Il sud della Florida come epicentro della cospirazione

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Perché Miami?

 

Quando si tratta di Florida, bisognerebbe tener conto della sua recente composizione storica, sociale ed economica per comprendere che, in tema di intervento straniero e violenza politica, è lì dove vengono prese molte decisioni contro il Venezuela.

Lì dove, oggi, milioni di turisti attraversano le strade di Disney World e molti altri fanno il bagno nelle spiagge ricche del litorale atlantico, Ponce de León fondò una colonia spagnola, nel XV secolo, che in seguito entrò a far parte dell’Unione nordamericana, nel XIX. Pertanto, la profusione di coloni “latini”, soprattutto nelle città più costiere, come Miami o Tampa, e dello spagnolo come lingua quasi autoctona.

La Florida è uno stato che, attualmente, si dibatte tra due culture politiche. Una, la parte settentrionale, che fa parte del Profondo Sud; l’altra risponde alle aspettative globalizzatrici, e quindi non sorprende che, nel rivedere lo sviluppo di Miami come città cosmopolita, troviamo che tanto denaro del narcotraffico è stato lavato nelle estese costruzioni ed attività speculative che ne hanno fatto un luogo attraente per gli investitori della vita legale ed illegale.

Il documentario di Billy Corben, I Cowboys della Cocaina, mostra chiaramente questa relazione della droga con la trasformazione di Miami in quella popolata da personaggi come Tony Montana, in Scarface, o in alcuni film di Martin Scorsese. Quel sottobosco di mafiosi cocainomani, che vagano tra banchieri, affari immobiliari e cubani trapiantati in terra gringa al fine di cospirare contro la vita di Fidel Castro e la Cuba assediata.

Regione di grande influenza negli USA, la Florida riunisce alcuni gruppi sociali con una vocazione al potere che plasma l’ecosistema politico nelle diverse istituzioni governative, giudiziarie e legislative, non solo dello stato ma del centro federale. I cubani residenti nel sud, prossimi all’isola, hanno formato una massa partecipativa nella vita politica in modo che la lobby anti-castrista ha preso il Congresso d’assalto, ed ha avuto molto sostegno da parte delle agenzie di intelligence e di sicurezza (CIA, FBI).

Soprattutto, le classi medie di Cuba e di altri paesi caraibici e latinoamericani, come Portorico, Colombia e Venezuela più recentemente, hanno preso d’assalto il sud della Florida. Secondo l’accademico Guillermo Grenier, attualmente il 25% delle imprese, nello stato della Florida, sono di proprietà di immigrati latino-americani.

Sebbene sempre ci sia stata un’alta partecipazione economica e politica dei “latini” in quello stato, i venezuelani sono quelli che stanno dando di che parlare con la “diaspora” e gli indizi centrali della cospirazione (anti) politica.

Dove “i venezuelani” ordinano di uccidere

Non si tratta di cospiranoia, poiché persino il giornalista colombiano Gerardo Reyes, di Univision, ammette che “Miami ha vissuto delle cospirazioni politiche” ed assicura che certi personaggi, che vivono in quella città, hanno partecipato al colpo di stato, del 2002, contro il Presidente Hugo Chávez.

Molti giornalisti hanno confermato la stessa cosa. Miami è una città dove i più diversi gruppi di mafiosi latinoamericani hanno cospirato per attentare contro la vita di presidenti, politici di alto rango ed altri personaggi che attentano contro i loro interessi, sia sul suolo americano che nei loro paesi di origine. I terroristi più noti, nella vita ispanica della Florida, sono stati protetti dall’establishment locale, tra cui Luis Posada Carriles ed Orlando Bosch.

Il già citato Reyes, contro qualsiasi cosa che sia relazionata con i dirigenti rivoluzionari di Cuba e Venezuela, riesce ad indovinare che “Miami aveva, per abitante, proporzionalmente più collaboratori CIA di qualsiasi altra parte degli USA, compresa la Virginia”.

In relazione al Venezuela, in senso stretto, i venezuelani lì residenti, di solito, sono i più belligeranti rispetto ai presidenti Chávez e Nicolás Maduro. Alcuni per vocazione ideologica, altri per aver commesso crimini per poi parlare di “persecuzione politica” da parte del Governo bolivariano.

