UE, pedina della strategia di Trump

CLAE – http://aurorasito.altervista.org

L’Unione europea ha mostrato la sua faccia guerrafondaia e interventista a Montevideo spazzando via le possibilità di una soluzione democratica e negoziata alla crisi venezuelana, mentre il presidente ad interim Juan Guaidó minacciava l’intervento straniero in Venezuela se il governo di Nicolás Maduro continua a rifiutare il passaggio al cosiddetto aiuto umanitario. Il tweet contiene tutto. Un presidente-fantasma che cerca di governare su mandato di Washington, osservava che “la Corte Suprema di Giustizia del Venezuela (invalida e in esilio) autorizza la coalizione militare internazionale a una missione di pace per inviare aiuti umanitari, basandosi sul principio della responsabilità a proteggere”. Un presidente autoproclamato si basa su una pseudo-risoluzione di un tribunale che non esiste.

Perversione totale. Il cosiddetto gruppo di contatto internazionale (GCI) che presentava a Montevideo un piano sulla crisi venezuelana rilasciava una dichiarazione che promuove “elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili secondo la costituzione venezuelana… nel più breve tempo possibile”, promosse dall’Unione Europea (UE). Otto Paesi del blocco europeo e cinque dell’America Latina s’incontravano nel palazzo presidenziale di Montevideo con lo scopo di “contribuire a una soluzione politica pacifica e democratica”. Tuttavia, il governo uruguaiano presentava insieme a Messico e Paesi della comunità caraibica (Caricom), una proposta che non include l’appello per le elezioni in Venezuela. Il presidente dell’Uruguay, Tabaré Vázquez, aveva invocato “prudenza alla comunità internazionale”, di fronte al dilemma “pace o guerra” che affronta il Venezuela. Inizialmente convocato da Messico e Uruguay come incontro di “Paesi neutrali”, l’incontro è stato infine co-ospitato dall’UE, che si è unita dopo il lancio del gruppo di contatto internazionale, a cui si sono aggiunti altri tre Paesi dell’America Latina (Ecuador, Costa Rica e Bolivia). Il Messico, tuttavia, chiariva che sebbene partecipi all’appuntamento, non fa parte formalmente del gruppo. “Non c’è differenza tra il gruppo di Lima e il gruppo di contatto internazionale sul Venezuela. L’unica differenza sono i Paesi, l’interventismo è esattamente lo stesso. Messico ed Uruguay hanno convocato questo incontro coll’idea di trovare una soluzione pacifica e democratica, che non si esaurisca nelle violenze civili o qualsiasi manifestazione di violenza armata”, dichiarava Maximiliano Reyes, sottosegretario per l’America Latina e i Caraibi del governo di López Obrador. “Il Messico punta affinché la decisione sia nelle mani dei venezuelani, ma tutti gli altri affinché la decisione sia presa all’estero. Il meccanismo di Montevideo firmato da Caricom, Uruguay e Messico è di nuovo un’opzione per stabilire comunicazioni che impediscano l’intervento militare straniero, la guerra civile, guidando tutto attraverso canali diplomatici”, aggiungeva. “Il gruppo di contatto dell’Unione europea è completamente interventista. Ci sarebbe piaciuto in Messico trovare un posto comune ma non ce n’è con tali posizioni estreme. Nessuno straniero ha il diritto di decidere sulla volontà sovrana, questo è il punto principale”, aggiungeva Reyes.
L’UE è in Uruguay per controllare i danni dopo la subordinazione volgare alla politica di Trump (che la disprezza pubblicamente). Non ha possibilità di una mediazione neutrale, al contrario, cerca di far saltare l’iniziativa di Messico ed Uruguay, secondo G. Borges Revilla, di Operaxion Verdad. “L’atteggiamento sorridente e assurdo del ministero degli Esteri dell’Ecuador che concede l’approvazione a un uomo che non rappresenta nessuno è totalmente illegittimo e illegale. L’Uruguay da parte sua non è più credibile perché propone una cosa insieme al Messico e ne vota un’altra con altri Paesi. Viviamo un periodo di vergogna”, diceva l’ex-vicecancelliere ecuadoriano Kintto Lucas. Il ministro degli Esteri uruguaiano Nin Novoa affermava che “non ci possono essere due presidenti e due governi in un Paese, che inevitabilmente porta a un’escalation” di violenza. “L’unica soluzione per risolvere ciò sono le elezioni”, chiariva il suo cambiamento di posizione. Tuttavia, chiariva anche che l’Uruguay non riconoscerà l’autoproclamato Juan Guaidó, “e quindi non c’è svolta, riteniamo inammissibile che in un Paese una persona si proclami presidente della Repubblica”. Aveva anche detto di essere preoccupato per “l’intransigenza di Guaidó” che dice “no alle elezioni” e “no al dialogo”. E riconosceva che in Venezuela c’è bisogno di medicine, ma avvertiva che la questione della crisi umanitaria potrebbe essere un argomento simile a quello proposto dagli Stati Uniti per attaccare l’Iraq, quando affermò che quel Paese aveva armi chimiche inesistenti. Forse anche qui la crisi umanitaria è un modo con cui Stati Uniti ed altri si propongono di venire coi fucili?” I Paesi che continuano a esercitare pressioni sul governo legittimo del Venezuela portano l’autoproclamato e illegittimo Juan Guaidó sia infine arrestato, perché promuove le violenze e la guerra civile. Finora, la pressione ha solo portato il governo venezuelano a prendere in considerazione la convocazione di nuove elezioni legislative.

