Settembre ha il volto di Salvador Allende

Discorso pronunciato da Fidel Castro Ruz, presidente della Repubblica di Cuba, in solidarietà all’eroico popolo del Cile e in omaggio postumo al dott. Salvador Allende – 28 settembre 1973

Sig.ra Hortensia Bussi, Signora Beatriz Allende, compagni dirigenti del Partito e del Governo, compagni e compagne,

Questo anniversario dei Comitati di Difesa della Rivoluzione è dedicato al ricordo del presidente Allende e alla solidarietà con il popolo del Cile.  Solo dieci mesi fa, il 13 dicembre 1972, in questa stessa Piazza il nostro popolo ha avuto l’ultimo incontro con il presidente Allende. Centinaia di migliaia di cubani si sono riuniti con lui in questa piazza per ascoltare le sue magnifiche parole e per esprimere la nostra fiducia, le nostre simpatie e il nostro appoggio al presidente Allende e al processo rivoluzionario del Cile; per esprimere la nostra decisione di appoggiarlo nella misura delle nostre forze, dimostrata in quella occasione con un gesto che noi sappiamo colpì profondamente il cuore del presidente Allende: la decisione fu quella di privarci di un po’ dei nostri alimenti per inviarli al popolo cileno.

Uomo profondamente umano, egli trovò il tempo per visitare tutti quei luoghi dove era stato nelle sue numerose visite nel nostro paese quando ancora non era il Presidente del Cile. E ricevette tutti i compagni che si erano occupati di lui, li ringraziò ed espresse loro la sua riconoscenza.

Questa è l’immagine che noi ricordiamo di quell’uomo umano, di quell’uomo onorato, di quell’uomo fermo, di quell’amico leale che è stato il presidente Salvador Allende.

E in questa stessa Piazza ci convincemmo che egli avrebbe saputo comportarsi in modo rivoluzionario nelle ore critiche, e in questa stessa Piazza ci disse che alla violenza controrivoluzionaria il popolo cileno avrebbe risposto con la violenza rivoluzionaria.

La figura del presidente Allende ed i processo rivoluzionario cileno risvegliarono profonde simpatie e interesse in tutto il mondo.

In Cile si sviluppava per la prima volta nella storia un’esperienza nuova: il tentativo di fare una rivoluzione per vie pacifiche, per strade legali. E questo sforzo incontrò la comprensione e l’appoggio di tutto il mondo, non solo del movimento comunista internazionale ma di molto diverse tendenze politiche. Diciamo che ebbe il riconoscimento anche di coloro che non erano marxisti-leninisti.

E il nostro Partito, il nostro popolo – nonostante noi avessimo fatto la rivoluzione per strade diverse – e tutti i popoli rivoluzionari del mondo lo appoggiarono; noi non abbiamo esitato un solo istante, perché capivamo che in Cile c’era la possibilità di ottenere un trionfo elettorale nonostante tutte le risorse dell’imperialismo e delle classi dominanti, nonostante tutte le circostanze avverse. E non vacillammo nell’anno 1970 nel manifestare la nostra comprensione e il nostro appoggio allo sforzo che la sinistra cilena faceva per trionfare nelle elezioni di quell’anno. E si, fu effettivamente una vittoria elettorale. La sinistra, Unidad Popular, con il suo programma sociale e politico, ottenne il trionfo nelle urne.

Certo, questo non significava il trionfo di una rivoluzione; significava l’accesso a importantissime posizioni di potere per le vie legali e pacifiche.

Ma non era un compito facile quello che il presidente Allende aveva davanti. Dal primo istante cominciarono le cospirazioni. Si trattava di evitare la sua ascesa alla presidenza dopo le elezioni. L’imperialismo e le sue agenzie – la CIA e le compagne multinazionali – cospirarono per evitare che Salvador Allende diventasse Presidente della Repubblica. Assassinarono anche il Capo dell’Esercito del Cile per impedirlo.

Tuttavia, nonostante tutte queste cospirazioni, nonostante gli sforzi dell’imperialismo, Salvador Allende, in nome di Unidad Popular, prese possesso della Presidenza della Repubblica.

Ma quali problemi doveva affrontare? In primo luogo dovette affrontare il fatto che l’apparato statale borghese era intatto; si trovò ad affrontare  le forze armate che si dicevano apolitiche, istituzionali, cioè apparentemente neutrali nel processo rivoluzionario; dovette affrontare quel Parlamento borghese dove la maggioranza dei suoi membri rispondeva alle classi dominanti; si trovò con un sistema giudiziario che rispondeva interamente ai rezionari. E all’interno di quelle circostanze si vedeva obbligato a svolgere i suoi compiti di governo. Ma dovette affrontare anche il fatto che  l’economia del paese era totamente in fallimento, col fatto che lo Stato cileno aveva un debito di 4.000 milioni di dollari.

Questi enormi debiti erano conseguenza della politica imperialista, erano conseguenza delle manovre degli Stati Uniti per cercare di fare del governo della Democrazia Cristiana una ‘vetrina’ per affrontare e frenare l’avanzamento del movimento sociale. Al Cile furono concessi enormi crediti mentre Frei era presidente. Non crediti per sviluppare il paese, ma crediti per spese di lusso: per comprare automobili, frigoriferi e ogni tipo di articoli di lusso che dessero un’immagine di progresso e benessere durante il governo della Democrazia Cristiana.

Il presidente Allende trovò un paese terribilmente indebitato; un paese dove l’imperialismo aveva introdotto i suoi costumi,  le sue abitudini consumistiche, un paese dove i mezzi di divulgazione di massa – la stampa, la televisione e la radio – erano in mano all’oligarchia e alla reazione. E, oltretutto, proprio nel momento stesso in cui il prezzo del rame si abbassava da 75 centesimi a 48 centesimi la libbra.

Ma, poiché c’erano necessità popolari urgentissime di cui occuparsi, visto che esisteva un’altissima disoccupazione ed era necessario trovare una soluzione alle necessità più urgenti del popolo, alle domande più pressanti della popolazione, il Governo di Unidad Popular trovò enormi ostacoli sul suo cammino.

Qundo cominciarono ad applicare la rifoma agraria, i latifondisti e i borghesi agrari immediatamente si diedero al sabotaggio della produzione agricola. I borghesi, proprietari dei centri di distribuzione, proprietari dei magazzini e proprietari dei negozi  cominciarono ad accaparrarsi le merci e a sabotare il Governo di Unidad Popular.

L’imperialismo, non appena venne approvata la nazionalizzazione dele società del rame – società che erano di proprietà yankee, imprese che avevano estratto migliaia e migliaia di milioni dal lavoro e dal sudore del popolo cileno – immediatamente congelò tutti i crediti di tutti gli organismi internazionali al Governo cileno e si accinse ad asfissiare l’economia del Cile.

Queste furono le enormi difficoltà che il presidente Allende trovò all’arrivo al potere.

Quei tre anni di Governo di Unidad Popular furono davvero tre anni di lotta, di difficoltà, di agonia per poter portare avanti il suo programma. Furono tre anni di congiura dopo congiura, di cospirazione dopo cospirazione. Le classi dominanti reagirono come c’era da aspettarsi, esse e i loro partiti. Le associazioni dei proprietari, dei commercianti, e persino associazioni di tecnici di quel tipo che qui abbiamo conosciuto, in maggioranza al servizio delle classi dominanti, sabotarono i compiti del governo: indicevano fermate e scioperi a carattere indefinito e più di una volta paralizzarono il paese. E non solo questo, ma rivolgevano costanti inviti alle Forze Armate a rovesciare il Governo di Unidad Popular.

E tra queste enormi difficoltà avveniva la gestione del presidente Allende. E in mezzo a queste enormi difficoltà egli cercò di fare e fece molte cose per il popolo cileno. E in questi tre anni il popolo cileno, specialmente i suoi operai e i suoi contadini, compresero che là, alla Presidenza della Repubblica, non c’era un rappresentante degli oligarchi, dei proprietari terrieri, ma un rappresentante degli umili, dei lavoratori: un vero rappresentante del popoplo, che lottava per esso nonostante le enormi difficoltà che aveva davanti.

Il presidente Allende comprendeva le difficoltà e intravedeva i pericoli, vedeva nascere il fascismo, vedeva succedersi le cospirazioni una dopo l’altra. E a fronte di quell’insieme di forze create e incoraggiate dall’imperialismo gli restava solo quella disposizione dell’animo, quella decisione di difendere il processo al prezzo della propria vita. E Salvador Allende tenne fede alla sua parola in modo drammatico e impressionante! Salvador Allende dimostrò più dignità, più onore, più coraggio ed eroismo che tutti i militari fascisti insieme. Il suo gesto  incomparabile ha affondato per sempre nell’ignominia Pinochet e i suoi complici.

I fascisti hanno cercato di nascondere al popolo del Cile e al mondo il comportamento straordinariamente eroico del presidente Allende. Per questo hanno cercato di sottolineare la versione del suicidio. Ma anche se Allende, ferito gravemente, per non cadere prigioniero del nemico avesse sparato contro se stesso, questo non sarebbe un demerito ma costituirebbe un gesto di straordinario valore!

 ………

Abbiamo avuto molta ragione e molta premonizione nel regalare quel fucile al Presidente! Mai un fucile fu impugnato da mani tanto eroiche di quelle di un Presidente costituzionale e legittimo del suo popolo.

Mai un fucile difese meglio la causa degli umili, la causa dei lavoratori e dei contadini cileni. Se ogni operaio e ogni contadino avvesse impugnato un fucile come quello, non ci arebbe stato il golpe fascista.

Questa è la grande lezione che deriva dagli eventi cileni per i rivoluzionari.

Tra il popolo cileno, cioè tra il meglio del popolo cileno – i suoi operai, i suoi contadini, l sua gioventù combattiva – e le Forze Armate cilene si apre oggi un profondo e incolmabile abisso. Questo abisso è il mare di sangue di operai, di contadini, di studenti e di rivoluzionari fucilati, massacrati e assassinati dalle orde fasciste.  Tra le Forze Armate fasciste e il popolo cileno sta il sangue di Salvador Allende e degli uomini che morirono insieme a lui quel giorno. E va detto senza timore e paura. Perché il popolo dovrà affrontare il fascismo, e lo affronterà!

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L’imperialismo cerca di negare la sua complicità e la sua responsabilità nel golpe fascista. L’imperialismo è un sistema economico, sociale, politico e culturale destinato all’oppressione dei popoli, e l’imperialismo ha cercato di creare in America Latina tutte le condizioni per impedire il movimento popolare, e in Cile cospirò da prima del trionfo di Unidad Popular, mosse milioni di dollari dandoli ai partiti borghesi, per cercare di schiacciare Unidad Popular. E più di una elezione la vinse con la corruzione, con l’impiego di grandi somme di denaro, con menzogne, con campagne di terrore e di calunnie.

L’imperialismo cercò di corrompere il popolo cileno. I monopoli cercarono di corrompere gli operai delle miniere valendosi degli alti prezzi del rame e dei loro enormi profitti, pagando salari incomparabilmente superiori al resto degli altri operai cileni. L’imperialismo non smise un attimo di cospirare contro il Governo di Unidad Popular. Ed è ben chiaro che, mentre bloccava al Cile tutti i crediti economici, il Pentagono manteneva magnifiche relazioni con le Forze Armate cilene. Una gran parte di quegli ufficiali delle Forze Armate cilene sono stati educati in accademie imperialiste. E mentre si negava al Cile qualsiasi credito, alcune settimane prima del golpe di Stato il signor Nixon concesse un credito di 10 milioni di dollari alle Forze Armate cilene per l’acquisto di armi.

L’imperialismo ha creato strumenti come la OEA, la Giunta Interamericana di Difesa, le Manovre Militari Congiunte… E il giorno del golpe, proprio l’11 settembre, le navi da guerra nordamericane stazionavano di fronte a Valparaìso. Quel giorno comincivano le manovre tra la squadra cilena e la squadra yankee. E le navi della squadra cilena presero apparentemente il mare e in poche ore tornarono a Valparaìso per guidare la rivolta.

