Bandiere sacre di Fidel Castro: Solidarietà ed Internazionalismo

René González Barrios www.cubadebate.cu

Il 26 luglio 1978, nel valutare il significato, per Cuba, dell’aiuto internazionale ricevuto nel corso della storia, il nostro Comandante in Capo, Fidel Castro, affermava:

“…L’internazionalismo è l’essenza più bella del marxismo-leninismo e dei suoi ideali di solidarietà e fraternità tra i popoli. Senza l’internazionalismo la Rivoluzione cubana neppure esisterebbe. Essere internazionalisti è saldare il nostro debito con l’umanità”.

Quella frase si basava sulla profonda conoscenza che aveva acquisito della storia di Cuba, fin dalla tenera età, il giovane Fidel e delle sue straordinarie ed appassionanti esperienze solidarie a capo della Rivoluzione.

Insaziabile lettore, conobbe dai libri i tentativi di Bolivar e del governo del Messico, all’inizio del XIX secolo, nel preparare spedizioni per liberare l’isola di Cuba dal colonialismo spagnolo; della presenza di centinaia di stranieri nei campi dell’isola combattendo per la sua indipendenza; del luminoso esempio di Máximo Gómez e dell’ideologia solidaria di Céspedes, Martí e Maceo.

Seppe anche che i nostri fondatori sognarono la Confederazione delle Antille, come patria comune e sicuro scudo di fronte all’espansionismo yankee sull’America e mai dimenticarono Portorico nei loro progetti libertari. Conosceva la frase di Lola Rodríguez de Tió: “Cuba e Portorico sono, di un uccello, le due ali…”. Interiorizzò l’umanesimo universale della sua bussola ispiratrice, José Martí, ed apprezzò altamente il nobile gesto di oltre un migliaio di cubani che combatterono in Spagna per la Repubblica e di coloro che combatterono il fascismo nella II Guerra Mondiale.

È noto il suo lavoro in difesa della sovranità della Repubblica Dominicana, la sua partecipazione alla spedizione Cayo Confite, il suo attivismo per l’indipendenza di Portorico ed il suo ruolo di studente combattente nelle strade di Bogotá, in Colombia, durante il Bogotazo. Quegli anni forgiarono le idee che lo convertirono in un campione della solidarietà umana.

Il sostegno popolare in Messico, Venezuela, Costarica, Panama, Ecuador, USA, tra le altre nazioni, fu garanzia della legittimità della causa rivoluzionaria che trionfò il 1 gennaio 1959. Donne e uomini di tutto il mondo aiutarono, in vari modi, il trionfo della Rivoluzione cubana il 1 gennaio 1959.

Da allora, è stata una costante nel discorso politico di Fidel, le sue allusioni a ciò che ha chiamato indistintamente solidarietà umana, solidarietà rivoluzionaria, aiuto solidario, sentimenti internazionalisti, vocazione internazionalista, dovere internazionalista, coscienza internazionalista, spirito internazionalista, tra altri. Il debito di gratitudine della nascente rivoluzione poteva essere pagato solo costruendo una Patria solida ed esemplare, disposta a tendere la mano a chi la necessitasse.

Il 23 gennaio 1959, Fidel sarebbe giunto in Venezuela per il suo primo viaggio all’estero dopo il trionfo rivoluzionario del 1 gennaio. In Plaza Aérea del Silencio, a Caracas, si sarebbe riferito a “… la formidabile e straordinaria vittoria del popolo di Cuba che, senza altro aiuto che la simpatia e la solidarietà dei popoli fratelli del continente, senza altre armi di quelle che sapeva strappare al nemico in ogni combattimento, ingaggiò per due anni una cruenta guerra contro un numeroso esercito ben armato, che aveva carri armati, cannoni, aerei e armi di ogni tipo, armi moderne, che si diceva fossero invincibili…” .

