Discorso Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez (UNEAC)

Discorso pronunciato da Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez, Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, alla chiusura del IX Congresso della Uneac, nel Palazzo delle Convenzioni, il 30 giugno del 2019, «Anno 61º della Rivoluzione».

Cari scrittori, artisti e creatori,

Compagne e compagni della Presidenza,

Ministri e viceministri presenti:

prima di tutto ricevete il caloroso saluto del Generale d’Esercito, del quale sono portatore.

È terminato il vostro IX Congresso. Non parlo di questi giorni di analisi e di dibattito nel Palazzo delle Convenzioni, ma dei lunghi mesi di scambi e apporti dalle basi. Quanta intelligenza e talenti, quanto si apprende da voi!

È un processo che abbiamo seguito da vicino con frequenti incontri con la Commissione organizzatrice, cerando di approssimare nel possibile delle soluzioni per le insoddisfazioni più generali, confermando ancora una volta il valore di approfondire la straordinaria sorgente creativa del popolo cubano. Lì ci aspetta sempre la verità. Permettetemi di sentirmi uno di voi: nell’insoddisfazione e anche nell’impegno io sono un appassionato dell’arte e della cultura nelle sue più diverse espressioni di Cuba o universali.

I temi che sono stati trattati qui sono pane quotidiano nella nostra famiglia e tra gli amici. Per la professione dei miei tre figli e di mia moglie, la cultura entra nelle nostre vite in maniera quasi permanente.

Per l’imperiosa necessità dello spirito non sapremmo vivere senza accedere alle arti.

L’emozione più profonda, con la gloria patria, la provoca costantemente il contatto con la creazione artistica. Personalmente non posso separare il senso di appagamento e anche di felicità di un godimento estetico determinato. E se è cultura cubana, il piacere si moltiplica.

Quello che voglio dirvi è che in questi mesi, questi giorni e queste ore, più di una volta ci siamo sentiti tra di voi, condividendo quello che esprimete e l’impegno con il quale operate.

E per quello che dicono e quello che fanno, so che molti tra voi qualche volta forse si sono sentiti al nostro posto, sfidando a dare continuità a un processo storico unico, con una forza e una portata universali e una guida paragonabile solo alla grandezza della stessa Rivoluzione, un fatto culturale superiore che ha trasformato dalla radice una piccola e ritardata nazione in un’indiscutibile potenza mondiale, non per le sue risorse materiali. ma per le sue risorse umane e sentimentali.

Noi quando guardiamo il mondo e ripassiamo la storia possiamo dire: In che miracolo di paese e in che grande popolo ci siamo trasformati! È quello che accade quando assistiamo a uno spettacolo di balletto o di danza, a concerti di musica, sia in un grande teatro che in uno dei nostri quartieri, a opere teatrali, a prime di films, d’artigianato, in gallerie, a improvvisazioni di rumba o nel scuole d’arte.

Un paese bloccato da sei decenni, perseguitato con cattiveria e crudeltà persino nella gestione dei medicinali per bambini, aggredito mediaticamente dai mezzi di stampa più influenti del pianeta, non si è accontentato di resistere e sopravvivere. Come ho detto già una volta : «Siamo una Rivoluzione che può sostenere d’essere stata raccontata e cantata dalle sue origini con il talento e l’originalità dei suoi artisti e dei suoi creatori, interpreti genuini della sapienza popolare e anche delle insoddisfazioni e le speranze dell’anima cubana».

«E continuerà così. Intellettuali, artisti, giornalisti, creatori ci accompagneranno sempre nell’impegno di questo arcipelago che la Rivoluzione ha posto nella mappa politica del mondo, perchè continui ad essere riconosciuto anche per il suo singolare modo di lottare cantando, ballando, ridendo e vincendo»

Chissà, forse non abbiamo ancora imparato, e in alcuni casi abbiamo dimenticato, di raccontare questa meraviglia, ma nessuno può già toglierci l’orgoglio d’essere una nazione da rispettare grazie a una Rivoluzione che ha posto al centro l’essere umano.

È qualcosa che la nostra generazione deve ai fondatori prima di tutto, da Céspedes a Martí. Ai creatori che continuarono le loro lotte e fondamentalmente a Fidel, l’indiscutibile intellettuale e guida della generazione storica che con la consegna delle terre e delle fabbriche a coloro che vi lavoravano, alfabetizzò il popolo, rese universale l’insegnamento, crepò poderose istituzioni culturali e nei momenti più difficili ci insegnò che “la cultura è la prima casa che va salvata”.

Perché Fidel insisteva su quest’idea, che ha ripetuto tante volte? Voi lo sapete sicuramente, ma vale la pena ricordarlo: “Perché non c’è prua che tagli una nube d’idee”, direbbe Martí.

E Fidel seppe avvertire il rischio di perdere la nostra maggior forza: l’unità, l’identità, la cultura, con la con la valanga colonizzatrice che avanzava nei tempi della globalizzazione, l’accesso di massa alle nuove tecnologie, promosso dai mercanti moderno non per arricchire, ma per impoverire la capacità critica e il pensiero liberatore.

Cosciente che queste tecnologie di sviluppo accelerato sarebbero divenute un’arma poderosa d’educazione e moltiplicazione della conoscenza, alla quale la Rivoluzione non poteva rinunciare né accedere con ritardo, Fidel creò l’Università di Scienze Informatiche (UCI) e parallelamente allertò la società cubana sull’importanza di salvare la cultura.

