Il 10 gennaio 2019 è un altro “D-Day” per l’anti-chavismo?

Ana Cristina Bracho http://misionverdad.com

È arrivato il mese di novembre, e non di qualsiasi anno, ma dell’ultimo che corrisponde al periodo costituzionale che ha iniziato il Comandante Chavez e che ha esercitato, quasi integralmente, il presidente Maduro. In questa affermazione c’è una vera prodezza del popolo venezuelano che è riuscito a resistere dopo tre periodi di rivoluzione colorate che hanno cercato di trasformarsi in autentiche ed aperte guerre civili. Agguati internazionali senza precedenti. Blocchi finanziari e guerra economica.

In questo contesto, ed essendo stato eletto nel maggio di quest’anno, Nicolas Maduro Moros, come Presidente della Repubblica per il periodo costituzionale che inizia a gennaio 2019, l’opposizione torna allo schema dei suoi famosi “D-Day” utilizzato in passato per affermare che, fino a lì, né un un minuto in più, durerà il chavismo al potere.

Forse, poiché ciò è già avvenuto diverse volte, potremmo sentirci nella favola di “Pierino ed il lupo”, o dedicarci a guardare l’assurdo che c’è in un’opposizione che dice che ha destituito il Presidente per abbandonare l’incarico, poi lo ha giudicato e che, dal 2015, afferma di non riconoscerlo perché -secondo i suoi discorsi- ha meno sostegno popolare di loro.

Pertanto, può essere ragionevole credere che non succederà nulla se non lo stesso spettacolo da un’Assemblea Nazionale, sempre più vuota ed irrilevante, ed un paio di dichiarazioni internazionali che tanto arrivano quanto si dimenticano.

Tuttavia, ci sono alcuni elementi da considerare. Il primo è che v’è all’ordine del giorno un evento elettorale su cui possono aspirare a costruire un discorso che tenta di delegittimare il Presidente, in base a che le elezioni comunali sono storicamente i processi con il più alto tasso di astensione e che loro sono esperti nel dichiarare che qualsiasi fatto l’elettorato ha, sul chavismo, un effetto plebiscitario e nelle ultime occasioni tutte le contestazioni non sono state nella differenza di voti tra i partecipanti, ma nella dimensione dell’astensione.

In secondo luogo, dobbiamo vedere come possono cercare di giocare con le categorie giuridiche basate sulle disposizioni della Costituzione e sulla situazione di fatto in cui finora si trovano. Così, l’Assemblea Nazionale è attualmente in una situazione giuridica anomala, poiché i suoi atti sono nulli per disposizione della Corte Costituzionale che ha punita la ribellione di tale autorità agli ordini emessi dalla Camera Elettorale.

Tuttavia, la ribellione è una situazione di fatto che può essere invertita. Di fatto, il Potere Giudiziario ha esortato il Potere Legislativo a correggere il suo atteggiamento e scorporare i discussi deputati de Amazonas. L’Assemblea Nazionale non lo ha fatto perché è un punto d’onore, per loro, disconoscere i magistrati che costituiscono il Tribunale Supremo di Giustizia, al punto di giurare di fronte ad un’altra struttura che opera fuori dal paese.

Ma se questo cambiasse, se l’Assemblea Nazionale ritenesse più conveniente raddrizzarsi e decidesse uscire dalla ribellione, potrebbe tentare di dichiarare una vacanza permanente come lo vanno insinuando e generare una situazione diversa, ciò che potrebbero sfruttare per avanzare nella loro agende di destabilizzazione.

Potremmo pensare che se quello era il gioco, avrebbero potuto farlo in qualsiasi momento dal 2015, ma non è così. Questo perché la Costituzione divide gli effetti della vacanza del Presidente in base al momento del periodo costituzionale in cui si verifica.

Finora, l’Assemblea Nazionale di opposizione ha convissuto con un presidente che era nella fase finale del suo mandato quando, al prodursi la sua assenza, doveva assumere il potere il vicepresidente della Repubblica, mentre dal 10 gennaio si incontreranno con un Presidente che inizia il suo mandato e che, in caso del prodursi della sua assenza, questa deve essere compensata dall’Assemblea Nazionale, in conformità con le disposizioni della Magna Carta.