Dai fatti accaduti, noi rivoluzionari dobbiamo trarre le nostre conclusioni. E’ chiaro che l’imperialismo si muove, che porta avanti un’offensiva strategica in America Latina con la complicità del Brasile. Prima c’è stato in colpo di Stato in Bolivia, poi quello in Uruguay e ora il colpo di Stato in Cile.

A noi, in questo momento, non importano le differenze di ideologia o di sfumature tra i movimenti in Argentina, o in Perù, e la Rivoluzione Cubana. La nostra Rivoluzione è la più solida del continente. Il nostro popolo è il popolo più unito di questo continente perché, dopo la sparizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, in questo paese si è creata davvero l’unità del popolo, un’unità solida e indistruttibile. Questo paese non ha i problemi che hanno altri paesi fratelli dell’America latina perché gli sfruttatori sono spariti dalla faccia della terra … e per sempre! Qui la reazione e il fascismo non hanno posto in assoluto.

 Le nostre Forze Armate sono il nostro popolo armato. Le nostre masse sono organizzate e hanno la direzione di un partito marxista-leninista.

Ci sono alcuni che si spaventano al sentire la parola ‘marxismo’ ….Ora nessuno qui si spaventa di sentir parlare di comunismo. E marxismo-leninismo, socialismo, vuol dire definizione politica, definizione politica ben chiara e precisa. E’ avere una scienza politica a disposizione del popolo, è avere una guida, è avere un nord, è avere una bussola, è sapere che passi fare sul sentiero rivoluzionario.

 E’ proprio questa caratteristica, senza pannicelli tiepidi, queste definizioni complete che rendono forte la Rivoluzione Cubana. E’ questo che le ha permesso di resistere all’imperialismo yankee.

 E ora non si discute più se la Rivoluzione Cubana sopravviverà o no. Si discute se sopravviverà o no la rivoluzione latinoamericana. Di questo si discute.

E c’è una lezione da trarre da questo esempio cileno; con un popolo solo non si fa la rivoluzione: ci vogliono anche le armi e solo con le armi non si può fare la rivoluzione: ci vuole anche il popolo!

…..

Il presidente Allende ha dato al suo popolo il più grande esempio di eroismo che si possa offrire. Ha sintetizzato il meglio del patriottismo, del coraggio, dell’onore e dello spirito combattivo del popolo cileno.

I fascisti dicono che che c’è la pace in Cile dopo l’11 settembre, ma se c’è stato un 11 settembre, come a Cuba ci fu un 10 marzo, in Cile ci sarà anche un 26 luglio e ci sarà anche un Primo Gennaio.

Noi abbiamo visto declinare l’imperialismo in questo continente, noi abbiamo cominciato il declino dell’imperialismo in questo continente. E i nostri popoli vedranno la fine dell’imperialismo in questo continente.

E il nostro popolo sarà solidale con il popolo del Cile, e gli darà qualsiasi aiuto che è alla sua portata, su tutti i terreni. E se un giono siamo stati capaci di toglierci la nostra quota di zucchero per darla al popolo cileno, saremo disposti a strapparci anche il cuore pe aiutare la rivoluzione cilena.

 ….

 Gloria eterna a Salvador Allende insieme al Che, insieme a Martì, Bolivar, Sucre, San Martìn, O’Higgins, Morelos, Hidalgo, Juárez  e a tutti i grandi uomini che consacrarono le loro vite alla libertà di questo continente!

Il popolo cileno schiaccerà il fascismo! Patria o morte! Vinceremo.

(traduzione di Daniela Trollio  CIP“G.Tagarelli” )


DISCURSO PRONUNCIADO POR FIDEL CASTRO RUZ, PRESIDENTE DE LA REPÚBLICA DE CUBA, EN EL ACTO CONMEMORATIVO DEL XIII ANIVERSARIO DE LOS COMITES DE DEFENSA DE LA REVOLUCION, DE SOLIDARIDAD CON EL HEROICO PUEBLO DE CHILE, Y DE HOMENAJE POSTUMO AL DOCTOR SALVADOR ALLENDE, EFECTUADO EN LA PLAZA DE LA REVOLUCION “JOSE MARTI”, LA HABANA, EL 28 DE SEPTIEMBRE DE 1973, “AÑO DEL XX ANIVERSARIO”.

Señora Hortensia Bussi, viuda de Allende;

Señora Beatriz Allende;

Compañeros dirigentes del Partido y del Gobierno;

Compañeros y compañeras:

No vamos a disputar por las banderas. Esta es la única vez en que las banderas se pliegan por mandato del pueblo.

Este aniversario de los Comités de Defensa de la Revolución se ha dedicado al recuerdo del presidente Allende y a la solidaridad con el pueblo de Chile (APLAUSOS). Y nuestro pueblo, expresando su profundo afecto al presidente Allende y su profundo espíritu revolucionario, ha respondido colmando esta Plaza en número superior a ninguna otra concentración anterior.

Hace apenas diez meses, el 13 de diciembre de 1972, en esta misma Plaza nuestro pueblo tuvo el último encuentro con el presidente Allende . Cientos de miles de cubanos se reunieron con él en esta Plaza para escuchar sus magníficas palabras y para expresar nuestra confianza, nuestras simpatías y nuestro apoyo al presidente Allende y al proceso revolucionario de Chile; para expresar nuestra decisión de apoyarlo en la medida de nuestras fuerzas, demostrada en aquella ocasión con un gesto que nosotros sabemos que caló profundamente en el corazón del presidente Allende, que fue aquella decisión de quitarnos un poco de nuestro propio alimento para enviárselo al pueblo chileno.

Recordamos cuán feliz se sentía el Presidente en aquellos breves días en que nos visitó, porque se sentía entre amigos, se sentía entre verdaderos hermanos, se sentía en familia.

Profunda impresión le causó aquel recibimiento multitudinario, a pesar de la hora, a pesar de que el pueblo se había movilizado para recibirlo por la mañana, cambió la hora de llegada, y aun de noche las calles de nuestra ciudad se llenaron del entusiasmo de nuestros hombres y mujeres para recibirlo, para saludarlo y para vitorearlo.

Podríamos decir que en los tres años de intenso esfuerzo, de gran tensión, en el Gobierno, aquellos tres o cuatro días fueron para él como un sedativo.

Y todos recordamos cómo en aquella visita, en su carácter de Presidente de la República de Chile, no olvidó a nadie, no dejó de visitar a ningún amigo. Hombre profundamente humano, encontró tiempo para recorrer todos aquellos lugares donde había estado, donde había residido en sus numerosas visitas a nuestra patria cuando todavía no era Presidente de Chile. Y a todos los compañeros que lo atendieron alguna vez fue a verlos, a darles las gracias y a expresarles su reconocimiento.

Esa es la imagen que nosotros recordamos de aquel hombre humano, de aquel hombre decente, de aquel hombre honrado, de aquel hombre firme, de aquel amigo leal que fue el presidente Salvador Allende.

Y en esta misma Plaza nos dio la convicción de que él sabría comportarse revolucionariamente en las horas críticas, y en esta misma Plaza nos dijo que a la violencia contrarrevolucionaria, el pueblo chileno respondería con la violencia revolucionaria! 

La figura del presidente Allende y el proceso revolucionario chileno despertaron profundas simpatías e interés en todo el mundo.

En Chile se desarrollaba por primera vez en la historia una experiencia nueva: el intento de llevar a cabo la revolución por las vías pacíficas, por los caminos legales. Y en ese esfuerzo encontró la comprensión y el apoyo de todo el mundo, no solo del movimiento comunista internacional, sino de muy diferentes tendencias políticas. Digamos que encontró el reconocimiento incluso de aquellos que no eran marxista-leninistas.

Y nuestro Partido, nuestro pueblo —a pesar de que nosotros habíamos hecho la revolución por caminos diferentes—, y todos los pueblos revolucionarios del mundo le dieron el apoyo, nosotros no vacilamos en un solo instante, porque comprendíamos que en Chile se daba la posibilidad de obtener un triunfo electoral, a pesar de todos los recursos del imperialismo y de las clases dominantes, a pesar de todas las circunstancias adversas. Y no vacilamos en el año 1970 en exponer públicamente nuestra comprensión y nuestro apoyo al esfuerzo que la izquierda chilena realizaba para triunfar en las elecciones de aquel año.

Y se produjo efectivamente una victoria electoral. La izquierda, la Unidad Popular, con su programa social y político, obtuvo un triunfo en las urnas.

Claro que aquello no significaba el triunfo de una revolución; significaba el acceso a importantísimas posiciones de poder por las vías legales y pacíficas.

No era, sin embargo, una tarea fácil la que tenía delante el presidente Allende. Desde el primer instante se iniciaron las conspiraciones. Se trató de evitar su ascenso a la presidencia después de las elecciones. El imperialismo y sus agencias —la CIA y las compañías multinacionales— conspiraron para evitar que Salvador Allende fuera Presidente de la República. Incluso asesinaron al Jefe del Ejército de Chile para impedirlo.

El propio presidente Frei, hombre soberbio y profundamente reaccionario (ABUCHEOS), no se resignaba a que Salvador Allende ocupara la Presidencia de la República, como lo había determinado el voto popular. Pero a pesar de todas esas conspiraciones, a pesar de los esfuerzos del imperialismo, Salvador Allende, en nombre de la Unidad Popular, tomó posesión de la Presidencia de la República.

Pero, ¿con qué problemas se encontró? Se encontró, en primer lugar, con que el aparato estatal burgués estaba intacto; se encontró con unas fuerzas armadas que se llamaban apolíticas, institucionales, es decir, aparentemente neutras en el proceso revolucionario; se encontró con aquel Parlamento burgués, donde una mayoría de sus miembros respondía a las clases dominantes; se encontró con un sistema judicial que respondía por entero a los reaccionarios. Y dentro de aquellas circunstancias se veía obligado a realizar sus tareas de gobierno. Pero se encontró también con que la economía del país estaba totalmente en quiebra, con que el Estado chileno debía 4 000 millones de dólares.

Esas enormes deudas eran consecuencia de la política imperialista, eran consecuencia de los manejos de Estados Unidos, tratando de crear una vitrina con el gobierno de la Democracia Cristiana para enfrentar y frenar el avance del movimiento social.

Le concedieron a Chile enormes créditos cuando Frei era presidente. Pero no créditos para desarrollar el país, sino créditos para gastos suntuarios: para comprar automóviles, para comprar televisores, refrigeradores, y todo tipo de artículos suntuarios, que dieran una imagen de progreso y de bienestar durante el gobierno de la Democracia Cristiana.

El presidente Allende se encontró con un país terriblemente endeudado; un país donde el imperialismo había introducido sus costumbres, sus hábitos de consumo; un país donde los medios de divulgación masivos —la prensa, la televisión y la radio— estaban en manos de la oligarquía y de la reacción. Y además, coincidiendo con un instante en que el precio del cobre bajaba de 75 centavos a 48 centavos la libra.

Pero como además había urgentísimas necesidades populares que atender, puesto que existía un enorme desempleo, y era necesario buscar solución al problema de los desempleados, y era necesario atender las necesidades más urgentes del pueblo, las demandas más sentidas de la población, el Gobierno de la Unidad Popular se encontró con enormes obstáculos económicos en su camino.

Cuando comenzaron a aplicar la reforma agraria, los latifundistas y los burgueses agrarios se dieron de inmediato a la tarea de sabotear la producción agrícola. Los burgueses, propietarios de los centros de distribución, propietarios de los almacenes, y propietarios de las tiendas, se dieron a la tarea de acaparar las mercancías y sabotear al Gobierno de la Unidad Popular.

El imperialismo, tan pronto se aprobó la nacionalización de las empresas de cobre —empresas que eran propiedades yankis: empresas que habían extraído miles y miles de millones del trabajo y del sudor del pueblo chileno— inmediatamente congeló todos los créditos de todos los organismos internacionales al Gobierno chileno, y se dio a la tarea de asfixiar la economía de Chile.

Esas fueron las enormes dificultades que el presidente Allende se encontró al llegar al poder.