Così come prima in quelle riunioni nella Biblioteca Nazionale dove pronunciò le sue “Parole agli Intellettuali” e poco tempo dopo nella creazione della UNEAC, Fidel si rivolgeva all’avanguardia intellettuale e artistica per affrontare sfide che poteva avvertire solo un illuminato, come lo ha definito Barnet alcune volte.

Se 60 anni fa fu vinto il tentativo di fratturare l’unione viscerale tra quella avanguardia e la sua Rivoluzione, ossia la stessa e il suo popolo, più tardi molte volte negli anni, l’avversario si è impegnato inutilmente in questo. All’incrocio dei secoli la battaglia ha raggiunto quote più alte, colpendo le forze progressiste nella regione e nel mondo.

Movimenti come la Rete in Difesa dell’Umanità e i progetti culturali che fiorirono per tutto il paese, dimostrarono la straordinaria forza dell’avanguardia per alimentare e sostenere la spiritualità della nazione.

Dalla UNEAC fondata da Nicolás Guillén e altri cubani e cubane universali, emerse l’impegno eterno con il destino della cultura nazionale che si è affermato in questi giorni.

Ed è tremendo vedere la continuità di quest’opera in un’organizzazione diretta sino ad oggi da uno dei più giovani delegati di 58 anni fa : il poeta, saggista, etnologo, intellettuale, insomma Miguel Barnet.

Qui si è parlato molte volte delle “Parole agli Intellettuali”. Non posso concepire un artista, un intellettuale, un creatore cubano che non conosca quel discorso che marcò la politica culturale in Rivoluzione. Non m’immagino nessun dirigente politico, nessun funzionario o dirigente della Cultura che prescinda dalle sue definizioni di principio per portare avanti le sue responsabilità.

ma mi ha sempre preoccupato che da quelle “Parole…” si estraggano un paio di frasi e si sventolino come consegne.

Il nostro dovere è leggerlo coscienti che si tratta di un documento per tutti tempi, per i principi che stabilisce, per la politica culturale e che esige anche un’interpretazione contestualizzata.

Chiaramente Fidel pose un punto di partenza: la relazione tra la Rivoluzione, l’avanguardia intellettuale e artistica e il popolo.

Allora non era tanto chiaro per tutti, come per Fidel,quello che artisti e intellettuali avrebbero compreso nello sviluppo della sua opera: che la Rivoluzione erano loro, era le loro opere ed era il popolo.

Per questo risulta una riduzione limitarsi a citare la sua frase fondamentale: «Dentro la Rivoluzione tutto, contro la Rivoluzione niente», sostenendo che la Rivoluzione è più che uno Stato, più che un Partito, più che un governo, perché Rivoluzione siamo tutti quelli che la facciamo possibile in vita e con l’operato.

E sarebbe anche una contraddizione con l’originalità e la forza di questo testo pretendere che si regoli in forma unica e inamovibile la politica culturale della Rivoluzione. Questo sarebbe tagliare le ali al suo volo fondatore e al suo spirito di convocazione.

Oggi abbiamo il dovere di portare i suoi concetti ai nostri giorni e difendere la sua indiscutibile vigenza, valutando il momento che viviamo, i nostri scenari, le piattaforme neocolonizzatrici e banalizzatrici che cercano d’imporci e le necessità, ma anche le possibilità che con gli anni e i passi tecnologici si sono aperte.

Far crescere e rinforzare la politica culturale che non è stata scritta dopo le Parole … e darle contenuti che i tempi attuali ci esigono.

Dobbiamo fare letture nuove e che si arricchiscano con quelle parole.

Voi avete fatto abbastanza. Come abbiamo apprezzato avete lavorato e avanzato meglio lì dove i più coordinati hanno agito con altre forze intellettuali come quelle che creano dalle università e altri centri d’investigazione delle scienze sociali e umanistiche.

Evidentemente, ci sono più e migliori risultati dove la creazione si appoggia ai nuovi supporti tecnologici che facilitano il lavoro.

Alcuni giorni fa, condividendo con la Commissione Organizzatrice, ho commentato uno dei temi che generano più discussioni negli eventi della UNEAC: la relazione con il turismo e un altro tema attuale che è la politica culturale negli spazi dell’economia statale e dei privati.

Oggi voglio reiterare che abbiamo, dall’amministrazione, il dovere d’essere coerenti. Non c’è una politica culturale per il settore statale e un’altra per il settore privato.

Nei due settori si deve promuovere, difendere, dare spazio a coloro che fanno una vera arte. E nel caso specifico del turismo io ho insistito che la cultura è un anello fondamentale nei vincoli produttivi che ci interessa promuovere Ma difendo soprattutto che il turismo non solo porti gli artisti nelle sue installazioni, ma propizieremo un’intensa attività culturale in tutte le nostre città e zone turistiche che, arricchendo la vita culturale del popolo, attraggano e conquistino il visitatore.

Si dev’essere autentici e smettere di vendere “show in lattina”, prodotti di pseudo cultura che rispondono più alle entrate che all’orgoglio di mostrare chi siamo realmente.

