Lettera aperta al WOLA

Lettera aperta firmata da 124 accademici di tutto il mondo (tra cui Noam Chomsky e Greg Grandin) critica posizione WOLA a favore di un cambio di regime in Venezuela.

La lettera di seguito, firmata da 124 accademici di tutto il mondo, è diretta all’Ufficio di Washington per gli Affari Latinoamericani (WOLA, il suo acronimo in inglese) ed esprime la sua profonda preoccupazione per il sostegno di quest’ufficio a vari aspetti della politica del governo di Trump rispetto al Venezuela.

Scriviamo preoccupati per la direzione che ha assunto WOLA riguardo ad una questione di vita o di morte, e forse di guerra e pace, in America Latina. Questa lettera è un tentativo di fornire una serie di suggerimenti a WOLA sul suo sostegno a vari aspetti dei tentativi del governo Trump di rovesciare il governo del Venezuela.

Riteniamo che i tentativi da parte del governo Trump di portare a termine un cambio di regime in Venezuela siano erronei in tutti i sensi: moralmente, legalmente e politicamente. Dal momento che sia lo stesso Trump come i suoi alti funzionari hanno apertamente minacciato, in ripetute occasioni, la guerra, questi tentativi suppongono anche un grave rischio sia di perdita di vite umane che di altre conseguenze impreviste della guerra e della violenza politica.

Per queste ed altre ragioni, WOLA dovrebbe inequivocabilmente opporsi a tali tentativi di cambio di regime, proprio come persone progressiste di tutto il mondo, nel 2003, si opposero alla guerra in Iraq. Ma non l’ha fatto, ma ha supportato quasi tutti i passi che sono stati fatti. Si possono avere opinioni personali diverse rispetto alla politica interna del Venezuela o su come i venezuelani/e possano risolvere al meglio le loro differenze. Ma è indubitabile che l’illegale operazione di cambio di regime del governo Trump sta enormemente peggiorando la situazione, per cui a questi fatti dovrebbero opporsi tutte quelle persone che si preoccupano per la vita umana ed il diritto internazionale.

Il più pericoloso è l’opposizione di WOLA alle offerte di mediazione di Papa Francesco e dei governi neutrali di Messico ed Uruguay. WOLA ha affermato che queste offerte (chiamate Meccanismo di Montevideo) non hanno alcuna possibilità di raggiungere un risultato positivo ed invece di ciò ha scelto come unico spazio legittimo per svolgere i negoziati, il Gruppo Europeo di Contatto, che è dominato da Washington e dai governi alleati, con le loro illegali sanzioni ed i loro tentativi di provocare un cambio di regime.

Perché chiaramente il governo Trump non vuole negoziare, e così lo ha apertamente dichiarato, la scelta di Wola significa che non si avrà veri negoziati fino a quando altri governi (europei e latino americani) del gruppo siano disposti a rompere chiaramente con Washington. Non è qualcosa d’impossibile, benché sia poco probabile che accada nel prossimo futuro. Pertanto, la scelta da parte di WOLA di un gruppo di negoziazione dominato da Trump serve serve a rassicurare lui e la sua squadra di estremisti (John Bolton, Marco Rubio e Elliott Abrams) nella sua posizione di rifiuto del dialogo o negoziazione.

Wola respinge persino che l’ONU si coinvolga nei negoziati (che è stata una proposta del suo Segretario Generale Antonio Guterres) affermando che il suo ruolo dovrebbe limitarsi al monitorare una transizione. L’ONU è l’organismo internazionale che ha accumulato più esperienza e conoscenze nella mediazione di crisi internazionali ed intranazionali e nell’aver contribuito con successo alla fine delle guerre civili che sembravano irrisolvibili, come avvenne in El Salvador, nel 1990. Questa esperienza, unita con l’autorità morale che ha l’ONU, per essere l’organismo internazionale più rappresentativo, significa che un processo di mediazione supervisionato da tale organismo avrebbe molta più legittimità di uno diretto dal governo Trump e dai suoi alleati politici.

WOLA è stata ambigua circa il suo sostegno al riconoscimento di Juan Guaidó come “presidente ad interim”, una misura che crea, automaticamente, un embargo commerciale che si aggiunge all’attuale embargo finanziario, poiché quasi tutte le valute del paese provengono dalle esportazioni di petrolio , di cui circa tre quarti si destinano a paesi che hanno aderito al riconoscimento di Trump di un governo parallelo e, quindi, non si aspetta che paghino l’attuale governo del Venezuela per il suo petrolio (1).