Raggiungere la nevrosi militare
Le condizioni di vita dei venezuelani si sono deteriorate negli ultimi anni a seguito della crisi economica, derivante da sanzioni economiche e embarghi decretati da Stati Uniti ed Unione europea, insieme a gravi errori macroeconomici ed inefficienze nella gestione pubblica del governo Maduro. Con le decisioni del governo degli Stati Uniti sull’embargo al settore petrolifero e l’appropriazione di beni venezuelani, il deterioramento delle condizioni di vita si moltiplicherà in modo esponenziale, concordano gli analisti. Ovviamente, non sarà colpito il governo, ma la popolazione, soprattutto su cibo e salute. Un bombardamento per ammorbidire, ma della popolazione civile. La strategia del governo degli Stati Uniti era già stata esposta da Trump e Tony Schwartz nel 1987, nel suo libro The Art of Negotiation: “Puntiamo molto in alto e poi continuo a spingere, premere e premere”. Quindi “il bombardamento di ammorbidimento” è parte della strategia. “Una delle chiavi per pensare in grande è la concentrazione totale. Quasi come una nevrosi controllata, una qualità che notavo in molti imprenditori di successo. Mentre alcuni sono paralizzate dalla nevrosi, altre ne sono guidati. E questa è, appunto, la strategia che si applica alle Forze Armate Bolivariane sottoponendole al dilemma di affrontare o meno l’intervento militare: arrendersi ad un esercito straniero che le chiama a cambiare il governo e deporre Nicolás Maduro. Il paradosso degli aiuti umanitari viene gestito oggi come innesco delle violenze, cercando di violare la sovranità con uno spettacolo chiamato operazione umanitaria”. L’obiettivo della strategia trumpista è che gli ufficiali si “paralizzino”, facilitando la “resa per nevrosi”. Per ora, lo stadio è imporre la nevrosi. Il passaggio delle forze armate all’opposizione non si è verificato come previsto a Washington ed assicurato dai capi politici ed ex-militari dell’opposizione. In Venezuela, migliaia di armi circolano, in mani di civili, trafficanti di droga, paramilitari. Nelle vaste frontiere con Colombia e Brasile, un esercito parallelo è composto da mercenari, paramilitari e disertori delle Forze armate venezuelane, col compito di invocare i soldati a far passare la carovana. Víctor Álvarez, ex-ministro, chiede: e se rifiutassero, cosa succederà? Cosa succede se un cecchino spara per primo? Se i militari alla fine sparano, ciò garantisce un paese pacifico? Come risponderanno i gruppi armati? Diventeranno una forza sovversiva capace di destabilizzare il nuovo governo?

Dialogo e accordi
L’analista Leopoldo Puchi sottolinea che si tratta di opzioni negative per il Paese, sia che ci sia una capitolazione per nevrosi delle Forze armate, l’intervento militare o continuazione dell’impoverimento per un lungo periodo. La cosa sensata è costruire un percorso diverso dalle opzioni indicate, attraverso i negoziati. In questo senso, lo scambio di note diplomatiche tra Stati Uniti e Venezuela per studiare la creazione di uffici di interesse è una bussola. Allo stesso modo, le iniziative di Caricom davanti all’ONU per il dialogo e la convocazione di una conferenza da parte di Messico ed Uruguay sono positive. Abbiamo già visto come l’Unione europea abbia manipolato l’annuncio sul gruppo di contatto riunitosi il 7 febbraio a Montevideo.

Caricom si unisce alla ricerca di soluzioni
Affinché questo dialogo sia fruttuoso, dice Puchi, deve iniziare accettando una convivenza a lungo termine, per poi concordare una consultazione elettorale che potrebbe essere condotta sotto forma di ri-legittimazione del potere od altra modalità, con garanzie elettorali e revoca delle sanzioni.

*Giornalista e mediologo uruguaiano. Master in Integrazione. Fondatore di TeleSur. È presidente della Fundación para la Integración Latinoamericana (FILA) e dirige il Centro latinoamericano per l’analisi strategica (CLAE)

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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