Cuba è una potenza culturale e oggi il turismo essendo com’è un’attività economica che tuttavia apporta ogni giorno al Bilancio, in verità apporta molto meno di quello che potrebbe sei turisti andassero a consumare beni e servizi non solo culturali ma soprattutto culturali.

A proposito, il sistema delle scuole d’arte ha una fonte di entrate per esportazioni dei servizi insufficientemente sfruttata nella generazione dei corsi in aeree dell’insegnamento artistico, nel quali siamo davvero forti e dove dobbiamo stabilire modalità e prezzi coerenti con il livello dell’accademia cubana.

In questa stessa linea di pensiero alla UNEAC corrisponde essere una specie d’elettrodo mobilizzante delle forze e delle azioni per la proiezione internazionale delle nostre industrie culturali. Non dimenticare che quando tutte le porte si chiusero per Cuba, per la sua osata pretesa di sovranità e libertà, anche nell’impero si apersero almeno del finestrelle da dove entrarono la musica, le belle arti, il balletto, la danza, il teatro e altre manifestazioni culturali.

I ponti che la cultura cubana ha aperto, appoggiata da fedeli amici in tanti anni di nessuna o di scarse relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti, ci hanno permesso di sostenere vivo uno scambio tra i nostri popoli, con tanta forza che l’attuale amministrazione statunitense si è proposta di chiuderlo definitivamente.

Ma anche verso l’Europa, Asia e Africa gli intellettuali e gli artisti hanno operato come ambasciate culturali, hanno aperto porte e favorito intese che potrebbero essere più difficili e persino impossibili senza di loro.

Si deve lavorare davvero molto in questo senso. E voi avete il talento, la forza e la conoscenza per farlo crescere, apportando al paese risorse imprescindibili per il suo sviluppo.

Condivido ugualmente le preoccupazioni di color che sentono che alcune istituzioni della cultura sono restate indietro dai creatori.

È inaccettabile che non si comprenda che tutte le istituzioni culturali esistono per i creatori e le loro opere (esclamazioni e applausi), non al contrario e che il burocratismo e la mancanza di professionalità affogano la creazione.

Nella lotta contro questi mulini a vento, tanto antichi quanto dannosi, vediamo il ruolo fondamentale della UNEAC.

Dobbiamo rendere più attiva l’organizzazione nella sua base: indagare che missioni compie ogni base in funzione di coloro che rappresentano e in che ambito di discussione guidano.

Da quali posizioni?  Con quali incarichi?

Ugualmente vedo la UNEAC battagliare per riscattare ed elevare il ruolo della critica culturale. La siccità di analisi serie e con buone fondamenta sui valori reali delle opere e degli spazi culturali, tolgono gli stimoli ai creatori e privano i pubblici, soprattutto i più giovani, di criteri orientatori che stabiliscano le gerarchie artistiche a tempo.

È un fatto incontestabile che i creatori cubani residenti nel paese hanno opere capaci di stare al fianco del meglio creato dai loro contemporanei che lavorano e vivono in nazioni del Primo Mondo, in condizioni materiali e con incentivi molto superiori a volte, che hanno permesso di accedere a mercati esigenti.

Perché da Cuba non riusciamo a inserire, diffondere, esportare le opere di coloro che lavorano nel paese e in cambio facciamo la promozione e replichiamo quello che il mercato ha già timbrato e ci restituisce avvolto nelle sue regole?

(Esclamazioni e applausi prolungati)  Che cosa necessitano le nostre istituzioni per far fiorire le nostre più autentiche creazioni culturali?

Si sente molto la critica – sulla quale è importante che operino le organizzazioni degli artisti- che il sistema delle imprese e le dette industrie culturali, con relazione alla creazione artistica in quanto alla produzione, promozione e commercio sono restate indietro.

La cultura può e deve apportare al Prodotto Interno Lordo del paese e per questo esistono le sue imprese.

Sono molte le insoddisfazioni degli artisti e dei creatori che devono gestire assolutamente tutto per diffondere o promozionare il loro lavoro, mentre coloro dovrebbero avere la responsabilità di farlo esercitano una sorta di parassitismo dell’inattività. (Esclamazioni e applausi prolungati).

Gli artisti hanno il dovere di pagare le loro imposte, ma non dovrebbero dover sostenere le imprese se queste non hanno avuto niente a che fare con i contratti di lavoro, con la loro promozione né con la protezione giuridica.

È un segreto che circola che questo parassitismo favorisce la corruzione (Esclamazioni e applausi), maschera la mancanza del compimento della funzione di rappresentazione e gestione delle opportunità per il creatore e la sua opera. È inutile e ingannatore che lo scarso denaro di cui il paese dispone viene riciclato tra le entità senza nessun effetto nell’economia reale.

Un altro tema che nella mia modesta opinione dovrebbe suscitare azioni e reazioni tra i nostri creatori raggruppati nella Uneac, hanno a che vedere con quello che alcuni chiamano “mercenari culturali”, costoro disposti a linciare ogni artista e creatore che esalti la Rivoluzione o esponga le cause più dure ed anche le più nobili in cui sono impegnate le forze progressiste della nostra regione e del mondo. (Applausi).

