La cattura dello Stato

Adoración Guamán*, David Villamar*

Due studiosi di politica analizzano le caratteristiche del ritorno delle destre in America Latina soffermandosi in particolare sull’Ecuador, modello perfetto di uno Stato “catturato” dagli interessi delle élites. Si parla di America Latina, ma sono molti gli spunti di riflessione per noi europei e italiani.

La politica latinoamericana sta vivendo profondi andirivieni con un importante impatto sulle condizioni di vita della maggior parte della società. Le politiche profondamente antisociali messe in opera in Brasile, in Argentina o in Ecuador, in buona parte frutto della sottomissione al Fondo Monetario Internazionale, rivelano tratti sempre più autoritari, attraverso meccanismi istituzionali e giudiziari che cercano di controllare o di eliminare qualsiasi opposizione o dissidenza politica.

L’approvazione di normative (fiscali e lavorative fondamentalmente) derivate dal paradigma neoliberale fondomonetarista, l’utilizzo di meccanismi di persecuzione giudiziaria (il così detto lawfare) e la chiusura di canali di partecipazione e di controllo democratico, stabiliscono un’equazione che produce povertà, precarizzazione, disuguaglianza minando profondamente la costruzione democratica, facendo perdere la fiducia della gente nelle istituzioni, nei processi di partecipazione alla vita politica ma soprattutto nel potere giuridico.

Questo fenomeno è talmente evidente che un numero sempre maggiore di esperti sottolineano l’incompatibilità fra le esigenze delle élites economiche e i meccanismi della democrazia liberale, mettendo in chiaro che l’odierno neoliberismo esige una gestione sempre più autoritaria che si scontra con lo Stato democratico e costituzionale e alla lunga degenera in forme di governo neo-autoritarie (perfino neofasciste). Come se non bastasse, come è evidente in Brasile, ma con colpi di coda altrettanto chiari in altri paesi, il razzismo, la xenofobia, il machismo, l’apologia o la giustificazione della violenza e il disprezzo dello Stato di diritto si estendono nella regione latinoamericana portati da nuove figure politiche emergenti nelle destre.

Per spiegare la via attraverso la quale si rendono effettive queste nuove forme di autoritarismo, è particolarmente utile il concetto di “cattura dello Stato”, definita come l’influenza legittima che le corporazioni esercitano sulle istituzioni pubbliche nazionali e internazionali manipolandole in modo da farle operare secondo le loro priorità, a costo dell’interesse pubblico e dell’integrità dei sistemi necessari a rispettare, proteggere e fare realtà dei diritti umani e proteggere l’ambiente”.

Questo concetto permette di valutare il grado di “sequestro” della democrazia. Così, in uno Stato “catturato”, le politiche pubbliche e le istituzioni appaiono “assoggettate” a gruppi di potere che interferiscono e mettono al servizio dei loro interessi il sistema giuridico, il potere esecutivo, le istituzioni di controllo politico oltre alle narrative mediatiche, comprese le linee di pensiero accademico.

Le conseguenze della cattura sono molteplici, ma possono essere raggruppate in cinque grandi categorie: riduzione delle entrate dei governi, aumento delle disuguaglianze sociali ed economiche, freno alla crescita economica, potenziamento della corruzione e del conflitto, erosione della costruzione democratica delle istituzioni politiche e della credibilità dei processi democratici.

Ovviamente, Bolsonaro e Macri appaiono come i campioni di questo momento che, in diretta opposizione alle politiche del ciclo anteriore, dissolve benessere, democrazia e Stato di diritto in maniera accelerata e propizia il saccheggio di quei paesi, pilotato dalle élites economiche. Ma altri leaders latinoamericani si stanno configurando come le grandi star della postdemocrazia e della precarizzazione dei loro paesi. In particolare, Lenín Moreno, presidente dell’Ecuador dal 2017, può essere considerato senza dubbio come l’elemento più riuscito di questa saga di governanti al servizio delle élites economiche, cosa che può essere dimostrata applicando il concetto di cattura dello Stato per l’analisi delle più recenti decisioni del governo morenista. Un riassunto delle decisioni adottate da quando è arrivato al potere Lenín Moreno, dimostra che il Governo dell’Ecuador ha posto in essere politiche e sostenuto processi che hanno provocato tutte le conseguenze indicate nel concetto di cattura. Si tratta del “saccheggio perfetto” a favore delle élites economiche.

