Le “sanzioni” abbattono i governi? La storia dice il contrario

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Con la fine della cosiddetta Guerra Fredda e l’inizio del XXI secolo, un nuovo strumento è stato largamente utilizzato dalle potenze internazionali contro paesi, stati-nazione, per cercare di deporre governi o farli negoziare per qualcosa: si tratta delle sanzioni, una denominazione giuridica per far riferimento a ciò che il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif ha riassunto come “terrorismo economico”.

Ciò non sarebbe possibile senza il sistema finanziario fabbricato dalle potenze egemoniche occidentali, i cui tentacoli si trovano in tutte le strutture commerciali del mondo sotto il giogo del dollaro.

Negli ultimi due decenni ha proliferato l’uso del blocco, dell’embargo, della confisca e congelamento dei beni da parte USA e dei paesi dell’Unione Europea (UE), soprattutto, ma anche dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), che emettono ordini di punizione economica e finanziaria sotto forma di sanzioni e che di solito hanno effetti negativi sulle popolazioni-obiettivo.

Piuttosto, la politica sanzionatoria, come è oggi concepita, aumenta la sofferenza di paesi già afflitti da disastri economici e sociali, guerre civili, regimi neoliberali, ecc. Julio Borges lo ha chiamato “porre in quarantena” un paese, riferendosi al Venezuela.

Poiché è un fatto già verificato che i blocchi e gli embarghi economici e finanziari sono letali, i propagandisti delle sanzioni sono soliti fare un’intensa campagna internazionale di relazioni pubbliche al fine d’influire nell’accettazione o nella diminuzione del rifiuto, in campo politico e mediatico, riguardo a tale politica.

Le denunce sull’inefficacia politica delle sanzioni, le cui conseguenze colpiscono soprattutto le classi più povere, prevalgono nei dibattiti dell’ONU ed hanno screditato il “terrorismo economico” sulla scena globale.

Ma gli USA insistono nell’utilizzarla, anche quando il World Finance afferma, in un rapporto speciale del 2017, che “le sanzioni hanno un insufficiente dal punto di vista storico, con un riscontro di successi dal 20% al 30% al massimo”.

FUNZIONANO LE SANZIONI?

 

È noto che gli USA imposero un embargo totale all’Unione Sovietica fino alla sua scomparsa, questione che influenzò fortemente la scomparsa del suo Stato. Anche Cuba è stata vittima, dal 1962, della politica estera economica USA, senza raggiungere gli obiettivi del cambio di regime.

Ma mettiamo anche un caso relativamente recente: quello dell’Iraq prima dell’invasione del 2003.

L’Iraq era un paese che dipendeva dalle importazioni per i due terzi dell’approvvigionamento alimentare. Con l’embargo totale alla sua economia, iniziato nel 1990 durante la Guerra del Golfo, il prezzo dei prodotti di base aumentò di un incredibile 1000%, tra il 1990 e il 1995, il che portò ad una denutrizione generalizzata ed alla fame, in particolare tra i bambini.

La mortalità infantile aumentò del 150%, secondo un rapporto di Save the Children, ed i ricercatori stimarono che, tra 670 mila e 880 mila bimbi sotto i cinque anni, morirono come risultato dell’impoverimento delle condizioni causate dalle sanzioni.

Durante la Guerra del Golfo, quasi tutta l’infrastruttura essenziale dell’Iraq fu bombardata dalla coalizione militare guidata dagli USA, lasciando il paese senza impianti di trattamento delle acque o impianti di trattamento delle acque reflue, causando prolungati focolai di colera e febbre tifoidea.

Va notato che è stato il Consiglio di sicurezza ONU che stabilì l’embargo solo quattro giorni dopo l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq. L’impatto fu profondo nella vita quotidiana di tutti i cittadini di quel paese.

Tutto ciò avvenne ed il governo di Saddam Hussein non lasciò il potere. Piuttosto, le sanzioni servirono a preparare il terreno per l’invasione del 2003. Si dimostra così il suo uso militare, come gli antichi assedi da parte degli stranieri, che iniziavano con un blocco totale delle linee di distribuzione alimentare e dei beni essenziali.

I fatti dimostrano anche la sua inutilità nel deporre i regimi.

SMONTANDO IL MITO

 

Coloro che formulano e decidono le politiche da attuare negli USA, UE ed ONU, per il rifiuto che generano le misure di embargo e blocco totale, soprattutto quelle USA ed UE per la loro natura unilaterale, hanno deciso continuare con le sanzioni ma, questa volta, verso obiettivi più specifici, come individui ed aziende.