Ciò priverà l’economia [venezuelana] di miliardi di valute, con cui si accelererà l’aumento della mortalità (compresa la mortalità dei neonati e bimbi) a causa della mancanza di medicine ed assistenza sanitaria, e si aggraverà la carenza di cibo, un effetto ampiamente riconosciuto. Questo è qualcosa di profondamente immorale. Inoltre viola il diritto internazionale, incluso l’Articolo 19 della Carta dell’OSA, la Carta dell’ONU e molti altri trattati internazionali firmati dagli USA.

WOLA ha anche adottato una posizione ambivalente di fronte alle sanzioni di Trump dell’agosto 2017, poiché ha sollevato alcune critiche ma anche suggerimenti per migliorarla. Tali sanzioni hanno imposto un embargo finanziario illegale (per gli stessi motivi di cui sopra) che è stato devastante al paralizzare la produzione di petrolio e, di conseguenza, privare l’economia di migliaia di milioni di dollari in valuta estera necessarie per pagare le importazioni vitali. Ha anche impedito qualsiasi rinegoziazione del debito, così come la maggior parte delle altre misure necessarie per uscire dalla depressione ed iperinflazione in cui il paese si trova sommerso.

WOLA ha difeso queste sanzioni, sostenendo che “complicano le finanze del governo Maduro in un modo che non avrà un impatto immediato sulla popolazione (benché è probabile che lo tenga a lungo termine), ciò che è falso, come sa chiunque abbia familiarità con le sanzioni e l’economia venezuelana. L’economia venezuelana (non solo il governo) dipende dalle esportazioni di petrolio per quasi la totalità delle sue valute. È ciò che paga le importazioni di medicinali, cibo ed altre necessità vitali, sia del governo che del settore privato.

Queste posizioni non sono difendibili da un punto di vista umano e neppure lo è l’apparente obiettivo del governo Trump di un cambio di regime extralegale. Perché il team di Trump si rifiuta di negoziare? Perché non vuole una soluzione di compromesso necessaria affinché coesistano forze politiche opposte in un paese polarizzato. Non li preoccupa il costo umano che può avere una soluzione in cui chi vince si prende tutto; in realtà, è possibile che persone come Elliott Abrams e John Bolton considerino che la violenza sia parte integrale della sua strategia per vincere il chavismo ed i suoi seguaci, o per ottenere il controllo che sia Trump che Bolton hanno affermato voler avere sulle maggiori riserve di petrolio del mondo.

È positivo che WOLA si sia differenziata da queste persone opponendosi all’intervento militare USA ed alla manipolazione degli aiuti umanitari a fini politici. Ma non è sufficiente. Dovrebbe opporsi, in modo inequivocabile, all’intera sordida operazione di cambio di regime, alle violazioni del diritto internazionale ed alle illegali sanzioni che stanno causando tanta sofferenza.

WOLA non dovrebbe fingere che questa operazione esterna di cambio di regime, diretta da estremisti inclini alla violenza, sia in realtà un tentativo legittimo della “comunità internazionale” di contribuire a risolvere la crisi politica ed economica del Venezuela. E, cosa più importante, WOLA dovrebbe abbandonare la poco convincente affermazione che l’unico processo di negoziazione praticabile sia quello controllato dal governo di Trump e dai suoi alleati, ovvero, il Gruppo Europeo di Contatto.

Nota:

1) Il governo Trump ha stabilito poi alcune eccezioni per alcune compagnie petrolifere.


Carta abierta, firmada por 124 académicos de todo el mundo (incluidos Noam Chomsky y Greg Grandin) cuestiona posición de WOLA a favor de cambio de régimen en Venezuela.

La carta a continuación, firmada por 124 académicos de todo el mundo, se dirige a la Oficina en Washington para Asuntos Latinoamericanos (WOLA, por sus siglas en inglés) y expresa su profunda preocupación por el apoyo de esta oficina a varios aspectos de la política del gobierno Trump respecto a Venezuela.

