Discorso di Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez (ANPP)

Discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica di Cuba, Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez, assumendo il su incarico nella Quarta Sessione Straordinaria della IX Legislatura dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, nel Palazzo delle Convenzioni, il 10 ottobre del 2019, “Anno 61º della Rivoluzione”.

Caro  Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del
Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba;

Cari  compagni della Generazione Storica;

Compagno  Esteban Lazo, Presidente dell’Assemblea Nazionale del Potere
Popolare e del Consiglio di Stato; Membri del Consiglio di Stato;

Deputate e deputati,

Popolo di Cuba:

È il 10 Ottobre e i cubani dobbiamo felicitarci. […] “il primo giorno di libertà e indipendenza di Cuba”, come lo chiamò Carlos Manuel de Céspedes, ha tutti i diritti d’essere uno dei più celebrati nel nostro calendario nazionale per le sue forti risonanze da quel minuto del 1868 a questo in cui abbaiamo rinnovato il giuramento di servire la Patria senza condizioni.

Anche se poi la nazione è cresciuta piena di episodi leggendari, la prima ispirazione è venuta da quel giorno in cui si spezzarono le catene e la bandiera cucita da una donna ondeggiò in mani più nuove.

Uniti e abbracciati a un ideale, per la prima volta, bianchi e negri, quasi tutti giovani  e come portabandiera il cubano più giovane. Così si visse il primo 10 ottobre pieno di significati trascendentali.

Raccontano che un ragazzo di 20 anni  di nome  Emilio Tamayo fu il primo a far sventolare la bandiera, confezionata da Cambula, per l’accampamento installato a  La Demajagua.

E che il Padre della Patria ammirandola disse: «Che si muoia, prima di disonorarla».

Si dice anche che a far rintoccare la campana dello zuccherificio fu un altro giovane bayamese, Manuel García Pavón, l’ultimo sopravvissuto dello storico sollevamento.

Cosa voglio dire, ricordando queste memorie? Prima di tutto ovviamente, rendere il dovuto omaggio alla storia e ai suoi eterni vincoli con il nostro presente, sfidante a plagato da minacce e rischi come in quel primo  giorno a La Demajagua e come in ogni giornata dei 151 anni di lotta di Cuba per sostenere la sua indipendenza.

M’interessa oggi in particolare, segnalare gli episodi che collocano la gioventù cubana all’epicentro di queste lotte, per qualcosa che quasi un secolo dopo il 10 Ottobre del 1868, nel luglio del 1962, a Santiago di Cuba, Fidel disse agli studenti e ai professori dell’Università d’Oriente:

«La Rivoluzione non è una lotta per il presente. La Rivoluzione è una lotta per il futuro. La Rivoluzione ha sempre la sua vista posta nel futuro e nella Patria che pensiamo, nella società che pensiamo come società giusta e degna degli uomini, è la Patria del domani …».

La Rivoluzione è una lotta per il futuro, lo è stata sempre e lo è adesso.

Per il Consiglio di Stato, il suo Presidente, Vicepresidente e i restanti 19 membri appena ratificati o eletti, questo 10 ottobre, come per il Vicepresidente della Repubblica e per il suo Presidente, l’impegno numero uno dev’essere il futuro. Ringraziamo per la fiducia eleggendoci per queste responsabilità che realizzeremo insieme a favore di questo futuro.

Per questo abbiamo posto al primo posto e in maniera simultanea la difesa e l’economia. Non dimentichiamo nemmeno per un attimo che una Rivoluzione vale quello che sappiamo difendere e chi dimentica questa lezione non vivrà per raccontarlo. L’Economia come base e sostegno della super struttura sociale è la grande determinante del futuro.

Alcuni giorni fa, dal sito web della Presidenza abbiamo convocato a “Pensare come paese”, e a leggendo con attenzione le 1 .200 risposte abbiamo incontrato molto ottimismo e fiducia di fronte a futuro, anche se in alcuni casi, anche espressioni di preoccupazione.

Logica e rivoluzionaria inquietudine che condividiamo di fronte a un mondo minato dallo squilibrio nelle relazioni economiche, senza  “ammortizzatori” per le nazioni con uno sviluppo minore e dove è diventata una pratica che le istituzioni finanziarie globali riscattino le banche, ma mai i popoli.

Un mondo dove predomina la mancanza di rispetto della legalità internazionale, guidato dalla  potenza egemonica e dall’imposizione delle sue pretese mediante minacce e sanzioni.