Dovrebbero, presumibilmente, prevenire la generalizzazione della sofferenza economica sulla popolazione, ma l’esperienza del Venezuela la nega. Qualsiasi sanzione nei confronti di un individuo venezuelano comportava il blocco della mobilità, nel mercato internazionale, di tale persona, fosse a titolo personale o come rappresentante dello Stato. Quest’ultimo è ciò che interessa agli USA, in questo caso.

Perché? È un modo in cui la Casa Bianca, indipendentemente dalla sua amministrazione, mascheri l’obiettivo delle sanzioni, che è l’attacco frontale all’apparato statale. Ciò che non ha significato una pressione così insopportabile tanto da ammonire i governanti attaccati alla loro uscita dal potere. I casi di Somalia, Ruanda, Cuba, Russia, Iran e Corea del Nord sono paradigmatici in questo senso.

Così e nonostante il loro uso generalizzato sullo scenario internazionale, le sanzioni sono in gran misura inefficaci nel raggiungimento dei loro obiettivi. Al massimo, ed empiricamente, si comprova che solo il 30% si traduce effettivamente in un cambio di regime.

Inoltre, i dati dimostrano che per quanto più tempo si applichi il “terrorismo economico”, è meno probabile che sia efficace, poiché il paese di destinazione tende ad adattarsi alle sue nuove circostanze economiche invece di cambiare il proprio comportamento a favore dell’emittente le sanzioni.

Di fatto, propone un isolamento economico di un paese senza raggiungere, in modo regolare, i suoi obiettivi golpisti. E, in generale, gli stati-vittima riescono ad aprire altre opzioni commerciali, specialmente in un mondo globalizzato come quello di oggi, in cui i poteri emergenti crescono nella scala globale delle economie in crescita, come Cina ed India.

Ciò provoca che le misure unilaterali non abbiano l’impatto politico desiderato dall’Occidente, sebbene sì grave e persino critico per le popolazioni colpite.

Le politiche sanzionatorie USA, in questa forma, assumono un carattere sempre più terroristico, come hanno denunciato Iran e Venezuela, poiché non sembra perseguire obiettivi politici ma economici e sociali nella loro ricerca di distruggere gli stati nazione dovunque vogliano che passi il falco. La maggior quantità possibile di sofferenza, come valuta imperiale.


¿LAS “SANCIONES” TUMBAN GOBIERNOS? LA HISTORIA DICE LO CONTRARIO

Con el fin de la llamada Guerra Fría y el inicio del siglo XXI, una nueva herramienta ha sido largamente usada por potencias internacionales contra países, Estados-nación, para intentar deponer gobiernos o hacerlos negociar por algo: se trata de las sanciones, una denominación jurídica para referirse a lo que el canciller iraní Javad Zarif resumió como “terrorismo económico”.

Esto no sería posible sin el sistema financiero fabricado por los poderes hegemónicos occidentales, cuyos tentáculos están en todos los entramados comerciales del mundo bajo el yugo del dólar.

Ha proliferado en las últimas dos décadas el uso del bloqueo, embargo, confiscación y congelación de activos por parte de los Estados Unidos y los países de la Unión Europea, sobre todo, pero asimismo la Organización de Naciones Unidas (ONU), que emiten órdenes de castigo económico y financiero en forma de sanciones, y que suelen tener efectos negativos para las poblaciones-objetivo.

Más bien, la política sancionatoria, como está concebida hoy día, incrementa el sufrimiento de países ya azotados por desastres económicos y sociales, guerras civiles, regímenes neoliberales, etc. Julio Borges le llamó “poner bajo cuarentena” a un país, refiriéndose a Venezuela.

Como es un hecho ya verificado que los bloqueos y embargos económicos y financieros son letales, los propagandistas de las sanciones suelen hacer una intensa campaña internacional de relaciones públicas con el fin de influir en la aceptación o disminución del rechazo en el campo político y mediático en torno a esta política.

Las denuncias sobre la inefectividad política de las sanciones, cuyas consecuencias afectan sobre todo a las clases más empobrecidas, predominan en los debates de las Naciones Unidas y han desacreditado al “terrorismo económico” en la escena global.

Pero los Estados Unidos insisten en usarla, aun cuando World Finance afirma en un reporte especial de 2017 que “las sanciones tienen un pobre historial, con un registro de éxito del 20% al 30% como mucho”.

