Da quale piedistallo giudichiamo Cuba?

Eduardo Duhalde  https://lapupilainsomne.wordpress.com

Nell’ottobre dello scorso anno sono stato invitato a partecipare, come relatore, al II Dialogo Presidenziale, organizzato, a Miami, dalla Cattedra Mezerhane su Democrazia, Stato di Diritto e Diritti Umani del Miami Dade College, dal titolo “Verso la reinvenzione dei partiti politici?”.

Hanno partecipato: noi come un gruppo di ex presidenti latinoamericani, il segretario generale dell’OSA Luis Almagro, l’ex Primo Ministro spagnolo José María Aznar ed altri alti funzionari ed ex funzionari della regione.

Durante l’incontro, ci è stato proposto -agli invitati- di firmare una dichiarazione in cui si condannava, in termini molto duri, l’attuale governo cubano e si invitava a disconoscere il risultato delle prossime elezioni che si andavano a realizzarsi sull’isola.

Ho rifiutato di firmare quel documento perché sostengo che le nazioni dell’America Latina devono mantenere una ferma posizione di difesa dei nostri diritti, proponendo soluzioni che passino per il dialogo tra uguali, dando priorità al rispetto dei diritti sovrani di ogni paese ed escludendo esplicitamente gli interventi armati, specialmente quelli di potenze straniere. Inoltre ho rifiutato, naturalmente, il Premio Payá 2018, che è stato assegnato a coloro che hanno firmato e verrà consegnato a Lima durante l’VIII Vertice delle Americhe che si celebra in questi giorni.

I tempi in cui gli USA si concepivano come i gendarmi del mondo, imponendo il propri criterio -basato sulla propria convenienza- di come devono essere gestiti il resto dei paesi e intervenendo negli affari interni delle altre nazioni fanno parte di un passato a cui nessuno desidera tornare.

Noi latinoamericani, in particolare, soffriamo l’applicazione della “dottrina del nemico interno”, promossa dalla Scuola delle Americhe, a Panama, che ha dato come risultato le sanguinose dittature che hanno devastato i nostri paesi negli anni settanta.

Ci sono voluti tre decenni per ritornare sulla via della democrazia. Pertanto, nessuno ha ricevuto con più gioia di noi il cambio di rotta della politica estera USA nei confronti di Cuba che è culminato con le iniziative di apertura e di dialogo della presidenza Obama.

In questo contesto, oggi sembrano assolutamente fuori luogo, poiché fuori luogo ed astorici, gli atteggiamenti dell’attuale amministrazione, che ha adottato la prepotenza e la mancanza di rispetto come stile e l’innalzamento di muri e l’imposizione di esclusioni come strategia e pretende imporli a base di pressioni ed alleanze spurie.

Tali atteggiamenti significano una sfortunata battuta d’arresto nei progressi raggiunti per porre fine al vergognoso blocco che gli USA hanno imposto a Cuba negli anni ’60 e l’ha mantenuta isolata dal continente.

D’altra parte, da quale piedistallo giudichiamo Cuba? Dagli USA con un’enorme crisi sociale e morale, dove il razzismo, il consumo di droga e la violenza insensata costano migliaia di vite all’anno?

Da un’America Latina afflitta dalla miseria, dalla disuguaglianza, dalla violenza, dall’insicurezza e dalla corruzione e con una classe politica con meno del 20% di gradimento tra i suoi cittadini?

Con quali paesi paragoniamo Cuba? Con i paesi europei? Certamente, a Cuba e in tutta l’America Latina il tenore di vita medio è inferiore a quello dell’Europa. Ma rispetto ai suoi pari come Haiti, Repubblica Dominicana, El Salvador, Nicaragua e anche con tutti i paesi della regione, tenendo conto della sua dimensione e la condizione di isolamento a cui è stata sottoposta, la sua prestazione non è per nulla cattiva.

Cuba ha, tra le altre cose, il più basso livello di analfabetismo in tutta l’America (compresi gli USA) ed il 4,4% della mortalità infantile, il più basso in America, meno che, per esempio, El Salvador (16,8%), Messico (11,6%), Argentina (9,8%), Cile (6,6%) e USA (5,8%).

Che Cuba abbia seri problemi politici, sociali ed economici? Certo E chi non li ha? Pertanto, sembra molto più sensato e appropriato, nel momento storico, l’attuale politica dell’Unione Europea nei confronti di Cuba.

Spiego: il 12 dicembre 2016 si è firmato l’Accordo di Dialogo Politico e Cooperazione tra UE e Cuba aprendo un orizzonte di slancio e attualizzazione delle relazioni politiche e consentendo una maggiore collaborazione a beneficio dei popoli cubano ed europei.

Nell’ambito di questo accordo, sono stati stabilite istanze di dialogo in settori quali i diritti umani, le relazioni commerciali, la cooperazione allo sviluppo e gli aiuti umanitari. Penso che dovrebbe essere la via da seguire, oggi, nella ricerca per il reinserimento di Cuba nel mondo, e non i penosi tentativi, dell’amministrazione Trump, di isolarci, imponendo le sue arbitrarie politiche mediante la minaccia ed estorsione.

Così e solo così ci aiuteremo tra paesi fratelli a transitare verso realtà più felici, con il minor conflitto ed il minor dolore possibile. E questo non si ottiene con interdizioni e minacce, molto meno con interventi armati aperti o segreti, ma con il dialogo, la discussione ed il rispetto per l’altro. Tutto con l’obiettivo fisso nella ricerca di accordi e consensi.