Ricorderemo il messaggio del Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, in occasione del 55º anniversario della UNEAC: «Oggi siamo doppiamente minacciati nel campo della cultura : dai progetti sovversivi che pretendono di dividerci e dall’ondata colonizzatrice globale. La UNEAC del presente continuerà ad affrontare con valore, impegno rivoluzionario e intelligenza queste sfide complesse»

Questa piattaforma colonizzatrice promuove adora promuovere i paradigmi più neoliberali: Stato minimo, mercato sino a dove è possibile, tutto si vende e tutto si compra, il presunto unico successo dell’impresa privata; attenti a coloro che pongono prima il mercato e non la cultura; egoismo e vanità personale e non l’impegno sociale della cultura.

È già stato denunciato che l’attuale amministrazione statunitense destina nuovi e maggiori fondi alla sovversione e che chiede a coloro che desiderano accedere a sistemazioni privilegiate dell’impero che rendano conto di quanto fanno o dicono nelle reti sociali.

Tra coloro che tacciono o per quello che dicono alcuni contro i propri compatrioti è facile riunire coloro che aspirano a guadagnarsi il penoso passaggio.

Martì li chiamerebbe apostata. Mi chiedo se qualcuno crede che servire chi ci blocca, ci attacca e ostacola il nostro sviluppo aprirà per molto tempo quella piccola porta per la quale danno accesso a quelli che rinnegano le loro radici

Non limiteremo la creazione, ma la Rivoluzione che ha resistito 60 anni perchè ha saputo difendersi, non lascerà i suoi spazi istituzionali nelle mani di coloro che servono il nemico, sia perchè denigrano qualsiasi sforzo per superare l’assedio economico e perchè si beneficiano dei fondi per distruggere la Rivoluzione.

I limiti iniziano dove non si rispettano i simboli e i valori sacri della Patria.

La Costituzione che abbiamo appena approvato e che si arricchirà con le sue leggi corrispondenti, ha tra le prime quella dei simboli nazionali.

Gli ingenui fanno tanto danno come i perversi. Non sono tempi per negare ideologie, nè uscire dal contesto.  E niente di tutto questo significa negare la libertà della creazione, né fare concessioni estetiche.

Significa avere il senso del momento storico, sapere che al di là di Cuba il mondo vive ore di grande rischio e incertezza dove i poderosi vanno al di sopra delle leggi internazionali, sferrano   guerra nascosti dietro le chiamate fake news o false notizie e distruggono civiltà millenarie in nome degli interventi umanitari.

.Costruire e difendere un progetto socialista significa difendere l’umanesimo rivoluzionario.

Come nei tempi delle “Parole agli intellettuali”, la Rivoluzione insiste nel suo diritto di difendere la sua esistenza, che è anche l’esistenza di un popolo e dei suoi creatori e intellettuali.

Avrei molto di più da dirvi, ma so che ci saranno nuove opportunità per farlo.

Ci siamo proposti di realizzare incontri mensili con la direzione aperta e gruppi di creatori, assieme ai ministeri, per rivedere tutto quello in cui possiamo collaborare per strappare ogni volta un pezzo più grande ai problemi e alle difficoltà.

Per questo contate con l’appoggio del Governo; qui sono presenti sei ministri e vice ministri degli organismi dell’Amministrazione Centrale dello Stato.

Il documento delle commissioni ci offre un menù di temi molto ampio che dobbiamo analizzate tra tutti per dare una soluzione.

Non lasciate morire il Congresso.

Lavorate per rendere realtà tutto quello che pensate possa apportare al bene della nazione e alla sua spiritualità, al futuro che ci vogliono negare quelli che non hanno potuto mai distruggerci.

Tra voi ci sentiamo a nostro agio, entusiasmati e ottimisti,coscienti che come ci insegna Raúl:  “Sí si può” quando si vuole.  E voi e noi cioè la Rivoluzione vogliamo lo stesso:

Un paese libero, indipendente e sovrano;

Fedele alla nostra storia;

Che garantisca giustizia sociale e una giusta distribuzione della ricchezza;

Con rispetto della dignità piena dell’essere umano, donna e uomo;

Con una solida identità culturale;

Dove si preservi l’accesso gratuito e universale all’educazione;

Che avanzi verso uno sviluppo economico equilibrato e sostenibile;

Prospero, inclusivo, partecipativo;

Invulnerabile militarmente, ideologicamente, socialmente ed economicamente;

Con servizi di salute gratuiti e della più alta qualità per tutti;

Solidale, generoso, umanista;

Che condanni tutte le forme di discriminazione;

Dove non prosperino mai il crimine organizzato, la tratta delle persone o il terrorismo;

Difensore dei diritti umani di tutti, non di segmenti esclusivi o privilegiati;

Libero da ogni forma di violenza, schiavitù e sfruttamento umano;

Con un esercizio esemplare della democrazia del popolo e non del potere antidemocratico del capitale;

Capace di vivere in pace e svilupparsi in armonia con la natura e curando le fonti dalle quali dipende la vita nel pianeta;

Compagne e compagni:

il nostro riconoscimento va all’intenso lavoro realizzato da Barnet in questi anni alla guida della UNEAC.

Felicitiamo la nuova direzione della UNEAC, il suo presidente eletto, Morlote, con la certezza che comprendono che la loro missione più importante è sferrare una non conciliabile battaglia contro la mancanza di cultura e l’indecenza, e in questo impegno i creatori dovranno essere come sempre, come chiese Fidel in “Parole agli Intellettuali”, più che spettatori, attori.

