Cuba non sta proponendo un socialismo di mercato

Rosa Miriam Elizalde da La Jornada

http://lapupilainsomne.wordpress.com

construir_o_socialismo_00Jose Luis Rodriguez, Ministro dell’ Economia di Cuba tra il 1995 ed il 2009, è uno dei pochi esperti, dell’Isola, che mantiene pubblicamente un’analisi sistematica e rigorosa, da posizioni socialiste, sulle trasformazioni che agitano l’Isola. In un paese che si alza, quasi ogni giorno, con un nuovo decreto sulla Gazzetta Ufficiale che avanza verso cambi strutturali del modello economico, difficilmente si sentono funzionari che spiegano le misure nel linguaggio della strada, mentre nello spazio digitale – con un’altissima capillarità sull’isola, nonostante la debole infrastruttura Internet – fioriscono tutti i tipi di analisi speculativa, spesso con il focus vicino a proposte neoliberali.

In ogni caso, l’economia è il tema dei temi nel paese. Cuba affronta un dilemma di ferro: o attualizza, controlla e ricostruisce la sua struttura economica o la Rivoluzione corre il rischio di soccombere alla pressione combinata dei propri errori e le aggressioni del blocco USA, in un momento delicatissimo di riallineamento del consenso di Washington verso l’Isola.

jose-luis-rodriguez-ministro-economia-cubaJose Luis Rodríguez, consulente presso il Centro di Ricerca dell’ Economia Mondiale (CIEM), de l’Avana, risponde alle domande de La Jornada, alla vigilia dell’ultima sessione plenaria dell’anno nel Parlamento cubano, che ha in agenda le analisi dei risultati del cosiddetto “processo di attualizzazione” e dei piani per il 2015.

Verso dove va Cuba

 

# Perché attualizzazione e non riforma economica?

– Forse a causa di due motivi. Da un lato si è voluto enfatizzare che tutti i cambi che si stanno proponendo suppongono l’aggiornamento di un modello socialista, che si è qualificato anche come socialismo possibile. D’altra parte, si è voluto prendere le distanze dalle riforme – che in nome di un presunto perfezionare il socialismo – lo portarono alla sua scomparsa in Europa.

# Qual è esattamente il modello Economico scelto? Verso dove va Cuba?

– Il modello di socialismo cubano scelto prevede il miglioramento della società che è stata costruita sin qui e ha diverse caratteristiche chiave che ribadiscono la sua matrice socialista.

In primo luogo, si mantiene la proprietà sociale dei mezzi di produzione, fondamentale – cioè – quelli che sono determinanti per lo sviluppo del paese. Si stabiliscono limiti allo sviluppo della proprietà non statale nel ridurre la sua capacità di accumulazione e si assicura la prestazione di servizi sociali di base universali e gratuitamente.

Allo stesso tempo, si aprono spazi alla piccola proprietà privata – come auto impiego o lavoro per conto proprio -, la proprietà cooperativa agricola e di allevamento e non agricola e le imprese miste con capitale straniero. Si parte dal concetto che altre forme di proprietà non statale possono contribuire allo sviluppo del paese, senza essere predominanti, e le si incanala adeguatamente, cioè, senza che diventino predominanti.

Si tratta di un cambio significativo, ma ad esso  si  è giunto partendo dal fatto che – da un lato – la sola proprietà statale non assicura il successo del socialismo nella fase di costruzione socialista in cui ci troviamo; d’altra parte, per anni si è cercato di seguire quel percorso ed il bilancio non è stato favorevole.

Infine da tempo la teoria marxista è arrivata alla conclusione che l’esistenza di relazioni di mercato nel socialismo obbedisce ad un determinato grado di sviluppo in cui non può socializzarsi direttamente il lavoro individuale dei produttori, e si richiedono delle categorie mercantili per farlo. Per cui s’impone la necessità di riconoscere questa realtà se vogliamo avanzare a uno sviluppo più razionale. Ciò non significa che la presenza di relazioni di mercato – nella misura in cui le stesse si riconoscono – non devono essere monitorate e soggette al controllo sociale per compensare i loro effetti socialmente negativi. L’ho detto anteriormente da un’idea che nelle nostre condizioni questo è ciò che può garantirci uno  sviluppo socialista possibile in accordo alle circostanze di sottosviluppo in cui opera la nostra economia, anche se – naturalmente – non è per nulla semplice.