¿FUNCIONAN LAS SANCIONES?

Estados Unidos, se sabe, impuso un embargo total a la Unión Soviética hasta su desaparición, cuestión que influyó sobremanera en la desaparición de su Estado. Cuba también ha sido víctima desde 1962 de la política exterior económica estadounidense, sin lograr los objetivos de cambio de régimen.

Pero pongamos un caso también relativamente reciente: el de Irak antes de la invasión en 2003.

Irak fue un país que dependía de importaciones para dos tercios del suministro de alimentos. Con el embargo total a su economía, que comenzó en 1990 durante la Guerra del Golfo, el precio de los productos básicos aumentó en un asombroso 1.000% entre 1990 y 1995, lo que condujo a la desnutrición generalizada y al hambre, particularmente entre los niños.

La mortalidad infantil aumentó un 150%, según un informe de Save the Children, y los investigadores estimaron que entre 670 mil y 880 mil niños menores de cinco años murieron como resultado de las condiciones empobrecidas causadas por las sanciones.

Durante la Guerra del Golfo, casi toda la infraestructura esencial de Irak fue bombardeada por la coalición militar liderada por Estados Unidos, dejando al país sin plantas de tratamiento de agua o instalaciones de tratamiento de aguas residuales, lo que provocó brotes prolongados de cólera y fiebre tifoidea.

Cabe acotar que fue el Consejo de Seguridad de la ONU el que estableció el embargo apenas cuatro días después de la invasión de Kuwait por Irak. El impacto fue profundo en la vida cotidiana de todos los ciudadanos de ese país.

Pasó todo aquello y el gobierno de Saddam Hussein no dejó el poder. Más bien, las sanciones sirvieron para preparar el terreno de la invasión de 2003. Se demuestra así su uso militar, como los asedios antiguos por parte del extranjero, que comenzaban por un bloqueo total a las líneas de distribución de los alimentos y los bienes esenciales.

Los hechos también comprueban su inutilidad para deponer regímenes.

DESMONTANDO EL MITO

Quienes formulan y deciden las políticas a implementar en Estados Unidos, la Unión Europea y la ONU, por el rechazo que generan las medidas de embargo y bloqueo total, sobre todo las estadounidenses y europeas por su carácter unilateral, han decidido continuar con las sanciones pero esta vez hacia objetivos más específicos, como a individuos y empresas.

Supuestamente deberían prevenir la generalización del sufrimiento económico sobre la población, pero la experiencia de Venezuela lo niega. Toda sanción a un individuo venezolano significaba el bloqueo de la movilidad en el mercado internacional de esa persona, fuera a título personal o como representante del Estado. Este último es lo que le interesa a Estados Unidos, en este caso.

¿Por qué? Es una manera en que la Casa Blanca, no importa su administración, maquille el objetivo de las sanciones, que es el ataque frontal al aparato estatal. Lo que no ha significado una presión tan insoportable como para aleccionar a los gobernantes atacados su salida del poder. Los casos de Somalia, Ruanda, Cuba, Rusia, Irán y Corea del Norte son paradigmáticos en este sentido.

Así, y a pesar de su uso generalizado en el escenario internacional, las sanciones son en gran medida ineficaces para lograr sus objetivos. A lo sumo, y de manera empírica, se comprueba que apenas un 30% resulta realmente en un cambio de régimen.

Además, los datos demuestran que cuanto más tiempo se aplique el “terrorismo económico” es menos probable que sea efectivo, ya que el país objetivo tiende a adaptarse a sus nuevas circunstancias económicas en lugar de cambiar su comportamiento a favor del emisor de sanciones.

De hecho, propone un aislamiento económico a un país sin lograr, de manera regular, sus objetivos golpistas. Y, generalmente, los Estados-víctima logran abrir otras opciones comerciales, sobre todo en un mundo globalizado como el de hoy, en los que poderes emergentes suben en el escalón global de economías en crecimiento, como China y la India.

Esto provoca que las medidas unilaterales no tengan el impacto político deseado por Occidente, aunque sí severo e incluso crítico para las poblaciones afectadas.

Las políticas sancionatorias de los Estados Unidos, de esta forma, toman un carácter cada vez más terrorista, como lo han denunciado Irán y Venezuela, ya que no parece perseguir objetivos políticos sino económicos y sociales en su búsqueda por destruir los Estados-nación adonde quiera que pase el halcón. La mayor suma de sufrimiento posible, como divisa imperial.

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