Nello stesso giorno, all’Università Centrale della capitale venezuelana, avrebbe definito l’impegno politico della nascente rivoluzione con i popoli del pianeta:

“…abbiate la certezza che siamo uomini coscienti della nostra responsabilità con la nostra patria, della nostra responsabilità con i popoli oppressi e del nostro ineludibile dovere di solidarietà con tutti i popoli del continente americano … “

Durante il suo viaggio negli USA, il 24 aprile di quell’anno, durante un meeting nel Central Park di New York, nelle stesse viscere dell’impero, affermò senza ambiguità quale sarebbe stata la posizione internazionale della Rivoluzione:

“…Da qui diciamo che Cuba e il popolo di Cuba ed i cubani, ovunque ci troveremo, saremo solidali con le aspirazioni di liberazione dei nostri fratelli oppressi…”

Dagli USA, andò in Canada, Trinidad Tobago e visito l’Argentina, Uruguay e Brasile. Nuovamente il tema della solidarietà fu l’asse del suo discorso. Il 5 maggio nella spianata municipale di Montevideo, avrebbe pubblicamente fatto una dichiarazione di fede, della sua vocazione solidaria ed internazionalista:

“…Non possiamo sacrificare la speranza che Cuba sia oggi per i popoli d’America. Cuba -e lo dico senza senso di orgoglio, perché per noi ciò non significa altro che responsabilità- è oggi come una piccola luce che si accende per l’America, come una piccola luce che può indicare un cammino; Cuba, piccolo paese, che sorge senza ambizioni di dominio alcuno che nasce con la sua Rivoluzione senza ambizioni personali di alcuna indole; Cuba, che è oggi, nella sua Rivoluzione, tutto disinteresse, tutta generosità, Cuba è come una luce che nessuno può sospettare, che nessuno può guardare con diffidenza, perché mai potrà vedersi Cuba se non darsi completamente agli altri popoli fratelli, che completamente si solidarizza con gli altri popoli fratelli”.

Il 2 settembre 1960, Fidel avrebbe convocato il popolo nell’allora Plaza de la República, oggi Piazza della Rivoluzione José Martí, per rispondere alle offese dell’OSA nella sua riunione in Costarica. Di fronte ad un milione di persone radunate in una grande Assemblea Popolare -nota come Prima Dichiarazione dell’Avana-, avrebbe enfatizzato nel suo settimo articolo l’irrinunciabile vocazione internazionalista della Rivoluzione:

“… L’Assemblea Generale Nazionale del Popolo di Cuba postula: (…); il dovere delle nazioni oppresse e sfruttate di lottare per la loro liberazione; il dovere di ogni popolo alla solidarietà con tutti i popoli oppressi, colonizzati, sfruttati o aggrediti (applausi), qualunque sia il posto del mondo in cui questi si trovino e la distanza geografica che li separa. Tutti i popoli del mondo sono fratelli!…”.

Due mesi dopo, nel Palazzo dello Sport (ora Ciudad Deportiva), analizzava l’importanza di resistere e trionfare, come esempio per altri popoli del mondo. “…A nulla varrebbe la solidarietà internazionale se noi non fossimo capaci di presentare, dal primo secondo, una resistenza tenace ed invincibile…”

L’aiuto strategico che l’Unione Sovietica fornì a Cuba dopo la rottura delle relazioni USA con l’Isola e l’offensiva imperiale per rovesciare la Rivoluzione, fu decisivo per la sua sopravvivenza. In tutti i campi, la mano amica sovietica e degli specialisti del campo socialista contribuirono al consolidamento del progetto rivoluzionario. Con armi sovietiche, i cubani, con Fidel a capo, sconfissero l’invasione mercenaria di Playa Girón, affrontarono la Crisi di Ottobre e portarono a termine le gloriose missioni internazionaliste in Angola ed Etiopia.

L’anno 1966 fu cruciale nel definire il progetto internazionale della Rivoluzione. Aggredita, isolata nello scenario internazionale dalle pressioni del governo USA, Cuba si convertì nella capitale mondiale dei movimenti di Liberazione Nazionale e nella lotta contro l’imperialismo ed il colonialismo in ogni angolo del pianeta. La resistenza del popolo del Vietnam era fonte di ispirazione rivoluzionaria. La solidarietà fu la appassionata premessa del popolo cubano. L’anno, infatti, fu ufficialmente nominato “Anno della Solidarietà”. Il 15 gennaio 1966 si celebra a L’Avana la I Conferenza di Solidarietà dei popoli di ‘Asia, Africa ed America Latina (Tricontinental). Un anno dopo, nell’agosto 1967, si sarebbe celebrata la I Conferenza dell’Organizzazione Latino-Americana di Solidarietà (OLAS). Nello stesso anno, offriva la sua vita in Bolivia, alla guida del suo esercito internazionalista, il comandante Ernesto “Che” Guevara. Nella solenne veglia in suo onore in Plaza de la Revolución de La Habana, il 18 ottobre, Fidel avrebbe dichiarato:

“… Nessun uomo come lui in questi tempi ha portato al suo livello più alto lo spirito internazionalista proletario!…”.

