La persecuzione del Venezuela dall’OSA: la tavola è servita (II)

Ana Cristina Bracho http://misionverdad.com

È giunta l’ora di andare in fondo alla questione. In una nota precedente ci siamo riferiti a tutto ciò che è stata la storia della Rivoluzione Bolivariana nell’OSA, con l’intenzione di poter comprendere il presente.

Così, la prima cosa che ci è apparsa chiara è che l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), l’organo da cui gli USA hanno amministrato il sud America, ha da più di un decennio attivato i meccanismi ufficiali per giudicare la questione venezuelana e che, dopo l’uscita del Venezuela dall’organizzazione, questa si trova sprovvista dei suoi principali strumenti.

Nel presente documento esamineremo quali sono le azioni sviluppate, dal 2016, che hanno sfociato nella presentazione di una relazione, secondo la quale in Venezuela si sono commessi crimini di lesa umanità la cui paternità intellettuale è stata attribuita al presidente della Repubblica Nicolas Maduro Moros.

Dettagli dei tempi del colpo di stato contro Chavez

 

La contestazione o la storia di sfiducia è stata reciproca. Soprattutto dopo l’atteggiamento dell’organizzazione in relazione agli eventi dell’aprile 2002, dei quali riscattiamo la memoria narrata da Ilenia Medina, che ricorda:

“I giorni prima dell’ 11 aprile piovevano misure cautelari e dichiarazioni azzardate contro il Governo venezuelano da parte della CIDH. Costruivano il dossier per spiegare gli eventi che più tardi si sarebbero verificati in Venezuela. Con così poca importanza dava alla chiarificazioni e reclami che continuamente faceva la nostra delegazione. Il colmo del pregiudizio è stato quando la Commissione recrimina al Governo del Venezuela le continue catene informative attraverso cui si informava il popolo circa il fallimento della serrata padronale e cetevista (sindacato Confederación de Trabajadores de Venezuela). L’avvertimento dell’ambasciatore Jorge Valero, a Canton ed al Presidente della Commissione, riguardo a che era in pieno svolgimento un colpo di stato contro un governo costituzionalmente eletto, non sono state ragioni sufficienti per fermare i loro attacchi contro il nostro paese. Era apertamente aggressiva l’attitudine (sic) della Commissione, spiegabile con il rapporto complice con coloro che erano il volto visibile dell’opposizione nell’offensiva internazionale.

“(…) Anche se, certamente, dobbiamo riconoscere che i Capi di Stato riuniti nel Gruppo di Rio, in Costarica, il 12 aprile, hanno agito opportunamente e consistentemente condannando il colpo di stato e invocando la realizzazione di un’Assemblea Generale dell’OSA per valutare la situazione. Questo Organismo sotto forte pressione USA ha approvato solo una modesta risoluzione, quando era quasi un fatto l’imminente ritorno del Presidente. Si deve notare, tuttavia, la sconfitta sofferta dagli USA al pretendere che la risoluzione includesse una condanna del presidente Chavez come presunto responsabile di quanto successo. Non ha ottenuto sostegno. Non ha potuto utilizzare la giusta causa dei diritti umani, come stratagemma, per deporre un presidente amato dal suo popolo. Tuttavia tutti ricorderanno la famosa visita che ha realizzato a Caracas, un mese dopo, nel maggio 2002, Santiago Cantón e la CIDH”.

Dopo questi eventi e nella misura in cui il suo pensiero ideologico si è andato depurando, il Comandante Chavez è venuto a comprendere l’OSA con la stessa chiarezza con cui lo ha fatto il Comandante Fidel Castro quando, dagli stessi saloni, si pretese fermare la Rivoluzione cubana.

Pertanto, Chavez, nel 2009, riferendosi alla OSA, ha detto: “A cosa serve l’OSA? Non solo non serve a nulla, no, è che serve agli interessi dell’impero, agli interessi egemonici del capitalismo mondiale, e questo dobbiamo denunciarlo”.

Da un punto di vista istituzionale, dobbiamo ricordare che l’OSA funziona come la congiunzione di diversi uffici. Alcuni, come il Consiglio Permanente, agiscono in modo parlamentare e le sue posizioni vanno a essere quelle che adottano, nelle fasi più calde, le maggioranze continentali. Altre, come il Sistema Interamericano per i Diritti Umani, sono derivate ​​dall’Assemblea Generale e sono rappresentate da Commissari o Giudici che sono indipendenti dalla logica parlamentare e agiscono in ruoli giurisdizionali in senso lato.