Un mondo manipolato con perniciose campagne mediatiche contro una nazione solidale e pacifica come il Venezuela, mentre insistono anche nel legittimar come suo “Presidente” un impostore senza alcun appoggio  popolare.

Un mondo dove si è giunti a usare il podio dell’Assemblea Generale dell’ Organizzazione delle Nazioni Unite  per squalificare, disprezzare, minacciare e negare sistemi sociali e governi sovrani e a mentire sfacciatamente nel tentativo di propiziare interventi di ogni tipo, anche militari.

Un mondo dove si rompono accordi globali, progetti di cooperazione e programmi di salute che erano promettenti per le maggioranze escluse.

Un mondo dove si utilizza il potere giudiziario per rinchiudere in prigione leaders progressisti, si perseguitano, si assassinano attivisti sociali senza che si faccia giustizia.

Un mondo dove si costruiscono muri, si separano famiglie, si recludono bambini emigranti, si proibiscono gli scambi tra i popoli e si blocca  l’accesso allo sviluppo di altre nazioni, dove si pone a rischio la specie umana quando non si riconosce il cambio climatico e si disprezzano gli avvisi della scienza, mentre ardono l’Amazzonia e gli altri polmoni del pianeta.

Un mondo così  realmente ci allarma tutti.  Nel Primo Vertice della Terra, nel   1992, Fidel pronunciò il suo emozionante  discorso d’avviso su “una specie in pericolo d’estinzione”.

Nessuno dovrebbe stupirsi allora che una adolescente pianga davanti alle responsabilità del disastro.  Le lacrime di Greta Thunberg sono le lacrime del futuro.

“Governare è prevedere”, aveva  sentenziato Martí. E la Rivoluzione Cubana deve molto alla genialità delle previsioni di Fidel e di Raúl.  Questa è la nostra scuola politica.

Chi lo pone in dubbio deve solo guardare i 60 anni della storia rivoluzionaria: dall’ alfabetizzazione e l’alta scolarità del nostro popolo,  la base per forgiare il prezioso capitale umano che ci distingue, elevando lo sviluppo della scienza e della medicina a livelli d’avanguardia mondiale, sino all’avviso anticipato e a preparativi che oggi ci hanno permesso d’affrontare il brutale indurimento del blocco da parte dell’amministrazione nordamericana, con meno danni di quelli calcolati dai nostri avversari.

L’impegno che oggi assumiamo davanti a voi è mantenere e rinforzare questa pratica, utilizzare l’inestimabile capitale umano che abbiamo forgiato, come gli apporti dell’accademia e della scienza per elevare il livello di efficienza della gestione governativa, come risultato della previsione e generata dalla conoscenza.

Il paese ha l’impegno di far fiorire il talento formato dalla Rivoluzione, produrre e apportare internamente senza chiudere le porte alla cooperazione e all’apprendistato fuori dalle frontiere. L’esportazione di prodotti cubani e dei servizi deve crescere e differenziarsi.

Quando abbiamo deciso d’aumentare da tre a cinque volte i salari del settore statale, quando promuoviamo l’informatizzazione accelerata della società, quando nonostante i limiti che c’impone il blocco difendiamo il rafforzamento dell’educazione e i vincoli delle università con la produzione a tutti i livelli, stiamo lavorando per il futuro.

Quest’anno e soprattutto gli ultimi mesi hanno messo a prova la nostra capacità di resistere senza rinunciare allo sviluppo. E hanno chiesto un extra al popolo, ma anche ai ministri e ai quadri dell’amministrazione dello Stato.

Non sarà minore l’esigenza nei prossimi  giorni e nei prossimi mesi.

Per via dell’assedio prolungato e totale dobbiamo usare le nostre forze e appoggiarci alle strutture esistenti e alle nuove responsabilità che assumono.

Il Consiglio di Stato  per esempio, funzionerà con maggior frequenza e impatto tra le sessioni dell’Assemblea.  Ci sono molte leggi, indispensabili per dare più efficienza al Governo, che permettono in modi più celeri  direzione, approvazione e strumentazione. È un impegno da quando abbiamo approvato la nuova Costituzione.

I municipi devono apprendere ad amministrare le risorse disponibili con maggiore facilità, ma con responsabilità superiore.

