Ottobre ’62: chi mise il mondo sull’orlo dell’olocausto mondiale?

Elier Ramírez Cañedo  www.granma.cu

Ancora si osserva in certa letteratura gli approcci che, nell’esporre ed interpretare la cosiddetta Crisi di Ottobre, segnalano Cuba come la massima responsabile di porre il mondo sull’orlo dell’olocausto mondiale. Ciò risponde anche al modo sbagliato con cui la crisi fu gestita, soprattutto dalla dirigenza sovietica, essendo Cuba la più svantaggiata sia nella sua immagine internazionale sia nella soluzione a cui giunsero Kennedy ed il premier sovietico Nikita Krusciov.

Il modo in cui Krusciov agì al verificarsi la crisi quando, senza la dirigenza cubana, negoziò con Kennedy il ritiro dei missili nucleari dall’isola e, peggio ancora, surrettiziamente negoziò tale ritiro in cambio del ritiro dei missili nucleari USA ubicati in Turchia ed in Italia lasciano molto a desiderare sulle vere o fondamentali motivazioni che Krusciov ebbe al momento di proporre, ai cubani, l’installazione dei missili a Cuba. Cosa avevano a che fare i missili di Turchia ed Italia con la difesa di Cuba? Perché non richiese che si devolvesse, alla Maggiore delle Antille, l’usurpato territorio della Base Navale di Guantanamo, si eliminasse il blocco economico o altri aspetti che sì erano in linea con gli interessi dell’Isola?

Nonostante che nelle concezioni difensive già allora elaborate da parte della massima dirigenza cubana, i missili nucleari non fossero compresi, e della coscienza dei dirigenti cubani che la loro presenza nel territorio insulare poteva danneggiare il prestigio della Rivoluzione, si accettò l’installazione dei missili, basata sul compimento di un ineludibile principio di sostegno internazionalista con il Campo Socialista e l’URSS in particolare.

Molto si perse sul terreno morale, politico e diplomatico quando i sovietici decisero che l’installazione di missili nucleari a Cuba si facesse in modo segreto, e solo renderlo pubblico quando fosse un fatto compiuto, a cui gli USA, presumibilmente, avrebbero dovuto rassegnarsi. Il dirigente della Rivoluzione cubana difese in ogni momento che l’operazione si rendesse pubblica sotto l’egida del diritto internazionale, poiché non c’era nulla di illegale in questo. Benché mantenne il giudizio che i sovietici erano quelli che dovevano prendere la decisione finale, in considerazione della loro grande esperienza internazionale e militare.

La famosa, e più volte manipolata, lettera di Fidel a Krusciov scritta tra la notte del 26 e l’alba del 27 ottobre (tradotta ed inviata al dirigente sovietico dall’ambasciata dell’URSS a L’Avana), è stato uno dei documenti più utilizzati per porre il dirigente della Rivoluzione come un “irresponsabile” e persino un “pazzo”, che mise a rischio l’esistenza umana sulla faccia della terra.

Bisogna dire che se per gli USA la crisi era iniziata in ottobre del 1962, Cuba viveva una crisi che minacciava la sua sopravvivenza, come nazione indipendente e sovrana, dal gennaio 1959 affrontando le più diverse forme di aggressione da parte del governo USA, tra cui l’invasione mercenaria della Baia dei Porci nell’aprile 1961. L’ “operazione Mangusta” la più grande operazione di guerra segreta, sviluppata ed implementata dagli USA contro un altro paese, approvata dal presidente Kennedy nel novembre 1961, doveva concludersi con l’invasione diretta delle forze armate USA sull’isola, precisamente nell’ottobre 1962.

La lettera inviata da Fidel a Krusciov non proponeva di sferrare il primo colpo nucleare preventivo, ma che, in caso di invasione di Cuba -la variante meno probabile- l’URSS non esitasse a rispondere con armi nucleari, evitando di commettere gli stessi errori della II Guerra Mondiale, poiché l’invasione significava che gli USA avevano già deciso d’iniziare la guerra termonucleare lanciando il primo colpo nucleare contro il paese sovietico.