A Miami convivono banchieri e corrotti che hanno svaligiato la nazione per utilizzare gli usufrutti contro la stabilità del paese. Eligio Cedeño è uno di tali attori finanziari che sono fuggiti nel sud della Florida insieme ad altri nove banchieri per una frode fatta attraverso le banche, rubando denaro ai risparmiatori che si affidavano alle istituzioni finanziarie che amministravano.

Anche Nelson Mezerhane entra in questa lista, che aveva sotto controllo i risparmiatori con la sua Banca Federale. E così almeno più di 20 banchieri che si trovano a Miami con il pretesto di un cosiddetto “asilo politico”.

A questi gli si aggiunge un’importante lobby nel Congresso USA di associazioni, ONG e gruppi di esuli venezuelani a Miami che chiedono un intervento contro il Venezuela. Ciò dimostra un’ascendenza dei venezuelani nella politica della Florida.

Ernesto Ackerman, presidente dei Cittadini Indipendenti Venezuelano-Americani (IVAC), un gruppo che lotta per più aggressioni contro la Repubblica dove sono nati, è anche presidente del Club Repubblicano Latinoamericano di Miami-Dade, e anche volontario delle campagne del senatore Marco Rubio.

Proprio come Ackerman è inserito nelle mediazioni dell’establishment politico della Florida, anche gli altri banchieri fanno il loro dallo stesso fronte finanziario. I loro tentacoli hanno come asse, di solito, la città di Doral, o Doralzuela come alcuni la chiamano, a pochi minuti da Miami. Una specie di filiale venezuelana di Miami.

Niente meno per il 2010, i venezuelani rappresentavano il 20,6% della popolazione di Doral, superando qualsiasi altro gruppo nazionale, compresi gli statunitensi. Quella città è anche la sede della più grande società della Florida, World Fuel Services, che commercia prodotti energetici. Inoltre, Doral è la sede dei media Miami Herald, El Nuevo Herald e Doral News, che di solito attaccano informativamente il Venezuela.

Anche a Weston, la Bervely Hills della Florida secondo alcuni, in base al censimento del 2010, vivono 6360 venezuelani, triplicando la cifra del 2002. Pembroke Pins (40% di latini tra la sua popolazione) e Miramar (37%) sono luoghi ideali per i venezuelani della classe media (sopra) più ricchi per risiedere ed investire.

Tuttavia Miami, che vive al ritmo delle cospirazioni, è il luogo prediletto dell’influenza politica per coloro che hanno risentimento contro la Rivoluzione Bolivariana, in particolare contro il presidente Nicolas Maduro, negli ultimi anni. Non per nulla, Jaime Bayly fa il suo programma ovviamente pro-assassinio in quella città.

Connessioni politiche antivenezuelane

La cosa più importante affinché il macchinario politico concreti le sue aggressioni, con la promozione dei venezuelani “in esilio” è il personale disposto, in Florida, che è ben radicato nell’establishment USA.

In quello stato, l’egemonia repubblicana si fa sentire troppo. Il controllo del partito, in Florida, è noto come la tripletta, dal momento che il Partito Repubblicano mantiene il potere al governatorato, al Senato ed alla camera bassa del Congresso.

La maggior parte dei votanti repubblicani si trovano nelle zone in cui vivono i latinoamericani. Tampa, Orlando e Miami forniscono la maggior quantità di voti, benché questo non sempre risponda ad un’egemonia inviolabile nel tempo. La Florida è considerato uno swing state, vale a dire, quello in cui, al momento delle elezioni, spesso si dibatte tra il bipartitismo regnante negli USA (tra repubblicani e democratici).

Bisognerebbe ricordare il ruolo del Partito Repubblicano nelle belligeranze con le rivoluzioni latinoamericane come la cubana, e la sandinista (Oliver North, che ha ideato il piano per finanziare i contras del Nicaragua attraverso il traffico di droga, ha tentato di diventare senatore per i repubblicani) e come no, la venezuelana.

Da quando Chavez è diventato presidente della Repubblica, la Florida ha contato su governatori apertamente contro la Rivoluzione Bolivariana. Jeb Bush, fratello e figlio di ex presidenti USA, membri dell’oligarchia petrolifera del Texas, è stato governatore della Florida, dal 1999 al 2007, ed ha collegamenti con il greggio venezuelano dagli anni ’80 del XX secolo.