 Socialismo di mercato?

 

# Dalla cosiddetta cubanologia s’interpreta che ciò che si sta producendo a Cuba è la “transizione verso un’economia socialista di mercato”, che deve necessariamente essere accompagnata da cambi strutturali nel sistema politico del paese. Cosa ne pensa?

– In relazione al primo, chiunque studi l’evoluzione  storica delle esperienze del cosiddetto socialismo reale intenderà chiaramente che noi non stiamo proponendo un socialismo di mercato.

Questo è stato un appellativo per qualificare le riforme economiche intraprese negli anni ’60 del secolo scorso, che hanno portato ad un’ampia introduzione di meccanismi di mercato in paesi come la Jugoslavia, l’Ungheria e anche nell’URSS con la Perestroika. Quelle riforme supponevano che il mercato nel suo agire non fosse affatto contraddittorio con il socialismo, per cui si ampliò sempre più la presenza di quei meccanismi per far più “efficiente” la gestione economica, senza tenere in conto la connotazione sociale degli stessi e senza monitorare e compensare i suoi perversi effetti. La storia ha dimostrato che del socialismo di mercato rimase solo il mercato senza socialismo.

Le critiche della cubanologia seguono la logica che, se viene introdotto il mercato, deve arrivarsi alle ultime conseguenze – cioè il capitalismo – per ottenere un’efficienza superiore. Da lì che presuppongono eufemisticamente cambi politici per moderare quella  tendenza, che non è altra cosa che provocare il transito al capitalismo. Per più giri che vogliano dare, questo è ciò che sta in fondo alle loro “raccomandazioni”.

# Abbondano quelli che esigono celerità ai cambi e anche coloro che sono a favore di uno ‘shock’. E’ possibile imporre maggior ritmo alle trasformazioni?

– Non può perdersi di vista che – dopo tanti anni di Periodo Speciale – le aspettative della popolazione sono molte ed, in molto casi, molto intense. Tuttavia, l’ampiezza dei cambi che si richiedono nel funzionamento dell’economia per soddisfare le esigenze della popolazione sono di grandi dimensioni e complessità. Si tratta anche d’implementare misure su cui non esistono esperienze nel nostro ambiente, per cui si richiede un periodo di prova per convalidarle e anche valutarne non solo il loro impatto economico, ma anche sociopolitico, avendo conto della grande importanza dei fattori soggettivi in questo processo.

Una decisione affrettata in questo senso può compromettere il processo di attualizzazione. Questo non significa che non si avanzi in tutto ciò che sia possibile e che non comprometta gli obiettivi strategici da raggiungere. Ad esempio, si sono adottate decisioni che flessibilizzano la vendita di case private, l’accesso alle strutture turistiche internazionali e si ammette la riassunzione di pensionati che possono – inoltre – ricevere uno stipendio senza perdere la loro pensione.

In breve, le affermazioni del presidente Raul Castro di avanzare, senza fretta ma senza pausa, penso che abbiano piena validità.

Difficile determinare i ritmi di cambio nell’economia

 

image001# Dove non si è prodotto il cambio che si sperava all’approvarsi i Lineamenti due anni e mezzo fa?

– In primo luogo occorre ricordare che i Lineamenti hanno un periodo di attuazione di 5 anni o più in alcuni casi, per cui molti impatti attesi nel cronogramma di applicazione possono essere ancora in fase di realizzazione.

Inoltre, la realizzazione di risultati nell’economia cubana – che ha un livello di apertura superiore al 47%, per cui dipende molto da quanto accade nell’economia internazionale – è soggetta ad un elevato livello d’incertezza. Se  a questa realtà aggiungiamo la presenza del blocco economico USA, è molto difficile ottenere un’elevata precisione  nei ritmi di cambio nell’economia.

Inoltre ci sono misure che in origine si plasmarono sotto determinate premesse e nel corso del tempo hanno dovuto essere integrate con altre decisioni. Un esempio è la consegna di terre oziose per la produzione agricola e l’allevamento, che in origine era regolata dal Decreto Legge 259 e successivamente integrata dal Decreto Legge 300, nonché da un’altra serie di misure per facilitare la gestione del settore. Anche la sperimentazione di nuove forme di gestione del potere popolare nelle province di Artemisa e Mayabeque si è esteso nel tempo al di là del termine originale, a partire dall’analisi delle esperienze della sua complessa realizzazione.