Frammenti delle lettere scambiate da entrambi i leader in quei giorni di tensione, spesso citate senza connessione, illustrano in modo affidabile la verità storica:

MESSAGGIO DI FIDEL A KRUSCHOV, 26 OTTOBRE:

 

Ci sono due possibili varianti: la prima e più probabile è l’attacco aereo contro determinati obiettivi con lo scopo limitato di distruggerli; la seconda, meno probabile, anche se possibile, è l’invasione. Capisco che la realizzazione di questa variante richiederebbe gran quantità di forze ed è inoltre la forma più repellente di aggressione, il che può inibirli.

(…) Se ha luogo la seconda variante e gli imperialisti invadono Cuba allo scopo di occuparla, il pericolo che una simile politica aggressiva comporta per l’umanità è così grande che dopo questo fatto l’Unione Sovietica non deve mai permettere le circostanze nelle quali gli imperialisti possano scaricare contro di lei il primo colpo nucleare.

Le dico questo perché credo che l’aggressività degli imperialisti sia estremamente pericolosa e se loro giungono a realizzare un atto così brutale e violatore della Legge e morale universale, come invadere Cuba, quello sarebbe il momento di eliminare, per sempre, simile pericolo, nell’atto della più legittima difesa, per quanto dura e terribile fosse la soluzione, perché non ce ne sarebbe altra.

KUSCHOV A FIDEL IL 30 OTTOBRE:

 

Sul suo cablo del 27 ottobre, Lei ci ha proposto che fossimo i primi nell’assestare il colpo nucleare contro il territorio del nemico. Lei, ovviamente, comprende a cosa ciò porterebbe. Questo non sarebbe un semplice colpo, ma l’inizio della guerra termonucleare.

FIDEL A KRUSCHOV IL 31 OTTOBRE:

 

Non ignoravo quando le scrissi che le parole contenute nella mia lettera avrebbero potuto essere, da voi, male interpretate e così si è verificato, forse perché non le lesse con cura, forse per la traduzione, forse perché volli dire troppo in poche righe. Tuttavia, non vacillai nel farlo.

(…) Noi sapevamo, lei non presuma che lo ignoravamo, che dovevamo essere sterminati, come insinua nella sua lettera, nel caso scoppiasse la guerra termonucleare. Tuttavia, non per questo le abbiamo chiesto che ritirasse i proiettili, non per questo le abbiamo chiesto che cedesse. Per caso crede che desideravamo tale guerra? Ma come evitarla se l’invasione si verificasse? Si trattava proprio che questo fatto era possibile, che l’imperialismo bloccava ogni soluzione e le sue richieste erano, dal nostro punto di vista, impossibili da accettare per l’URSS e per Cuba.

(…) Io non le ho suggerito, compagno Krusciov, che l’URSS fosse aggressore, perché ciò sarebbe qualcosa di più che scorretto, sarebbe immorale ed indegno da parte mia; ma che dall’istante che l’imperialismo attaccasse Cuba ed, a Cuba, forze armate dell’URSS destinate ad aiutare la nostra difesa in caso di attacco esterno, e gli imperialisti si convertissero, per tale fatto, in aggressori contro Cuba e contro l’URSS, gli si rispondesse con un colpo demolitore.

Questa lettera è stata anche utilizzata per sostenere la versione che ai sovietici, davanti alle “proposte irrazionali” del dirigente cubano non gli rimase altra scelta che negoziare con gli USA alle spalle della direzione dell’isola. Un testimone di straordinaria valenza per dimostrare la falsità dei criteri che segnalano che Fidel esortò Krusciov a dare il primo colpo nucleare preventivo contro il territorio USA è quello di Alenxander I. Alekseev, che disimpegnava, nell’ottobre 1962, il ruolo di ambasciatore di Mosca a l’Avana ed a cui il capo della Rivoluzione gli avrebbe dettato il controverso messaggio:

«La sera del 26 sul 27 ottobre, Fidel Castro visitò la nostra ambasciata e dettò il testo di una lettera da inviare a N.S. Krusciov. Mentre Fidel era ancora nell’ambasciata, ho inviato una breve nota che informava sulla possibilità dell’attacco a Cuba. Alcune ore prima, i nostri militari avevano inviato un telegramma a Mosca con gli stessi preoccupanti termini. La lettera di Fidel partì per Mosca più tardi, una volta tradotta in russo, e non fu sino alla mattina del 28 che giunse nelle mani della dirigenza sovietica, quando era già stata adottata la decisione sul ritiro dei missili. È anche noto che ciò che arrivò, per via telefonica, dal Ministero degli Affari Esteri dell’URSS alla segreteria di Krusciov non fu il testo integrale del messaggio ma un riassunto, motivo per cui si poterono produrre imprecisioni.

“Ribadisco che Fidel, allora, non sollecitò che assestassimo un colpo nucleare preventivo, ma si limitò ad allertare che gli statunitensi, consapevoli del nostro attaccamento al principio di non essere i primi ad utilizzare le armi nucleari, potevano intraprendere qualsiasi avventura, tra cui un colpo nucleare».

Nonostante siano trascorsi 56 anni da quegli eventi, ancora si tenta distorcere la storia. La verità è che, come disse Ernesto Che Guevara nella sua celebre lettera d’addio, riferendosi al ruolo svolto dal Comandante in Capo durante la crisi: “Poche volte uno statista brillò di una luce più alta che in quei giorni“. Solo la ferma posizione della dirigenza cubana salvò il prestigio morale e politico della Rivoluzione in quella congiuntura.

Oltre all’illegale base navale USA di Guantanamo, continuarono i piani di sabotaggio e di assassinio contro i principali dirigenti della Rivoluzione, il blocco economico, la sovversione, gli attacchi pirati, il supporto al banditismo ed il resto dei componenti della politica aggressiva USA contro Cuba. Cioè, gli USA hanno continuato ad invadere Cuba su scala minore, praticamente giorno dopo giorno. Sebbene la crisi dell’ottobre 1962 sia stata la più pericolosa nella storia delle relazioni USA-Cuba, molte altre crisi si sarebbero verificate tra i due paesi, con il trascorrere del tempo, e non promosse dalla nostra Rivoluzione.


Octubre de 1962: ¿quién puso al mundo al borde del holocausto mundial?

Autor: Elier Ramírez Cañedo

Todavía se observa en cierta literatura los enfoques que, al exponer e interpretar la llamada Crisis de Octubre, señalan a Cuba como la máxima responsable de poner al mundo al borde del holocausto mundial. Ello también responde a la manera errada en que se manejó la crisis, en especial por la dirección soviética, siendo Cuba la más desfavorecida tanto en su imagen internacional como en la solución a que llegaron Kennedy y el premier soviético Nikita Jruschov.

La manera en que Jruschov actuó al producirse la crisis, cuando sin contar con la dirección cubana negoció con Kennedy la salida de los cohetes nucleares de la Isla, y peor aún, de manera subrepticia negoció esa salida a cambio de la retirada de los misiles nucleares estadounidenses ubicados en Turquía e Italia, dejan mucho que desear sobre las verdaderas o fundamentales motivaciones que tuvo Jruschov a la hora de proponer a los cubanos la instalación de los cohetes en Cuba. ¿Qué tenían que ver los cohetes de Turquía e Italia con la defensa de Cuba? ¿Por qué no exigió se devolviera a la Mayor de las Antillas el usurpado territorio de la Base Naval de Guantánamo, se eliminara el bloqueo económico u otros aspectos que sí se ajustaban a los intereses de la Isla?

A pesar de que en las concepciones defensivas ya elaboradas para entonces por parte de la máxima dirección cubana, los misiles nucleares no estaban comprendidos, y de la conciencia de los líderes cubanos de que su presencia en el territorio insular podía afectar el prestigio de la Revolución, se aceptó la instalación de los cohetes, a partir de que se cumplía con un principio ineludible de apoyo internacionalista con el Campo Socialista y la URSS en particular.

