Colombia: interessi e ragioni x un conflitto con il Venezuela

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Una nuova escalation di azioni diplomatiche e militari contro il Venezuela è iniziata, questa settimana, in Colombia. Come abbiamo anteriormente segnalato, il governo colombiano ha dato seri indizi, negli ultimi mesi, che è disposto ad assumersi il costo di un’aggressione diretta contro il suo vicino geo-storico. Gli interessi del governo e dei poteri di fatto colombiani si uniscono in questo obiettivo.

Ma i consensi interni non sono dati nemmeno in alcuni settori della borghesia colombiana. Lo stesso uribismo presenta sfumature.

Mentre Álvaro Uribe e i suoi quadri nel governo assumono, frontalmente, la volontà di coinvolgere la Colombia in un’aggressione militare, Duque e il suo cancelliere sono più parchi nel discorso. Dopo che il governo colombiano si è rifiutato di firmare la dichiarazione con la quale il Gruppo Lima ha preso le distanze dalle dichiarazioni rilasciate da Luis Almagro -proprio da Cúcuta- il Ministero degli Esteri della Colombia ha dato dichiarazioni molto vaghe circa i motivi per cui ha deciso di non smarcarsi dal Segretario Generale dell’OSA.

Mentre il cancelliere Holmes ha parlato di mantenersi sulla via diplomatica, il nuovo ambasciatore della Colombia negli USA -che fu il vice presidente dell’era “Uribe”, Francisco Santos- ha pubblicamente dichiarato che non deve scartarsi un’azione militare contro il Venezuela. Il giorno precedente, il senatore USA, Marco Rubio, aveva chiesto “di aumentare la cooperazione tra USA e Colombia in materia militare e nella ricerca di prove contro il governo di Nicolás Maduro”.

L’ambasciatore USA in Colombia, Kevin Whitaker, nel frattempo ha dichiarato alla stampa, la scorsa settimana, che in caso di un aggressione dal Venezuela, il suo paese difenderebbe la Colombia. Queste parole riaffermano che l’argomento dell’ “intervento militare per motivi umanitari” è andato cadendo a pezzi per le dichiarazioni dell’ONU, la precipitazioni d’Almagro che ha costretto il Gruppo da Lima a prendere le distanze e soprattutto per il successo del piano di Ritorno alla Patria.

Fallita quella narrativa, il governo colombiano ha ricevuto istruzioni per riprendere i falsi positivi, che non si sono fermati dall’arrivo al potere in Venezuela del presidente Hugo Chávez.

Solo nell’ultimo mese, il governo colombiano ha denunciato due presunte incursioni dei militari venezuelani nel suo territorio. Ad agosto ha accusato la FANB di violare lo spazio aereo colombiano ed, in settembre, di far inciursione per via fluviale e presumibilmente rapire tre cittadini colombiani. Entrambe le denunce hanno ricevuto risposte dal Ministero degli Affari Esteri venezuelano che non ha esitato a classificarle come operazioni di falsa bandiera o falsi positivi.

La Colombia è stata comminata dagli USA ad assumere quel ruolo, ma ci sono anche interessi da parte di gruppi potenti in quel paese che lottano per l’azione. Uno di questi interessi è la rotta di accesso ai Caraibi dal lago di Maracaibo, un interesse geostrategico risalente dal momento in cui l’allora Capitaneria Generale del Venezuela convertì Maracaibo nel porto principale dell’oriente neogranadino e dell’ovest venezuelano.

Il caffè e tutti i prodotti minerari colombiani -in mano quasi esclusivamente dei capitali transnazionali- ma soprattutto il carbone, troverebbero nel Lago Maracaibo uno sbocco ai Caraibi molto più vicino ed accessibile che i porti colombiani stessi.

Ma, inoltre, il grande commercio del narcotraffico che ha in Colombia, il principale produttore di cocaina nel mondo, anche vuole dominare questo sbocco commerciale. Ciò significa che ci sono altri interessi stranieri nel progetto d’impossessarsi ci ciò che il presidente Chávez denominerebbe “la mezza luna” e spingono per l’intervento militare contro il Venezuela.

Un altro interesse strategico, senza dubbio, è il combustibile. Secondo un rapporto del Controllore Generale della Colombia, questo paese perderà la sua capacità di auto-alimentarsi di combustibile nel 2021, ma già partire dal prossimo anno (2019) il calo di produzione inizierà a sentire nella sua economia.

In caso di successo, un intervento militare in Venezuela darebbe la possibilità di controllare le più grandi riserve petrolifere comprovate nel mondo e più che compensare il calo della produzione petrolifera colombiana.

Questo combustibile, inoltre, è anche materia prima per il processamento della coca in ragione di 166 galloni di benzina per ogni chilogrammo di cocaina prodotta, in modo che la benzina è doppiamente strategica per un’economia che sopravvive anche grazie al narcotraffico.

Per queste ragioni, lo Stato colombiano sembra si stia preparando ad avviare un’azione unilaterale dalla narrativa della difesa della sua sicurezza nazionale che, una volta avviata, avrà il sostegno USA.