# Quali benefici si percepiscono delle trasformazioni iniziate nel 2011?

– L’ordinamento del modello economico cubano ha dovuto necessariamente iniziare con le grandi decisioni che cambiano la struttura di gestione nella macroeconomia, così – logicamente – è in questa sfera dove possiamo apprezzare alcuni risultati significativi.

Se ci riferiamo ai problemi più significativi che raccolgono i Lineamenti della Politica Economica e Sociale osserviamo che questi sono lo squilibrio finanziario esterno e la bassa produttività del paese.

Nel primo aspetto si osserva come da un saldo commerciale negativo in rapporto al PIL, che era -5% nel 2008, si è passati ad un saldo positivo, del +1,6% nel 2013, grazie all’espansione delle esportazioni e alla sostituzione delle importazioni e al risparmio.

In altre parole, il saldo positivo del commercio estero, fornisce risorse che consentono di avviare un graduale processo di rinegoziazione e di rimborso del debito estero. In questo ultimo aspetto si apprezza come, recentemente, si è ottenuto il condono del 90% del debito dell’ex URSS con la Russia – debito registrato nel il Club di Parigi – e anche la cancellazione del 70% del debito con il Messico, mentre si sono dedicate notevoli risorse per ripianare i debiti esterni, a partire dal 2009.

Tutto questo è di importanza strategica in quanto permette creare migliori condizioni per l’espansione degli investimenti esteri, aumentare il tasso di investimento del paese e aumentare i ritmi di crescita sino a raggiungere, in pochi anni, cifre dell’ordine del 6 all’ 8%.

In relazione alla produttività del lavoro, questo è cresciuto del 7,8% nel corso degli ultimi 5 anni, ritmo che sebbene non risulti molto alto, ha permesso nell’ultima fase che questo indicatore cresca più velocemente che il salario medio al fine di evitare pressioni inflazionistiche.

Tuttavia, molto resta ancora da fare per raggiungere una crescita equilibrata e auto sostenibile, ma questo anche richiede tempo e risorse.

Fine della doppia valuta, aggiustamento con cautela

 

pesos# La maggior parte della popolazione non percepisce ancora miglioramenti nella microeconomia; come mantenere il consenso in tali circostanze?

– Tutto il processo di aggiustamento economico – anche quando si faccia con criteri essenziali per preservare i traguardi raggiunti dalla nostra società – deve affrontare sfide inevitabili a breve termine.

Probabilmente una delle sfide più grandi è come fare i cambi strutturali indispensabili perché il paese si sviluppi e, allo stesso tempo, raggiunga il miglioramento del livello di soddisfazione dei bisogni della popolazione che – come già osservato – accumula carenze proprie del Periodo Speciale.

Alcune decisioni adottate vanno in quella direzione. Ad esempio, il processo di ristrutturazione delle imprese statali consente loro di regolare il pagamento dei salari ai risultati produttivi, che –  dove sono state applicate le misure proposte – ha permesso di aumentare notevolmente i salari senza causare pressioni inflazionistiche, ciò che potenzialmente apre nuove alternative al 49% degli occupati nel settore statale che lavorano nelle imprese.

La situazione è più complessa nel settore del bilancio, ma anche – senza alterare l’indispensabile equilibrio fiscale – si sono alzati i salari nel settore sanitario e agli sportivi. Allo stesso modo, nel settore non statale dell’economia – dove lavora circa il 26% degli occupati – si ottengono redditi più alti.

Tuttavia, nonostante questi progressi e le potenzialità che si percepiscono il deterioramento dei salari reali e le restrizioni ad espandere servizi come i trasporti e la costruzione di alloggi costituiscono fattori da considerarsi nella lotta per l’indispensabile equilibrio che deve essere raggiunto tra la soddisfazione delle aspettative e la creazione delle condizioni per la sua realizzazione.

Insieme a questo progresso, necessariamente graduale, deve ottenersi un più elevato livello d’informazione e partecipazione dei lavoratori in tutto questo processo, ciò che costituisce – a mio parere – un elemento essenziale per mantenere l’indispensabile consenso.