Un mondo migliore è possibile.

Questa certezza la ereditiamo da nostri genitori e abbiamo il dovere di sostenerla per i nostri figli.

Siamo Cuba!   Siamo continuità!

Patria o Muerte!

Vinceremo!


Discurso pronunciado por Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez

Discurso pronunciado por Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez, Presidente de los Consejos de Estado y de Ministros, en la clausura del IX Congreso de la Uneac, en el Palacio de Convenciones, el 30 de junio de 2019, “Año 61 de la Revolución”.

Queridos escritores, artistas, creadores;

Compañeras y compañeros de la Presidencia;

Ministros y viceministros presentes:

Ante todo, reciban el cálido saludo del General de Ejército, del cual soy portador.

Ha concluido su IX Congreso. No digo estos días de análisis y debate en el Palacio de Convenciones, sino los largos meses de intercambios y aportes desde las bases. ¡Cuánta inteligencia y talento, cuánto se aprende de ustedes!

Es un proceso que hemos seguido de cerca en frecuentes encuentros con la Comisión Organizadora, tratando de aproximar, en lo posible, soluciones a las insatisfacciones más generalizadas, y confirmando, una vez más, el valor de ir a lo profundo del extraordinario caudal creativo del pueblo cubano. Allí siempre nos espera la verdad.

Permítanme sentirme uno más de ustedes: en la insatisfacción y también en el compromiso, soy un apasionado del arte y de la cultura en sus más diversas expresiones, sea de Cuba o universal.

Los temas que aquí se han tratado suelen ser pan de cada día en nuestra familia y entre amigos. Por las profesiones de mis tres hijos y de mi esposa, la cultura está de manera casi permanente en nuestras vidas. Por imperiosa necesidad del espíritu, no sabríamos vivir sin acceso a las artes.

La emoción más profunda, junto con la gloria patria, nos la provoca constantemente el contacto con la creación artística. Personalmente no puedo separar el sentido de plenitud, incluso de felicidad, de un disfrute estético determinado. Y si es cultura cubana, el goce se multiplica.

Lo que quiero decirles es que durante estos meses, estos días, estas horas, más de una vez nos hemos sentido entre ustedes, compartiendo lo que expresan y comprometidos con lo que hacen.

Y por lo que dicen y lo que hacen, sé que muchos de ustedes, alguna vez, pueden haberse sentido en nuestro lugar, desafiados a dar continuidad a un proceso histórico único, de un impacto y alcance universal y de un liderazgo solo comparable a la grandeza de la Revolución misma, hecho cultural superior que transformó desde la raíz a una nación pequeña y atrasada en una indiscutible potencia mundial, no por sus recursos materiales, sino por sus recursos humanos y sentimentales.

Nosotros cuando miramos al mundo y repasamos la historia podemos decir: ¡Qué milagro de país, en qué gran pueblo nos hemos convertido! Es lo que nos ocurre cuando asistimos a una función de ballet o danza, a conciertos de música, lo mismo en un gran teatro que en uno de nuestros barrios; a obras teatrales, a estrenos de cine, a ferias del libro, de artesanías, a galerías, a descargas de rumba o a escuelas de arte.

Un país bloqueado durante seis décadas, perseguido con saña y alevosía hasta en la gestión de medicamentos infantiles, acribillado mediáticamente por los medios más influyentes del planeta, no se ha conformado con resistir y sobrevivir. Como ya dije una vez:

“Somos una Revolución que puede presumir de haber sido contada y cantada, desde sus orígenes, con el talento y la originalidad de sus artistas y creadores, intérpretes genuinos de la sabia popular y también de las insatisfacciones y esperanzas del alma cubana.“Y así seguirá siendo. Intelectuales, artistas, periodistas, creadores, nos acompañarán siempre en el empeño de que este archipiélago que la Revolución puso en el mapa político del mundo siga siendo reconocido también por su singular modo de pelear cantando, bailando, riendo y venciendo”.

Quizás aún no hemos aprendido, y en algunos casos hemos desaprendido, a contar esa maravilla, pero nadie puede ya quitarnos el orgullo de ser una nación para respetar, gracias a una Revolución que siempre ha puesto al ser humano en el centro.

Es algo que nuestra generación les debe a los fundadores en primer lugar, desde Céspedes a Martí. A los creadores que continuaron sus luchas y fundamentalmente a Fidel, el indiscutible intelectual y guía de la generación histórica que, junto con la entrega de la tierra y las fábricas a los que la trabajaban, alfabetizó al pueblo, universalizó la enseñanza, creó poderosas instituciones culturales y en los momentos más difíciles nos enseñó que “la cultura es lo primero que hay que salvar”.

¿Por qué insistía Fidel en esa idea, que repitió tantas veces? Ustedes lo saben seguramente, pero no está de más recordarlo. Porque “no hay proa que taje una nube de ideas”, diría Martí.

Y Fidel supo advertir el riesgo de perder nuestra mayor fortaleza: la unidad, la identidad, la cultura, con la avalancha colonizadora que avanzaba en los tiempos de la globalización, con el acceso masivo a las nuevas tecnologías, promovido por los mercaderes modernos, no para enriquecer sino para empobrecer la capacidad crítica y el pensamiento liberador.