Escribimos preocupados por la dirección que ha tomado la WOLA respecto a un asunto de vida o muerte, y posiblemente de guerra y paz, en América Latina. Esta carta es un intento de hacer una serie de sugerencias a la WOLA acerca de su apoyo a varios aspectos de los intentos del gobierno Trump de derrocar al gobierno de Venezuela.

Creemos que los intentos por parte del gobierno Trump de llevar a cabo un cambio de régimen en Venezuela son erróneos en todos los sentidos, moral, legal y políticamente. Dado que tanto el propio Trump como sus altos cargos han amenazado abiertamente con la guerra en repetidas ocasiones, estos intentos suponen también un grave riesgo tanto de pérdida de vidas humanas como de otras consecuencias imprevistas de la guerra y la violencia política.

Por estas y otras razones, la WOLA debería oponerse inequívocamente a estos intentos de cambio de régimen, del mismo modo que personas progresistas de todo el mundo se opusieron en 2003 a la guerra de Iraq. Pero no lo ha hecho, sino que ha apoyado casi todos los pasos que se han dado. Se pueden tener diferentes opiniones personales respecto a la política interna de Venezuela o sobre cómo pueden las y los venezolanos resolver mejor sus diferencias. Pero es indudable que la operación ilegal de cambio de régimen del gobierno Trump está empeorando enormemente la situación, por lo que a estos hechos deberían oponerse todas aquellas personas que se preocupan por la vida humana y el derecho internacional.

Lo más peligroso es la oposición de la WOLA a las ofertas de mediación del Papa Francisco y de los gobiernos neutrales de México y Uruguay. La WOLA ha afirmado que estas ofertas (denominadas Mecanismo de Montevideo) no tienen posibilidad alguna de lograr un resultado positivo y en vez de ello ha elegido, como el único espacio legítimo para llevar a cabo las negociaciones, al Grupo de Contacto Europeo, que está dominado por Washington y los gobiernos aliados, con sus sanciones ilegales y su intentos de provocar un cambio de régimen.

Dado que a todas luces el gobierno Trump no desea negociar, y así lo ha declarado abiertamente, la elección de la WOLA implica que no habrá verdaderas negociaciones hasta que los demás gobiernos (europeos y latinoamericanos) del grupo estén dispuestos a romper claramente con Washington. No es algo imposible, aunque es poco probable que ocurra en un futuro próximo. Por consiguiente, la elección por parte de la WOLA de un grupo negociador dominado por Trump sirve para reafirmarle a él y a su equipo de extremistas (John Bolton, Marco Rubio y Elliott Abrams) en su postura de rechazo del diálogo o la negociación.

La WOLA rechaza incluso que la ONU se implique en las negociaciones (que fue una propuesta de su Secretario General Antonio Guterres) afirmando que su papel debería limitarse a supervisar una transición. La ONU es el organismo internacional que ha acumulado más experiencia y conocimientos en la mediación de crisis internacionales e intranacionales y en haber contribuido con éxito al fin de guerras civiles que parecían ser irresolubles, como ocurrió en El Salvador en la década de 1990. Esta experiencia, unida a la autoridad moral que tiene la ONU por ser el organismo internacional más representativo, significa que un proceso de mediación supervisado este organismo tendría mucha más legitimidad que uno dirigido por el gobierno Trump y sus aliados políticos.

La WOLA ha sido ambigua acerca de su apoyo al reconocimiento de Juan Guaidó como “presidente interino”, una medida que automáticamente crea un embargo comercial que se suma al actual embargo financiero debido a que casi todas las divisas del país provienen de las exportaciones de petróleo, de las cuales aproximadamente tres cuartas partes se destinan a países que se han unido al reconocimiento de Trump de un gobierno paralelo y, por lo tanto, no se espera que paguen al actual gobierno de Venezuela por su petróleo (1).

Esto privará a la economía [venezolana] de miles de millones de dólares de divisas, con lo que se acelerará el aumento de la mortalidad (incluida la mortalidad de bebés y niños) debido a la falta de medicamentos y atención sanitaria, y se agravará la escasez de alimentos, un efecto ampliamente reconocido. Esto es algo profundamente inmoral. También viola el derecho internacional, incluidos el Artículo 19 de la Carta de la OEA, la Carta de la ONU y muchos otros tratados internacionales firmados por Estados Unidos.