# Quanto pesa l’unificazione monetaria per il successo globale della trasformazione dell’economia a Cuba?

– La doppia moneta che ha portato alla circolazione parallela del peso cubano (CUP) e del peso convertibile (CUC), che fu realizzata nel 1993, permise evitare una svalutazione del tasso di cambio ufficiale che – se fosse stata effettuata – avrebbe portato ad una situazione molto difficile da controllare. Anche nel settore delle imprese ha permesso attuare in parallelo un processo di decentramento decisionale, che oggi possiamo valutare positivamente dalla distanza che ci separa dagli anni ’90.

Inoltre la doppia moneta ha permesso – attraverso la creazione delle Case di Cambio (CADECA) – drenare una parte significativa dell’eccesso di liquidità che si accumulò nelle mani della popolazione in quegli anni e raggiunse il 73% del PIL. Mentre si apriva un consumo in divise – gravato anche da una tassa sulla vendita – per almeno la parte della popolazione che aveva accesso ad essa, che si arrivò approssimativamente a stimarsi al 60% della popolazione, alla fine del decennio scorso.

Tutti questi impatti positivi si andarono perdendo nella stessa misura in cui la doppia circolazione monetaria ed il doppio tasso di cambio associato a questa rese sempre più complessa la gestione della contabilità in due valute, ciò che rende molto difficile conoscere la situazione economica reale nel paese.

Pertanto, un processo di cambi come l’attuale ha come requisito indispensabile ordinare la nostra contabilità e le statistiche ritornando ad un sistema monetario unico con il peso cubano come centro.

Tuttavia, si tratta di un processo di elevata complessità che prenderà, necessariamente, un periodo di tempo in quanto si tratta di svalutare il tasso di cambio ufficiale, che oggi si mantiene in 1 CUP = 1 CUC o peso convertibile (equivalente a USD) e far convergere il tasso di cambio tra lo Stato e la popolazione dove si cambia 1 CUC = 25 CUP. È indubbiamente un’operazione in cui si richiede avanzare con cautela perché abbia successo.

Attualmente si lavora al gruppo di trasformazioni di maggior complessità, nel mezzo di una congiuntura esterna non favorevole. Tuttavia, la tabella di marcia che si tracciò con i Lineamenti approvati nel 2011, assicura i cambi indispensabili per avanzare strategicamente nella creazione delle condizioni per uno sviluppo sostenibile nel medio periodo.

José Luis Rodríguez: “Cuba no se está proponiendo un socialismo de mercado”

Rosa Miriam Elizalde

José Luis Rodríguez, ministro de Economía de Cuba entre 1995 y 2009, es de los pocos expertos de la Isla que mantiene públicamente un análisis sistemático y riguroso, desde posiciones socialistas, sobre las transformaciones que agitan la Isla. En un país que se levanta casi todos los días con un nuevo decreto en la Gaceta Oficial que avanza hacia cambios estructurales del modelo económico, apenas se escuchan a los funcionarios explicando las medidas en lengua de la calle, mientras en el espacio digital -con una altísima capilaridad en la Isla a pesar de la débil infraestructura de Internet- florece todo tipo de análisis especulativo, frecuentemente con la brasa arrimada a propuestas neoliberales.

En cualquier caso, la economía es el tema de los temas en el país. Cuba se enfrenta a un dilema de hierro: o actualiza, revisa y reconstruye su estructura económica o la Revolución corre el riesgo de sucumbir ante la presión combinada de sus propios errores y las agresiones del bloqueo de EEUU, en un momento delicadísimo de reacomodo del consenso de Washington hacia la Isla.

Rodríguez, asesor del Centro de Investigaciones de la Economía Mundial (CIEM), de La Habana, responde preguntas de La Jornada, en vísperas de la última sesión plenaria del año en el Parlamento cubano, que tiene en agenda el análisis de los resultados del llamado “proceso de actualización” y los planes para el 2015.

Hacia dónde va Cuba

–¿Por qué actualización y no reforma económica?