Los partidos políticos burgueses, esencialmente el Partido Nacional y el Partido Demócrata Cristiano, orientado por una dirigencia reaccionaria, se dieron a la tarea, en complicidad con el imperialismo y con las clases reaccionarias y con la prensa reaccionaria, de obstaculizar por todos los medios la gestión del presidente Allende.

Y virtualmente no lo dejaban gobernar; virtualmente mantenían al gobierno con las manos atadas, para impedir su gestión.

Esos tres años de Gobierno de la Unidad Popular fueron realmente tres años de lucha, de dificultades, de agonía, para poder llevar adelante el programa. Y junto a eso, unas Fuerzas Armadas —repito— que se llamaban apolíticas e institucionales.

Fueron tres años de conjura tras conjura, de conspiración tras conspiración. Las clases dominantes reaccionaron como era de esperarse, ellas y sus partidos. Los gremios de propietarios, de comerciantes, e incluso gremios de profesionales, integrados por ese tipo de profesional que nosotros conocimos aquí, en su mayoría al servicio de las clases dominantes, sabotearon las tareas del gobierno: decretaban paros y huelgas con carácter indefinido, y más de una vez paralizaron el país.

Y no solo eso, sino que hacían constantes llamados a las Fuerzas Armadas para derrocar al Gobierno de la Unidad Popular.

Y en medio de esas enormes dificultades se realizaba la gestión del presidente Allende. Y en medio de esas dificultades trató de hacer e hizo muchas cosas por el pueblo chileno. Y al menos en estos tres años el pueblo chileno, en especial sus obreros y sus campesinos, comprendieron que allí, en la presidencia de la República, no estaba un representante de los oligarcas, de los terratenientes y de los burgueses, sino un representante de los humildes, de los trabajadores: ¡un verdadero representante del pueblo, que luchaba por él, a pesar de las enormes dificultades que tenía delante! (APLAUSOS)

El presidente Allende comprendía las dificultades y vislumbraba los peligros; veía nacer el fascismo, veía sucederse las conspiraciones unas tras otras. Y frente a aquel conjunto de fuerzas creadas y alentadas por el imperialismo, solo le quedaba aquella disposición de ánimo, aquella decisión de defender el proceso al precio de su propia vida (APLAUSOS).

Recordamos aquella tarde en un estadio de la ciudad de Santiago, donde se efectuaba un acto de despedida a la delegación cubana, y las palabras que en esa ocasión, de manera terminante y categórica, expresó el Presidente. Fue el 4 de diciembre de 1971:

Se los digo con calma, con absoluta tranquilidad: yo no tengo pasta de apóstol ni tengo pasta de Mesías. No tengo condiciones de mártir. Soy un luchador social que cumple una tarea, la tarea que el pueblo me ha dado. Pero que lo entiendan aquellos que quieren retrotraer la historia y desconocer a la voluntad mayoritaria de Chile: sin tener carne de mártir, no daré un paso atrás. Que lo sepan: dejaré la Moneda cuando cumpla el mandato que el pueblo me diera.

Que lo sepan, que lo oigan, que se les grabe profundamente: defenderé esta Revolución Chilena y defenderé el Gobierno Popular, porque es el mandato que el pueblo me ha entregado. No tengo otra alternativa. Solo acribillándome a balazos podrán impedir la voluntad que es hacer cumplir el programa del pueblo.

Y esas mismas palabras las repitió al otro día, en el diálogo que sostuvimos con el periodista Augusto Olivares, parte del cual ustedes acaban de escuchar aquí.

Pero aquellas palabras no eran simple retórica. Aquellas palabras demostraban la voluntad y la decisión de un hombre de honor.

¡Y Salvador Allende cumplió su palabra en forma dramática e impresionante! 

Los fascistas han tratado de ocultar al mundo lo que ocurrió el 11 de septiembre. Nosotros, reuniendo el testimonio de los que estuvieron con el Presidente aquella mañana y reuniendo los datos de algunos sobrevivientes, hemos reconstruido lo que ocurrió el 11 de septiembre alrededor del presidente Allende (APLAUSOS), y lo vamos a exponer aquí en el día de hoy, en forma breve y sintética. Una parte de esos hechos la hemos escuchado de labios de su propia hija en la tarde de hoy, que nos expresó con claridad todo lo que ella vivió aquella mañana junto a su padre, y que reflejaban esencialmente el aspecto humano del presidente Allende, su preocupación por los compañeros que estaban desarmados, su preocupación por las mujeres que podían morir allí inútilmente, consciente de la necesidad de que la lucha futura dispusiera de conductores y dispusiera de cuadros. ¡Y cuánta razón tenía!

Si la compañera Beatriz Allende hubiese muerto aquel día en el Palacio de la Moneda, este millón de personas, y la opinión pública internacional, no habrían tenido la oportunidad de conocer aquellos gestos, aquellas preocupaciones, aquellas inquietudes, sobre todo la inquietud por la unidad de las fuerzas revolucionarias, aquel llamado a la unión, aquellos sentimientos y aquella inquebrantable decisión de luchar hasta morir del presidente Allende defendiendo su justa causa.

Hemos podido conocer por sus palabras cuál fue la actitud y la disposición de ánimo del presidente Allende aquel día.

Nosotros nos vamos a referir esencialmente al carácter de combatiente y de soldado de la revolución del presidente Allende el 11 de septiembre.

A las 6:20 de la mañana de ese día, el Presidente recibió una llamada telefónica en su residencia de Tomás Moro informándole del golpe militar en desarrollo. De inmediato pone en estado de alerta a los hombres de su guardia personal y toma la firme decisión de trasladarse al Palacio de La Moneda para defender, desde su puesto de Presidente de la República, al Gobierno de la Unidad Popular. Lo acompaña una escolta de 23 hombres, armados con 23 fusiles automáticos, dos ametralladoras calibre 30 y tres bazookas, que se traslada con el Presidente en cuatro automóviles y una camioneta al palacio Presidencial, donde llegan a las 7:30 de la mañana.

Portando su fusil automático, el Presidente, acompañado por la escolta, penetró por la puerta principal de La Moneda. A esa hora la protección habitual de carabineros se mantenía normal en el Palacio.

Ya en el interior se reunió con los hombres que lo acompañaban, les informó de la gravedad de la situación y su decisión de combatir hasta la muerte defendiendo al gobierno constitucional, legítimo y popular de Chile frente al golpe fascista, analizó los efectivos disponibles y dictó las primeras instrucciones para la defensa de Palacio.

Siete miembros del Cuerpo de Investigaciones arribaron para sumarse a los defensores. Las postas de carabineros, mientras tanto, se mantenían en sus puestos y algunos adoptaban medidas para la defensa del edificio. Un pequeño grupo de la escolta personal custodia la entrada del despacho presidencial con instrucciones de no dejar pasar ningún militar armado, para evitar una traición.

En el espacio de una hora se dirige tres veces por radio al pueblo expresando su voluntad de resistir.

Pasadas las 8:15, por los citófonos de Palacio, la Junta fascista conmina al Presidente a la rendición y la renuncia de su cargo, ofreciéndole un transporte aéreo para abandonar el país en compañía de sus familiares y colaboradores.

El Presidente les responde que “como generales traidores que son no conocen a los hombres de honor” y rechaza indignado el ultimátum.

El Presidente sostiene en su despacho una breve reunión con varios altos oficiales del Cuerpo de Carabineros que habían acudido a Palacio, los cuales rehusan cobardemente en aquel instante defender al Gobierno. El Presidente los reprocha duramente y los despide con desprecio, conminándolos a que abandonen de inmediato el lugar. Mientras se efectuaba esta reunión con los jefes de Carabineros llegaron los tres edecanes militares; el Presidente les expresa que no era momento para confiar en los uniformados y les pide que se retiren de La Moneda. No obstante, el Presidente se despide con afecto del comandante Sánchez, que había sido su eficiente Edecán por la Fuerza Aérea durante varios años.

Minutos después de retirarse los edecanes y los altos oficiales de los Carabineros, el Teniente Jefe a cargo de la Guarnición de Carabineros del Palacio Presidencial, obedeciendo órdenes de su jefatura, instruye a un carabinero que recorra el edificio impartiendo la orden de retirarse a los miembros de la guarnición, los cuales comienzan de inmediato a abandonar La Moneda, llevándose parte de su armamento. Lo mismo hacen los carros blindados de carabineros, que hasta ese instante estaban en posiciones de defensa del Palacio.

Un grupo de 10 carabineros, acompañados del portador de la orden de retirada y cumpliendo, sin duda, instrucciones, cuando se retiraban por la escalera principal y ya próximos a la salida, vuelven sus fusiles intentando disparar contra el Presidente, siendo enérgicamente ripostados por el personal de la escolta. Son estos los primeros disparos que se cruzan con los golpistas.

Mientras estos hechos ocurrían, numerosos ministros, subsecretarios, asesores, las hijas del Presidente, Beatriz e Isabel y otros militantes de la Unidad Popular, van arribando al Palacio para estar junto al Presidente en esas horas críticas.

A las 9:15 de la mañana aproximadamente, se realizan las primeras descargas desde el exterior contra Palacio. Tropas fascistas de infantería, en número superior a 200 hombres, avanzaban por las calles de Teatinos y Morandé, a ambos lados de la Plaza de la Constitución, hacia el Palacio Presidencial, disparando contra el despacho del Presidente. Las fuerzas que defendían el Palacio no pasaban de 40 hombres. El Presidente ordena abrir fuego contra los atacantes y dispara él personalmente contra los fascistas, que retroceden desordenadamente con numerosas bajas.

Los fascistas introducen entonces los tanques en el combate apoyados por infantería. Un tanque avanza por la calle Moneda, otro por Teatinos, otro por Alameda con Morandé y otro en dirección de la puerta principal por la Plaza Constitución. En ese instante, desde el propio despacho del Presidente se abrió fuego de bazooka contra el tanque que estaba junto a la puerta principal, que fue totalmente destruido. Otros dos tanques concentran su fuego sobre el gabinete del Presidente y un carro blindado dispara sus ametralladoras hacia la Secretaría privada y la oficina de escoltas. Varias piezas de artillería, situadas por el lado de la Plaza Constitución, disparan también contra Palacio. El Presidente recorre las distintas posiciones de combate alentando y dirigiendo a los defensores. La lucha violenta se prolonga más de una hora, sin que los fascistas logren avanzar una pulgada.

A las once menos cuarto el Presidente reúne en el Salón Toesca a los ministros, subsecretarios y asesores que habían acudido a Palacio para estar junto a él, y les expresa que la lucha en el futuro necesitaría de conductores y cuadros, que todos los que estaban desarmados debían abandonar La Moneda en la primera ocasión posible y todos los que tenían armas debían continuar en sus puestos de combate. Naturalmente que ninguno de los colaboradores que carecían de armas estuvo de acuerdo con esta tesis del Presidente, tampoco las hijas del Presidente y demás mujeres que se encontraban en La Moneda, se resignaban a abandonar el Palacio.

El combate prosiguió violento. Por los citófonos de palacio los fascistas lanzan rabiosamente nuevos ultimátums, anunciando que si los defensores no se rinden emplearían de inmediato la Fuerza Aérea.

A las doce menos cuarto el Presidente se reúne con las hijas y restantes mujeres que en número de nueve se encontraban en el Palacio, ordenándoles con toda firmeza que debían abandonar La Moneda, pues consideraba que no tenía sentido que murieran allí indefensas. Y de inmediato solicitó de los sitiadores una tregua de tres minutos para evacuar el personal femenino. Los fascistas no conceden la tregua, pero sus tropas comenzaban en esos instantes a retirarse de los alrededores de Palacio, para llevar a cabo el ataque aéreo, lo que produjo un impasse en el combate que permitió la salida de las mujeres.

A las 12:00 aproximadamente comienza el ataque de la aviación. Los primeros roquets cayeron en el Patio de Invierno que está en el centro de La Moneda, perforando los techos y estallando en el interior de las edificaciones. Nuevas oleadas de aviones y nuevos impactos se suceden unos tras otros, inundando de humo y de aire tóxico todo el edificio.

El Presidente da órdenes de recolectar todas las máscaras antigases, se interesa por la situación del parque y exhorta a los combatientes a resistir firmemente el bombardeo.