Convertendo l’internazionalismo in un pilastro della nostra cultura politica e cittadina, Fidel avrebbe dato priorità all’aiuto ad altri paesi del mondo non solo per via armata, ma anche davanti a situazioni di catastrofi come i terremoti in Perù e Cile.

Nel giugno del 1975, il Primo Ministro del Regno di Svezia, Oloff Palme, visita Cuba. In un evento di massa celebrato in onore del visitatore nella Ciudad Escolar 26 de Julio a Santiago de Cuba, Fidel dichiarò:

“… L’internazionalismo è una delle nostre bandiere più sacre e sviluppiamo la nostra coscienza internazionalista nella pratica dell’internazionalismo (applausi). E sommandoci anche modestamente, nella misura delle nostre forze, al compito di collaborare e combattere anche per gli altri popoli.

Questo spirito internazionalista è l’essenza dei nostri ideali rivoluzionari…”

Quello stesso anno sarebbe iniziata l’Operazione Carlota, in cui il popolo cubano, sotto la guida di Fidel, scrisse una delle pagine più belle d’altruismo ed umanesimo della storia. Migliaia di cubani, civili e militari, aiutarono il popolo angolano a consolidare la propria indipendenza e costruire una patria degna e sovrana. Lo stesso avevano fatto prima in Vietnam ed in seguito lo avrebbero fatto in Etiopia, Nicaragua e Grenada.

Lo storico italiano Piero Gleijeses, in un’intervista al giornale Granma, nel giugno 2015, avrebbe dichiarato che

“…Non esiste altro esempio, nell’era moderna, in cui un piccolo e sottosviluppato paese abbia cambiato il corso della storia in una regione lontana. L’internazionalismo dei cubani è una lezione politica e morale pienamente vigente…”

Tra il 1989 ed il 1991 il campo socialista crollò. Cuba perse l’85% del suo commercio estero. Il periodo speciale ebbe inizio. Neppure in quelle condizioni la Rivoluzione guidata da Fidel smise di essere solidaria. L’attenzione medica alle vittime dell’incidente di Chernobyl è l’esempio più vivido.

Gli organismi internazionali come l’ONU, il CAME o il Movimento dei Paesi Non Allineati, tra altri, sono stati scenari in cui i cubani hanno dato battaglie solidarie per i poveri della terra. Fidel convertì il podio della Sala delle Sessioni dell’ONU nelle riunioni dei capi di stato e di governo, in una tribuna solidaria in difesa della vita umana e delle cause nobili.

Il progetto di borse di studio per studenti del terzo mondo nell’Isola della Gioventù, la Scuola di Latinoamericana di Medicina e la Brigata medica Henry Reeve si uniscono alle brigate di maestri internazionalisti Ernesto Che Guevara e Augusto César Sandino, che portarono il sapere nei villaggi d’Africa e America Latina. Con esse Fidel realizzava i sogni di Céspedes, Martí, Gómez e Maceo.

Ma se una relazione speciale di solidarietà ed internazionalismo ha avuto la Rivoluzione cubana negli ultimi anni, di sincera gratitudine e basata su radici storiche, è con il popolo venezuelano. Il 23 gennaio 1959, quando Fidel arrivava a Caracas, nello stesso aeroporto dichiarava:

“… Vengo, in nome del popolo che oggi vi chiede aiuto e solidarietà, per dire ai venezuelani che possono anche contare sul nostro aiuto e sulla nostra solidarietà incondizionata ed in qualsiasi forma quando la necessitino … (…) Mi manca solo dir loro, ai miei fratelli del Venezuela, che mai Cuba avrà con che pagar loro questo gesto di solidarietà, che mai Cuba avrà con che pagar loro questo formidabile e grandioso sostegno morale che il popolo venezuelano le ha dato oggi e che mai, mai avrò con che esprimere al popolo del Venezuela il mio riconoscimento per l’incoraggiamento che ho ricevuto qui.”