Un aspetto importante è ricordare che qualsiasi lettura che facciamo, nel presente, dello Stato Venezuelano deve prendere in considerazione che è attivo il Potere Costituente, che serve come padre di ogni Potere Pubblico e questo non scompare, come la ribellione, perché l’Assemblea Nazionale dimostra di avere uno proposito di revisione della propria testarda decisione degli ultimi anni. Pertanto, potremmo vedere una nuova forma di interrelazione dei poteri in cui sarà vitale il Potere Costituente per garantire la pace della Repubblica e la stabilità dello Stato.

Forse è questo il motivo per cui il 10 gennaio è il loro nuovo “D-Day”, su cui già dicono avere il concerto di altre nazioni e di alcune strutture internazionali che hanno dichiarato di disconoscere l’Assemblea Nazionale Costituente. Sebbene questo non ha alcun senso perché la legittimità delle elezioni non si misura fuori ma all’interno di un paese, loro raddoppieranno la batteria per segnalare che l’unica autorità che riconoscono è l’Assemblea Nazionale. I dibattiti che abbiamo visto intorno all’opposizione, in cui alcuni portavoce sostengono un nuovo schema di relazioni e di intese, può essere in relazione con il fatto che questa fosse la via che vogliono usare nel 2019; sarà di nuovo vitale per coloro che vogliono guidare l’opposizione prendersi la Presidenza dell’Assemblea Nazionale.

Se ciò è legalmente possibile, potrebbe essere la causa per cui si è visto così tanto disordine, negli ultimi giorni, per determinare chi è il vero leader e qual è l’attuale centro di gravità dell’opposizione, che alcuni considerano che, di fatto, già non sia più nel territorio nazionale.

Per questi motivi, noi dobbiamo prendere coscienza del livello in cui ci troviamo, perché, come nell’aprile 2002, le prossime settimane richiederanno la difesa cosciente del processo rivoluzionario, prendendo atto della situazione interna e dei rischi esterni, quando appena chiuso il capitolo elettorale negli USA, abbiamo visto Donald Trump prendere misure estremamente forti contro il popolo iraniano.

Noi, che costituiamo i milioni di voti storici del chavismo e quelli che hanno nuovamente portato Nicolás Maduro alla presidenza per il futuro periodo presidenziale, dobbiamo guardare gli scenari che ci attendono, poiché queste mosse saranno equivalenti a quelle che hanno tolto Fernando Lugo o Dilma Rousseff dal potere nei loro rispettivi paesi, con una aggravante: né i loro popoli erano stati attaccati e debilitati, né la comunità internazionale preparata a comprendere il disconoscimento della volontà popolare elettoralmente espressa come fatti democratici, come lo è stato nel caso del Venezuela.


¿El 10 de enero de 2019 es otro “Día D” para el antichavismo?

Ana Cristina Bracho

Ha llegado el mes de noviembre, y no de cualquier año, sino del último que se corresponde con el período constitucional que inició el Comandante Chávez y ejerció, casi íntegramente, el presidente Maduro. En esta afirmación hay una verdadera proeza del pueblo venezolano que logró mantenerse firme tras tres períodos de revolución de colores que intentaron transformarse en auténticas y abiertas guerras civiles. Acechos internacionales sin precedentes. Bloqueos financieros y guerra económica.

En este marco y habiendo sido electo en mayo del año en curso Nicolás Maduro Moros como Presidente de la República para el período constitucional que inicia en enero de 2019, la oposición vuelve al esquema de sus famosos “Días D” que utilizó en el pasado para afirmar que, hasta allí, ni un minuto más, durará el chavismo en el poder.

Quizás, como esto ya ha pasado varias veces, podríamos sentirnos en la fábula de “Pedro y el Lobo”, o dedicarnos a mirar lo absurdo que hay en una oposición que dice que destituyó al Presidente por abandonar el cargo, luego lo juzgó, y que desde 2015 afirma que no lo reconoce porque -según sus discursos- tiene menos apoyo popular que ellos.

Por ello, puede ser razonable creer que no va a pasar nada sino el mismo show desde una Asamblea Nacional cada vez más vacía e irrelevante y un par de declaraciones internacionales que tan pronto llegan como se olvidan.

Sin embargo, hay algunos elementos a considerar. El primero es que hay un evento electoral en agenda sobre el cual pueden aspirar construir un discurso que intente deslegitimar al Presidente, con base a que las elecciones municipales son históricamente los procesos con mayor tasa de abstención y que ellos son expertos en declarar que cualquier hecho electoral tiene sobre el chavismo un efecto plebiscitario, y en las últimas ocasiones todo el cuestionamiento ha estado no en la diferencia de votos entre los participantes, sino en el tamaño de la abstención.