El parque de los fusiles automáticos de la guardia personal del Presidente se estaba agotando después de casi tres horas de combate, por lo que el Presidente ordenó derribar de inmediato la puerta de la armería de la guarnición de Carabineros del Palacio, donde podía encontrarse parte del armamento de aquella. Al impacientarse por la tardanza de la información sobre dichas armas, él mismo, cruzando el Patio de Invierno se dirigió a la armería y observando que se demoraban en derribar la puerta ordenó que se emplearan granadas de mano en la operación, lográndose abrir un boquete en el cuarto de armas, de donde extrajeron cuatro ametralladoras calibre 30 y numerosos fusiles Sik, gran cantidad de parque, máscaras antigases y cascos. El Presidente ordena que todo se lleve de inmediato a los puestos de combate y personalmente recorre los dormitorios de los carabineros, recogiendo fusiles Sik y otros armamentos que allí quedaban. El propio Presidente cargó sobre sus hombros numerosas armas para reforzar los puestos de combate, exclamando: “Así se escribe la primera página de esta historia. Mi pueblo y América escribirán el resto” (APLAUSOS), lo que produjo profunda emoción en todos los que lo acompañaban.

Mientras el Presidente transportaba pertrechos desde la armería, de nuevo se reanuda el ataque aéreo con violencia. Una explosión quebró cristales próximos al sitio donde se encontraba el Presidente, lanzando fragmentos de vidrio que lo hieren por la espalda. Fue esta la primera herida que sufrió. Mientras recibía atención médica ordenó que continuara el traslado de las armas, y no cesaba de preocuparse por la suerte de cada uno de los compañeros.

Minutos después los fascistas reanudan violentamente el ataque, combinando la acción de la Fuerza Aérea con la artillería, los tanques y la infantería. Según los testigos presenciales, el ruido, la metralla, las explosiones, el humo y el aire tóxico convirtieron al palacio en un infierno. No obstante la instrucción dada por el Presidente, de que se abrieran todos los grifos y llaves de agua para evitar el incendio de la planta baja, el palacio comienza a arder por el ala izquierda y las llamas se propagan hacia la sala de los Edecanes y el Salón Rojo. Pero el Presidente, que no se desalentó un solo instante, ni en los momentos más críticos, ordena hacer frente al ataque masivo con todos los medios disponibles.

Tuvo lugar entonces una de las mayores proezas del Presidente. Mientras el Palacio estaba envuelto en llamas se arrastró bajo la metralla hasta su gabinete, frente a la Plaza Constitución, tomó personalmente una bazooka, la dirigió contra un tanque situado en la calle Morandé —que disparaba furiosamente contra palacio— y lo puso fuera de combate con un impacto directo. Instantes después otro combatiente pone fuera de acción un tercer tanque.

Los fascistas introducen nuevos carros blindados, tropas y tanques por la calle Morandé 80, intensificando el fuego por la puerta de acceso a La Moneda, mientras el Palacio continuaba ardiendo. El Presidente desciende a la planta baja con varios combatientes para repeler el intento de los fascistas de penetrar al interior del Palacio desde la calle Morandé, rechazándolo.

Los fascistas suspenden entonces el fuego en ese sector y piden a gritos dos representantes del gobierno con carácter de parlamento. El Presidente envía a Flores, secretario general de Gobierno y a Daniel Vergara, subsecretario del Interior, quienes salen por la puerta de la calle Morandé y se dirigen a un jeep militar que se encontraba enfrente. Esto tenía lugar aproximadamente a la 1:00 de la tarde. Flores y Vergara conversan con un alto oficial que se encontraba en dicho jeep. Al regresar a palacio y ya próximos a la entrada, desde el mismo jeep les disparan a traición, recibiendo Flores un impacto en la pierna derecha y Daniel Vergara varios disparos por la espalda, que lo abatieron, siendo recogido por sus compañeros bajo el fuego protector de otros defensores.

Los fascistas habían pedido el parlamento para exigir de nuevo la rendición, ofreciendo facilidades al Presidente y los defensores para abandonar palacio y dirigirse al destino que escogieran. El Presidente reiteró de inmediato su decisión de combatir hasta la última gota de sangre (APLAUSOS), interpretando no solo su deseo, sino el de todos los heroicos defensores de Palacio. Desde la planta baja resistieron las embestidas procedentes de Morandé, mientras la entrada principal de palacio estaba ya prácticamente destruida.

Próximo a la 1:30 p.m., el Presidente sube a inspeccionar las posiciones de la planta superior. A estas alturas numerosos defensores habían perecido por la metralla, las explosiones o calcinados por las llamas. El periodista Augusto Olivares asombró a todos por su comportamiento extraordinariamente heroico . Habiendo sido herido grave, fue atendido y operado en la sala médica de Palacio, y cuando todos lo suponían yaciendo en una cama, con el arma en la mano ocupó de nuevo su puesto de combate en el segundo piso junto al Presidente. Sería prolijo enumerar aquí los nombres y los actos de heroísmo de los combatientes que allí se destacaron.

Pasada la 1:30 p.m. los fascistas se apoderan de la planta baja de Palacio, la defensa se organiza en la planta alta y prosigue el combate. Los fascistas tratan de irrumpir por la escalera principal. A las 2:00 p.m. aproximadamente logran ocupar un ángulo de la planta alta. El Presidente estaba parapetado, junto a varios de sus compañeros, en una esquina del Salón Rojo. Avanzando hacia el punto de irrupción de los fascistas, recibe un balazo en el estómago que lo hace inclinarse de dolor, pero no cesa de luchar, apoyándose en un sillón continúa disparando contra los fascistas a pocos metros de distancia (APLAUSOS), hasta que un segundo impacto en el pecho lo derriba y ya moribundo es acribillado a balazos.

Al ver caer al Presidente, miembros de su guardia personal contraatacan enérgicamente y rechazan de nuevo a los fascistas hasta la escalera principal. Se produce entonces, en medio del combate, un gesto de insólita dignidad: tomando el cuerpo inerte del Presidente lo conducen hasta su gabinete, lo sientan en la silla presidencial, le colocan su banda de Presidente y lo envuelven en una bandera chilena.

Aun después de muerto su heroico Presidente, los inmortales defensores del palacio resistieron durante dos horas más las salvajes acometidas fascistas. Solo a las 4:00 de la tarde, ardiendo ya durante varias horas el Palacio Presidencial, se apagó la última resistencia.

Muchos se asombrarán de lo que aquí se acaba de narrar. Y así es, sencillamente asombroso. La alta oficialidad fascista de los cuatro cuerpos armados se habían levantado contra el Gobierno de la Unidad Popular y solo 40 hombres resistieron durante siete horas el grueso de la artillería, los tanques, la aviación y la infantería fascista. Pocas veces en la historia se escribió semejante página de heroísmo.

El Presidente no solo fue valiente y firme en cumplir su palabra de morir defendiendo la causa del pueblo, sino que se creció en la hora decisiva hasta límites increíbles. La presencia de ánimo, la serenidad, el dinamismo, la capacidad de mando y el heroísmo que demostró, fueron admirables. Nunca en este continente ningún Presidente protagonizó tan dramática hazaña. Muchas veces el pensamiento inerme quedó abatido por la fuerza bruta. Pero ahora puede decirse que nunca la fuerza bruta conoció semejante resistencia, realizada en el terreno militar por un hombre de ideas, cuyas armas fueron siempre la palabra y la pluma.

Salvador Allende demostró más dignidad, más honor, más valor y más heroísmo que todos los militares fascistas juntos. Su gesto de grandeza incomparable, hundió para siempre en la ignominia a Pinochet y sus cómplices.

¡Así se es revolucionario!

¡Así se es hombre!

¡Así muere un combatiente verdadero!

¡Así muere un defensor de su pueblo!

¡Así muere un luchador por el socialismo! 

Hace unos minutos a esta tribuna nos llegó el texto de las últimas palabras del presidente Allende.

Trabajadores de mi patria: tengo fe en Chile y su destino. Superarán otros hombres este momento gris y amargo, donde la traición pretende imponerse. Sigan ustedes sabiendo que, mucho más temprano que tarde, se abrirán las grandes alamedas por donde pase el hombre libre para construir una sociedad mejor.

¡Viva Chile, viva el pueblo, vivan los trabajadores! 

Estas son mis últimas palabras, teniendo la certeza de que el sacrificio no será en vano. Tengo la certeza que, por lo menos, habrá una sanción moral que castigará la felonía, la cobardía y la traición (

Los fascistas han tratado de ocultar al pueblo de Chile y al mundo este comportamiento extraordinariamente heroico del presidente Allende. Para ello han tratado de enfatizar la versión del suicidio.

Pero incluso si Allende, herido grave, para no caer prisionero del enemigo hubiese disparado contra sí mismo, ese no sería un demérito sino que habría constituido un gesto de extraordinario valor.

¡Qué pretenden negarle al presidente Allende! ¡Qué puede negársele en esa hora suprema de sacrificio y de heroísmo!

Calixto García, una de las figuras más gloriosas de nuestra historia, cayó prisionero del enemigo. Y cuando a la madre le informaban que su hijo estaba prisionero, ella dijo: ¡ese no puede ser mi hijo! Pero cuando le dijeron: ¡antes de caer prisionero se disparó un tiro para privarse la vida!, ella dijo: ¡ah, entonces sí: ese es mi hijo! 

Después de muerto el presidente Allende han tratado de lanzar lodo sobre su limpia figura, de una forma baja, innoble y ruin.

¡Pero qué puede esperarse de los fascistas! Incluso han sacado a relucir el fusil con que combatió Allende, el fusil automático que nosotros le obsequiamos, tratando de hacer propaganda burda y ridícula con eso. ¡Pero los hechos han demostrado que ningún obsequio mejor al presidente Allende que ese fusil automático para defender al Gobierno de la Unidad popular! 

(EXCLAMACIONES DE: “¡Fidel, seguro, a los yankis dales duro!”)

Fue mucha la razón y la premonición que tuvimos al obsequiarle ese fusil al Presidente. ¡Nunca un fusil fue empuñado por manos tan heroicas de un Presidente constitucional y legítimo de su pueblo! 

¡Nunca un fusil defendió mejor la causa de los humildes, la causa de los trabajadores y los campesinos chilenos! ¡Y si cada trabajador y cada campesino hubiesen tenido un fusil como ese en sus manos, no habría habido golpe fascista! (APLAUSOS y EXCLAMACIONES DE: “¡Fidel, seguro, a los yankis dales duro!”)

Esa es la gran lección que se desprende para los revolucionarios de los acontecimientos chilenos.

Pero no solo han sacado a relucir el fusil. Días atrás, publicaron una carta que nosotros enviamos a fines de julio al presidente Allende. Pero son sucios los fascistas: no publican la carta completa, al menos de los cables que hemos leído deducimos que hay partes que han sido suprimidas. ¡por eso nosotros vamos a leer aquí la carta completa! 

Habana, julio 29 de 1973.

Querido Salvador:

Con el pretexto de discutir contigo cuestiones referentes a la reunión de países no alineados, Carlos y Piñeiro realizan un viaje a esa. El objetivo real es informarse contigo sobre la situación y ofrecerte como siempre nuestra disposición a cooperar frente a las dificultades y peligros que obstaculizan y amenazan el proceso.

La estancia de ellos será muy breve por cuanto tienen aquí muchas obligaciones pendientes y, no sin sacrificios de sus trabajos, decidimos que hicieran el viaje.