Banderas sagradas de Fidel Castro: Solidaridad e internacionalismo

Por: René González Barrios

El 26 de julio de 1978, al valorar el significado para Cuba de la ayuda internacional recibida a lo largo de la historia, nuestro Comandante en Jefe Fidel Castro, afirmaba:

“…El internacionalismo es la esencia más hermosa del marxismo-leninismo y sus ideales de solidaridad y fraternidad entre los pueblos. Sin el internacionalismo la Revolución Cubana ni siquiera existiría. Ser internacionalista es saldar nuestra propia deuda con la humanidad.”

Aquella sentencia se sustentaba en el profundo conocimiento que de la historia de Cuba había adquirido, desde muy temprana edad, el joven Fidel y de sus extraordinarias y apasionantes vivencias solidarias al frente de la Revolución.

Insaciable lector, conoció en los libros los intentos de Bolívar y del gobierno de México a inicios del siglo XIX, en preparar expediciones para liberar la Isla de Cuba del colonialismo español; de la presencia de cientos de extranjeros en los campos de la Isla combatiendo por su independencia; del ejemplo luminoso de Máximo Gómez y el ideario solidario de Céspedes, Martí y Maceo.

Supo también que nuestros fundadores soñaron con la Confederación de Las Antillas, como patria común y escudo seguro ante el expansionismo yanqui sobre América y que jamás olvidaron a Puerto Rico en sus proyectos libertarios. Conocía la frase de Lola Rodríguez de Tió: “Cuba y Puerto Rico son, de un pájaro las dos alas….” Interiorizó el humanismo universal de su brújula inspiradora, José Martí, y valoró altamente el gesto noble de más de un millar de cubanos peleando en España por la República, y de los que combatieron el fascismo en la Segunda Guerra Mundial.

Es conocida su labor en defensa de la soberanía de República Dominicana, su participación en la expedición de Cayo Confite, su activismo en pro de la independencia de Puerto Rico, y su papel como estudiante combatiente en las calles de Bogotá, Colombia, durante el Bogotazo. Aquellos años forjaron las ideas que lo convertirían en un paladín de la solidaridad humana.

El apoyo popular en México, Venezuela, Costa Rica, Panamá, Ecuador, Estados Unidos, entre otras naciones, fue garantía de la legitimidad de la causa revolucionaria que triunfó el 1ro de enero de 1959. Mujeres y hombres de todo el mundo, ayudaron, de diversos modos, al triunfo de la Revolución Cubana el 1ro de enero de 1959.

Desde entonces, fue una constante en el discurso político de Fidel, sus alusiones a lo que llamó indistintamente solidaridad humana, solidaridad revolucionaria, ayuda solidaria, sentimientos internacionalistas, vocación internacionalista, deber internacionalista, conciencia internacionalista, espíritu internacionalista, entre otros. La deuda de gratitud de la revolución naciente, solo podría pagarse construyendo una Patria sólida y ejemplar, dispuesta a tender la mano a quien la necesitase.

El 23 de enero de 1959 arribaría Fidel a Venezuela en su primera salida al exterior tras el triunfo revolucionario del 1ro de enero. En la Plaza Aérea del Silencio, en Caracas, se referiría a “…la formidable y extraordinaria victoria del pueblo de Cuba que, sin más ayuda que la simpatía y la solidaridad de los pueblos hermanos del continente, sin más armas que las que supo arrebatar al enemigo en cada combate, libró durante dos años una guerra cruenta contra un ejército numeroso, bien armado, que contaba con tanques, con cañones, con aviones y con armas de todo tipo, armas modernas, las que se decía que eran invencibles…”.

En ese mismo día, en la Universidad Central de la capital venezolana, definiría el compromiso político de la naciente revolución con los pueblos del planeta:

“…tengan la seguridad de que somos hombres conscientes de nuestra responsabilidad con nuestra patria, de nuestra responsabilidad con los pueblos oprimidos y de nuestro deber ineludible de solidaridad con todos los pueblos del continente americano…”.