Consciente de que esas tecnologías de acelerado desarrollo serían una poderosa arma de educación y multiplicación del conocimiento a la que la Revolución no podía renunciar ni acceder tardíamente, Fidel creó la Universidad de Ciencias Informáticas (UCI) y paralelamente alertó a la sociedad cubana sobre la importancia de salvar la cultura.

Así como antes, en aquellas reuniones de la Biblioteca Nacional que dieron lugar a sus Palabras a los intelectuales y muy poco tiempo después a la creación de la Uneac, Fidel acudía a la vanguardia intelectual y artística para enfrentar desafíos que solo podía advertir un iluminado, como Barnet lo definió alguna vez. 

Si hace 60 años fue vencido el intento de fracturar la unión visceral entre aquella vanguardia y su Revolución, es decir, ella misma y su pueblo, más tarde y muchas veces a lo largo de los años el adversario se empeñaría inútilmente en ello. En el cruce de siglos, la batalla alcanzaría cotas mayores golpeando a las fuerzas progresistas en la región y en el mundo.

Movimientos como la Red en Defensa de la Humanidad y proyectos culturales que florecieron por todo el país demostraron la extraordinaria fuerza de la vanguardia para alimentar y sostener la espiritualidad de la nación.

De la Uneac fundada por Nicolás Guillén y otras cubanas y cubanos universales emergió un compromiso para siempre con el destino de la cultura nacional, que se ha afirmado en estos días. Y es tremendo ver la continuidad de esa obra en una organización dirigida hasta hoy por uno de los más jóvenes delegados a aquella cita de hace 58 años: el poeta, ensayista, etnólogo, intelectual, en suma, Miguel Barnet.

Aquí se ha hablado varias veces de las Palabras a los intelectuales. No concibo a un artista, a un intelectual, a un creador cubano que no conozca aquel discurso que marcó la política cultural en Revolución. No me imagino a ningún dirigente político, a ningún funcionario o dirigente de la Cultura, que prescinda de sus definiciones de principio para llevar adelante sus responsabilidades.

Pero siempre me ha preocupado que de aquellas palabras se extraigan un par de frases y se enarbolen como consigna. Nuestro deber es leerlo conscientes de que, siendo un documento para todos los tiempos, por los principios que establece para la política cultural, también exige una interpretación contextualizada.

Claramente Fidel planteó un punto de partida: la relación entre Revolución, la vanguardia intelectual y artística y el pueblo. Entonces, todos no tenían tan claro como Fidel lo que los artistas e intelectuales irían comprendiendo en el desarrollo de su obra: que la Revolución eran ellos, eran sus obras y era el pueblo.

Por eso resulta reduccionista limitarse a citar su frase fundamental: “Dentro de la Revolución todo, contra la Revolución nada”, soslayando que Revolución es más que Estado, más que Partido, más que Gobierno, porque Revolución somos todos los que la hacemos posible en vida y en obra.

Y también sería contradictorio con la originalidad y fuerza de ese texto, pretender que norme de forma única e inamovible la política cultural de la Revolución. Eso sería cortarle las alas a su vuelo fundador y a su espíritu de convocatoria.

Hoy tenemos el deber de traer sus conceptos a nuestros días y defender su indiscutible vigencia, evaluando el momento que vivimos, los nuevos escenarios, las plataformas neocolonizadoras y banalizadoras que tratan de imponernos y las necesidades, pero también las posibilidades que con los años y los avances tecnológicos se han abierto.

Hay que hacer lecturas nuevas y enriquecedoras de aquellas palabras. Hacer crecer y fortalecer la política cultural, que no se ha escrito más allá de Palabras…y darle el contenido que los tiempos actuales nos están exigiendo.

Ustedes han hecho bastante. Como hemos apreciado, han trabajado y avanzado mejor allí donde más coordinados han actuado con otras fuerzas intelectuales, como las que crean desde las universidades y otros centros de investigación de las ciencias sociales y humanísticas.

Evidentemente, hay más y mejores resultados donde la creación se apoya en nuevos soportes tecnológicos que facilitan el trabajo.

Hace unos días, compartiendo con la Comisión Organizadora, les comentaba sobre uno de los temas que más discusiones genera siempre en los eventos de la Uneac: la relación con el turismo. Y otro tema más actual que es la política cultural en los espacios de la economía estatal y los privados.

Hoy quiero reiterar que tenemos, desde la administración, el deber de ser coherentes. No hay una política cultural para el sector estatal y otra para el privado. En ambos sectores tiene que promoverse, defenderse, dárseles espacio a quienes hacen arte verdadero.

Y en el caso específico del turismo, yo he insistido en que la cultura es un eslabón fundamental en los encadenamientos productivos que nos interesa promover. Pero defiendo, sobre todo, que el turismo no solo lleve a los artistas a sus instalaciones, sino que propiciemos una muy intensa actividad cultural en todas nuestras ciudades y zonas turísticas que, a la vez que enriquezca la vida cultural del pueblo, atraiga y conquiste al visitante. Hay que ser auténticos y dejar de vender “shows enlatados”, productos de seudocultura que responden más a la rentabilidad que al orgullo de mostrar quiénes somos realmente.

Cuba es una potencia cultural y hoy el turismo, siendo como es una actividad económica que aporta cotidianamente al Presupuesto, la verdad es que todavía tributa mucho menos de lo que podría si los turistas salieran a consumir bienes y servicios, no solo culturales, pero sobre todo culturales (Aplausos).