Siamo già alle porte del 2020 anno nel quale ci siamo proposti di continuare a consolidare la nostra economia. Senza mai rinunciare ai sogni più grandi che per logica elementare precisano una maggior quantità di risorse, elaboreremo linee di lavoro e programmi che durante il 2019 abbiamo pianificato come priorità e tra queste: le esportazioni, l’investimento straniero, la costruzione di case, la produzione di alimenti, il turismo, il trasporto, le fonti rinnovabili d’energia.

Come abbiamo sostenuto in precedenti occasioni, dopo la scarsità di combustibile generata dalla ostinazione del Governo degli Stati Uniti, il paese tornerà alla normalità, ma non sarà con gli stessi modi di fare.

Se qualcosa di buono c’è stato in questi giorni di tensione e che sono apparse rapidamente tutte le riserve enormi su cui conta Cuba per lavorare in maniera piu efficiente.

Per questo metteremo un’enfasi maggiore nella diminuzione delle spese e nel risparmio;  approfitteremo le buone soluzioni nate negli anni più duri del Periodo Speciale, aggiustate alla nostra realtà, cioè considereremo i passi avanti tecnologici e della conoscenza che possono trasformare un principio di lavoro come il risparmio in un motore di sviluppo.

Insistiamo nella necessità di lavorare per il bene di tutti nella preparazione politica e ideologica dei quadri, nella convocazione di quei giovani che apportano sempre tanta energia e nella partecipazione del popolo alla ricerca delle soluzioni migliori, con la certezza che è infinita la fonte dell’intelligenza collettiva, cosi come le riserve di resistenza e creatività che l’aggressività dell’ avversario risveglia sempre nei cubani.

Dico come un anno fa, assumendo l’impegno di Presidente dell’allora Consiglio di Stato e dei Ministri: «Non veniamo a promettere.  Veniamo a compiere il mandato del popolo rivoluzionario».

Oggi comincia una nuova tappa di lavoro per noi che rappresentiamo lo Stato e il Governo, che domanderà ad ogni dirigente , quadro e funzionario a tutti i livelli, la disposizione di gettare via la pesante zavorra di pratiche obsolete e meccanismi confusi che rallentano i processi e debilitano l’autostima nazionale.

Sono nuovi i tempi che viviamo in tutti i sensi ed esigono un pensiero differente. Cambiare tutto quello che dev’essere cambiato, come ci disse Fidel e come ci ha dimostrato Raúl durante i suoi anni al fronte della Presidenza e come nostro Primo Segretario del Partito.

Quando penso in loro sto anche pensando al futuro, perchè la loro è stata una generazione  di futuro, che lasciò la casa , gli studi e le comodità per cambiare una volta per tutte questa terra.

Non tremò la loro mano per combattere i peggiori flagelli che succhiavano il sangue alla Repubblica, né per sfidare il nemico minaccioso, costruendo una nuova nazione dalla radice, dalla montagna, dalla Sierra.

Così come non tremarono nell’ora d’affrontare la guerra sporca che durò anni, con mercenari che distruggevano e assassinavano praticamente in tutta l’Isola; non dubitarono di appoggiare i popoli fratelli che lottavano contro le odiose dittature latinoamericane sostenute e appoggiare dallo stesso impero che oggi accusa come dittatori i leaders progressisti della regione.

Di sicuro la truppa di politici mediocri e mendaci nucleati dalla OSA, sta facendo restare questo impero vecchio e demoralizzato.

Dove sono quelli che non hanno smesso di dare consigli sul destino del Venezuela e non mostrano preoccupazione per  gli enormi conflitti e i problemi sociali che gravano sul suo popolo?

Come si propongono di cancellare le aggressioni contro il Venezuela, i pasticci e gli intrighi con le mafie paramilitari?

La guida della Rivoluzione cubana non ha mai perso il corso della morale nella Storia.

Lì stanno, invitti, senza altro monumento che la propria opera, alla quale abbaiamo il dovere di rendere il più giusto degli omaggi: farla crescere e prosperare senza timori delle minacce e nemmeno dei rischi.

I poveri della Terra non possiamo perdere la dignità, nè cedere davanti alle minacce. È una convinzione dimostrata molte volte nella storia da quel 10 ottobre a La Demajagua e sino al giorno di aprile del 1961, quando Fidel sparò con un carro armato contro le navi mercenarie.