–Puede deberse a dos razones. Por un lado se ha querido enfatizar que todos los cambios que se están proponiendo suponen la actualización de un modelo socialista, que se ha calificado también como socialismo posible. Por otra parte, se ha querido tomar distancia de las reformas -que a nombre de supuestamente perfeccionar el socialismo- llevaron a su desaparición en Europa.

–¿Cuál es exactamente el modelo Económico elegido? ¿Hacia dónde va Cuba?

–El modelo del socialismo cubano elegido supone el perfeccionamiento de la sociedad que se ha construido hasta aquí y tiene varios rasgos fundamentales que reiteran su matriz socialista.

En primer lugar se mantiene la propiedad social sobre los medios de producción fundamentales -es decir- los que resultan determinantes para el desarrollo del país. Se establecen límites al desenvolvimiento de la propiedad no estatal al reducir su capacidad de acumulación y se asegura la prestación de servicios sociales básicos universal y gratuitamente.

Al mismo tiempo, se abren espacios a la pequeña propiedad privada -como autoempleo o trabajo por cuenta propia-, la propiedad cooperativa agropecuaria y no agropecuaria y las empresas mixtas con capital extranjero. Se parte así del concepto que otras formas de propiedad no estatal pueden contribuir al desarrollo del país, sin ser predominantes y si se les encauza adecuadamente, es decir, sin que se conviertan en preponderantes.

Este es un cambio significativo, pero a él se ha llegado partiendo de que -por un lado- una propiedad estatal únicamente no asegura el éxito del socialismo en la fase de construcción socialista en que nos encontramos; por otro lado, durante años se trató de seguir ese camino y el balance no ha sido favorable.

Por último hace ya tiempo que la teoría marxista llegó a la conclusión de que la existencia de relaciones de mercado en el socialismo obedece a un determinado grado de desarrollo en el cual no puede socializarse directamente el trabajo individual de los productores, y se requiere de las categorías mercantiles para hacerlo. Por lo que se impone la necesidad de reconocer esa realidad si queremos avanzar a un desarrollo más racional. Eso no significa que la presencia de las relaciones de mercado -en el grado en que las mismas se reconocen- no tengan que ser monitoreadas y sometidas a control social para compensar sus efectos socialmente negativos. Lo dicho anteriormente da una idea de que en nuestras condiciones esto es lo que puede asegurarnos un desarrollo socialista posible de acuerdo a las circunstancias de subdesarrollo en que se desempeña nuestra economía, aunque -desde luego- no es nada sencillo.

¿Socialismo de mercado?

–Desde la llamada cubanología se interpreta que lo que se está produciendo en Cuba es la “transición a una economía socialista de mercado”, que necesariamente debe ir acompañada de cambios estructurales en el sistema político del país. ¿Usted que cree?

–En relación a lo primero, cualquiera que estudie la evolución histórica de las experiencias del llamado socialismo real claramente entenderá que nosotros no nos estamos proponiendo un socialismo de mercado.

Esta fue una apelación para calificar las reformas económicas emprendidas en los años 60 del pasado siglo, que propiciaron una amplia introducción de mecanismos de mercado en países como Yugoslavia, Hungría y también en la URSS con la Perestroika. Esas reformas suponían que el mercado en su actuación no era para nada contradictorio con el socialismo, por lo que se amplió cada vez más la presencia de esos mecanismos para hacer más “eficiente” la gestión económica, sin tomar en cuenta la connotación social de los mismos y sin monitorear y compensar sus efectos perversos. La historia demostró que del socialismo de mercado quedó solo el mercado sin socialismo.

Las criticas de la cubanología siguen la lógica de que si se introduce el mercado, debe llegarse hasta las últimas consecuencias -es decir al capitalismo- para lograr una eficiencia superior. De ahí que presupongan eufemísticamente cambios políticos para atemperarse a esa tendencia, lo que no es otra cosa que provocar el transito al capitalismo. Por mas vueltas que le quieran dar, eso es lo que está en el fondo de sus “recomendaciones”.

–Abundan los que exigen celeridad a los cambios e incluso quienes se pronuncian por un “shock”. ¿Es posible imponer mayor ritmo a las transformaciones?

