza nella comunicazione, che forse non è così importante dal punto di vista meramente semantico ma che sì la tiene in ciò che si riferisce alla reale possibilità di consolidare la pace di cui è partitaria la stragrande maggioranza dei venezuelane/i; perché se così non è solo rafforziamo l’errata percezione che mostra il Venezuela, nel mondo, come un pantano di conflittualità politica, irrimediabile, stagnante, e senza alcuna speranza di superamento neanche nel medio termine.

Non si tratta di disconoscere con sciocco trionfalismo (come fa l’opposizione con il chavismo) l’innegabile esistenza di una settore del popolo che è opposizione e che, senza giungere neppure lontanamente ad essere maggioranza, esiste e si esprime, come lo sancisce e garantisce la rivoluzionaria Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela.

Ma quel popolo dell’opposizione, qualunque sia il suo numero, non è la MUD. La MUD fu, in un momento della nostra storia, il baraccone elettorale che un settore di oligarchi mercenari trovò opportuno per cercare di prendere il potere e impadronirsi, quindi, delle ricchezze e possibilità delle venezuelane/i ed instaurare il neoliberismo che precipiterebbe il paese nella più insondabile miseria. Qualcosa in cui ha già fallito completamente.

Se vogliamo che si ammettano universalmente il successo e la legittimità che rappresentano l’elezione dell’Assemblea Nazionale Costituente, la pace che con essa si conquista, i progressi del governo di fronte all’infame blocco scatenato contro la nostra economia e il promettente benessere che presagiscono il Petro e le altre azioni rivoluzionarie a favore del nostro polo, per garantire che la rielezione di Nicolas Maduro sia veramente incontestabile, allora è indispensabile rendere chiaro al mondo che il Venezuela continua a progredire in mezzo a difficoltà de agli ostacoli, ma con giustizia e costanza.

Ci corrisponde, in quest’ora, di grande impulso rivoluzionario dimostrare che stiamo davvero avanzando nella costruzione di una sicura speranza di progresso, non solo in termini elettorali ma nella misura in cui ci lasciamo alle spalle il funesto scenario dello scontro irrazionale, in cui ci ha voluto immergere, in dato momento, una destra che, fittiziamente, ha fatto credere al mondo che aveva il potere di porre in ginocchio il nostro popolo.


¿Existe en verdad una oposición política en Venezuela?

Por Alberto Aranguibel

Más allá de la incongruencia que resulta el hecho de que un sector de la población venezolana que se dice opositora acuse de incompetente al gobierno del cual ella misma forma parte en ministerios, gobernaciones, alcaldías y demás organismos públicos del Estado, en los cuales tiene participación y responsabilidades en la mayoría de las políticas que cuestiona.

Más allá de la insensatez opositora que comprende reivindicar como símbolo de lucha contra una ficticia dictadura una Constitución negada furiosamente por más de tres lustros por esa oposición, y cuyos promotores (de la Constitución) han sido exactamente los mismos revolucionarios a quienes acusa de dictadores.

Más allá del demencial exabrupto que significa oponerse en forma frenética a una elección por la cual esa misma oposición recorrió el mundo entero implorando por “libertad” y “democracia”, y que la llevó a tomar las calles para incendiar vivos a seres humanos que supuestamente representaban al gobierno que, según el discurso opositor, impedía la realización de esa elección por la cual tanto luchaban.

Incluso más allá del desquiciado hecho de denunciar como fraudulenta una elección que todavía no se ha llevado a cabo, y a la cual acusa de ventajista por el vergonzoso percance opositor de no haber encontrado entre ellos mismos una figura de consenso que pudieran presentar, para terminar conformándose con un candidato de relleno con el cual hay más desacuerdos que afinidades, la oposición venezolana podría ser definida como cualquier clase de fenómeno sociocultural, pero jamás como un actor político.

La llamada oposición venezolana, además de insustancial, contradictoria e incoherente, como ha sido siempre, ha rehuido de manera sistemática toda posibilidad de identificación con corriente de pensamiento alguno que permita definir con claridad su ubicación en el espectro ideológico.

No existe en los anales de la teoría política el caso de ningún movimiento, organización o agrupación partidista, que asuma como doctrina una propuesta discursiva basada exclusivamente en la difamación y la acusación infundada contra el adversario político, como es el caso de la oposición venezolana. Ni siquiera en las circunstancias en las que la confrontación entre facciones adversas pasó de lo racional a lo violento, como sucedió, por ejemplo, en la guerra de independencia venezolana, donde, a pesar de la crudeza e imprevisibilidad cotidiana del combate, el desarrollo de las ideas del Libertador no cesó ni un instante en su admirable profusión y alcance como pensador y genio de la política.

Una muy particular excepción a la elemental norma de la coherencia y de la sustentabilidad ideológica que debe regir a todo movimiento político, podría ser el caso del insólito “Movimiento Anarquista Organizado”, que en alguna ocasión me topé en la ciudad de Valparaíso, en Chile, porque es perfectamente comprensible que sin una mínima disciplina incluso los anarquistas están condenados al más estrepitoso fracaso.