Veo que están ahora en la delicada cuestión del diálogo con la Democracia Cristiana en medio de acontecimientos graves como el brutal asesinato de tu Edecán Naval y la nueva huelga de los dueños de camiones. Imagino por ello la gran tensión existente y tus deseos de ganar tiempo, mejorar la correlación de fuerzas para caso de que estalle la lucha y, de ser posible, hallar un cauce que permita seguir adelante el proceso revolucionario sin contienda civil, a la vez que salvar tu responsabilidad histórica por lo que pueda ocurrir. Estos son propósitos loables. Pero en caso de que la otra parte, cuyas intenciones reales no estamos en condiciones de valorar desde aquí, se empeñase en una política pérfida e irresponsable exigiendo un precio imposible de pagar por la Unidad Popular y la revolución, lo cual es, incluso, bastante probable, no olvides por un segundo la formidable fuerza de la clase obrera chilena y el respaldo enérgico que te ha brindado en todos los momentos difíciles; ella puede, a tu llamado ante la revolución en peligro, paralizar los golpistas, mantener la adhesión de los vacilantes, imponer sus condiciones y decidir de una vez, si es preciso, el destino de Chile. El enemigo debe saber que está apercibida y lista para entrar en acción. Su fuerza y su combatividad pueden inclinar la balanza en la capital a tu favor aun cuando otras circunstancias sean desfavorables.

Tu decisión de defender el proceso con firmeza y con honor, hasta el precio de tu propia vida, que todos te saben capaz de cumplir, arrastrará a tu lado todas las fuerzas capaces de combatir y todos los hombres y mujeres dignos de Chile. Tu valor, tu serenidad y tu audacia, en esta hora histórica de tu patria y, sobre todo, tu jefatura firme, resuelta y heroicamente ejercida constituyen la clave de la situación.

Hazle saber a Carlos y a Manuel en qué podemos cooperar tus leales amigos cubanos (APLAUSOS).

Te reitero el cariño y la ilimitada confianza de nuestro pueblo.

Fraternalmente, Fidel Castro.

Es absurdo, es ridículo, es estúpido, tratar de presentar esta carta —que llevaba la solidaridad, la amistad y el aliento de nuestro pueblo a un presidente acosado por el imperialismo, acosado por la reacción, y acosado por el fascismo— como un caso de intromisión en los asuntos internos de Chile.

Con ese criterio, la condena universal, las palabras de incontables estadistas y hombres públicos, de innumerables organizaciones, condenando el golpe, condenando las masacres y condenando los crímenes, constituyen una intromisión en los asuntos internos de Chile.

¡Los problemas de la lucha antiimperialista, los problemas que afectan al movimiento revolucionario, los problemas que afectan a la humanidad, nos incumben y nos interesan y nos corresponden a todos los hombres revolucionarios y progresistas del mundo! 

¡Y por Chile, como por Viet Nam, no solo estamos dispuestos a dar nuestra azúcar quitándonosla de nuestras cuotas, estamos dispuestos a dar nuestra propia sangre! 

Cuando se hizo la independencia de Chile, hombres de otros rincones del continente no solo enviaron cartas sino que fueron a combatir junto a los chilenos por la independencia del país (.

Los fascistas el 11 de septiembre no solo atacaron al Palacio Presidencial, sino que atacaron también y bombardearon despiadadamente, la residencia del presidente Allende, donde se encontraba su familia. Y fue realmente una gran casualidad el que su esposa no encontrara allí también la muerte.

Los familiares nos han narrado el calvario de ese día y los días siguientes, cuando ocultaron al pueblo chileno la muerte del presidente Allende hasta mucho más de 24 horas después de ocurrida. El entierro lo hicieron en riguroso secreto.

Por distintos medios localizaron a la esposa y a una hermana, las condujeron a un aeropuerto militar de Santiago de Chile, y en un avión militar de transporte las transportaron junto al féretro hasta un aeropuerto de Valparaíso, y desde allí —con un extraordinario despliegue de fuerza— hasta un cementerio de esta ciudad, donde estaba la tumba familiar del presidente Allende. Pero en ningún caso dejaron abrir aquel sencillo féretro envuelto con una manta militar. En ningún caso, ni en el avión, ni en el trayecto hasta el cementerio, ni en el cementerio, dejaron que los familiares vieran el cadáver del presidente Allende. ¿Por qué? ¿Qué pretendían ocultar? ¿No es evidente que ellos temían desenmascararse? ¿No es evidente que ellos pretendían ocultar que el cadáver de Allende tenía mas de 10 balazos, que el cuerpo de Allende fue acribillado aun después de muerto?

Los fascistas —como ustedes saben— se ensañaron también contra los cubanos, contra nuestra Embajada. ¡Y eso no nos deshonra! Malo sería, grave sería que los fascistas se sonrieran con nosotros.

Ese odio fascista demuestra y expresa lo que es Cuba, y ese odio es por algo. Saben de la lealtad de la Revolución, de la firmeza de la Revolución, de la solidaridad de la Revolución con el proceso revolucionario latinoamericano y eso los asusta.

El mismo día 11, alrededor de las 12:00 meridiano nuestra Embajada recibió el primer ataque de los fascistas, y alrededor de la media noche recibió el segundo ataque, pero ambos fueron rechazados enérgicamente (APLAUSOS).

Después de los ataques los fascistas trataban de intimidar a nuestra representación diplomática y amenazaban con que iban a emplear tanques, cañones y aviones; pero nuestros representantes diplomáticos, a unos cuantos generalotes y esbirros que los llamaron por teléfono, invariablemente les decían: “Defenderemos la Embajada, que es territorio cubano, hasta el último hombre” (APLAUSOS). Y los fascistas sabían que tenían que matar hasta el último cubano en nuestra embajada. ¡No hubo vacilaciones!

Durante la madrugada del día 12 se dedicaron a realizar disparos esporádicos, pero el ataque final no llegó. Y nuestros compañeros de la embajada regresaron todos al país una vez rotas las relaciones diplomáticas.

De otros cinco cubanos, tres de ellos que ejercían como profesores en las universidades del norte y dos como instructores deportivos, hay noticias de una parte de ellos que están en Argentina, pero todavía no tenemos noticias de dos de los cubanos que trabajaban allí como técnicos .

Pero los fascistas no solo agredieron a nuestra embajada, sino que se comportaron groseramente y maltrataron a los funcionarios diplomáticos de otros países socialistas y maltrataron a otros técnicos socialistas que estaban prestando servicio en aquel país. Y no solo maltrataron a representantes de países socialistas, sino que incluso cometieron todo género de vulgaridades, groserías y maltratos con representantes de otros países capitalistas.

Pero si cobarde fue la agresión contra la embajada, mucho más cobarde todavía fue la agresión contra nuestro barco —barco mercante que había ido a llevar los suministros de azúcar al país. Son tan desvergonzados que todavía han tratado de negar lo que hicieron con el barco.

Aquí nosotros hemos traído los datos, tal como quedaron registrados minuto a minuto en el libro del barco, de lo que ocurrió aquellos días.

Día 25 de agosto de 1973. El buque llega a Valparaíso, quedando fondeado.

Día 26 de agosto. Los fascistas explotan bomba en la embajada y en residencia de diplomáticos cubanos y en escuela de niños cubanos.

Día 29. Atraca el buque al muelle. Empieza la descarga del azúcar.

Día 4 de septiembre. Los fascistas explotan una bomba en la casa del representante de Navegación Mambisa en Santiago.

Día 6. Provocaciones de la prensa derechista en contra de la motonave Playa Larga.

Día 10. El buque queda fondeado fuera del puerto, para que ocupe el muelle un granero en virtud de la falta de trigo en la ciudad.

Día 11 a las 10:00 horas. Se reúne el Capitán con la junta de oficiales para analizar la situación provocada por el golpe militar. Se decide aguardar orden de la Empresa de Navegación Mambisa. Falta un hombre de la tripulación, que debería regresar a la medianoche del día anterior.

11:00 horas. Regresa a bordo el compañero mayordomo, Gumercindo pers Pers, denunciando haber sido detenido por una patrulla de la Marina de Guerra en la noche anterior y sometido a maltratos por el hecho de ser ciudadano cubano. Las autoridades navales expresaron en esa oportunidad profundo odio al pueblo y gobierno cubanos.

11:25. Embarcan prácticos militares con una escolta de marinos cambiando el buque de fondeadero.

16:30. Se recibe orden de la Empresa de Navegación Mambisa para que el buque gestione la salida del puerto junto a las autoridades chilenas.

17:00. El Capitán convoca nuevamente la junta de oficiales, que por unanimidad apoya su decisión de abandonar el puerto por no ofrecer seguridad al buque y a la tripulación. Esta decisión fue influida por los maltratos al tripulante cubano antes mencionado, no ofreciendo las autoridades locales ninguna garantía de respeto a los derecho humanos.

17:35. Se hace repentinamente el buque a la mar, a toda máquina.

17:55. Aviones de la Armada chilena realizan pases volando sobre nuestro buque.

18:02. Avión de la Armada chilena realiza vuelo de picada sobre el buque tirándonos con ametralladoras.

18:45. Siguen los aviones de la Armada chilena pases sobre nuestro buque.

19:00. Helicópteros de la Armada lanzan bombas a pocos metros de la proa de nuestro buque y nos ametrallan para evitar posibles maniobras por parte nuestra para salir del área donde dejaron caer las bombas.

19:05. Estalla una bomba de profundidad en la proa del buque.

19:32. Continúan las incursiones de dos aviones de la Armada chilena contra nuestro buque.

20:00. se detecta por nuestro radar un buque de la Armada chilena que salió en nuestra persecución a 17,5 millas por la aleta de estribor, siguiéndonos también los aviones que no cesan en su hostigación a nuestro buque. El Capitán convoca una junta de oficiales que lo apoya por unanimidad en su decisión de proseguir viaje a cualquier precio, sin aceptar rendición bajo ningún concepto (APLAUSOS).

20:30. Radar indica que estamos a 43 millas de la costa chilena.

20:40. Nos ordena el buque de guerra de la Armada chilena que paremos inmediatamente las máquinas contestándoseles que estamos en aguas internacionales.

20:43. El buque de guerra de la Armada chilena que nos sigue comienza a dispararnos con cañones de grueso calibre.

20:45. El buque de la Armada chilena nos sigue cañoneando, así como también dispara luces de bengala para iluminar el área en que navegamos.

20:55. Nos continúa tirando el buque de la Armada chilena.

21:00. Nos continúa cañoneando el buque de la Armada chilena que nos sigue. Punto de la costa chilena más próximo a nosotros se queda a 52,3 millas.

21:10. Vuelve a cañonearnos el buque de la Armada chilena que nos sigue.

21:20. Se le comunica el siguiente mensaje al buque de la Armada chilena: “Ya informamos a nuestro Gobierno de esta cobarde agresión en aguas internacionales, y ustedes son responsables por todas las consecuencias que puedan resultar. Patria o Muerte. Venceremos. Viva Cuba. Capitán y tripulación” (APLAUSOS). Como respuesta el buque de la Armada chilena nos cañoneó.

21:30. Nos sigue disparando cañonazos el buque de la Armada chilena que nos persigue. Punto más cercano de la costa chilena es de 61,5 millas.

22:00. Seguimos siendo perseguidos por el buque de la Armada chilena que nos sigue. Invitándonos esta a que nos reintegremos al puerto de Valparaíso, enterándonos por esta comunicación que el buque corresponde a Blanco Encalada.

Se recibe un cable del Buró Político del Comité Central del Partido Comunista de Cuba, y del Ministerio de la Marina Mercante y Puertos, dando total apoyo a nuestra decisión de no rendirnos bajo ningún concepto, mensaje este que nos da aliento a proseguir en nuestro viaje a toda costa.

22:14. Hemos sido tocados por un proyectil de los que nos está tirando el destructor Blanco Encalada.

22:20. El buque es tocado nuevamente por un cañonazo en proa.

22:30. El buque es tocado por un cañonazo en la proa popa.

22:38. El destructor Blanco Encalada cañonea el puente de nuestro buque, sin tocarlo, notándose caer los proyectiles en el agua por la banda contraria a la que se encuentra el destructor.

22:40. El destructor hace maniobras para abordar nuestro buque por la amura de babor, realizando nosotros maniobras evasivas para impedir el abordaje.

23:12. Fracasando la maniobra de abordaje por la amura de babor el destructor Blanco Encalada trata de situarse en la popa para disparar sobre nuestra hélice y timón, y nuestro buque realiza maniobras evasivas con el objeto de evitar sean dañadas las hélices y el timón. Empleando el V.H.F. el destructor comienza a trasmitir todas las órdenes dadas por el oficial que dirige el control de tiro de las distintas piezas de manera que sean oídas por nuestro barco, con la finalidad de intimidarnos.