Sono queste le più forti e nelle quali si è avuta sempre una conformazione più rabbiosamente anti-venezuelana. Inoltre, è stata la prima spada che è stata disattivata quando il Venezuela ha denunciato la giurisdizione della Corte Interamericana dei Diritti Umani mettendo un limite temporale alle sue funzioni, e con esso ha trascinato la capacità della Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani di compiere atti da cui derivassero obbligazioni individualizzate soggette a un procedimento di supervisione di conformità.

Dal 2016: la Carta Democratica Interamericana

 

Con quel libro sul punto di chiudersi e una nuova correlazione di forze nel continente, il dibattito si è spostato a forum politici, in cui il primo scenario si è presentato nel maggio 2016, quando, dal suo Twitter, il Segretario Generale dell’OSA ha annunciato che la Carta Democratica Interamericana sarebbe stata applicata al Venezuela.

Questo strumento, di pochi fogli e poco rango legale, ha formato, da quel momento e fino ad oggi, un riferimento obbligatorio nel discorso dell’opposizione. Al punto che l’avvocato ed allora presidente dell’Assemblea Nazionale, Julio Borges, ha considerato, nel marzo del 2017, che questa risoluzione – non è un trattato – prevaleva sulla Costituzione. Per cui chiamava i militari venezuelani a rovesciare il governo del presidente della Repubblica Nicolás Maduro Moros.

Sul suo contenuto, dobbiamo vedere che per l’OSA, o almeno quello che dichiarava nel settembre 2001, sono i governi degli stati membri che, ai sensi dell’articolo 17, quando ritengono che sia a rischio ”il loro processo politico istituzionale democratico o il loro legittimo esercizio del potere”, quelli che possono sollecitare assistenza per “il rafforzamento e preservazione della istituzionalità democratica”.

Il governo è l’Esecutivo, e questo è vero in tutti i sistemi presidenziali in cui il Primo Dignitario nazionale esercita la funzione di Capo dello Stato e Capo del Governo, come è stato in Venezuela dalla prima Costituzione. Questo è colui che deve sollecitare al Segretario Generale OSA l’applicazione della Carta Democratica Interamericana, o a cui, in conformità con l’articolo 18, deve essere richiesto di acconsentire a visitare, opinare e agire sul territorio di un paese membro dell’OSA.

Questa regola generale conosce una sola eccezione è quella che ha invocato, nel 2016, il segretario generale Luis Almagro, di cui all’articolo 20, che consente a questo funzionario emisferico convocare il Consiglio Permanente dell’Organizzazione dove potrebbe decidersi l’adozione di “misure diplomatiche necessarie, inclusi i buoni uffici, a promuovere la normalizzazione della istituzionalità democratica”.

Se il termine “misure diplomatiche” risulta vago, in linea di principio fa riferimento che non possono adottarsi misure coercitive, in particolare di aggressione o di forza, sebbene in passato si sono venute implementando sanzioni economiche abbinate con esse. Ora non è il Segretario Generale, in nessuno dei casi, a cui tocca decidere o applicare. Il suo ruolo si esaurisce nel richiedere, questa volta in primo luogo, al Consiglio Permanente dell’OSA che, in conformità con la Carta dell’Organizzazione, è un organo dell’Assemblea Generale composto da un rappresentante di ogni stato nominato dal suo governo.

E’ interessante notare che, da allora, due anni fa, abbiamo visto succedersi votazioni in cui, senza successo, gli USA, ora insieme al Gruppo di Lima, ha cercato ottenere i voti che permettano applicare il documento e che ciò è iniziato ad accadere quando sono riusciti a consolidare il golpe parlamentare in Brasile, supponendo che con questo voto aggiuntivo e l’esempio deterrente che ha significato la destituzione di Dilma Rousseff, i paesi latino-americani sarebbero diventati sempre più obbedienti.

Nel 2017: l’OSA milita con l’opposizione

 

Era iniziato, allora, un’aperta alleanza tra l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e l’opposizione istituzionalizzata nell’Assemblea Nazionale, con simultanei discorsi, promesse impossibili e lo scopo di bandire il chavismo quando, nel 2017, si sarebbe usato il pretesto di alcune sentenze della Sala Costituzionale della Corte Suprema di Giustizia per attivare la Procura Generale della Repubblica contro il Potere Esecutivo, il Potere Giudiziario, il Potere Elettorale e le altre autorità del potere Civico.