Durante su viaje a Estados Unidos, el 24 de abril de ese año, en un mitin en el Parque Central de New York, en las mismas entrañas del imperio, refirió sin ambages cual sería la posición internacional de la Revolución:

“…Desde aquí decimos que Cuba y el pueblo de Cuba y los cubanos, dondequiera que estemos, seremos solidarios con los anhelos de liberación de nuestros hermanos oprimidos…”.

De Estados Unidos, pasó a Canadá, Trinidad Tobago y visitó Argentina, Uruguay y Brasil. Nuevamente el tema de la solidaridad fue eje de su discurso. El 5 de mayo en la explanada municipal de Montevideo, haría públicamente una declaración de fe, de su vocación solidaria e internacionalista:

“…No podemos sacrificar la esperanza que Cuba es hoy para los pueblos de América. Cuba —y lo digo sin sentido de orgullo, porque para nosotros eso no significa sino responsabilidades— es hoy como una lucecita que se enciende para América, como una lucecita que puede señalar un camino; Cuba, país pequeño, que surge sin ambiciones de dominio alguno, que surge con su Revolución sin ambiciones personales de ninguna índole; Cuba, que es hoy, en su Revolución, todo desinterés, todo generosidad, Cuba es como una luz de la que nadie puede sospechar, a la que nadie puede mirar con recelo, porque jamás podrá verse en Cuba sino que toda entera se da a los demás pueblos hermanos, que toda entera se solidariza con los demás pueblos hermanos”.

El 2 de septiembre de 1960, Fidel convocaría al pueblo en la entonces Plaza de la República, hoy Plaza de la Revolución José Martí, para contestar a las ofensas de la OEA en su reunión de Costa Rica. Ante un millón de personas reunidas en magna Asamblea Popular –conocida como Primera Declaración de La Habana–, enfatizaría en su artículo séptimo la irrenunciable vocación internacionalista de la Revolución:

“…La Asamblea General Nacional del Pueblo de Cuba postula: (…); el deber de las naciones oprimidas y explotadas a luchar por su liberación; el deber de cada pueblo a la solidaridad con todos los pueblos oprimidos, colonizados, explotados o agredidos (APLAUSOS), sea cual fuere el lugar del mundo en que éstos se encuentren y la distancia geográfica que los separe. ¡Todos los pueblos del mundo son hermanos!…”.

Dos meses después, en el Palacio de los Deportes (actual Ciudad Deportiva), analizaba la importancia de resistir y triunfar, como ejemplo para otros pueblos del mundo. “…De nada valdría la solidaridad internacional si nosotros no fuésemos capaces de presentar, desde el primer segundo, una resistencia tenaz e invencible…”.

La ayuda estratégica que la Unión Soviética brindó a Cuba tras la ruptura de relaciones de Estados Unidos con la Isla y la ofensiva imperial para derrocar la Revolución, fue decisiva para su sobrevivencia. Desde todos los órdenes, la mano amiga soviética y de los especialistas del campo socialista, contribuyeron a la consolidación del proyecto revolucionario. Con armas soviéticas, los cubanos con Fidel al frente, derrotaron la invasión mercenaria de Playa Girón, enfrentaron la Crisis de Octubre y cumplieron las gloriosas misiones internacionalistas en Angola y Etiopía.

El año 1966 fue crucial en la definición del proyecto internacional de la Revolución. Agredida, aislada en el escenario internacional por las presiones del gobierno de los Estados Unidos, Cuba se convirtió en la capital mundial de los movimientos de Liberación Nacional y la lucha contra el imperialismo y el colonialismo en cualquier rincón del planeta. La resistencia del pueblo de Viet Nam, era fuente de inspiración revolucionaria. La solidaridad fue la premisa apasionada del pueblo cubano. El año, de hecho, fue nombrado oficialmente “Año de la Solidaridad”. El 15 de enero de 1966 se celebra en La Habana la Primera Conferencia de Solidaridad de los pueblos de Asia, África y América Latina (Tricontinental). Un año después, en agosto de 1967, se celebraría la Primera Conferencia de la Organización Latinoamericana de Solidaridad (OLAS). Ese mismo año, entregaba su vida en Bolivia, al frente de su ejército internacionalista, el comandante Ernesto “Che” Guevara. En la velada solemne en su honor en la Plaza de la Revolución de La Habana, el 18 de octubre, Fidel sentenciaría:

“…¡Ningún hombre como él en estos tiempos ha llevado a su nivel más alto el espíritu internacionalista proletario!…”.