Analogamente, Rick Scott, attuale governatore dello stato e posizionato al vertice del Senato, quest’anno, almeno dal punto di vista del bilancio, è uno dei promotori del blocco contro il Venezuela. Tra lobby energetiche ed interessi si muovono i fili della politica interventista.

A livello del Congresso, con sede a Washington, i repubblicani hanno anche la maggioranza nella Camera dei Rappresentanti, la camera bassa, mentre al Senato si trova Bill Nelson (Democratico ) e Marco Rubio (Repubblicano), di famiglia narco, che trasforma quest’ultimo, paradossalmente, nel nemico numero 1 del Venezuela, ed in un figlio fedele di Miami e dsua espressione neoliberale.

Tutti questi attori hanno un ruolo attivo negli attacchi USA contro il paese che ha le maggiori riserve petrolifere del mondo. A questo si aggiungono le minacce militari che si insinuano nei corridoi legislativi di Washington.

Altri legislatori che cercano, dal basso, di dare un deciso impulso alla politica interventista sono la deputata Ileana Ros-Lehtinen, anche acerrima nemica della Rivoluzione cubana e Carlos Curbelo e Mario Diaz-Balart, tutti con ascendenza latino-caraibica, tutti repubblicani.

Anche se l’appartenenza partitica ha svolto un ruolo cruciale affinché l’amministrazione Trump prenda posizione sul tema, con lo sguardo posto nel rovesciare il governo di Nicolas Maduro, la composizione politica dei suoi principali agenti di potere paralegale, siano finanzieri, trafficanti di droga o mediatici e che vivono dagli anni ’50 ad oggi a Miami e nei suoi dintorni, modellano, in modo significativo, l’agenda pro-interventista contro il Venezuela.

Non sembra, quindi, esagerato che, secondo quanto denuncia lo stesso presidente venezuelano, la trama della cospirazione, non solo del tentativo di assassinio, ma di altre azioni belligeranti contro i leader del chavismo e la popolazione in generale, abbia come punto di origine il sud della Florida. È uno degli assi fondamentali dell’aggressione negli USA, molto più influente che l’opinione di un funzionario di Washington o di un agente di cambio a New York.


EL SUR DE FLORIDA COMO EPICENTRO DE LA CONSPIRACIÓN

¿Por qué Miami?

Cuando se trata de Florida, habría que tener en cuenta su composición histórica, social y económica reciente para comprender que, en materia de intervención extranjera y violencia política, es allí donde se toman muchas decisiones en contra de Venezuela.

Allí donde, hoy, millones de turistas cruzan las calles de Disney World y muchos otros se bañan en las playas pudientes de la orilla atlántica, Ponce de León fundó una colonia española en el siglo XV que luego pasaría a formar parte de la Unión norteamericana en el XIX. Por ello la profusión de colonos “latinos”, sobre todo en las ciudades más costeras como Miami o Tampa, y del español como lengua cuasi autóctona.

Florida es un estado que actualmente se debate entre dos culturas políticas. Una, la parte norte, que forma parte del Sur Profundo; la otra responde a las expectativas globalizadoras, y por ello no sorprende que, al revisar el desarrollo de Miami como ciudad cosmopolita, encontramos que mucho dinero del narcotráfico fue lavado en las extensivas construcciones y negocios especulativos que hicieron de ella un lugar atractivo para los inversionistas de la vida legal e ilegal.

El documental de Billy Corben, Los cowboys de la cocaína, muestra bien esta relación de la droga con la transformación de Miami en aquella poblada por personajes como Tony Montana en Caracortada o en algunas películas de Martin Scorsese. Ese mundillo de mafiosos cocainómanos, que deambulan entre banqueros, negocios de bienes raíces y cubanos transplantados a suelo gringo con el fin de conspirar contra la vida de Fidel Castro y la Cuba asediada.