In questi tempi nei quali siamo tornati ad accompagnare il Comandante Almeida nel suo grido di principi nelle ore più dure, affermiamo con sicurezza  che la Rivoluzione Cubana preserverà intatte tutte le sue convinzioni, queste che costarono il sangue dei migliori figli della nostra Patria.

Quando si conta con un popolo della stirpe del cubano, non si dubita un secondo per affrontare il futuro coscienti che lo conquisteremo.

Oggi facciamo nostra di nuovo quella valutazione che abbaiamo sentito dire più volte dal Generale d’Esercito e che abbiamo appreso a valutare meglio nel mezzo delle difficoltà: « Che classe di popolo abbiamo! ».

Quelli che creano e costruiscono hanno sconfitto quelli che odiano e distruggono.

Il sangue dei nostri nobili aborigeni , dei nostri nonni europei, africani, asiatici e quello di tutti gli uomini e le donne d’immenso coraggio che nei secoli hanno formato l’essere nazionale, ribolle di ribellione di fronte ad ogni minaccia, e di rabbia di fronte ad ogni aggressione.

Più ci aggrediscono, e più ci minacciano, più crescono la volontà e la forza nazionale: l’Unità!

Il 10 ottobre ci ispirerà sempre!

Come mambì onorato nome del cubano ribelle, non vacilleremo nell’usare il machete se mancheranno i fucili. E avremo sempre la dignità come stendardo e la  morale come gilè.

Questo popolo che più di una volta è stato capitale della solidarietà mondiale, accogliendo coloro che che la offrono e offrendola per il mondo a coloro che più la necessitano, aspetta qui, presto, a L’Avana dei 500 anni, l’arrivo di un’ondata solidale  e antimperialista come una cannonata contro le grinfie della bestia imperiale.

Nella terra di Céspedes, Mariana, Gómez, Maceo, Martí, Mella, Guiteras, Rubén, Camilo, Che, Almeida, Ramiro, Guillermo, Vilma, Celia, Haydée, Melba, nella terra di Raúl e di Fidel, non è cambiato di un millimetro l’avviso del   Titano di Bronzo:“ Chi tenterà d’impadronirsi di Cuba raccoglierà la polvere del suo suolo annegato nel sangue, se non morirà nella lotta”.

Compagne e compagni:

Ci aspettano giorni e intensi e impegnativi, di sfida, ma nessuno ci toglierà la fiducia nel futuro che dobbiamo ai nostri figli nella Patria che i nostri genitori hanno guadagnato di diritto.

Viva Cuba Libera!

Socialismo o Morte!

Patria o Morte!

Vinceremo!


Discurso pronunciado por el Presidente de la República de Cuba, Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez, en la toma de posesión de su cargo, en la Cuarta Sesión Extraordinaria de la IX Legislatura de la Asamblea Nacional del Poder Popular  

 

Querido General de Ejército Raúl Castro Ruz, Primer Secretario del Comité Central del Partido Comunista de Cuba;

Queridos compañeros de la Generación Histórica;

Compañero Esteban Lazo, Presidente de la Asamblea Nacional del Poder Popular y del Consejo de Estado; Integrantes del Consejo de Estado;

Diputadas, diputados;

Pueblo de Cuba:

Es 10 de Octubre y los cubanos debemos felicitarnos. “[…] el primer día de libertad e independencia de Cuba”, como lo llamó Carlos Manuel de Céspedes, tiene todos los derechos para ser uno de los más celebrados en nuestro calendario nacional, por sus fuertes resonancias, desde aquel minuto de 1868 hasta este en que hemos renovado el juramento de servicio incondicional a la Patria.

Aunque después la nación crecería llena de episodios legendarios, la primera inspiración vino de aquel día en que se quebraron los grilletes y la bandera hecha por una mujer ondeó en las manos más nuevas.

Juntos y abrazados a un ideal, por primera vez, blancos y negros, mujeres y hombres, jóvenes casi todos, y como abanderado, el cubano de menos edad. Así se vivió el primer 10 de Octubre, lleno de significados trascendentes.

Cuentan que un muchacho de 20 años llamado Emilio Tamayo fue el primero en pasear la enseña, que confeccionó Cambula, por el campamento que se había instalado en La Demajagua.  Y que el Padre de la Patria dijo al admirarla ondeando: “Primero mueran antes que verla deshonrada”. Se dice también que tocó la campana del ingenio otro muy joven bayamés, Manuel García Pavón, quien sería el último sobreviviente del histórico alzamiento.