Le prime misure riguardano i rapporti di lavoro: sono state avviate riforme lavorative per rendere meno costosa la mano d’opera nei settori connessi alle imprese dei ministri implicati (come il settore bananiero e l’ex ministro del Lavoro, ora ministro dell’Agricoltura, noto imprenditore bananiero). In seguito sono state approvate riforme fiscali per ridurre le imposte degli investitori stranieri e delle grandi imprese, che hanno prodotto una perdita per le casse dello Stato dell’ 1,2% del PIL (secondo una stima dello stesso FMI) o dell’ 1.310 milioni nel 2019 secondo altre fonti.

Un altro modo per accontentare le élites è stata la precoce deroga della “Legge Organica per evitare la speculazione” (nota come “legge del plusvalore”).

Contemporaneamente, il Governo ha portato avanti un “piano di dimagrimento” dello Stato che implicava la soppressione di ministeri, la riduzione del bilancio e i licenziamenti nel settore pubblico. Secondo la previsione del FMI, la fattura salariale del settore pubblico andrebbe ridotta del 10%, il che implicherebbe circa 140.000 licenziamenti di funzionari pubblici.

Con la riduzione delle entrate e la precarizzazione della mano d’opera si è preparata l’equazione perfetta per prefabbricare una situazione di freno alla crescita economica che nutre l’argomento della necessità imperativa di rivolgersi alle istituzioni finanziarie internazionali per uscire da una crisi economica autoindotta. Così, il FMI è entrato in scena. Si è scritto molto su come il FMI ha saccheggiato l’America Latina lungo la decade perduta (Consenso di Washington). Molte di queste proposte sono state mimetizzate nel Consenso di Bruxelles (non c’è bisogno di ricordare cosa è accaduto in Grecia) ed è noto che il ritorno del Fondo nella regione latinoamericana ha lasciato l’Argentina in una dolorosa e ben nota situazione di miseria.

Meno nota è la telenovela 2.0 fra il FMI e il Governo ecuatoriano a cui conviene dedicare qualche riga:

Il 21 febbraio 2019 fu annunciato un accordo fra il Fondo e l’Ecuador per garantire un prestito di 4.200 milioni di dollari. Il programma di riforma integrale che l’Ecuador si è impegnato a rispettare in cambio di quel prestito include una serie si condizioni orientate ufficialmente “a ristabilire la disciplina fiscale e la sostenibilità”. Sotto questo ampio ombrello, i documenti dell’accordo contengono direttive che danneggiano la politica economica, basate su logiche domestiche: austerità, competitività, riduzione del deficit pubblico, riduzione della “rigidità” del mercato del lavoro e riduzione dello Stato.

La riforma del lavoro proposta dal FMI segue una linea già nota nei paesi europei che hanno adottato la politica della Troika: contratti lavorativi “meno rigidi” per aumentare la partecipazione della forza lavorativa di donne e giovani (il tono machista del Fmi non ha bisogno di essere sottolineato); estensione del periodo di prova; riduzione dei costi di assunzione e licenziamento o impulso “dell’imprenditorialità”. Come in altri scenari, l’intervento del FMI implica una svalutazione interna (precarizzazione della vita) della maggioranza sociale del paese. Mentre venivano applicate queste misure, tanto il tasso di povertà quanto quello della estrema povertà è salito di due punti fra giugno 2017 (Lenín Moreno è diventato presidente a maggio di quell’anno) e giugno 2019. Senza alcun pudore, il presidente Moreno concionava in pubblico sulle virtù del rispetto del lavoro minorile, portando come esempio di “imprenditorialità” un bambino (una “scimmietta”) di cinque anni che vendeva bibite per le strade di Guayaquil.