Aun así, en la incongruencia puede haber legitimidad. La diversidad de las ideas no tiene que ser entendida de ninguna manera como insustancialidad o inconsistencia. En el espacio de la pluralidad ha existido a lo largo de la historia la extensa panoplia de corrientes políticas que surgieron desde la ultra izquierda más recalcitrante hasta la ultra derecha más reaccionaria, pasando por todas las formas de centralismo político que se han conocido.

Pero la autodenominada “oposición venezolana”, revisada escrupulosamente bajo el tamiz de la teoría política, no encaja, ni con mucho, en ninguna de esas variaciones o corrientes ideológicas. Que la denominación de “oposición” sea la más cómoda en términos lingüísticos, es una cosa. Que lo sea en verdad, otra muy distinta.

Cuando se examina con detenimiento el discurso opositor a lo largo de los últimos dieciocho años, se encuentra sin la más mínima dificultad que la ley física que más expresa a la oposición es aquella que enuncia que dos ondas opuestas terminan por anularse mutuamente a medida que aumenta su desfase.

La oposición no ha hecho otra cosa que anularse una y otra vez en cada escenario del debate que ella misma ha planteado en algún momento. En 2001 se opuso furiosa a la extensión de la apertura del registro electoral, aduciendo razones insustanciales. Un año después (el mismo año en que eliminaba en el decreto dictatorial de Carmona todos los cargos de elección popular en nombre de la democracia) protestaba por el cierre de ese mismo registro acusando al gobierno de cercenarle el derecho de inscripción a los nuevos votantes. La octava estrella en el Pabellón Nacional fue otro motivo de aguerridas manifestaciones opositoras que se anularon con el beneplácito por su gorra de ocho estrellas. El repudio al captahuellas en un primer momento, quedó en el olvido a la hora de acusar al gobierno de querer eliminarlo. Hoy piden a gritos que el gobierno imponga los controles de precios a los que se opuso toda la vida y pega el grito en el cielo por una inflación que ellos mismos promovieron desde Miami.

Tal como lo advirtió siempre el comandante Chávez, ideológicamente hablando la oposición es completamente nula. Es “la nada”, según las palabras exactas del líder máximo de la Revolución.

Ahora, si no se comprende que el descalabro actual de la oposición, es sin lugar a dudas un momento de excepcional oportunidad para la Revolución en términos ya no simplemente electorales sino en razón del extraordinario triunfo que significa ver difuminada a una derecha canalla que no cejó ni un segundo en su empeño por intentar exterminar al chavismo, y cuyas profundas divisiones y conflictos internos no son sino el reflejo de la derrota abismal de un sector que se hizo aparecer a sí mismo como el poderoso contendor que estaría siempre a punto de lograr acabar con la revolución, entonces no estaríamos haciendo nada confrontándolo con tanta tenacidad si llegado el momento del verdadero avance no hacemos valer el triunfo como corresponde.

En este aspecto, la Revolución Bolivariana ha mostrado serías debilidades en términos de comunicación política.

Seguir hablando todavía hoy en todos los noticieros, los programas de opinión, en los discursos oficiales y en las declaraciones de los partidos revolucionarios, de una Mesa de la Unidad Democrática (MUD) que no existe, es una demostración más que innegable de esa recurrencia en el comunicacional, que quizás no tenga tanta importancia desde el punto de vista meramente semántico, pero que sí la tiene en lo que se refiere a la posibilidad cierta de consolidar la paz de la que es partidaria la inmensa mayoría de las venezolanas y los venezolanos, porque de no ser así solo reforzamos la equivocada percepción que muestra a Venezuela en el mundo como un atolladero de conflictividad política irremediable, estancado, y sin esperanza alguna de superación ni siquiera en el mediano plazo.

No se trata de desconocer con triunfalismos insensatos (como hace la oposición con el chavismo) la innegable existencia de un sector del pueblo que es opositor y que, sin llegar ni de lejos a ser mayoría, existe y se expresa, tal como lo consagra y garantiza la revolucionaria Constitución de la República Bolivariana de Venezuela.

Pero ese pueblo opositor, cualquiera sea su número, no es la MUD. La MUD fue en un momento de nuestra historia el tinglado electorero que un sector de oligarcas mercenarios encontró oportuno para tratar de hacerse del poder y adueñarse así de las riquezas y posibilidades de las venezolanas y los venezolanos e instaurar el neoliberalismo que sumiría al país en la más insondable miseria. Algo en lo que fracasó ya rotundamente.

Si queremos que se admitan universalmente el logro y la legitimidad que representan la elección de la Asamblea Nacional Constituyente, la paz que con ella se conquista, los avances del gobierno frente al infame bloqueo desatado contra nuestra economía, y el promisorio bienestar que auguran el Petro y las demás acciones revolucionarias en pro de nuestro pueblo, para asegurar así que la reelección de Nicolás Maduro sea verdaderamente incontestable, entonces es imperioso dejar claro ante el mundo que Venezuela sigue avanzando en medio de las dificultades y los obstáculos pero con rectitud y constancia.

Nos corresponde en esta hora de gran impulso revolucionario demostrar que estamos avanzando efectivamente en la construcción de una esperanza cierta de progreso, no solo en términos electorales sino en la medida en que dejamos atrás el aciago escenario de confrontación irracional en el que nos quiso sumir en algún momento una derecha que ficticiamente le hizo creer al mundo que tenía el poder de arrodillar a nuestro pueblo.

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