Possiamo vedere come la Commissione Inter-Americana dei Diritti Umani, che aveva ancora competente per conoscere sul Venezuela, ha iniziato l’anno molto attiva, soprattutto nella concessione di misure cautelari che hanno ordinato allo Stato di fare o non fare, al fine di proteggere soggetti che ha stimato particolarmente vulnerabile.

Queste sono state le sue decisioni sul Venezuela nel 2017:

Risoluzione 1/17
MC 475/15 – Membri del partito Volontà Popolare, Venezuela
Risoluzione 2/17
MC 994/16 – Lorenzo Mendoza e sua famiglia, Venezuela
Risoluzione 12/17
MC 616/16 – Luis Florido, Venezuela
Risoluzione 15/17
MC 248/17 – Henrique Capriles Radonski, Venezuela
Risoluzione 27/17
MC 449/17 – Luisa Ortega Díaz e famiglia, Venezuela
Risoluzione 35/17
MC 533/17 – Williams Dávila, Venezuela
Risoluzione 37/17
MC 309/17 – Johonnys Armando Hernández, Venezuela (caso di salute, emofilia)
Risoluzione 45/17
MC 600/15 – Angel Omar Vivas Perdomo, Venezuela
Risoluzione 50/17
MC 383/17 – Santiago José Guevara, Venezuela (caso di salute)

Quando si sono verificati questi eventi, la persistenza nell’idea di applicare la Carta Democratica Interamericana, il permanente intervento di funzionari OSA in Venezuela e la relazione personale del Segretario Generale dell’OSA con l’opposizione, il governo del Venezuela ha deciso di ritirarsi dall’organismo inter-americano.

Questa decisione è stata comunicata alla organizzazione multilaterale il 27 aprile 2017 mediante la consegna alla Segreteria Generale di una lettera in cui il Venezuela ha segnalato la decisione di denunciare la Carta di Bogotà e beneficiare del processo di separazione previsto nel suddetto documento, che dispone un periodo di due anni affinché questa decisione abbia i suoi effetti.

Alla ricerca di un caso penale

 

Tuttavia, sono rimasti costanti le dichiarazioni di Luis Almagro sul Venezuela, delle quali si deve evidenziare quelle proferite nel settembre 2017, dove ha annunciato di aver nominato un “gruppo di esperti” per valutare se “il caso del Venezuela doveva essere rimesso all’Aia”, allo stesso tempo in cui ha ricevuto dai membri della “resistenza” una richiesta affinché, dall’OSA, fosse applicata al presidente Nicolás Maduro la Convenzione di Palermo.

Un dato importante della decisione di convocare un “gruppo di esperti” riguarda chi lo compone. I quali erano, secondo il riferimento contenuto ne La Patilla, “Santiago Canton, segretario per i Diritti Umani della provincia di Buenos Aires ed ex segretario esecutivo della CIDH, il costaricano Manuel Ventura Robles, ex giudice della CorteIDH, ed il canadese Irwin Cotler, presidente del Centro per i Diritti Umani Raul Wallenberg ed ex ministro della Giustizia”.

In quella nota alcuni dati sono stati ignorati. Ad esempio, Santiago Canton, al quale ci riferiamo in precedenza come membro dell’OSA, al momento del colpo di stato del 2002 quando detta istituzione ha negato una misura cautelare a favore dell’allora Presidente deposto Hugo Rafael Chavez Frias, è stato il Segretario Esecutivo della Commissione Interamericana dei Diritti Umani dall’agosto 2001 al giugno 2012, periodo in cui il sistema interamericano dei diritti umani è stato insolitamente attivo sul Venezuela.

Lo stesso ha anche dato numerose dichiarazioni, alcune rese anche prima di dare i suoi risultati come esperto convocato dall’OSA, sulla sua opinione favorevole a perseguire il Presidente della Repubblica del Venezuela di fronte al sistema penale internazionale.

Un paio di anni fa. in Venezuela, si sono avute notizie del canadese Irwin Cotler, che è stato presentato all’opinione pubblica come l’avvocato che aveva difeso Nelson Mandela e che sarebbe venuto a contenzioso nel caso di Leopoldo Lopez, allora detenuto a Ramo Verde. Cosa che è stata smentita dall’Ambasciata del Sudafrica in Venezuela, che ha affermato che non vi erano legami di Cotler con Mandela né con il popolo sudafricano.