La WOLA adoptó también una postura ambivalente ante las sanciones de Trump de agosto de 2017, ya que hizo algunas críticas pero también sugerencias para mejorarla. Aquellas sanciones impusieron un embargo financiero ilegal (por las mismas razones antes señaladas) que ha sido devastador al paralizar la producción de petróleo y, por consiguiente, privar a la economía de miles de millones de dólares en divisas extranjeras necesarias para pagar importaciones vitales. También impidió cualquier renegociación de la deuda, así como la mayoría de las demás medidas necesarias para salir de la depresión e hiperinflación en las que se encuentra sumido el país.

La WOLA defendió estas sanciones argumentando que “complican las finanzas del gobierno de Maduro de una manera que no tendrá un impacto inmediato sobre la población (aunque es probable que lo tenga a largo plazo), lo cual es falso, como sabe cualquier persona familiarizada con las sanciones y la economía venezolana. La economía venezolana (no sólo el gobierno) depende de las exportaciones de petróleo para casi la totalidad de sus divisas. Es lo que paga las importaciones de medicamentos, alimentos y otras necesidades vitales, tanto del gobierno como del sector privado.

Estas posturas no son defendibles desde un punto de vista humano y tampoco lo es el objetivo aparente del gobierno Trump de un cambio de régimen extralegal. ¿Por qué el equipo de Trump rechaza negociar? Porque no quiere una solución de compromiso necesaria para que coexistan fuerzas políticas opuestas en un país polarizado. No les preocupa el coste humano que pueda tener una solución en la que quien gana se lo lleva todo; de hecho, es posible que personas como Elliott Abrams y John Bolton consideren que la violencia es parte integral de su estrategia para vencer al chavismo y a sus seguidores, o para obtener el control que tanto Trump como Bolton han afirmado querer tener sobre las mayores reservas de petróleo del mundo.

Es positivo que la WOLA se haya diferenciado de estas personas al oponerse a la intervención militar estadounidense y a la manipulación de la ayuda humanitaria con fines políticos. Pero no es suficiente. Debería oponerse inequívocamente a toda la sórdida operación de cambio de régimen, a las violaciones del derecho internacional y a las sanciones ilegales que tanto sufrimiento están provocando.

La WOLA no debería aparentar que esta operación externa de cambio de régimen dirigida por extremistas propensos a la violencia es en realidad un intento legítimo de la “comunidad internacional” para contribuir a resolver la crisis política y económica de Venezuela. Y lo más importante, la WOLA debería abandonar la poco convincente afirmación de que el único proceso de negociación viable es el controlado por el gobierno Trump y sus aliados, es decir, el Grupo de Contacto Europeo.

Nota:

1) El gobierno Trump estableció después algunas excepciones temporales para algunas compañías petroleras.

Firmas (la afiliación se utiliza solamente con fines de identificación):

Greg Grandin, Professor of History, New York University

Noam Chomsky, Emeritus Professor, MIT

Sujatha Fernandes, Professor of Political Economy and Sociology, University of Sydney

Daniel Hellinger, Professor Emeritus of International Relations, Webster University

John Womack Jr., Robert Woods Bliss Professor of Latin American History and Economics, emeritus, Harvard University

Steve Ellner, Associate Managing Editor of Latin American Perspectives

Richard Falk, Professor of International Law Emeritus, Princeton University

Marisol de la Cadena, Professor of Anthropology, University of California-Davis

Julio Yao, Professor of Public International Law, Agent of Panama to the International Court of Justice and Foreign Policy Advisor of General Omar Torrijos during Canal Negotiations

Emir Simão Sader, Professor of Sociology, University of the State of Rio de Janeiro

Gerardo Renique, Associate Professor, Department of History, City College of the City University of New York

Mark Weisbrot, Co-Director, Center for Economic and Policy Research

Sinclair S. Thomson, Associate Professor of History, New York University

Brad Simpson, Associate Professor of History, University of Connecticut

Thomas C. Field Jr., Associate Professor, Embry-Riddle College of Security and Intelligence

Marc Becker, Professor of History, Truman State University

Fred Rosen, Retired editor and director, NACLA

Forrest Hylton, Associate Professor of History, Universidad Nacional de Colombia-Medellín

Rosaura Sanchez, Professor of Literature, UCSD

Suyapa Portillo, Associate Professor, Pitzer College

Jocelyn Olcott, Professor, History, International Comparative Studies, Gender, Sexuality & Feminist Studies, Duke University