La più forte pressione affinché questa azione si realizzi viene dal governo USA, i diversi settori dell’ultra-destra dell’oligarchia colombiana e, ovviamente, dello stesso Álvaro Uribe Vélez, che cerca di dimostrare che in passato gli “mancò tempo” per invadere il Venezuela, benché la vera ragione fu chiaramente rivelata dallo stesso Comandante Chávez e sembra che questa ragione continui ad avere validità storica.


Intereses y razones por las que Colombia busca prender un conflicto con Venezuela

Una nueva escalada de acciones diplomáticas y militares contra Venezuela comenzó esta semana en Colombia. Como ya hemos señalado anteriormente, el gobierno colombiano ha dado serios indicios en los últimos meses de que está dispuesto a asumir el costo de una agresión directa contra su vecino geohistórico. Los intereses del gobierno y los poderes fácticos colombianos se unen en este objetivo.

Pero los consensos internos no están dados ni siquiera en algunos sectores de la burguesía colombiana. El propio uribismo presenta matices.

Mientras Álvaro Uribe y sus cuadros en el gobierno asumen frontalmente la voluntad de involucrar a Colombia en una agresión militar, Duque y su canciller son más parcos en el habla. Luego de que el gobierno colombiano se negara a firmar la declaración con la que el Grupo de Lima se deslindó de las declaraciones que hiciera Luis Almagro -precisamente desde Cúcuta-, la cancillería colombiana dio declaraciones muy imprecisas sobre las razones por las que decidió no desmarcarse del Secretario General de la OEA.

Mientras el canciller Holmes habló de mantenerse en la vía diplomática, el nuevo embajador de Colombia en los Estados Unidos -quien fuera el vicepresidente de la era “Uribe”, Francisco Santos- declaró públicamente que no debe descartarse una acción militar contra Venezuela. El día anterior, el senador estadounidense Marco Rubio había solicitado “aumentar la cooperación entre Estados Unidos y Colombia en materia militar y en la búsqueda de pruebas contra el gobierno de Nicolás Maduro”.

El embajador estadounidense en Colombia, Kevin Whitaker, por su parte dijo la semana pasada a la prensa que, en caso de una agresión desde Venezuela, su país defendería a Colombia. Estas palabras reafirman que el argumento de la “intervención militar por razones humanitarias” se ha venido desmoronando por las declaraciones de la ONU, la precipitación de Almagro que obligó al Grupo de Lima a deslindarse y sobre todo por el éxito del Plan Vuelta a la Patria.

Fracasada aquella narrativa, el gobierno colombiano ha recibido instrucciones para retomar los falsos positivos, que no han cesado desde la llegada del presidente Hugo Chávez al poder en Venezuela.

Tan solo en el último mes, el gobierno colombiano ha denunciado dos supuestas incursiones de militares venezolanos en su territorio. En agosto acusó a la FANB de violar el espacio aéreo colombiano y en septiembre de incursionar por vía fluvial y supuestamente secuestrar a tres ciudadanos colombianos. Ambas denuncias han recibido sendas respuestas de la cancillería venezolana que no ha dudado en calificarlas como operaciones de bandera falsa o falsos positivos.

Colombia ha sido conminada por Estados Unidos para asumir ese papel, pero también hay intereses por parte de grupos de poder en ese país que pugnan por la acción. Una de esos intereses es el de la ruta de acceso al Mar Caribe por el Lago de Maracaibo, un interés geoestratégico que data desde la época en que la entonces Capitanía General de Venezuela convirtió a Maracaibo en el puerto principal del oriente neogranadino y el occidente venezolano.

El café y todos los productos de la minería colombiana -en manos casi exclusivas de capitales transnacionales-, pero sobre todo el carbón, encontrarían en el Lago de Maracaibo una salida al Caribe mucho más cercana y accesible que los propios puertos colombianos.

Pero además el gran negocio del narcotráfico que tiene en Colombia el principal productor de cocaína del mundo también anhela dominar esa salida comercial. Esto significa que hay otros intereses foráneos en el proyecto de apoderarse de lo que el presidente Chávez denominara “la media luna” y pujan por la intervención militar contra Venezuela.

Otro interés estratégico, es sin duda, el combustible. Según un informe de la Contraloría General de Colombia, este país perderá su capacidad de autoabastecerse de combustible en el año 2021, pero ya a partir del año entrante (2019) la declinación de la producción comenzará a sentirse en su economía.

De ser exitosa, una intervención militar en Venezuela daría la posibilidad de controlar las mayores reservas petroleras probadas del mundo y compensar con creces la declinación de la producción petrolera colombiana.

Este combustible, además, es también materia prima para el procesamiento de la coca a razón de 166 galones de gasolina por cada kilogramo de cocaína producido, de modo que la gasolina es doblemente estratégico para una economía que sobrevive también gracias al narcotráfico.

Por estas razones el Estado colombiano parece estarse preparando para iniciar una acción unilateral desde la narrativa de la defensa de su seguridad nacional que, una vez iniciada, contará con el apoyo de los Estados Unidos.

La presión más fuerte para que esta acción se realice viene del gobierno norteamericano, los diferentes sectores de ultraderecha de la oligarquía colombiana y, obviamente, del propio Álvaro Uribe Vélez, quien trata de demostrar que en el pasado solo le “faltó tiempo” para invadir Venezuela, aunque la verdadera razón fue claramente develada por el mismo Comandante Chávez y tal parece que esa razón sigue teniendo vigencia histórica.

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