Solo è più discreto il profilo dell’ex giudice, Manuel Ventura Robles, che non si è visto al di là delle attività giurisdizionali che possono aver avuto vincoli diretti e pubblici, coinvolto nel tentativo di rovesciare il processo bolivariano.

link I parte


La persecución a Venezuela desde la OEA: la mesa está servida (II)

Ana Cristina Bracho

Ha llegado la hora de ir al fondo del asunto. En una nota previa nos referimos a todo lo que ha sido la historia de la Revolución Bolivariana en la OEA, con la intención de poder entender el presente.

Así, lo primero que nos quedó claro fue que la Organización de Estados Americanos (OEA), órgano desde el cual Estados Unidos ha administrado el sur de América, tiene más de una década activando los mecanismos oficiales para juzgar la cuestión venezolana y que, tras la salida de Venezuela de la organización, se encuentra desprovista de sus principales herramientas.

En el presente documento examinaremos cuáles son las acciones que se han desarrollado desde el año 2016 que desembocaron en la remisión de un informe, según el cual en Venezuela se han cometido crímenes de lesa humanidad cuya autoría intelectual ha sido atribuida al presidente de la República Nicolás Maduro Moros.

Detalles de los tiempos del golpe de Estado contra Chávez

El cuestionamiento o la historia de desconfianza ha sido mutua. Sobre todo después de la actitud de la organización con relación a los hechos de abril de 2002, de los que rescatamos la memoria narrada por Ilenia Medina, quien recuerda:

“Previos a los días del 11 de abril, llovían medidas cautelares y declaraciones destempladas contra el Gobierno venezolano por parte de la CIDH. Montaban el expediente para explicar los sucesos que más tarde ocurrirían en Venezuela. Con tan poca importancia daba a las aclaratorias y reclamos que hacía continuamente nuestra Delegación. El colmo del sesgo fue cuando la Comisión recrimina al gobierno de Venezuela las continuas cadenas informativas mediante las cuales se informaba al pueblo sobre el fracaso del paro patronal y cetevista. La advertencia del embajador Jorge Valero, a Cantón y al Presidente de la Comisión, respecto a que estaba en pleno desarrollo un golpe de Estado, contra un gobierno constitucionalmente electo, no fueron razones suficientes para detener sus ataques contra nuestro país. Era abiertamente agresiva la aptitud (sic) de la Comisión, explicable por el relacionamiento cómplice con quienes eran la cara visible de la oposición en la ofensiva internacional.

“(…) Si bien, ciertamente, debemos reconocer que los Jefes de Estado reunidos en el Grupo de Río, en Costa Rica, el 12 de abril, actuaron oportuna y consistentemente, condenando el golpe de Estado e invocando la realización de una Asamblea General de la OEA para valorar la situación. Este Organismo sometido a una fuerte presión de Estados Unidos aprobó apenas una modesta resolución, cuando era prácticamente un hecho el retorno inminente del Presidente. Debe resaltarse, sin embargo, la derrota sufrida por Estados Unidos al pretender que la resolución incluyera una condena al presidente Chávez, como supuesto responsable de lo sucedido. No obtuvo respaldo. No pudo utilizar la justa causa de los derechos humanos, como argucia, para deponer a un Presidente amado por su pueblo. Sin embargo, todos recordarán la famosa visita que realizara a Caracas, un mes después, en mayo de 2002, Santiago Cantón y la CIDH”.

Tras estos sucesos y en la medida que su pensamiento ideológico se fue depurando, el Comandante Chávez llegó a entender a la OEA con la misma claridad con que lo hiciera el Comandante Fidel Castro cuando, desde los mismos salones, se pretendió detener la Revolución Cubana.

Por ello, Chávez en 2009, al referirse a la OEA, dijo: “¿Para qué sirve la OEA? No sólo es que no sirve para nada, no, es que le sirve a los intereses del Imperio, a los intereses hegemónicos del capitalismo mundial, y eso hay que denunciarlo”.

Desde un punto de vista institucional, tenemos que recordar que la OEA funciona como la conjunción de distintas oficinas. Algunas, como el Consejo Permanente, actúan de manera parlamentaria, y sus posturas van a ser aquellas que adopten, en caliente, las mayorías continentales. Otras, como el Sistema Interamericano de Derechos Humanos, se derivan de la Asamblea General y están representadas por Comisionados o Jueces que tienen independencia de la lógica parlamentaria y actúan en roles jurisdiccionales en sentido amplio.