John Mill Ackerman, Law Professor, National Autonomous University of Mexico (UNAM)

Paul Ortiz, Associate Professor of History, University of Florida

Bret Gustafson, Associate Professor of Anthropology, Washington University in St Louis

Alexander Aviña, PhD, Associate Professor of History, Arizona State University

Julie A. Charlip, Professor of History, Whitman College

Richard Stahler-Sholk, Professor of Political Science, Eastern Michigan University

Alex Dupuy, John E. Andrus Professor of Sociology Emeritus, Wesleyan University

José Antonio Lucero, Associate Professor of International Studies, University of Washington

Francine Masiello, Ancker Professor Emerita, UC Berkeley

Elizabeth Monasterios, Professor of Latin American Literatures and Andean Studies and Co-editor, Bolivian Studies Journal, Department of Hispanic Languages and Literatures, University of Pittsburgh

Roxanne Dunbar-Ortiz, Professor Emerita, California State University

Guadalupe Correa-Cabrera, Associate Professor, George Mason University

Christian Parenti, Associate Professor, Economics, John Jay College CUNY

James Krippner, Professor of Latin American History at Haverford College

William I. Robinson, Professor of Sociology and Global and International Studies, University of California-Santa Barbara

James Cohen, University of Paris 3 Sorbonne Nouvelle

Naomi Schiller, Assistant Professor of Anthropology, Brooklyn College, CUNY

Jeb Sprague, University of Virginia

Victor Silverman, Professor, Department of History, Pomona College

Aviva Chomsky, Professor of History and Coordinator of Latin American Studies, Salem State University

Jorge Majfud, Associate Professor of Spanish, Latin American Literature & International Studies, Jacksonville University

Maryclen Stelling, Directora Ejecutiva del Centro de Estudios Latinoamericano, Celarg, Analista político y de Medios de Comunicación

Jeffrey L. Gould, Rudy Professor of History, Indiana University

Jules Boykoff, Professor of Political Science, Pacific University

Gavin Fridell, Canada Research Chair in International Development Studies, Saint Mary’s University

Margaret Power, Professor of History, Illinois Institute of Technology

Dr. Jerise Fogel, Classics & Humanities Dept, Montclair State University

Clara Irazábal, Professor, University of Missouri— Kansas City

Heather Williams, Associate Professor of Politics, Pomona College

Kevin A. Young, Assistant Professor of History, University of Massachusetts Amherst

Robert Austin, Honorary Associate, Department of History, School of Philosophical & Historical Inquiry , University of Sydney

Bill Bollinger, Latin American Studies, California State University, Los Angeles

Susan Spronk, Associate Professor, University of Ottawa

Gregory S Kealey, CM, FRSC, Professor Emeritus of History, University of New Brunswick

Rosalind Bresnahan, California State University San Bernardino (retired)

Rich Potter, PhD, Assistant Professor, Chair, Department of Media Arts, The American Jewish University

Silvia M. Arrom, Jane’s Professor of Latin American Studies, Emerita, History Dept, Brandeis University

Christopher Helali, Graduate Student, Dartmouth College

Van Gosse, Professor of History, Franklin and Marshall College

Charles Bergquist, Professor Emeritus of History, University of Washington

Bob Buchanan Ph.D., Faculty, Goddard College

Francis Shor, Emeritus Professor, History, Wayne State University

Barbara Weinstein, New York University

Jessica K. Taft, Associate Professor, Latin American and Latino Studies, University of California at Santa Cruz

Renate Bridenthal, emerita Professor of History, Brooklyn College, CUNY

Hannah Gurman, Clinical Associate Professor, Gallatin School, New York University

Pamela S. Murray, Professor, History Department, The University of Alabama at Birmingham

Guillermo Calvo Mahe, Writer and political commentator; former Chair, Political Science, Government and International Relations at the Universidad Autónoma de Manizales

Raymond Craib, Professor of History, Cornell University

Shari Orisich, Ph.D., Assistant Professor, Department of History, Coastal Carolina University

Fernando Leiva, Associate Professor, Department of Latin American and Latino Studies, University of California Santa Cruz

William Smaldone, Professor of History, Willamette University

Robert C. H. Sweeny, Honourary Research Professor, Department of History, Memorial University of Newfoundland