–No puede perderse de vista que -luego de muchos años de Período Especial- las expectativas de la población son muchas y en muchos casos muy intensas. Sin embargo, la magnitud de los cambios que se requieren en el funcionamiento de la economía para satisfacer las necesidades de la población son de una gran magnitud y complejidad. Se trata incluso de implementar medidas sobre las cuales no existen experiencias en nuestro medio, por lo que se requiere un periodo de prueba para validarlas e incluso valorar no solo su impacto económico, sino también sociopolítico, habida cuenta de la gran importancia de los factores subjetivos en este proceso.

Una decisión precipitada en este sentido puede comprometer el proceso de actualización. Esto no significa que no se avance en todo lo que sea posible y que no comprometa los objetivos estratégicos a alcanzar. Por ejemplo, se han adoptado decisiones que flexibilizan la venta de viviendas particulares, el acceso a instalaciones turísticas internacionales y se admite la recontratación de jubilados que pueden -además- cobrar un salario sin perder su pensión.

En síntesis, la afirmación del Presidente Raúl Castro de avanzar sin prisas pero sin pausas, pienso que tiene total validez.

Difícil precisar ritmos de cambio en la economía

–¿Dónde no se ha producido el cambio que se esperaba al aprobarse los Lineamientos hace dos años y medio?

–En primer lugar es preciso recordar que los Lineamientos tienen un período de implementación de 5 años o más en algunos casos, por lo que muchos impactos esperados en el cronograma de aplicación pueden encontrarse aún en proceso de realización.

Por otro lado, la concreción de resultados en la economía cubana -que tiene un nivel de apertura superior al 47%, por lo que depende mucho de lo que ocurra en la economía internacional- está sometida a un elevado nivel de incertidumbre. Si a esta realidad añadimos la presencia del bloqueo económico de Estados Unidos, es muy difícil lograr una elevada precisión en los ritmos de cambio en la economía.

Adicionalmente hay medidas que originalmente se plasmaron bajo determinadas premisas y a lo largo del tiempo han tenido que ser complementadas con otras decisiones. Un ejemplo está en la entrega de tierras ociosas para la producción agropecuaria, que fue normada originalmente por el Decreto Ley 259 y después fue complementada con el Decreto Ley 300, así como por otra serie de medidas para facilitar la gestión del sector. También la experimentación de nuevas formas de gestión del poder popular en las provincias de Artemisa y Mayabeque se ha extendido en el tiempo más allá del plazo original, a partir del análisis de las experiencias de su compleja implementación.

–¿Que beneficios se perciben de las transformaciones iniciadas en el 2011?

–El ordenamiento del modelo económico cubano ha tenido que necesariamente comenzar por las grandes decisiones que modifican la estructura de gestión en la macroeconomía, por lo que -lógicamente- es en esa esfera donde podemos apreciar algunos resultados de importancia.

Si nos remitimos a los problemas más significativos que recogen los Lineamientos de la Política Económica y Social observaremos que estos son el desbalance financiero externo y la baja productividad presentes en el país.

En el primer aspecto se observa cómo de un saldo comercial negativo en relación al PIB que era -5% en el 2008, se ha pasado a un saldo positivo de +1,6% en el 2013 gracias a la expansión de las exportaciones y a la sustitución de las importaciones y el ahorro.

En otras palabras, el saldo positivo del comercio exterior, aporta recursos que permiten iniciar un proceso gradual de renegociación y pago de la deuda externa. En este último aspecto se aprecia cómo se obtuvo recientemente la condonación del 90% de la deuda de la antigua URSS con Rusia -deuda inscripta en el Club de París- y también se logró la condonación del 70% de la deuda con México, al tiempo que se ha dedicado un volumen sustancial de recursos a liquidar los adeudos externos a partir del año 2009.

Todo esto es de importancia estratégica, pues permite crear mejores condiciones para ampliar la inversión extranjera, elevar la tasa de inversión del país y aumentar los ritmos de crecimiento hasta alcanzar en pocos años cifras del orden del 6 al 8%.

En relación con la productividad del trabajo, esta ha crecido un 7,8% en los últimos 5 años, ritmo que si bien no resulta muy elevado, ha permitido en la última etapa que este indicador crezca más rápido que el salario medio para evitar presiones inflacionarias.

No obstante, queda mucho por hacer para lograr un crecimiento equilibrado y autosostenible, pero esto también requiere tiempo y recursos.