23:30. Fracasadas todas sus maniobras, amenazas y violencias, en el sentido de apoderarse del buque, el destructor Blanco Encalada empieza a alejarse gradualmente rumbo a la costa chilena.

Día 12. 00:30 horas. Se hace una inspección en el buque y sondeo de sentinas de bodega, descubriéndose tres grandes perforaciones causadas por proyectiles en la número uno. Se comienza a tapar los boquetes por la tripulación entrando enormes cantidades de agua en la referida bodega.

03:00 horas. Se ordena lastrar los deep-tanks, peak de popa, y los plan de la bodega número siete, para mejorar la estabilidad del buque.

10:00 horas. Se terminan de llenar los deep-tanks y los peak de popa. Se hace una inspección de las averías provocadas por la cobarde agresión de un buque de la Armada chilena, encontrándose el siguiente resultado:

A).- perforaciones de dos por dos pies en el costado de estribor y perforaciones de dos por tres pies en la plancha de la cubierta contigua al área arriba mencionada provocadas por el impacto del mismo proyectil.

B).- Perforaciones de uno por un pie en el costado de estribor.

C).- Perforaciones de tres por un pie en el costado de babor.

D).- Numerosas perforaciones por fragmentación de granada de alto poder explosivo en mamparo divisor proa.

E).- Perforación de tubería sonda y avería de imbornal.

F).- Perforación cuatro por tres pulgadas en la plancha cubierta. inferior.

G).- Diversas abolladuras en el mamparo de proa estribor.

H).- pérdida de 199 624 kilos de azúcar granel provocada por la inundación de la bodega número uno.

I).- Sospecha de impacto en la misma bodega por debajo de la línea de flotación y en la popa, así como otras abolladuras y averías menores.

10:35. Sobrevoló sobre nosotros un avión de la Armada chilena, para reconocernos y delatar nuestra posición a los militares chilenos.

22:00. Se hace encuentro con el buque cubano Marble Island, continuando juntos la navegación con destino al Callao, Perú.

Este hecho, relacionado con el barco Playa Larga, constituye algo verdaderamente insólito y sin precedentes. Fue prácticamente la batalla de un buque desarmado que se negaba a rendirse, que se negaba a obedecer las órdenes de los fascistas a pesar de estar atacado por aviones, helicópteros y un barco de guerra capaz de destruirlo. Nosotros no hemos oído nunca mencionar siquiera un caso parecido (APLAUSOS) de semejante desafío de un barco mercante que fue atacado y cañoneado, y casi hundido, puesto que realmente las perforaciones podían haber provocado el hundimiento del buque, que habría ocurrido si el Capitán y los tripulantes no hubiesen ideado la fórmula de inundar otras bodegas para elevar la proa.

Y lo admirable de este caso fue la disposición de la tripulación de dejarse hundir en las aguas del Pacífico antes que obedecer las órdenes fascistas (APLAUSOS).

Y hasta los propios fascistas estaban asombrados. Y no voy a trasmitir aquí algunas de las cosas que dijeron en medio de su asombro. No nos interesan. No nos interesa la admiración de los fascistas; pero baste decir que estaban asombrados.

Y ese es el comportamiento de los cubanos. Ese es el verdadero contenido de la actitud de un revolucionario, y de la frase “Patria o Muerte”. ¡Eso es saber decir “¡Patria o Muerte!” cuando hay que decir “¡patria o Muerte!” 

Y ese es el comportamiento de los cubanos, no por ser cubanos, sino por ser revolucionarios .

y estos hechos habrán de tener más trascendencia de la que pudiera parecer ahora, porque los fascistas emplean la violencia y la fuerza con el ánimo de imponer el terror, y frente a eso hay un remedio, un solo remedio: ¡no temer a los fascistas!

La conducta ejemplar del presidente Allende destruyó moralmente al fascismo en Chile (APLAUSOS), porque ellos subestimaron al presidente Allende, ellos creyeron que el presidente Allende tomaría el avión, ellos creyeron que el presidente Allende se sometería a la fuerza. Estaban absolutamente seguros de eso. Y lo que los anonadó, lo que los sacó de quicio, fue la actitud del presidente Allende (APLAUSOS), su valor, su honor, su heroísmo, su dignidad, su disposición a combatir allí contra todos los tanques y todos los cañones y todos los aviones del mundo, sabiendo que en aquel momento estaba defendiendo una bandera, una causa, aunque esa bandera y esa causa en ese momento luchasen en condiciones muy desfavorables y muy difíciles. Pero él sabía que había que defenderla hasta el precio de la vida.

Y esa fue la actitud de otros combatientes chilenos en Tomás Moro, en las universidades, en las comunas populares; y esa fue la actitud de nuestra representación diplomática, y esa fue la actitud de los tripulantes del barco Playa Larga .

De modo que no le faltaron lecciones, extraordinarias lecciones al fascismo ese día, y que desde ya le dicen la resistencia que se van a encontrar, que desde ya le dicen lo que les espera cuando los pueblos no se dejan oprimir, cuando los pueblos no se dejan intimidar, cuando los hombres y las mujeres están dispuestos a morir.

El temor, el terror, puede intimidar a los cobardes, ¡pero no intimidará jamás a los revolucionarios, y mucho menos a los revolucionarios que luchan por su patria, por su pueblo, por los trabajadores, por los explotados, por los oprimidos; mucho menos jamás a los revolucionarios marxista-leninistas! 

La Junta Militar es fascista, pero no solo es fascista por sus actos, sino por sus ideas. Cuando nosotros estuvimos de visita en Chile, próximos a nuestro regreso nos llegó un librito de texto de las academias militares chilenas titulado Geopolítica, escrito por el señor Augusto Pinochet, jefe de los fascistas (ABUCHEOS). Ya de regreso nosotros hojeábamos aquel libro, y veíamos con asombro que muchos de los conceptos contenidos en aquel libro eran nazi-fascistas.

En la introducción a su libro de Geopolítica dice Pinochet:

La geopolítica considera al Estado como un organismo supraindividual y como tal es un organismo vivo que se halla empeñado en una lucha constante por la existencia.

Más adelante dice:

Uno de los objetivos de la geopolítica es el de proporcionar antecedentes sobre la posible aplicación y utilización de las leyes espaciales en la política exterior del Estado y en el período de desarrollo.

Luego añade:

La geopolítica ha llegado a considerarse como la herramienta del pensamiento y de la acción política; más aún, ella debe llegar a ser la conciencia geográfica del Estado y la inspiración de los diferentes objetivos internos y externos que esta debe alcanzar.

En la misma introducción, hablando con gran entusiasmo de un tal Haushofer, uno de los padres de esta ciencia fascista, y compartiendo enteramente su criterio, dice:

Adoptó la Ley de Ratzel acerca de la extensión territorial de los pueblos y de su lucha por espacios siempre mayores. Habló de un ‘destino espacial’, acuñó la muy definida expresión de ‘espacio vital’ y fue partidario de la conquista del espacio hacia el Este antes que la guerra con Polonia.

Estos libros de texto son los que enseñan en las academias militares de Chile, y uno de sus más señalados profesores era Augusto Pinochet Ugalte.

En estos conceptos de geopolítica, de espacios vitales, de expansiones territoriales, que son nítidamente nazis, se educan los militares chilenos.

Con estricta justicia, no podemos decir que todos los oficiales chilenos son fascistas. Tenemos el ejemplo del general Prats, del general Pickering y del general Sepúlveda Esqueda, que hicieron grandes esfuerzos por mantener a los institutos armados dentro de la lealtad al gobierno constitucional y dentro de la ley. Desde luego, una mayoría de oficiales fascistas los hicieron saltar prácticamente de sus mandos.

Para que se tenga una idea de cómo operan las clases reaccionarias, baste recordar aquel episodio cuando la derecha, con su prensa, con sus órganos de divulgación masiva, sembrando incesante veneno, armando ideológicamente a los golpistas, movilizando a los reaccionarios, organizó nada menos que una manifestación de señoras de coroneles y generales para que fueran a la casa del general Prats para exigirle la renuncia del Ministerio de Defensa.

Esa mayoría fascista en la alta oficialidad de las fuerzas armadas, promovió la renuncia de estos tres generales. Y desde luego, esas renuncias desgraciadamente facilitaron el camino del fascismo.

Tenemos noticias también de que un oficial de carabineros, de los que luchó contra el “tancazo”, en medio del combate se dirigió al Palacio y luchó allí junto a la guardia personal del presidente Allende contra los fascistas (APLAUSOS).

Es conveniente resaltar estos hechos. Porque aunque la composición de clase de la oficialidad de las Fuerzas Armadas de Chile es reaccionaria, puesto que ellos se han cuidado de que sus oficiales procedan de las clases media y rica, y puesto que: no tienen acceso a esas posibilidades jóvenes de las clases humildes, y aunque la mayoría de la oficialidad es fascista, y han sido educados en el fascismo y la reacción, nosotros estamos seguros de que habrá oficiales de las Fuerzas Armadas chilenas que tomen conciencia del bochornoso, del criminal papel que la jefatura fascista está haciendo jugar a las Fuerzas Armadas de Chile, ¡y que en su día se sumarán al pueblo en la lucha contra el fascismo! (APLAUSOS)

Con el golpe fascista las Fuerzas Armadas chilenas han sellado su destino. Se desenmascararon totalmente. Ahí se pudo ver su “apoliticismo”, su “institucionalismo”. Lo mantuvieron mientras los intereses de las clases dominantes no estaban amenazados. Pero cuando vieron en peligro los intereses de esa clase, abandonaron el apoliticismo supuesto, el institucionalismo, y se pusieron del lado de los reaccionarios, se pusieron del lado de los explotadores contra el pueblo.

¡Entre el pueblo chileno, es decir, entre lo mejor del pueblo chileno —sus obreros, sus campesinos, sus juventudes combativas— y las Fuerzas Armadas chilenas se abre hoy un profundo e insalvable abismo! ¡Ese abismo es el mar de sangre de obreros, de campesinos, de estudiantes y de revolucionarios fusilados, masacrados y asesinados por las hordas fascistas!

¡Entre las fuerzas armadas fascistas y el pueblo chileno, se abre la sangre insalvable de Salvador Allende y de los hombres que murieron junto a él aquel día! 

¡Y hay que decirlo sin temor y sin miedo! ¡Porque el pueblo tendrá que enfrentarse al fascismo, y se enfrentará al fascismo!

Pero la Junta Militar no solo es fascista por sus ideas; lo es también por sus actos. Y los cables nos han traído noticias de fusilamientos masivos de obreros, de bombardeos a universidades, de quemas de libros, de campos de concentración, de atroces actos de terrorismo contra las masas y contra el pueblo. Nos traen noticias de la ilegalización de los partidos políticos, de la disolución de las organizaciones obreras, y nos traen noticias de vejaciones, de crímenes de todo tipo.

Los fascistas no solo asesinan y matan, sino que en los registros de las comunas y de las universidades y de las casas de los revolucionarios, saquean despiadadamente, se roban cuantos objetos encuentran a su paso, se comportan como verdaderos bandidos sedientos de sangre y de dinero.

En el día de hoy llegó la noticia de que el secretario General del Partido Comunista fue arrestado por los esbirros de la junta fascista. Ya sabemos lo que eso significa. Sin la menor duda que a estas horas el dirigente comunista Luis Corvalán está siendo sometido a las más atroces torturas por los fascistas, y que su vida está en peligro.

Es necesario levantar un poderoso movimiento internacional para pedir el respeto de la vida de Luis Corvalán (APLAUSOS), para pedir la integridad física de Luis Corvalán y de todos los revolucionarios, combatientes de fila o dirigentes, de hombres y mujeres sencillos del pueblo que, en número de decenas de miles, están en los campos de concentración creados por el fascismo.

Y todos estos hechos: fusilamientos de obreros, disolución de partidos, quemas de libros, violaciones de las leyes internacionales, ataques a embajadas, ataques a barcos indefensos, campos de concentración, son expresión pura de fascismo.