Eduardo Duhalde è ex presidente dell’Argentina

https://www.clarin.com


¿Desde qué pedestal juzgamos a Cuba?

Por Eduardo Duhalde

En octubre del año pasado fui invitado a asistir como expositor al Segundo Diálogo Presidencial, organizado en Miami por la Cátedra Mezerhane sobre Democracia, Estado de Derecho y Derechos Humanos del Miami Dade College, bajo el título “¿Hacia la reinvención de los partidos políticos?”.

Participamos un grupo de ex presidentes de América Latina, el secretario general de la OEA Luis Almagro, el ex primer ministro de España José María Aznar y otros altos funcionarios y ex funcionarios de la región.

En el transcurso de la reunión, se nos propuso a los invitados firmar una declaración en la que se condenaba en durísimos términos al actual gobierno cubano y se convocaba a desconocer el resultado de las próximas elecciones a realizarse en la isla.

Me negué a firmar ese documento porque sostengo que las naciones de América Latina debemos mantener una posición firme de defensa de nuestros derechos, proponiendo soluciones que pasen por el diálogo de iguales, privilegiando el respeto por los derechos soberanos de cada país y excluyendo explícitamente las intervenciones armadas, sobre todo las de potencias extranjeras. También rechacé, por supuesto, el Premio Payá 2018, que se otorgó a quienes firmaron y que se entregará en Lima durante la VIII Cumbre de las Américas que se celebra por estos días.

Las épocas en que los EE.UU se concebían a sí mismos como los gendarmes del mundo, imponiendo un criterio propio –basado en su conveniencia- de cómo debían manejarse el resto de los países e interviniendo en los asuntos internos de las otras naciones son parte de un pasado al que nadie desea regresar.

Los latinoamericanos en particular sufrimos la aplicación de la “doctrina del enemigo interno”, impulsada desde la Escuela de las Américas en Panamá, que dio como resultado las dictaduras sangrientas que asolaron nuestros países en la década del setenta.

Nos costó tres décadas retomar el camino de la democracia. Por eso, nadie recibió con mayor alegría que nosotros el cambio de rumbo de la política exterior estadounidense respecto de Cuba que culminó en las iniciativas de apertura y diálogo de la presidencia de Obama.

En ese contexto, hoy parecen absolutamente fuera de lugar, por desubicadas y ahistóricas, las actitudes de la actual administración, que ha adoptado la prepotencia y la falta de respeto como estilo y el levantamiento de muros y la imposición de exclusiones como estrategia, y pretende imponerlos a partir de presiones y alianzas espurias.

Esas actitudes significan un lamentable retroceso en los avances logrados para finalizar con el bochornoso bloqueo que Estados Unidos impuso a Cuba en la década del 60 y que la ha mantenido aislada del continente.

Por otra parte ¿Desde qué pedestal juzgamos a Cuba? ¿Desde unos Estados Unidos con una crisis social y moral descomunal, donde el racismo, el consumo de droga y la violencia sin sentido se cobran miles de vidas anuales?

¿Desde una América Latina azotada por la miseria, la desigualdad, la violencia, la inseguridad y la corrupción y con una clase política con menos del 20% de aprobación entre sus ciudadanos?

¿Con qué países comparamos a Cuba? ¿Con los países europeos? Por supuesto, en Cuba y en toda América Latina el nivel de vida promedio es inferior al de Europa. Pero si la comparamos con sus pares como Haití, República Dominicana, el Salvador, Nicaragua e incluso con todos los países de la región, tomando en cuenta su tamaño y las condiciones de aislamiento a las que ha sido sometida, su desempeño no es para nada malo.

Cuba tiene, entre otras cosas, el más bajo nivel de analfabetos de toda América (incluido Estados Unidos) y un 4.4 % de mortandad infantil, la más baja de América, menos que, por ejemplo, El Salvador (16.8%), México (11.6%), Argentina (9.8%), Chile (6.6%) y Estados Unidos (5.8%).

¿Que Cuba tiene problemas políticos, sociales y económicos serios? Por supuesto. ¿Y quién no? Así las cosas, parece mucho más sensata y adecuada al momento histórico la actual política de la Unión Europea respecto de Cuba.

Explico: el 12 de diciembre de 2016 se firmó el Acuerdo de Diálogo Político y Cooperación entre la UE y Cuba, abriendo un horizonte de impulso y actualización a las relaciones políticas y posibilitando una mayor colaboración en beneficio de los pueblos cubano y europeo.

En el marco de ese acuerdo, se establecieron instancias de diálogo en áreas como Derechos Humanos, Relaciones Comerciales, Cooperación para el Desarrollo y Ayuda Humanitaria. Ese creo que debería ser el rumbo a seguir hoy en la búsqueda de la reinserción de Cuba en el mundo, y no los intentos lamentables de la administración Trump de aislarnos, imponiendo sus políticas arbitrarias por la vía de la amenaza y la extorsión.

Así y solamente así nos ayudaremos entre países hermanos a transitar hacia realidades más felices, con el menor conflicto y el menor dolor posible. Y eso no se logra con descalificaciones y amenazas ni mucho menos con intervenciones armadas abiertas o encubiertas, sino con diálogo, discusión y respeto por el otro. Todo con la mira puesta en la búsqueda de acuerdos y consensos.

Eduardo Duhalde es ex presidente de Argentina

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