A propósito, el sistema de escuelas de arte tiene una fuente de ingresos por exportación de servicios, insuficientemente explotada, en la generación de cursos en áreas de la enseñanza artística, en las que somos realmente fuertes y donde debemos establecer modalidades y precios coherentes con el nivel de la academia cubana.

En esa misma línea de pensamiento, a la Uneac le corresponde ser una especie de electrodo movilizador de fuerzas y acciones para la proyección internacional de nuestras industrias culturales. No olvidar que cuando todas las puertas se cerraron para Cuba por su osada pretensión de soberanía y libertad, hasta en el imperio se abrieron al menos ventanitas por donde entraron la música, las artes plásticas, el ballet, la danza, el teatro y otras manifestaciones culturales.

Los puentes que ha levantado la cultura cubana, apoyada por fieles amigos, en tantos años de ninguna o escasas relaciones entre Cuba y Estados Unidos, nos han permitido sostener vivo un intercambio entre nuestros pueblos de tanta fuerza que la actual administración estadounidense se ha propuesto clausurarlo definitivamente.

Pero también hacia Europa, Asia, África, los intelectuales y artistas han fungido como embajadas culturales, han abierto puertas y favorecido entendimientos que podrían ser más difíciles y hasta imposibles sin ellos.

Hay mucho, mucho que trabajar en ese sentido. Y ustedes tienen el talento, la fuerza y el conocimiento para hacerlo crecer, aportando al país recursos imprescindibles para su desarrollo.

Comparto igualmente las preocupaciones de quienes sienten que algunas instituciones de la Cultura se han quedado por detrás de los creadores. Resulta inaceptable que no se comprenda que todas las instituciones culturales existen por y para los creadores y su obra (Exclamaciones y aplausos), no a la inversa, y que el burocratismo y la falta de profesionalidad ahogan la creación.

En la pelea contra esos molinos de viento, tan antiguos como dañinos, vemos un papel fundamental de la Uneac. Es preciso hacer más proactiva a la organización en sus bases: indagar qué misiones cumple cada una en función de aquellos a quienes representan y qué ámbitos de discusiones lideran. ¿Desde cuáles posiciones? ¿Con qué liderazgos?

Igualmente veo a la Uneac batallando por rescatar y elevar el peso y el papel de la crítica cultural. La sequía de análisis serios y bien fundamentados sobre los valores reales de obras y espacios culturales desestimulan a los creadores y privan a los públicos, particularmente a los más jóvenes, de criterios orientadores que establezcan las jerarquías artísticas a tiempo.

Es un hecho incontestable que los creadores cubanos residentes en el país tienen obras capaces de emular con lo mejor creado por sus contemporáneos que trabajan y viven en naciones del Primer Mundo, bajo condiciones materiales e incentivos muy superiores a veces, lo que les ha valido acceder a mercados exigentes.

¿Por qué desde Cuba no logramos insertar, difundir, exportar la obra de los que trabajan dentro del país y en cambio promocionamos y replicamos lo que ya el mercado acuñó y nos devuelve envuelto en sus reglas?(Exclamaciones y aplausos prolongados.) ¿Qué necesitan nuestras instituciones para hacer florecer nuestras más auténticas creaciones culturales?

Se escucha mucho la queja —sobre la cual es importante que actúen las organizaciones de artistas— de que el sistema empresarial o las llamadas industrias culturales, con relación a la creación artística, en cuanto a su producción, promoción y comercialización, se han quedado atrás.

La cultura puede y debe aportar al Producto Interno Bruto del país y para eso están sus empresas. Sobran las insatisfacciones de artistas y creadores que deben gestionarse absolutamente todo para difundir o promocionar su trabajo, mientras quienes tendrían la responsabilidad de hacerlo ejercen una suerte de parasitismo desde la inactividad (Exclamaciones y aplausos prolongados).

Los artistas tienen el deber de pagar sus impuestos, pero no deberían tener que abonar a las empresas si estas no han tenido nada que ver con los contratos de trabajo, con su promoción ni con su amparo jurídico (Exclamaciones y aplausos prolongados).

Es un secreto a voces que ese parasitismo favorece la corrupción (Exclamaciones y aplausos) y enmascara el incumplimiento de la función de representación y gestión de oportunidades para el creador y su obra. Es inútil y engañoso que el escaso dinero de que dispone el país sea reciclado entre entidades sin ningún efecto en la economía real (Exclamaciones y aplausos).

Otros temas que, en mi modesta opinión, deberían concitar acciones y reacciones de nuestros creadores agrupados en la Uneac tienen que ver con lo que algunos llamamos “mercenarios culturales”, esos dispuestos a linchar a cuanto artista o creador exalte a la Revolución o les cante a las causas más duras y a la vez más nobles en que están empeñadas las fuerzas progresistas de nuestra región y del mundo (Aplausos).

Recordemos el mensaje del General de Ejército Raúl Castro Ruz, en ocasión del aniversario 55 de la Uneac: “Hoy estamos doblemente amenazados en el campo de la cultura: por los proyectos subversivos que pretenden dividirnos y la oleada colonizadora global. La Uneac del presente continuará encarando con valentía, compromiso revolucionario e inteligencia, estos complejos desafíos.”