Joan Paluzzi, Ph.D. Medical Anthropologist

Robert Hannigan, Scholar in Residence, History, Suffolk University

Elizabeth Dore, Professor of Latin American Studies, University of Southampton, UK

Sanford Kelson, attorney-at-law and labor arbitrator, past president of Veterans For Peace

Marian Mollin, Ph.D., Associate Professor of History, Virginia Tech

Osamah Khalil, Assoc. Prof., History, Syracuse University, Maxwell School of Citizenship and Public Affairs

Bruce Levine, J.G. Randall Distinguished Professor, Emeritus of History, University of Illinois at Urbana-Champaign

Gabriela F. Arredondo, Associate Professor and Department Chair, Latin American & Latino Studies, University of California at Santa Cruz

Patricia de Santana Pinho, Associate Professor, Department of Latin American & Latino Studies, University of California, Santa Cruz

Lewis Siegelbaum, Jack and Margaret Sweet Professor Emeritus, Department of History, Michigan State University

Sylvanna Falcón, Associate Professor of Latin American & Latino Studies, University of California, Santa Cruz

John Marciano, Professor Emeritus, SUNY Cortland

Shanti Marie Singham, Professor of History and Africana Studies, Williams College

Ronald Grele, Columbia University

Sandi E. Cooper, Professor Emerita, History, City University of New York

Robert Samet, Assistant Professor, Department of Anthropology, Union College

Keith Brooks, UFT, NWU

Enrique Davalos, Chicana/o Studies Professor and Department Chair, San Diego City College

Naoko Shibusawa, Associate Professor of History and American Studies, Brown University

Celia E. Naylor, Associate Professor of Africana Studies and History, Barnard College, Columbia University

Arnold J. Oliver, Ph.D., Emeritus Professor of Political Science, Heidelberg University

Jeff Cooper, Professor of History, Santa Monica College (retired)

John Munro, Associate Professor, St. Mary’s University

Tanalis Padilla, Associate Professor of History, Massachusetts Institute of Technology

Karen Breda, Professor, University of Hartford

Pat Lauderdale, Professor and Honors Faculty, Faculty of Justice and Social Inquiry, SST, Arizona State University

Pennee Bender, Acting Director, American Social History Project/Center for Media and Learning, City University of New York—The Graduate Center

Dale L. Johnson, Professor Emeritus, Sociology, Rutgers University

John Beverley, Emeritus Distinguished Professor of Hispanic Languages and Literatures at the University of Pittsburgh, and a founding member of Democratic Socialists of America

Rachel Elfenbein, Ph.D., author, Engendering Revolution: Women, Unpaid Labor, and Maternalism in Bolivarian Venezuela

Judy Ancel, President, The Cross Border Network

Guy Aronoff, Lecturer at Humboldt State University

Jeffrey Erbig, Assistant Professor of Latin American and Latino Studies, University of California, Santa Cruz

Paul Alexander, English Professor, San Diego City College

Liisa L. North, Professor Emeritus, York University, Toronto

Daniel Kovalik, Adjunct Professor of Law, University of Pittsburgh

Frederick B. Mills, Professor of Philosophy, Bowie State University

Brooke Larson, Professor, Department of History, Affiliated Faculty, Center for Latin American and Caribbean Studies and Associated Faculty, Department of Women, Gender, and Sexuality Studies, Stony Brook University

Howard Brick, Louis Evans Professor of History, University of Michigan

Viviana Ramírez, BA (Hons), Dip. Ed., Senior Teacher of Spanish (retired) Queensland Dept. of Education (1994-2016), Australia

Amy Chazkel, Columbia University

Teishan Latner, Assistant Professor Thomas Jefferson University

Richard Grossman, Instructor, Department of History, Northeastern Illinois University

Chris Carlsson, author, co-director, Shaping San Francisco

Tina Braxton, PhD Candidate in History, Georgetown University

Emilie Vardaman, ESL Instructor, Retired

Rupa Shah MD, FACC

Jodie Evans, CODEPINK

Roger Leisner, Radio Free Maine

Frank Brodhead, Peace activist

Miguel Ramirez, Professor of Economics, Trinity College

Fuente: https://www.commondreams.org/views/2019/03/05/open-letter-washington-office-latin-america-about-its-stance-us-effort-overthrow 

Traducido del inglés por Beatriz Morales Bastos y Sinfo Fernández para el sitio Rebelión.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.