Son estas las más fuertes y en las que hubo siempre una conformación más rabiosamente antivenezolana. También, fue la primera espada que se desactivó cuando Venezuela denunció la jurisdicción de la Corte Interamericana de Derechos Humanos poniendo un límite temporal a sus funciones, y con ello arrastró la capacidad de la Comisión Interamericana de Derechos Humanos de lograr actos de los que se derivasen obligaciones individualizadas sujetas a un procedimiento de supervisión de cumplimiento.

Desde 2016: la Carta Democrática Interamericana

Con ese libro a punto de cerrarse y una nueva correlación de fuerzas en el continente, el debate se desplazó a los foros políticos, en los cuales el primer escenario se presentó en mayo de 2016, cuando, desde su Twitter, el Secretario General de la OEA anunció que la Carta Democrática Interamericana sería aplicada a Venezuela.

Este instrumento, de pocas hojas y poco rango jurídico, formó desde ese momento y hasta la actualidad en una referencia obligatoria en el discurso de la oposición. Al punto de que el abogado y entonces presidente de la Asamblea Nacional Julio Borges consideró, en marzo de 2017, que esta resolución -no es un tratado- primaba sobre la Constitución. Por lo que llamaba a los militares venezolanos a derrocar al gobierno del presidente de la República Nicolás Maduro Moros.

Sobre su contenido, hemos de ver que para la OEA, o al menos lo que declaraba en septiembre de 2001, son los gobiernos de los Estados miembros los que, en virtud del artículo 17, cuando consideran que está en riesgo “su proceso político institucional democrático o su legítimo ejercicio del Poder”, los que pueden solicitar asistencia para “el fortalecimiento y preservación de la institucionalidad democrática”.

El gobierno es el Ejecutivo, y esto es así en todos los sistemas presidencialistas en los que el Primer Dignatario nacional ejerce la función de Jefe de Estado y Jefe de Gobierno, como ha sido en Venezuela desde la primera Constitución. Éste es quien ha de solicitar al Secretario General de la OEA la aplicación de la Carta Democrática Interamericana, o, al que de conformidad con el artículo 18, debe requerirse su consentimiento para visitar, opinar y actuar en el territorio del país miembro de la OEA.

Esta regla general conoce una sola excepción que es la que invocó, en 2016, el secretario general Luis Almagro, contenida en el artículo 20, que le permite a este funcionario hemisférico convocar al Consejo Permanente de la Organización donde podría decidirse la adopción de “medidas diplomáticas necesarias, incluidos los buenos oficios, para promover la normalización de la institucionalidad democrática”.

Si el término “medidas diplomáticas” resulta vago, en principio refiere que no pueden adoptarse medidas coactivas, en especial de agresión o de fuerza, aunque en el pasado se han venido implementando sanciones económicas aparejadas con ellas. Ahora, no es al Secretario General, en ninguno de los supuestos, a quien le toca decidir ni aplicar. Su rol se agota a solicitar, esta vez en primer lugar, al Consejo Permanente de la OEA que, de conformidad con la Carta de la Organización, es un órgano de la Asamblea General compuesto por un representante de cada Estado nombrado por su gobierno.

Es interesante tener en cuenta que, desde entonces, hace dos años, hemos visto sucederse votaciones en las cuales, sin lograrlo, Estados Unidos, ahora junto al Grupo de Lima, ha intentado obtener los votos que permitan aplicar el documento, y que esto empezó a suceder cuando lograron consolidar el golpe parlamentario en Brasil, suponiendo que con este voto adicional y el ejemplo disuasivo que significó la destitución de Dilma Rousseff, los países latinoamericanos serían cada vez más obedientes.

En 2017: la OEA milita con la oposición

Había empezado entonces una alianza abierta entre la Organización de Estados Americanos (OEA) y la oposición institucionalizada en la Asamblea Nacional, con discursos en simultáneo, promesas imposibles y el propósito de desterrar al chavismo cuando, en 2017, se usaría el pretexto de unas sentencias de la Sala Constitucional del Tribunal Supremo de Justicia para activar la Fiscalía General de la República en contra del Poder Ejecutivo, el Poder Judicial, el Poder Electoral y las otras autoridades del Poder Ciudadano.