Oltre al saccheggio economico, l’ingresso del FMI si è allineato alle pratiche “postdemocratiche” che sono andate crescendo d’intensità, combinando il disprezzo verso le istituzioni democratiche al diretto utilizzo delle stesse per eliminare ogni via di resistenza politica. Come nei suoi altri interventi, l’ingresso del FMI implica una perdita netta di sovranità e il trasferimento del ponte di comando dall’economia statale verso un’istanza sovranazionale lontana dai meccanismi democratici nazionali. In una lettera inviata al FMI a maggio, il ministro dell’Economia e la presidente della Banca Centrale dell’Ecuador hanno affermato: “siamo pronti a prendere decisioni politiche addizionali che possano rivelarsi necessarie per raggiungere gli obiettivi del nostro programma in accordo con le politiche del FMI. Consulteremo in anticipo l’esecuzione di queste politiche con il FMI prima di qualsiasi cambio dei nostri piani politici”.

Con le istituzioni governative catturate, era necessario allineare i poteri dello Stato agli interessi delle élites che hanno sequestrato il governo. Questo compito non è stato facile. La Costituzione del 2008 definisce l’Ecuador come uno Stato “partecipativo”, cosa che implica che la partecipazione popolare deve impregnare la vita politica del paese. Questo è stato il senso di aggiungere alle funzioni dello Stato tipiche quella della trasparenza e controllo sociale, e quella elettorale. In quella della trasparenza è stato creato il Consiglio di Partecipazione Cittadina e del Controllo Sociale (CPCCS) con tre competenze specifiche: promozione dell’esercizio dei diritti di partecipazione cittadina; sviluppo ed esecuzione di meccanismi di controllo sociale; e designazione di alcune delle più alte autorità dello Stato.

A febbraio 2018, attraversa una consultazione popolare convocata con molte irregolarità giuridiche, il CPCCS che ha cominciato a funzionare un attimo prima della nomina al potere dell’attuale Governo, è stato destituito. L’Assemblea Nazionale, su proposta del presidente e grazie ad un’alleanza fra la destra e i membri dell’Assemblea alleati di Moreno, hanno nominato un nuovo Consiglio che ha funzionato fino alla morte del suo presidente, a maggio 2019. In questo periodo, il Consiglio ha destituito 28 autorità pubbliche, compreso il plenum della Corte Costituzionale. In seguito, attraverso una votazione popolare, è stato eletto un nuovo Consiglio con una maggioranza non allineata a Moreno. La sua volontà di processare i casi di corruzione vincolati all’ambito familiare del presidente (il caso degli INA papers) ha immediatamente prodotto una persecuzione politica intensa, finita il 14 agosto 2019 quando quattro membri del CPCCS non allineati al Governo di Moreno, sono stati destituiti in un processo politico dall’Assemblea Nazionale. Il procedimento di giudizio politico è stato richiesto da parlamentari dell’alleanza pro-governo, gli argomenti giuridici per la destituzione sono inconsistenti, così come lo erano i poteri straordinari di cui godeva il Consiglio precedente. La persecuzione implicava anche altri giudizi politici, l’utilizzazione dei giudici, sulla linea del lawfare brasiliano, per eliminare dallo scenario politico personaggi chiave come Rafael Correa o l’ex ministro degli esteri Patiño.

Seguendo la linea di Macri in campo socioeconomico e di Bolsonaro in quello antidemocratico, l’Ecuador scivola verso il ritorno ad un passato nefasto. La chiusura delle vie di competizione in termini elettorali e l’appropriazione delle funzioni dello Stato da parte del governo e delle élites, spingono verso uno sconfinamento esterno, un’articolazione popolare che riesca ad accumulare forze per ricostruire un’ultima linea di difesa democratica e sociale.

L’esempio dell’Argentina è stato una boccata di aria fresca nella disperazione, dimostrando che nessun regime si sostiene o conserva credibilità popolare quando, in suo nome, inclina tanto la bilancia del potere verso l’1% della popolazione. Come ha affermato una volta Mujica, dopo tutto quanto è stato costruito dalle sinistre, cosa può offrire la destra al popolo latinoamericano?

(Resumen Latinoamericano, 23 agosto 2019)

https://nostramerica.wordpress.com

*Adoración Guamán insegna Diritto all’Università di Valencia e al FLACSO in Ecuador.

* David Villamar è un economista e matematico latinoamericano

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