Pero entre la década del 30 y la del 70 han transcurrido 40 años, y no estamos como en los tiempos en que Hitler y Mussolini comenzaron sus andanzas por el mundo, porque hoy hay una conciencia universal, mucho más profunda, una humanidad mucho más avanzada y mucho más progresista, que repudia con toda su alma estos hechos vandálicos.

Y los únicos que se creen que estamos todavía en la década del 30 son esos estúpidos, ignorantes, cretinos, militarotes chilenos que escenificaron el golpe de Estado. Ellos no saben todavía siquiera el mundo en que vivimos.

Cuando nosotros estuvimos en Chile pudimos ya vislumbrar el ascenso del espíritu fascista frente al movimiento revolucionario en el seno de la sociedad chilena. Y al despedirnos, el 2 de diciembre de 1971, del pueblo chileno, le decíamos:

Hemos aprendido una cosa, hemos apreciado una comprobación más de la ley de la historia: hemos visto el fascismo en acción; y hemos podido comprobar un principio contemporáneo: que la desesperación de los reaccionarios, la desesperación de los explotadores en el mundo de hoy —como ya se ha conocido nítidamente por experiencia histórica— tiende hacia las formas más brutales y más bárbaras de violencia y de reacción.

Y todos conocen la historia del fascismo en diversos países, en los países que fueron la cuna de ese movimiento; cómo surgieron, y cómo los privilegiados, los explotadores, cuando aun sus propias instituciones inventadas y creadas por ellos para mantener el dominio de clase no les sirven, las destruyen ellos mismos.

Inventan una legalidad, inventan una constitución, inventan un parlamento. Cuando digo “inventan una constitución”, digo: inventan una constitución burguesa, porque las revoluciones socialistas establecen sus propias constituciones y sus propias formas de democracia.

Pero, ¿qué hacen los explotadores cuando sus propias instituciones ya no les garantizan el dominio? ¿Cuál es su reacción cuando los mecanismos con que han contado históricamente para mantener su dominio les fracasan, les falla? Sencillamente los destruyen. No hay nada más anticonstitucional, más antilegal, más antiparlamentario y más represivo y más violento y más criminal que el fascismo.

El fascismo en su violencia liquida todo, arremete contra las universidades, las clausura y las aplasta; arremete contra los intelectuales, los reprime y los persigue; arremete contra los partidos políticos; arremete contra las organizaciones sindicales; arremete contra todas las organizaciones de masas y las organizaciones culturales. De manera que nada hay más violento ni más retrógrado ni más ilegal que el fascismo.

Y eso, que dijimos entonces desgraciadamente, es lo que sabemos que en estos días ha estado ocurriendo en Chile.

Destacados artistas populares han sido asesinados. Y uno de los cables trae la noticia de que un grupo folklórico completo fue fusilado por los fascistas.

El imperialismo trata de rehuir su complicidad y su responsabilidad en el golpe fascista. El imperialismo es todo un sistema económico, social, político y cultural, destinado a la opresión de los pueblos, y el imperialismo ha tratado de crear en la América Latina todas las condiciones para impedir el advenimiento del movimiento popular, y en Chile conspiró desde antes del triunfo de la Unidad Popular, movilizó millones de dólares, entregándoselos a los partidos burgueses, para tratar de aplastar a la Unidad Popular. Y más de una elección la ganó mediante el soborno, mediante el empleo de sumas masivas de dinero, mediante mentiras, mediante campañas de terror y de calumnias.

El imperialismo trató de corromper al pueblo chileno. Los monopolios trataron de corromper a los obreros de sus minas, apoyándose en dos altos precios del cobre y sus enormes ganancias, abonaba salarios incomparablemente superiores al resto de los obreros chilenos. El imperialismo no cesó de conspirar un solo instante contra el Gobierno de la Unidad Popular. Y está bien claro que mientras bloqueaba a Chile todos los créditos económicos, el pentágono mantenía magníficas relaciones con las Fuerzas Armadas Chilenas. Una gran parte de esos oficiales de las Fuerzas Armadas Chilenas ha sido educada en academias imperialistas. Y mientras se le negaba a Chile todo crédito, algunas semanas antes del golpe de Estado el señor Nixon concedió un crédito de 10 millones de dólares a las Fuerzas Armadas Chilenas para adquirir armas.

El imperialismo mantenía un juego descarado, separando al Gobierno de las Fuerzas Armadas, bloqueando a aquel y apoyando a estas.

El imperialismo ha creado instrumentos como la OEA, la Junta Interamericana de Defensa, las Maniobras Navales Conjuntas. Todas estas instituciones ha creado el imperialismo para conspirar y para realizar la contrarrevolución en este continente.

Y el Gobierno de la Unidad Popular no pudo siquiera impedir, no pudo siquiera prohibir que la Marina chilena siguiera realizando maniobras conjuntas con la Marina de Estados Unidos.

Y el día del golpe, precisamente el 11 de septiembre, los barcos de guerra norteamericanos estaban frente a Valparaíso. Ese día comenzaban maniobras entre la escuadra chilena y la escuadra yanki. Y los barcos de la escuadra chilena se hicieron a la mar aparentemente, y a las pocas horas volvieron a Valparaíso para encabezar el alzamiento.

El golpe de Estado, de hecho, se venía desarrollando desde hacía muchos días.

Como señalaba Beatriz que le dijo el Presidente, al amparo de la llamada ley de control de armas las fuerzas armadas venían realizando grandes despliegues de tropas contra las fábricas, contra los centros obreros, contra las oficinas de los partidos populares. En las últimas semanas del gobierno de Allende los grupos fascistas de Patria y Libertad realizaban decenas de atentados terroristas diariamente, y cometían crímenes de todo tipo; la prensa reaccionaria, el Partido Nacional y el Partido Demócrata Cristiano —que tiene una gran responsabilidad histórica en los hechos que acaban de suceder—, alentaban incesantemente el golpe de Estado.

Cuando se escriba la historia de estos acontecimientos, habrá que señalar nítidamente la responsabilidad que tienen Frei y comparsa, Frei y toda la camarilla derechista de la dirigencia Demócrata Cristiana; la responsabilidad que tiene la prensa reaccionaria en todos estos hechos; la responsabilidad que tienen el Partido Nacional, el Poder Judicial y el Parlamento, en los sucesos que han tenido lugar en Chile, porque ellos tendrán que saldar esa responsabilidad con el pueblo chileno (APLAUSOS).

De los hechos ocurridos los revolucionarios tenemos que sacar nuestras conclusiones. Está claro que el imperialismo se mueve, que el imperialismo lleva a cabo una ofensiva estratégica en América Latina, en complicidad con Brasil. Primero fue el golpe de Estado en Bolivia, después fue el golpe de Estado en Uruguay, y ahora el golpe de Estado en Chile.

Hace 10 años, al menos las burguesías y el imperialismo se defendían con otros procedimientos: se defendían con el Parlamento, se defendían con las constituciones burguesas. Uruguay y Chile eran considerados como modelos de países legalistas, modelos de países constitucionalistas. Y las propias burguesías, el propio imperialismo, han echado abajo las constituciones y las formas democráticas burguesas en Uruguay y en Chile, y esos países hoy —junto con Brasil— constituyen el conglomerado de países reaccionarios al servicio del imperialismo en América del Sur.

Ese movimiento, esa ofensiva se dirige contra el movimiento popular en Argentina, para intimidarlo en primer lugar y para aplastarlo en segundo lugar. Pero ese movimiento se dirige también, muy especialmente, contra el Gobierno de la Fuerza Armada de Perú.

El imperialismo al tomar el poder en Chile en forma desembozada, con un régimen fascista, amenaza por el oeste a la Argentina y amenaza por el sur a Perú. Pero, sobre todo, con el golpe militar de Chile el imperialismo pretende crear el antídoto del movimiento de la Fuerza Armada en Perú.

El ejército peruano, al revés que el ejército chileno, viabilizó el ingreso en las escuelas militares de hombres procedentes de las filas humildes del pueblo, y la composición clasista del ejército peruano es diferente a la composición del ejército chileno. Estas circunstancias facilitaron la tarea de algunos jefes y oficiales prominentes que, encabezado por el general Velasco Alvarado (APLAUSOS), condujeron a las Fuerzas Armadas Peruanas a la unión con el pueblo, las llevaron a posiciones progresistas, a posiciones antioligárquicas, a posiciones populares. Y no hay duda de que el ejemplo de Perú repercutió ampliamente en la América Latina.

Y el imperialismo, frente al ejemplo de las Fuerzas Armadas Peruanas, quiere poner el ejemplo de las Fuerzas Armadas Chilenas.

No hay duda de que estas amenazas se dirigen abiertamente, repito, contra el pueblo argentino y contra el pueblo peruano.

A nosotros en estos instantes no nos importan las diferencias de ideologías o de matices entre los movimientos en Argentina y en Perú y la Revolución Cubana.

Nuestra Revolución es, sin duda, la más sólida de este continente (APLAUSOS). El Gobierno Revolucionario de Cuba es, sin duda, el Gobierno más sólido en este continente (APLAUSOS). Nuestro pueblo es el pueblo más unido de este continente, porque después de la desaparición de la explotación del hombre por el hombre en este país se creó de verdad la unidad del pueblo, una unidad sólida e indestructible. Este país no tiene los problemas que tienen otros pueblos hermanos de América Latina porque los explotadores han desaparecido de la faz de nuestra tierra, ¡y para siempre! 

Aquí la reacción y el fascismo sí que no tienen nada en absoluto.

Nuestras Fuerzas Armadas son nuestro pueblo armado.

Nuestras masas están organizadas y tienen la dirección de un partido marxista-leninista.

Hay algunos que se asustan de oír mencionar la palabra marxismo. También aquí, al principio de la Revolución, mucha gente se asustaba, porque esa es la cultura que el imperialismo le ha inculcado y los prejuicios que ha sembrado en las masas latinoamericanas. Pero afortunadamente ya nadie se asusta de oír hablar aquí de marxismo-leninismo. Ya nadie se asusta de oír hablar de socialismo. Ya nadie se asusta de oír hablar de comunismo. Y marxismo-leninismo, socialismo, quieren decir definición política; definición política bien clara y precisa.

Es tener una ciencia política a la disposición del pueblo, es tener una guía, es tener un norte, es tener una brújula, es saber qué pasos hay que dar por la senda revolucionaria.

Es precisamente esta característica sin paños tibios, estas definiciones completas las que hacen sólida y fuerte a la Revolución Cubana. Es eso lo que la ha hecho resistir al imperialismo yanki. Que ya llevamos una larga lucha con el imperialismo de unos cuantos años sin importarnos los años que tengamos que luchar todavía).

El imperialismo conoce a la Revolución Cubana y sabe que contra ella se estrellaron todas sus artimañas y todas sus triquiñuelas y todos sus planes y todas sus ofensivas.

Y desde luego que ahora ya no se discute si la Revolución Cubana va a sobrevivir o no. Se discute si va a sobrevivir o no la revolución latinoamericana. Eso es lo que se discute.

Y el imperialismo está empeñado ahora no en aplastar la Revolución Cubana, que luce algo difícil de aplastar a estas horas; trata de aplastar la revolución latinoamericana, aplastar el movimiento en Bolivia, aplastar el movimiento obrero en Uruguay, ilegalizar los partidos de izquierda, disolver las organizaciones sindicales, instaurar el fascismo, destruir el movimiento popular chileno, liquidar los partidos, las organizaciones obreras, aunque tenga que acudir a las formas más retrógradas de gobierno.

Y ahora tratarán de golpear el movimiento argentino. No es un movimiento por el socialismo, no es un movimiento marxista. Todavía no han llegado tan lejos. Es un movimiento progresista, es un movimiento popular, es un movimiento que tiene propósitos de luchar por la soberanía nacional. Hasta hace unos años el Gobierno argentino era un lacayo servil del imperialismo yanki. Y hoy no existe esa situación.

Sin duda que ese movimiento popular con gran arraigo obrero se ha traducido en cambios importantes en Argentina. Incluso en la actual dirección de las fuerzas armadas argentinas se observan ciertas inquietudes, ciertas preocupaciones positivas, al extremo de que han planteado la necesidad de que salgan de aquel país los asesores militares yankis (APLAUSOS). Y eso sin duda significa un progreso.

