La mentalità importatrice accomoda e frena l’iniziativa e la creatività

Dobbiamo mettere le risorse nella produzione e toglierle dalle importazioni, ha detto Alejandro Gil, ministro di Economia e Pianificazione, nella conferenza magistrale con la quale ha inaugurato l’8º Congresso dell’Associazione Nazionale degli Economisti e dei Ragionieri di Cuba.

Yisel Martínez García

«Dobbiamo mettere risorse nella produzione e toglierle dalle importazioni e questo è un problema di struttura e disponibilità. Ottenerlo dipende dal lavoro che si fa dalla base e in questo gli economisti hanno un ruolo fondamentale», ha detto Alejandro Gil, ministro d’ Economia e Pianificazione, nella conferenza magistrale che h inaugurato l’8º Congresso dell’Associazione Nazionale degli Economisti e dei Ragionieri di Cuba (ANEC), che si svolgerà sino al 14 giugno nel Palazzo delle Convenzioni de L’Avana.

Gil ha assicurato che molti beni si potrebbero produrre.

«L’economia si è accomodata all’importazione e ne stiamo pagando il prezzo.

L’esempio lo vediamo con gli alimenti. Quello che dobbiamo fare è consolidare la produzione nazionale».

«Nello scenario attuale, ha aggiunto, dobbiamo smettere d’applicare concetti tradizionali. Le importazioni provocano due fenomeni: il primo è che non si sviluppa l’industria e il secondo che si fanno debiti al di là delle possibilità che ha l’economia di saldarli.

Per rovesciare questa realtà, Gil ha spiegato che è molto importante realizzare vincoli di produzioni di qualità, una migliore gestione delle imprese, uno sviluppo locale reale e soprattutto guardare ai lati», ha raccomandato.

«Utilizzare le risorse naturali, ha detto, permetterà di vedere con l’occhio buono la produzione nazionale e guardare l’importazione come un ultimo passo. Cambiare questo cammino non è impossibile. Noi che lavoriamo in questo settore dobbiamo capire che siamo al fronte della battaglia per far sì che l’economia di questo paese sia prospera e sostenibile. Si deve cambiare la mentalità, questo è il cammino da seguire per far sì che l’economia, oltre che resistere, facci sviluppare il paese», ha concluso il Ministro.

Le importazioni di alimenti costano all’economia cubana più di 2000 milioni di dollari l’anno.

Sono state applicate alternative per riscattare gli impianti di bio fertilizzanti e bio plaghicidi, accrescere la produzione di mangimi partendo dalle piante proteiche e assicurare vari progetti di investimenti straniero per la produzione dei polli  e dei maiali nel paese.

I risultati delle coltivazioni come il riso e i fagioli hanno permesso di sostituire buona parte delle importazioni.

Recentemente si è svolto il Primo Seminario sulla Produzione degli Alimenti con più Scienza.

Miguel Díaz- Canel ha partecipato alla chiusura ed ha disapprovato la mentalità importatrice «che accomoda e frena l’iniziativa e la creatività».


ABEL PRIETO: L’ESSENZA DISTRUTTRICE DEL CAPITALISMO SI SCONFIGGE CON LA CULTURA

 

12.06 – Il fallimento del capitalismo per la sua essenza antiumana, è stato al centro della dissertazione di Abel Prieto Jiménez, presidente della Società Culturale “José Martí” nella sessione di apertura dell’8° Congresso dell’Associazione Nazionale degli Economisti e degli Esperti Contabili, che fino al 14 giugno riflette sull’accompagnamento di questi professionisti nei pressanti problemi economici della Cuba di oggi.


Ha indicato che i principi della colonizzazione culturale da imporre dai circoli di potere dell’imperialismo mostrano gli obiettivi nella vita e nella felicità, come uno stato di piacere e di divertimento, realizzabile solo all’interno del capitalismo; ignorando e mettendo a tacere i problemi strutturali che persistono dalla sua comparsa più di cinque secoli fa.

Ha spiegato che il fallimento del capitalismo si manifesta nella lacerante e crudele disuguaglianza che non si è mai potuta risolvere.

Lì esiste una popolazione esclusa e rifiutata, senza accesso e partecipazione ai servizi di base, che muore per le strade senza alcuna protezione statale. Questo problema è esacerbato dall’arrivo del neoliberismo, che genera consumatori e non cittadini.

Ha segnalato che questo è un sistema irresponsabile sterminatore della specie umana e del suo habitat naturale. «Il capitalismo promuove lo spreco, il consumo insensato e assurdo basato sulla creazione di falsi bisogni. Sta distruggendo il pianeta terra e i suoi abitanti”, ha sottolineato l’intellettuale cubano.

Abel Prieto ha detto che il sistema capitalista sta affondando in una palude perché la verità non viene rispettata e regna la menzogna. L’ha valutata come una crisi dell’etica, in cui la credibilità dei politici ha toccato il fondo in quanto non rappresenta i cittadini ma piuttosto le corporazioni. Su questo incide il ruolo dei media con il loro scopo di organizzare le forze affinché sostengano i settori di destra e vincano le elezioni.

Ha anche spiegato che la questione della migrazione verso dove si trovano la ricchezze viene politicizzata per dimostrare che le persone vanno verso il capitalismo in cerca di comfort di vita. Questo è dato dalla manipolazione culturale, come uno strumento utile per convincere le persone che il successo si verifica solo nell’ordine individuale e non collettivo.

Ha esemplificato con i professionisti che emigrano, che per la maggior parte non trovano un impiego corrispondente alla loro preparazione accademica e diventano la forza lavoro schiava per quel capitalismo. “Partono convinti da un miraggio che non tiene conto dell’incertezza e dell’umiliazione di fronte all’ostilità delle banche per raccogliere crediti e mutui”.

Riguardo a tutto ciò, ha citato i pensieri di José Martí e di Fidel Castro, che avevano previsto questo stato di depauperamento del capitalismo che si oppone a qualsiasi altro modello economico che possa superarlo e persino sconfiggerlo. Di conseguenza, il ruolo primordiale della cultura affinché le persone abbiano la capacità di analizzare e di comprendere la sua essenza.

AutorI: Nuria Barbosa León e Yisel Martínez García

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