En segundo lugar, debemos ver cómo pueden intentar ellos jugar con las categorías jurídicas con base a lo dispuesto en la Constitución y la situación de hecho en la que hasta ahora se encuentran. Así las cosas, la Asamblea Nacional se encuentra por el momento en una situación jurídica anómala, pues sus actos son nulos por disposición de la Sala Constitucional que ha castigado el desacato de dicha autoridad a las órdenes emanadas de la Sala Electoral.

Sin embargo, el desacato es una situación de hecho que puede revertirse. De hecho, el Poder Judicial ha exhortado al Poder Legislativo a corregir su actitud y desincorporar a los cuestionados diputados de Amazonas. La Asamblea Nacional no lo ha hecho porque es un punto de honor para ellos desconocer a los Magistrados que conforman el Tribunal Supremo de Justicia, al punto de juramentar otra estructura que opera fuera del país.

Pero si esto cambiase, si la Asamblea Nacional estimase más conveniente ponerse a derecho y decidiera salir del desacato, podría intentar declarar una vacante absoluta como lo vienen insinuando y generar una situación distinta, lo que podrían aprovechar para avanzar en sus agendas de desestabilización.

Puede que nosotros pensemos que si ese era el juego, han podido hacerlo en cualquier momento desde el año 2015, pero no es así. Esto porque la Constitución divide los efectos de la vacante del Presidente en función del momento del período constitucional en el que ocurre.

Hasta ahora, la Asamblea Nacional opositora ha convivido con un Presidente que se encontraba en la fase final de su mandato cuando, de producirse su ausencia, debía asumir el poder el Vicepresidente de la República, mientras que a partir del 10 de enero se encontrarán con un Presidente que inicia su mandato y que, si su ausencia se produce, esta debe ser compensada por la Asamblea Nacional, de conformidad con lo previsto en la Carta Magna.

Un aspecto importante es recordar que cualquier lectura que hagamos en el presente del Estado venezolano, debe considerar que está activo el Poder Constituyente, que sirve como padre de todo el Poder Público y este no desaparece, como el desacato, porque la Asamblea Nacional demuestre tener un propósito de enmienda de su testaruda decisión de los últimos años. Por lo cual, puede que veamos una nueva forma de interrelación de los poderes donde será vital el Poder Constituyente para garantizar la paz de la República y la estabilidad del Estado.

Puede que por esto es que el 10 de enero es su nuevo “Día D”, sobre el cual ya dicen tener el concierto de otras naciones y algunas estructuras internacionales que han declarado desconocer a la Asamblea Nacional Constituyente. Si bien esto no tiene ningún sentido porque la legitimidad de las elecciones no se mide fuera sino dentro de un país, ellos redoblarán la batería para señalar que la única autoridad que reconocen es la Asamblea Nacional. Los debates que hemos visto en torno a la oposición, donde algunos voceros abogan por un nuevo esquema de relaciones y de entendimientos, puede estar en relación con que si esta fuera la vía que quieren usar en 2019, será de nuevo vital para quien quiera liderar la oposición hacerse de la Presidencia de la Asamblea Nacional.

Si esto es jurídicamente posible, puede que sea la causa por la que se ha visto tanto revuelo en los últimos días en determinar quién es el verdadero líder y cuál es el centro de gravitación actual de la oposición, que algunos consideran que de hecho ya no se encuentra en el territorio nacional.

Por estas causas, nosotros tenemos que ir tomando consciencia del nivel en el que nos encontramos, porque, como en abril de 2002, las semanas que vienen van a exigir la defensa consciente del proceso revolucionario, divisando la situación interna y los riesgos externos, cuando apenas cerrado el capítulo electoral en Estados Unidos, vimos a Donald Trump tomar medidas sumamente fuertes contra el pueblo iraní.

Nosotros, quienes conformamos los millones de votos históricos del chavismo y los que condujeron a Nicolás Maduro nuevamente a la Presidencia para el futuro período presidencial, tenemos que mirar los escenarios que tenemos por delante, puesto que estas jugadas serían equivalentes a las que sacaron a Fernando Lugo o a Dilma Rousseff del poder en sus respectivos países, con una agravante: ni sus pueblos habían sido tan atacados y debilitados, ni la comunidad internacional preparada para entender el desconocimiento de la voluntad popular electoralmente expresada como hechos democráticos, como lo ha sido en el caso de Venezuela.

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