Pero el imperialismo no está dispuesto a tolerar nada que huela a independencia nacional, nada que huela a movimiento popular, nada que huela a progresismo en América Latina. Y por ello tratará de aplastar, o al menos apartar de su cauce, al movimiento popular argentino.

Y desde luego que hace rato que el imperialismo viene ya luchando contra el gobierno nacionalista de la Fuerza Armada de Perú.

Y una lección que hay que sacar de este ejemplo chileno es que con pueblo solo no se hace la revolución: ¡hacen falta también las armas! (APLAUSOS) y que con armas solo no se puede hacer la revolución: ¡hace falta también el pueblo! 

Hemos hecho estas consideraciones para esclarecer a nuestro pueblo sobre la situación general en este continente.

Algunas agencias cablegráficas batían palmas hasta romperse las manos por el golpe militar chileno, y decían que ahora esta tendencia de acercamiento hacia Cuba, de apertura de relaciones diplomáticas, quedaba interrumpida.

Digamos: no vamos a negar que estos acontecimientos pueden asustar a alguna gente. Desgraciadamente hay alguna gente que se asusta. ¡Todos no son como el presidente Allende, todos no son como los defensores de Palacio, todos no son como los tripulantes del “Playa Larga”!  y uno de los primeros efectos de estos golpes imperialistas es poner nerviosa a alguna gente. Eso es indiscutible. ¡Pero pondrán nervioso a cualquiera menos a la Revolución Cubana!

Las relaciones de la Revolución se amplían a pesar de eso, y seguirán ampliándose a pesar de eso. Se amplían con los países del Caribe, se mejoran nuestras relaciones con México, son muy buenas nuestras relaciones con Perú, se han iniciado con buenas perspectivas las relaciones con Argentina, y no hay duda de que, pese a los golpes, amenazas y a las furias imperialistas, otros pueblos desarrollarán las relaciones con nuestro país.

Pero desde nuestro punto de vista revolucionario, eso no es lo que importa. Hubo un momento que no teníamos relaciones más que con México. El imperialismo nos tenía bloqueados en muchas direcciones, e incluso diplomáticamente. Pero las relaciones de la Revolución Cubana se han desarrollado no solo con América Latina, sino que se han desarrollado y se desarrollan extraordinariamente con el resto del mundo. ¡Y son fuertes y sólidas!  El prestigio de la Revolución Cubana es hoy mayor que nunca en el mundo. Y nuestras relaciones con el campo socialista son hoy más sólidas que nunca.

De modo que para nosotros en el caso chileno lo que nos duele no es que un país rompa relaciones con nosotros: a nosotros nos honra la ruptura de relaciones con Chile —es un honor para nosotros—, porque las relaciones con ese régimen fascista habrían sido deshonrosas.

Ya ustedes ven cómo los fascistas se llevaron una gran sorpresa ante la reacción mundial, la repulsa mundial, la condenación mundial. Dirigentes y estadistas de todas las corrientes políticas han condenado el golpe fascista, en todos los continentes; y por supuesto, la Unión Soviética y muchos países del campo socialista rompieron inmediatamente sus relaciones diplomáticas con el régimen fascista (APLAUSOS).

A nosotros nos duelen los acontecimientos chilenos por el golpe que ha sufrido el pueblo chileno, y por la lucha dura y cruenta que el pueblo chileno tendrá que librar.

En el plano de nuestras relaciones con la América Latina, nosotros valoramos altamente las relaciones con Perú y las relaciones con Argentina, independientemente de las diferencias de ideologías representadas por estos gobiernos. Y desde luego que en la medida en que el imperialismo amenace a esos países y a esos gobiernos, nuestra posición sin vacilación estará al lado del pueblo peruano y del pueblo argentino, independientemente de las diferencias ideológicas con estos gobiernos, porque los consideramos movimientos y estados que llevan adelante una política independiente y una política progresista en relación con el imperialismo.

En cuanto a nuestras relaciones con el pueblo chileno, nosotros no tenemos ninguna duda de que el pueblo chileno luchará contra el fascismo. Conocemos al pueblo chileno. Hemos estado entre sus obreros, entre sus campesinos, entre sus estudiantes, y nunca podremos olvidar el espíritu del pueblo chileno: su entusiasmo, su patriotismo, su fervor revolucionario, su actitud. No podremos olvidar a los obreros, a los campesinos, desde los obreros agrícolas de Magallanes hasta los mineros del norte; a los obreros de las minas de carbón, a los obreros de las industrias, a la juventud chilena, a los combatientes chilenos, a los revolucionarios chilenos.

Y nosotros tenemos la absoluta seguridad de que sabrán enfrentarse al fascismo (APLAUSOS). Nosotros tenemos la absoluta seguridad de que el 11 de septiembre se inició una contienda que solo terminará con la victoria del pueblo. No será inmediata. Nadie puede esperar milagros en la situación chilena. El pueblo ha sido duramente golpeado; los partidos, las organizaciones, tendrán que recobrarse del zarpazo fascista. Sin duda de ninguna clase que la lucha del pueblo chileno tendrá que ser una lucha prolongada. Sin duda que los revolucionarios chilenos reaccionarán, se organizarán y se enfrentarán sin tregua al fascismo.

Los revolucionarios chilenos saben que ya no hay ninguna otra alternativa que la lucha armada revolucionaria.

Ensayaron los caminos electorales, ensayaron los caminos pacíficos, y los imperialistas y los reaccionarios cambiaron las reglas del juego. Destruyeron la constitución, destruyeron las leyes, destruyeron el parlamento, lo destruyeron todo, y de esa situación no podrán salir. Ya no podrán gobernar a Chile más que por la fuerza; ya no podrán gobernar a Chile más que mediante instituciones fascistas, y eso, desde luego, tiene sus límites.

Los fascistas dicen ahora que van a reconstruir la economía. Incluso hacen cosas ridículas: convocaron a las señoronas de los coroneles y de los generales para que dieran unas cuantas joyas para reconstruir la economía chilena. ¿Quién va a creer ese cuento de caminos? Todos sabemos que los fascistas querrán desarrollar la economía capitalista y burguesa de Chile sobre la espalda y la sangre de los trabajadores chilenos. Todos sabemos bien que no es con las joyitas de sus señoronas con lo que ellos están pensando reconstruir la economía chilena, sino con la sangre y el sudor de los obreros chilenos.

El imperialismo seguramente ahora a través del Banco Mundial y otras instituciones le dará crédito enseguida y tratará de armar hasta los dientes a los fascistas. Los fascistas dicen que “reina el orden en el país”. Y nosotros recordábamos el 10 de marzo: también después del 10 de marzo “reinó el orden” en el país, ¡hasta un día “reinó el orden” en el país! Y todos sabemos que el 10 de marzo precipitó la revolución en Cuba, como sabemos que el 11 de septiembre precipitará y profundizará la revolución en Chile.

¡Ah!, pero el 10 de marzo no fue un golpe contra un gobierno popular, fue un golpe contra un gobierno corrompido y, por supuesto, contra el pueblo. El 11 de septiembre fue un golpe contra un gobierno popular y contra un gobierno leal al pueblo, contra un gobierno limpio. Esa es la gran diferencia y la gran ventaja que tiene el pueblo chileno sobre el pueblo cubano, el 11 de septiembre sobre el 10 de marzo. El pueblo chileno conoció un gobierno popular que luchó por el socialismo, que nacionalizó el cobre y que hizo leyes y tomó medidas, las que pudo hacer y las que pudo tomar, en favor del pueblo. Y el 10 de marzo no había ningún gobierno popular, ni se había nacionalizado nada, ni se había hecho ninguna ley, ninguna medida a favor del pueblo. Parecía mucho más distante la revolución en Cuba el 10 de marzo de 1952 de lo que puede parecer distante la revolución en Chile el 11 de septiembre de 1973.

Nosotros no teníamos ninguna bandera, pero a Chile le ha quedado una gran bandera, una extraordinaria bandera, una extraordinaria figura: ¡la bandera y la figura inmortal del presidente Allende! 

El presidente Allende ha entregado a su pueblo el más alto ejemplo de heroísmo que se pueda ofrecer. Y es imposible que cada chileno honesto, cada chileno digno, no sienta hervir su sangre, no sienta arder la más profunda indignación ante los hechos que han ocurrido en su país y ante el ejemplo del presidente Allende, ante el ejemplo de los combatientes que cayeron junto a él.

¡El presidente Allende ha sintetizado lo mejor del patriotismo, del valor, del honor y del espíritu combativo del pueblo chileno! 

Los cubanos no tuvimos esa bandera extraordinaria el 10 de marzo.

Los fascistas dicen que hay paz en Chile después del 11 de septiembre. Pero si hubo un 11 de septiembre, como en Cuba hubo un 10 de marzo, ¡en Chile habrá también un 26 de Julio y en Chile habrá también un Primero de Enero! (APLAUSOS)

Cuando nosotros llegábamos aquí y contemplábamos esta impresionante, gigantesca multitud, cuando escuchábamos el himno de Chile y el himno de Cuba, cuando un millón de personas eran capaces de guardar un silencio absoluto en memoria del presidente Allende, en esos instantes de emoción, de profundo cariño y de respeto hacia el pueblo chileno, pensábamos que también algún día ellos reunirán multitudes como esta en un pueblo sin explotadores ni explotados, en un pueblo en que fuerzas armadas y pueblo sean una misma cosa, en un pueblo también armado como nosotros, en un pueblo también unido como nosotros (APLAUSOS), en un pueblo organizado como nosotros y con un nivel de cultura política como el pueblo cubano de hoy, sin latifundistas, sin esbirros, sin explotadores de ninguna índole, sin fascistas, sin prensa burguesa, sin un solo radio, sin un solo medio masivo de divulgación que no esté en manos del pueblo; en un Chile sin parlamento burgués, sin Pacto de Río de Janeiro, sin maniobras conjuntas (APLAUSOS). Y teníamos la convicción de que el pueblo chileno lo logrará, por su espíritu revolucionario, por sus virtudes cívicas, por su entusiasmo, por su calidad humana, por su valor; estábamos seguros de que de la misma forma que lo ha logrado el pueblo cubano lo logrará también el pueblo chileno (APLAUSOS), y además porque representamos la causa justa, la causa del porvenir, la causa de la liberación de los pueblos, porque las fuerzas progresistas se desarrollan y crecen en todo el mundo y el imperialismo declina.

Nosotros vimos declinar el imperialismo en este continente, nosotros iniciamos el declinar del imperialismo en este continente (APLAUSOS) ¡Y nuestros pueblos verán el fin del imperialismo en este continente! 

Y nuestro pueblo será solidario con el pueblo de Chile, y le dará toda la ayuda que esté al alcance de sus manos, en todos los terrenos.

Y si un día fuimos capaces de arrancarnos el azúcar de nuestra cuota para dársela al pueblo chileno, ¡estaremos dispuestos a arrancarnos hasta el corazón por ayudar a la revolución chilena! 

Nosotros tuvimos fe, tuvimos confianza en el presidente Allende. Todo nuestro pueblo confió en él. Todo nuestro pueblo estaba íntimamente convencido de su integridad, de su valor, de que sabría morir defendiendo su puesto. ¡Y el presidente Allende no le falló a su pueblo chileno, no le falló a su pueblo cubano! (

¡Del mismo modo, el pueblo chileno no le fallará al presidente Allende! ¡Los revolucionarios chilenos no le fallarán al presidente Allende! ¡Y sobre todo, escucharán sus llamados a la unión más estrecha para llevar adelante la lucha libertadora!

¡Y el pueblo cubano no le fallará a su amigo leal, a su amigo heroico, a su compañero, a su hermano de lucha, el presidente Allende!

¡Gloria eterna a Salvador Allende junto al Che, junto a Martí, Bolívar, Sucre, San Martín, O’Higgins, Morelos, Hidalgo, Juárez y todos los grandes hombres que consagraron sus vidas a la libertad de este continente! 

¡El pueblo chileno aplastará al fascismo!

¡patria o Muerte!

¡Venceremos!

 

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