Región de alta influencia en los Estados Unidos, Florida reúne algunos grupos sociales con vocación de poder que moldea el ecosistema político en las distintas instituciones gubernamentales, judiciales y legislativas, no sólo del estado sino del centro federal. Los cubanos residenciados en el sur, próximo a la isla, formaron una masa participativa en la vida política de tal forma que el lobby anticastrista tomó el Congreso por asalto, y tuvo mucho apoyo por parte de las agencias de inteligencia y seguridad (CIA, FBI).

Sobre todo, las clases media de Cuba y otros países caribeños y latinoamericanos como Puerto Rico, Colombia y Venezuela más recientemente, han tomado por asalto el sur de Florida. Según el académico Guillermo Grenier, actualmente el 25% de los negocios en el estado de Florida son de propiedad de inmigrantes latinoamericanos.

Aunque siempre ha habido alta participación económica y política de los “latinos” en ese estado, los venezolanos son los que están dando de qué hablar con “la diáspora” y los señalamientos de centro para la conspiración (anti)política.

Donde “venezolanos” mandan a matar

No se trata de conspiranoia, pues incluso el periodista colombiano Gerardo Reyes, de Univisión, admite que “Miami ha vivido de las conspiraciones políticas”, y asegura que ciertos personajes que hacen vida en esa ciudad participaron en el golpe de Estado de 2002 contra el presidente Hugo Chávez.

Muchos periodistas han confirmado lo mismo. Miami es una ciudad donde los más diversos grupos de mafiosos latinoamericanos se han confabulado para atentar contra la vida de presidentes, políticos de alto rango y demás personajes que atentan contra sus intereses, fuera en suelo estadounidense o en sus países de origen. Los terroristas más reconocidos en la vida hispana de Florida han sido protegidos por el establishment local, incluidos Luis Posada Carriles y Orlando Bosch.

El citado Reyes, anti cualquier cosa relacionada con los líderes revolucionarios de Cuba y Venezuela, logra atinar con que “Miami tenía por habitante proporcionalmente más colaboradores de la CIA que cualquier otra parte de Estados Unidos, incluyendo Virginia”.

Con relación a Venezuela, estrictamente, los venezolanos allí residenciados suelen ser los más beligerantes con respecto a los presidentes Chávez y Nicolás Maduro. Unos por vocación ideológica, otros por haber cometido crímenes para luego hablar de una “persecusión política” por parte del Gobierno Bolivariano.

En Miami conviven banqueros y corruptos que desfalcaron a la nación para usar los usufructos contra la estabilidad del país. Eligio Cedeño es uno de esos actores financieros que huyeron al sur de Florida junto con otros nueve banqueros por una estafa pergeñada a través de bancos, robando el dinero de los ahorristas que confiaban en las instituciones financieros que administraban.

Nelson Mezerhane también entra en esta lista, quien tenía en jaque a los ahorristas con su Banco Federal. Y así por lo menos más de 20 banqueros que se encuentran en Miami so pretexto de un pretendido “asilo político”.

A estos se les une un importante lobby en el Congreso estadounidense de asociaciones, ONGs y grupos de venezolanos exiliados en Miami que piden una intervención contra Venezuela. Ello muestra una ascendencia de los venezolanos en la política de Florida.

Ernesto Ackerman, presidente de los Ciudadanos Independientes Venezolano-Americanos (IVAC, por sus siglas en inglés), grupo que puja por mayores agresiones contra la República que los vio nacer, es también presidente del Club Republicano Latinoamericano de Miami-Dade, y también voluntario de las campañas del senador Marco Rubio.

Así como Ackerman está inserto en los corretajes del establishment político de Florida, los demás banqueros también hacen lo propio desde el frente financiero. Sus tentáculos tienen como eje, usualmente, la ciudad de Doral, o Doralzuela como la llaman algunos, a pocos minutos de Miami. Una especie de sucursal venezolanada de Miami.

Nada más para 2010, los venezolanos representaban el 20,6% de la población de Doral, superando a cualquier otro grupo nacional, incluidos los estadounidenses. Aquella ciudad es también sede de la empresa más grande de Florida, World Fuel Services, que negocia con productos energéticos. Asimismo, Doral es sede de los medios The Miami Herald, El Nuevo Herald y Doral News, que suelen atacar informativamente a Venezuela.