Mucho se perdió en el terreno moral, político y diplomático cuando los soviéticos decidieron que la instalación de los cohetes nucleares en Cuba se hiciera de manera secreta, y solo hacerla pública cuando fuera un hecho consumado, al que Estados Unidos supuestamente tendría que resignarse. El líder de la Revolución Cubana defendió en todo momento que la operación se hiciera pública bajo el respaldo del derecho internacional, pues no había nada ilegal en ello. Aunque mantuvo el criterio de que los soviéticos eran los que debían tomar la decisión final, por consideración a su gran experiencia internacional y militar.

La famosa y tantas veces manipulada carta de Fidel a Jruschov escrita entre la noche del 26 y la madrugada del 27 de octubre (traducida y enviada al líder soviético desde la embajada de la URSS en La Habana), ha sido uno de los documentos más utilizados para ubicar al líder de la Revolución como un «irresponsable» y hasta un «loco», que puso en riesgo la existencia humana en la faz de la tierra.

Hay que decir que si para Estados Unidos la crisis había comenzado en octubre de 1962, Cuba vivía una crisis que amenazaba su supervivencia como nación independiente y soberana desde enero de 1959, enfrentada a las más disímiles formas de agresión del Gobierno de Estados Unidos, incluyendo la invasión mercenaria de Playa Girón en abril de 1961. La «Operación Mangosta», la más amplia operación de guerra encubierta, elaborada e implementada por Estados Unidos contra otro país, aprobada por el presidente Kennedy en noviembre de 1961, debía concluir con la invasión directa de las fuerzas armadas estadounidenses en la Isla, precisamente en octubre de 1962.

La carta enviada por Fidel a Jruschov no proponía dar el primer golpe nuclear preventivo, sino que, en caso de producirse la invasión a Cuba –la variante menos probable–, no vacilara la URSS en responder con armas nucleares, evitando cometer los mismos errores de la Segunda Guerra Mundial, pues la invasión significaba que ya Estados Unidos se había decidido a iniciar la guerra termonuclear lanzando el primer golpe nuclear contra el país soviético.

Fragmentos de las cartas intercambiadas por ambos líderes en esos días de tensión, muchas veces citadas inconexamente, ilustran de manera fehaciente la verdad histórica:

MENSAJE DE FIDEL A JRUSCHOV, EL 26 DE OCTUBRE:

Hay dos variantes posibles: la primera y más probable es el ataque aéreo contra determinados objetivos con el fin limitado de destruirlos; la segunda, menos probable, aunque posible, es la invasión. Entiendo que la realización de esta variante exigiría gran cantidad de fuerzas y es además la forma más repulsiva de agresión, lo que puede inhibirlos.

(…) Si tiene lugar la segunda variante y los imperialistas invaden a Cuba con el fin de ocuparla, el peligro que tal política agresiva entraña para la humanidad es tan grande que después de ese hecho la Unión Soviética no debe permitir jamás las circunstancias en las cuales los imperialistas pudieran descargar contra ella el primer golpe nuclear.

Le digo esto porque creo que la agresividad de los imperialistas se hace sumamente peligrosa y si ellos llegan a realizar un hecho tan brutal y violador de la Ley y la moral universal, como invadir a Cuba, ese sería el momento de eliminar para siempre semejante peligro, en acto de la más legítima defensa, por dura y terrible que fuese la solución, porque no habría otra.

JRUSCHOV A FIDEL EL 30 DE OCTUBRE:

En su cable del 27 de octubre Ud. nos propuso que fuéramos primeros en asestar el golpe nuclear contra el territorio del enemigo. Usted, desde luego, comprende a qué llevaría esto. Esto no sería un simple golpe, sino el inicio de la guerra termonuclear.

FIDEL A JRUSCHOV EL 31 DE OCTUBRE:

No ignoraba cuando las escribí que las palabras contenidas en mi carta podrían ser mal interpretadas por usted y así ha ocurrido, tal vez porque no las leyó detenidamente, tal vez por la traducción, tal vez porque quise decir demasiado en pocas líneas. Sin embargo, no vacilé en hacerlo.