Convertido el internacionalismo en un pilar de nuestra cultura política y ciudadana, Fidel priorizaría la ayuda a otros países del mundo no solo por la vía armada, sino también ante situaciones de desastres como los terremotos de Perú y Chile.

En junio de 1975 visita Cuba el Primer Ministro del Reino de Suecia, Oloff Palme. En un acto de masas celebrado en honor del visitante en la Ciudad Escolar 26 de Julio en Santiago de Cuba, Fidel expresó:

“…El internacionalismo es una de nuestras banderas más sagradas, y desarrollamos nuestra conciencia internacionalista en la práctica del internacionalismo (APLAUSOS). Y sumándonos también modestamente, en la medida de nuestras fuerzas, a la tarea de colaborar y luchar también por otros pueblos.

Este espíritu internacionalista es la esencia de nuestros ideales revolucionarios…”.

Ese mismo año comenzaría la Operación Carlota, en la que el pueblo cubano bajo la conducción de Fidel escribió una de las más bellas páginas de altruismo y humanismo en la historia. Miles de cubanos, civiles y militares, ayudaron al pueblo angolano a consolidar su independencia y construir una patria digna y soberana. Lo mismo habían hecho antes en Viet Nam, y harían después en Etiopía, Nicaragua y Granada.

El historiador italiano Piero Gleijeses, en entrevista que le hiciese el periódico Granma en junio del 2015, declararía que

“…No existe otro ejemplo en la era moderna en el que un país pequeño y subdesarrollado haya cambiado el curso de la historia en una región distante. El internacionalismo de los cubanos es una lección política y moral plenamente vigente…”.

Entre 1989 y 1991 se desmoronó el campo socialista. Cuba perdió el 85% de su comercio exterior. Comenzaba el período especial. Ni en esas condiciones dejó la Revolución liderada por Fidel de ser solidaria. La atención médica a las víctimas del accidente de Chernóbil es el más vivo ejemplo.

Los organismos internacionales como la ONU, el CAME o el Movimiento de Países no alineados, entre otros, han sido escenarios donde los cubanos han dado batallas solidarias por los pobres de la tierra. Fidel convirtió el podio de la Sala de Sesiones de la ONU, en las reuniones de jefes de estado y gobierno, en tribuna solidaria en defensa de la vida humana y de las causas nobles.

Al proyecto de becas para estudiantes del tercer mundo en la Isla de la Juventud, la Escuela Latinoamericana de Medicina y la Brigada médica Henry Reeve, se unen las brigadas de maestros internacionalistas Ernesto Che Guevara y Augusto César Sandino, que llevaron el saber a pueblos de África y América Latina. Con ellas hacía Fidel realidad los sueños de Céspedes, Martí, Gómez y Maceo.

Pero si una relación especial de solidaridad e internacionalismo ha tenido la Revolución Cubana en los últimos años, de agradecimiento sincero y basado en raíces históricas, es con el pueblo de Venezuela. El 23 de enero de 1959, cuando arribaba Fidel a Caracas, en el propio aeropuerto declaraba:

“…Vengo, en nombre del pueblo que hoy les pide ayuda y solidaridad, a decirles a los venezolanos que también pueden contar con nuestra ayuda y nuestra solidaridad incondicional y de cualquier forma cuando la necesiten… (…) Me falta solo decirles a mis hermanos de Venezuela que nunca tendrá Cuba con qué pagarles este gesto de solidaridad, que nunca tendrá Cuba con qué pagarles este formidable y grandioso apoyo moral que el pueblo de Venezuela le ha dado hoy, y que nunca, nunca tendré con qué expresarle al pueblo de Venezuela mi reconocimiento por el aliento que he recibido aquí.”

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