También en Weston, el Bervely Hills de Florida según algunos, según cifras del Censo de 2010, viven 6 mil 360 venezolanos, triplicando la cifra de 2002. Pembroke Pins (con 40% de latinos entre su población) y Miramar (37%) son lugares idóneos de los venezolanos de la clase media (para arriba) más pudiente para residenciarse e invertir en negocios.

Sin embargo, Miami, que vive al ritmo de las conspiraciones, es el lugar predilecto de influencia política para aquellos que resienten contra la Revolución Bolivariana, en específico contra el presidente Nicolás Maduro en los últimos años. No en balde, Jaime Bayly hace su programa evidentemente pro-magnicida en aquella ciudad.

Conexiones políticas antivenezolanas

Lo más importante para que la maquinaria política concrete sus agresiones, con el impulso de los venezolanos “en el exilio”, es el personal dispuesto en Florida que esté bien enquistado en el establishment estadounidense.

En aquel estado, la hegemonía republicana se hace notar demasiado. El control partidista en Florida es conocido como trifecta, ya que el Partido Republicano mantiene el poder en la gobernación, el Senado y la cámara baja del Congreso.

La mayoría de los votantes republicanos se encuentran en zonas donde los latinoamericanos hacen vida. Tampa, Orlando y Miami proveen mayor cantidad de votos, aunque esto no siempre responde a una hegemonía inviolable en el tiempo. Florida es considerado un swing state, es decir, uno en que, en tiempos de elecciones, suele debatirse entre el bipartidismo reinante en los Estados Unidos (entre republicanos y demócratas).

Habría que recordar el rol del Partido Republicano en las beligerancias a las revoluciones latinocaribeñas como la cubana, la sandinista (Oliver North, quien ideó el plan de financiamiento a la Contra nicaragüense mediante el narcotráfico, intentó convertirse en senador por los republicanos) y, cómo no, la venezolana.

Desde que Chávez se erigiera presidente de la República, Florida ha contado con gobernadores abiertamente en contra de la Revolución Bolivariana. Jeb Bush, hermano e hijo de ex presidentes estadounidenses, miembros de la oligarquía petrolera de Texas, fue gobernador de Florida desde 1999 hasta 2007 y tiene conexiones con el crudo venezolano desde los años 80 del siglo XX.

De igual forma, Rick Scott, actual gobernador del estado y encumbrado a la cima del Senado este año, por lo menos desde el punto de vista presupuestario, es uno de los promotores del bloqueo contra Venezuela. Entre lobbys energéticos e intereses se mueven los hilos de la política intervencionista.

A nivel del Congreso, con sede en Washington, los republicanos también tienen mayoría en la Casa de los Representantes, la cámara baja, mientras que en el Senado se encuentra Bill Nelson (demócrata) y Marco Rubio (republicano), de familia narco, lo que convierte a éste último, paradójicamente el enemigo número 1 de Venezuela, en un hijo fiel de Miami y su expresión neoliberal.

Todos estos actores tienen un activo papel en las arremetidas estadounidenses contra el país que tiene las más grandes reservas petroleras del mundo. A esto se suman las amenazas militares que se han colado en los pasillos legislativos de Washington.

Otros legisladores que buscan, desde abajo, darle un impulso tajante a la política intervencionista son la diputada Ileana Ros-Lehtinen, también enemiga acérrima de la Revolución Cubana, así como Carlos Curbelo y Mario Díaz-Balart, todos con ascendencia latinocaribeña, todos republicanos.

Aunque la afiliación partidista ha jugado un papel crucial para que la Administración Trump tome cartas en el asunto con la mira puesta en derrocar al gobierno de Nicolás Maduro, la composición política de sus principales agentes de poder paralegal, sean financieros, narcotraficantes o mediáticos, y que hacen vida desde los años 50 hasta la actualidad en Miami y sus alrededores moldean de forma significativa la agenda pro-intervención contra Venezuela.

No parece, entonces, exagerado que, según denuncia el propio presidente venezolano, la trama de conspiración, no sólo del intento de magnicidio sino de otras acciones beligerantes contra los líderes del chavismo y la población en general, tenga como punto de origen el sur de Florida. Es uno de los ejes fundamentales de agresión en los Estados Unidos, mucho más influyente que la opinión de un funcionario de Washington o un corredor de bolsa en Nueva York.

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