(…) Nosotros sabíamos, no presuma usted que lo ignorábamos, que habríamos de ser exterminados, como insinúa en su carta, caso de estallar la guerra termonuclear. Sin embargo, no por eso le pedimos que retirara los proyectiles, no por eso le pedimos que cediera. ¿Cree acaso que deseábamos esa guerra? ¿Pero cómo evitarla si la invasión llega a producirse? Se trataba precisamente de que este hecho era posible, de que el imperialismo bloqueaba toda solución y sus exigencias eran desde nuestro punto de vista imposibles de aceptar por la URSS y por Cuba.

(…) Yo no sugerí a usted, compañero Jruschov, que la URSS fuese agresora, porque eso sería algo más que incorrecto, sería inmoral e indigno de mi parte; sino, que desde el instante en que el imperialismo atacara a Cuba y en Cuba a fuerzas armadas de la URSS destinadas a ayudar a nuestra defensa en caso de ataque exterior, y se convirtieran los imperialistas por ese hecho en agresores contra Cuba y contra la URSS, se le respondiera con un golpe aniquilador.

Esta carta también ha sido utilizada para sostener la versión de que a los soviéticos, ante las «propuestas irracionales» del líder cubano, no les quedó más remedio que negociar con Estados Unidos de espaldas a la dirección de la Isla. Un testimonio de extraordinaria valía para demostrar la falsedad de los criterios que señalan que Fidel incitó a Jruschov a dar el primer golpe nuclear preventivo contra el territorio estadounidense es el de Alenxander I. Alexéiev, quien se desempeñaba en octubre de 1962 como embajador de Moscú en La Habana y a quien el Jefe de la Revolución le dictara el controvertido mensaje:

«La noche del 26 para el 27 de octubre Fidel Castro visitó nuestra embajada y dictó el texto de una carta para que se le hiciera llegar a N.S. Jruschov. Estando todavía Fidel en la embajada, envié un breve cifrado en el que informaba sobre la posibilidad del ataque a Cuba. Unas horas antes nuestros militares habían cursado un telegrama a Moscú en los mismos términos preocupantes. La carta de Fidel salió para Moscú más tarde, una vez que se tradujo al ruso, y no fue hasta la mañana del 28 que llegó a manos de la dirección soviética, cuando ya había sido adoptada la decisión sobre la retirada de los proyectiles. Se sabe también que lo que llegó por vía telefónica del Ministerio de Asuntos Exteriores de la URSS a la secretaría de Jruschov no fue el texto íntegro del mensaje, sino un resumen, motivo por el cual se pudieron producir imprecisiones.

«Reitero que Fidel entonces no instó a que asestáramos un golpe nuclear preventivo, sino que se limitó a alertar que los estadounidenses, conocedores de nuestro apego al principio de no ser los primeros en usar las armas nucleares, podían emprender cualquier aventura, incluido un golpe nuclear».

A pesar de transcurridos 56 años de aquellos acontecimientos, aún se intenta tergiversar la historia. Lo cierto es que, como dijera Ernesto Che Guevara en su célebre carta de despedida, al referirse al papel desempeñado por el Comandante en Jefe durante la crisis: «Pocas veces brilló más alto un estadista que en esos días». Solo la posición firme de la dirección cubana salvó el prestigio moral y político de la Revolución en aquella coyuntura.

Además de la ilegal base naval estadounidense en Guantánamo, continuaron los planes de sabotaje y magnicidio contra los principales líderes de la Revolución, el bloqueo económico, la subversión, los ataques piratas, el apoyo al bandidismo y el resto de los componentes de la política agresiva de Estados Unidos contra Cuba. Es decir, Estados Unidos siguió invadiendo a Cuba en menor escala, prácticamente día por día. Aunque la crisis de octubre de 1962 ha sido la de mayor peligrosidad en la historia de las relaciones entre Estados Unidos y Cuba, muchas otras crisis se producirían entre ambos países con el transcurrir del tiempo y no impulsadas por nuestra Revolución.

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