Podemos ver cómo la Comisión Interamericana de Derechos Humanos, que aún tenía competencias para conocer de Venezuela, empezó el año muy activa, en especial en el otorgamiento de medidas cautelares que ordenaron al Estado hacer o no hacer, a los fines de proteger sujetos que estimó particularmente vulnerables.

Estas fueron sus decisiones sobre Venezuela en 2017:

Resolución 1/17

MC 475/15 – Miembros del partido Voluntad Popular, Venezuela

Resolución 2/17

MC 994/16 – Lorenzo Mendoza y su familia, Venezuela

Resolución 12/17

MC 616/16 – Luis Florido, Venezuela

Resolución 15/17

MC 248/17 – Henrique Capriles Radonski, Venezuela

Resolución 27/17

MC 449/17 – Luisa Ortega Díaz y familia, Venezuela

Resolución 35/17

MC 533/17 – Williams Dávila, Venezuela

Resolución 37/17

MC 309/17 – Johonnys Armando Hernández, Venezuela (caso de salud. Hemofilia)

Resolución 45/17

MC 600/15 – Angel Omar Vivas Perdomo, Venezuela

Resolución 50/17

MC 383/17 – Santiago José Guevara, Venezuela (caso de salud)

Cuando estos hechos sucedieron, la persistencia en la idea de aplicar la Carta Democrática Interamericana, la permanente intervención de funcionarios de la OEA en Venezuela y la relación personal del Secretario General de la OEA con la oposición, el gobierno de Venezuela decidió retirarse del organismo interamericano.

Esta decisión fue comunicada a la organización multilateral el 27 de abril de 2017 mediante la entrega a la Secretaría General de una carta en la que Venezuela señaló la decisión de denunciar la Carta de Bogotá y acogerse al procedimiento de separación previsto en dicho documento, que dispone un lapso de dos años para que esta decisión rinda sus efectos.

En la búsqueda de una causa penal

Pese a ello, siguieron siendo constantes las declaraciones de Luis Almagro sobre Venezuela, de las cuales debe destacarse las proferidas en septiembre de 2017, donde anunció que había nombrado un “panel de expertos” para valorar si “el caso de Venezuela debía ser remitido a La Haya”, a la vez que recibió de miembros de la “resistencia” una solicitud para que, desde la OEA, le fuese aplicado al presidente Nicolás Maduro la Convención de Palermo.

Un dato importante de la decisión de convocar a un “panel de expertos” es sobre quiénes lo conforman. Los cuales eran, según la referencia contenida en La Patilla, “Santiago Cantón, secretario de Derechos Humanos de la provincia de Buenos Aires y ex secretario ejecutivo de la CIDH; el costarricense Manuel Ventura Robles, ex juez de la CorteIDH, y el canadiense Irwin Cotler, presidente del Centro de Derechos Humanos Raul Wallenberg y ex ministro de Justicia”.

En aquella nota se obviaron algunos datos. Por ejemplo, Santiago Cantón, a quien nos referimos antes como miembro de la OEA cuando el golpe de Estado de 2002, cuando dicha institución negó una medida cautelar a favor del entonces Presidente depuesto Hugo Rafael Chávez Frías, fue el Secretario Ejecutivo de la Comisión Interamericana de Derechos Humanos entre agosto de 2001 a junio de 2012, periodo aquel donde el sistema interamericano de derechos humanos fue inusualmente activo sobre Venezuela.

El mismo también ha dado numerosas declaraciones, algunas incluso rendidas antes de dar sus resultados como experto convocado por la OEA, sobre su opinión favorable a enjuiciar ante el sistema penal internacional al Presidente de la República de Venezuela.

Hace un par de años en Venezuela, se tuvieron noticias del canadiense Irwin Cotler, quien fue presentado a la opinión pública como el abogado que había defendido a Nelson Mandela y que vendría a litigar en el caso de Leopoldo López, entonces detenido en Ramo Verde. Lo que fue desmentido por la Embajada de Sudáfrica en Venezuela, quien dijo que no existían los vínculos de Cotler con Mandela ni con el pueblo sudafricano.

Sólo es más discreto el perfil del antiguo juez, Manuel Ventura Robles, quien no se ha visto más allá de las actividades jurisdiccionales que pudo haber tenido vínculos directos y públicos, involucrado con la intención de derrocar el proceso bolivariano.

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