Esta plataforma colonizadora promueve los paradigmas más neoliberales: Estado mínimo, mercado hasta donde más sea posible, todo se vende y se compra, el supuesto éxito único de la empresa privada; atentos a los que ponen por delante mercado y no cultura; egoísmo y vanidad personal y no compromiso social de la cultura (Exclamaciones y aplausos).

Ya se ha denunciado que la actual administración estadounidense destina nuevos y mayores fondos a la subversión y que pide a quienes desean acceder a los cotos privilegiados del imperio que rindan cuenta de cuanto hacen o dicen en las redes sociales. Por lo que callan y por lo que dicen algunos contra sus propios compatriotas, es fácil colegir quiénes aspiran a ganarse el penoso boleto. Apóstatas les llamaría Martí. Me pregunto si alguien cree que servir al que nos bloquea, ataca y obstaculiza nuestro desarrollo le abrirá por largo tiempo la pequeña puerta por la que les dan acceso a quienes reniegan de su raíz.

No vamos a limitar la creación, pero la Revolución que ha resistido 60 años por haber sabido defenderse, no va a dejar sus espacios institucionales en manos de quienes sirven a su enemigo, sea porque denigran cualquier esfuerzo por sobreponernos al cerco económico o porque se benefician de los fondos para destruir a la Revolución (Aplausos).

Los límites comienzan donde se irrespetan los símbolos y los valores sagrados de la Patria (Aplausos).

La Constitución que acabamos de aprobar y que se complementará con sus leyes correspondientes tiene, entre las primeras, la de los símbolos nacionales.

Los ingenuos hacen tanto daño como los perversos. No son tiempos de negar ideologías, ni de descontextualizar. Y nada de esto significa negar la libertad de creación ni hacer concesiones estéticas. Significa tener sentido del momento histórico, saber que más allá de Cuba el mundo vive horas de mucho riesgo e incertidumbre, donde los poderosos pasan por encima de las leyes internacionales, lanzan guerras al amparo de las llamadas fake news o falsas noticias y destruyen civilizaciones milenarias en nombre de la intervención humanitaria. Construir y defender un proyecto socialista significa defender el humanismo revolucionario.

Como en los tiempos de Palabras a los intelectuales, la Revolución insiste en su derecho a defender su existencia que es, también, la existencia de un pueblo y de sus creadores e intelectuales.

Tendría mucho más que decirles, pero sé que habrá nuevas oportunidades para hacerlo. Nos hemos propuesto realizar encuentros mensuales con la directiva electa y grupos de creadores, junto a los ministerios, para revisar todo cuanto podamos colaborar en arrancarles cada vez un pedazo mayor a los problemas y dificultades (Aplausos).

Para eso cuenten con el apoyo del Gobierno, presentes aquí seis ministros y viceministros de los organismos de la Administración Central del Estado. El Dictamen de las comisiones nos ofrece un menú de temas muy amplio que debemos ahora abordar entre todos y en darle solución.

No dejen morir el Congreso. Trabajen por hacer realidad todo lo que entiendan que aportará al bien de la nación, a su espiritualidad, al porvenir que quieren negarnos los que no han podido destruirnos.

Entre ustedes nos sentimos cómodos, entusiastas, optimistas, conscientes de que como nos enseña Raúl: “Sí se puede” cuando se quiere. Y ustedes y nosotros, es decir, la Revolución, queremos lo mismo:

  • Un país libre, independiente y soberano;
  • Fiel a nuestra historia;
  • Que garantice justicia social y justa distribución de la riqueza;
  • Con respeto a la dignidad plena del ser humano, mujer y hombre;
  • Con una sólida identidad cultural;
  • Donde se preserve el acceso gratuito y universal a la educación;
  • Que avance hacia un desarrollo económico equilibrado y sostenible;
  • Próspero, inclusivo, participativo;
  • Invulnerable militar, ideológica, social y económicamente;
  • Con servicios de salud gratuitos y de la mayor calidad para todos;
  • Solidario, generoso, humanista;
  • Que repudie todas las formas de discriminación;
  • Donde no prosperen nunca el crimen organizado, la trata de personas o el terrorismo;
  • Defensor de los derechos humanos de todos, no de segmentos exclusivos o privilegiados;
  • Libre de toda forma de violencia, esclavitud, explotación humana;
  • Con un ejercicio ejemplar de la democracia del pueblo y no del poder antidemocrático del capital;
  • Capaz de vivir en paz y desarrollarse en armonía con la naturaleza y cuidando las fuentes de las que depende la vida en el planeta.

Compañeras y compañeros:

Nuestro reconocimiento a la intensa labor realizada por Barnet en estos años al frente de la Uneac.

Felicitamos a la nueva dirección de la Uneac, a su presidente electo, Morlote, con la certeza de que comprenden que su misión más importante es desatar una irreconciliable batalla contra la incultura y la indecencia (Aplausos), y en ese bregar los creadores deberán ser, como siempre, como pidió Fidel en Palabras a los intelectuales: más que espectadores, actores.

Un mundo mejor es posible.

Esa certeza la heredamos de nuestros padres y tenemos el deber de sostenerla para nuestros hijos.

¡Somos Cuba! ¡Somos continuidad!

¡Patria o Muerte!

¡Venceremos!

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