Fin de la doble moneda, ajuste cauteloso

–La mayoría de la población no percibe aún mejoras en la microeconomía ¿cómo mantener el consenso en tales circunstancias?

–Todo proceso de ajuste económico -aun cuando se haga con criterios esenciales para preservar lo alcanzado por nuestra sociedad- enfrenta desafíos inevitables a corto plazo.

Probablemente uno de los mayores desafíos radica en cómo realizar los cambios estructurales indispensables para que el país se desarrolle y, al mismo tiempo, lograr mejoras en el nivel de satisfacción de las necesidades de la población, que -como ya se apuntó- acumulan carencias propias del Período Especial.

Algunas decisiones adoptadas apuntan en esa dirección. Por ejemplo, el proceso de reestructuración de las empresas estatales permite que las mismas ajusten el pago de salarios a los resultados productivos, lo cual -donde se han aplicado las medidas propuestas- ha posibilitado incrementar sustancialmente los salarios sin provocar presiones inflacionarias, lo que potencialmente abre nuevas alternativas al 49% de los ocupados en el sector estatal que laboran en empresas.

La situación es más compleja en el sector presupuestado, pero también -sin afectar el equilibrio fiscal indispensable- se han elevado los salarios en el sector de la salud y a los deportistas. De igual modo, en el sector no estatal de la economía -donde labora alrededor del 26% de los ocupados- se obtienen ingresos más elevados.

No obstante, a pesar de estos avances y las potencialidades que se perciben, el deterioro del salario real y las restricciones para expandir servicios como el transporte y la construcción de viviendas, constituyen factores a tomar en cuenta en la lucha por el indispensable equilibrio que debe irse alcanzando entre la satisfacción de las expectativas y la creación de condiciones para lograrla.

Junto a ese avance, necesariamente gradual, debe lograrse un mayor nivel de información y participación de los trabajadores en todo este proceso, lo que constituye -en mi opinión- un elemento esencial para mantener el consenso indispensable.

–¿Cuánto pesa la unificación monetaria para el éxito global de la transformación de la economía en Cuba?

–La dualidad monetaria que llevó a la circulación paralela del peso cubano (CUP) y el peso convertible (CUC), que se implementó en 1993, permitió evitar una devaluación de la tasa de cambio oficial que -de haberse efectuado- hubiera llevado a una situación muy difícil de controlar. Igualmente en el sector empresarial permitió implementar en paralelo un proceso de descentralización en la toma de decisiones, que hoy podemos evaluar positivamente desde la distancia que nos separa de los años 90.

También la dualidad monetaria permitió -mediante la creación de las Casas de Cambio (CADECA)- drenar una parte significativa del exceso de liquidez que se acumuló en manos de la población en esos años y llegó al 73% del PIB. Al mismo tiempo se abría un consumo en divisas -también gravado por un impuesto sobre la venta- para al menos la parte de la población que tenía acceso a la misma, que llegó aproximadamente a estimarse en el 60% de la población a finales de la pasada década.

Todos estos impactos positivos se fueron perdiendo en la misma medida en que la doble circulación monetaria y la doble tasa de cambio asociada a esta fue haciendo cada vez más complejo el manejo de la contabilidad en dos monedas, lo que hacía muy difícil conocer la situación económica real en el país.

Por tanto, un proceso de cambios como el actual tiene como requisito indispensable ordenar nuestra contabilidad y las estadísticas retornando a un sistema monetario único con el peso cubano como centro.

No obstante, se trata de un proceso de elevada complejidad que llevará necesariamente un periodo de tiempo, ya que se trata de devaluar la tasa de cambio oficial que se mantiene hoy en 1 CUP=1 CUC o peso convertible (equivalente a un USD) y hacer converger la tasa de cambio entre el Estado y la población donde se cambia 1 CUC = 25 CUP. Es sin dudas una operación en la que se requiere avanzar cautelosamente para que resulte exitosa.

En la actualidad se trabaja en el grupo de transformaciones de mayor complejidad en medio de una coyuntura externa no favorable. No obstante, la hoja de ruta que se trazó con los Lineamientos aprobados en el 2011, asegura los cambios indispensables para avanzar estratégicamente en la creación de condiciones para un desarrollo sostenible a mediano plazo. (Tomado de La Jornada)

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