¿Qué quiero significar al evocar estas memorias? En primer lugar, por supuesto, rendir el debido tributo a la historia y a sus eternos enlaces con nuestro presente, desafiante y plagado de amenazas y riesgos, como aquel primer día de La Demajagua y como cada jornada en los 151 años de lucha de Cuba por sostener su independencia.

Me interesa especialmente hoy destacar los episodios que colocan a la juventud cubana en el epicentro de esas luchas por algo que casi un siglo después del 10 de Octubre de 1868, en julio de 1962, en Santiago de Cuba, Fidel decía a los estudiantes y profesores de la Universidad de Oriente:

“La Revolución no es una lucha por el presente, la Revolución es una lucha por el futuro; la Revolución tiene siempre su vista puesta en el porvenir y la patria en que pensamos, la sociedad que concebimos como sociedad justa y digna de los hombres, es la patria del mañana…”.

La Revolución es una lucha por el futuro. Lo ha sido siempre y lo es ahora.

Para el Consejo de Estado, su Presidente, Vicepresidenta y los restantes 19 miembros que acaban de ratificarse o elegirse este 10 de octubre; para el Vicepresidente de la República y para su Presidente, la tarea número uno tiene que ser el futuro.  Agradecemos la confianza al elegirnos para estas responsabilidades, que unidos desempeñaremos en pos de ese futuro.

Por eso hemos puesto en primer lugar y de manera simultánea la defensa y la economía.  No olvidamos por un segundo que una Revolución vale lo que sabe defenderse y quienes olvidan esa lección no viven para contarlo.  La economía, como base y sostén de la superestructura social, resulta la gran determinante del futuro.

En días recientes, a través del sitio de la Presidencia, convocamos a “Pensar como país”, y al leer detenidamente las más de 1 200 respuestas encontramos mucho optimismo y confianza de cara al futuro, aunque también, en algunos casos, expresiones de preocupación.

Lógica y revolucionaria inquietud que compartimos frente a un mundo minado por el desequilibrio en las relaciones económicas, sin “amortiguadores” para las naciones de menor desarrollo y donde se ha convertido en práctica que las instituciones financieras globales rescaten bancos, pero nunca pueblos.

Un mundo donde predomina el irrespeto a la legalidad internacional, liderado por la potencia hegemónica y la imposición de sus pretensiones mediante amenazas y sanciones.

Un mundo manipulado por perniciosas campañas mediáticas contra una nación solidaria y pacífica como Venezuela, al mismo tiempo que insisten en legitimar como su “Presidente” a un impostor sin respaldo popular alguno.

Un mundo donde ha llegado a usarse el podio de la Asamblea General de la Organización de las Naciones Unidas para descalificar, menospreciar, amenazar y negar sistemas sociales y gobiernos soberanos y mentir descaradamente en el intento de propiciar intervenciones de todo tipo, incluso militares.

Un mundo donde se rompen acuerdos globales, proyectos de cooperación y programas de salud que resultaban esperanzadores para mayorías excluidas.

Un mundo donde se utiliza el poder judicial para recluir en prisión a líderes progresistas y se persigue y asesina a activistas sociales sin que se haga justicia.

Un mundo donde los que levantan muros, separan familias, encarcelan niños emigrantes, prohíben intercambios entre pueblos y bloquean el acceso al desarrollo de otras naciones, también ponen en riesgo a la especie humana cuando desconocen el cambio climático y desestiman los avisos de la ciencia, mientras arden el Amazonas y otros pulmones del planeta.

Un mundo así realmente nos alarma a todos.  En la Primera Cumbre de la Tierra, en 1992, Fidel pronunció su estremecedor discurso de advertencia sobre “una especie en peligro de extinción”.

Nadie debería asombrarse, entonces, de que una adolescente llore frente a los responsables del desastre.  Las lágrimas de Greta Thunberg son las lágrimas del futuro.

“Gobernar es prever”, sentenció Martí. Y la Revolución Cubana debe mucho a la genialidad previsora de Fidel y de Raúl.  Esa es nuestra escuela política.

Quienes lo pongan en duda, solo tienen que mirar 60 años de historia revolucionaria: desde la alfabetización y alta escolarización de nuestro pueblo, base para forjar el valioso capital humano que nos distingue y elevar el desarrollo de la ciencia y la medicina a niveles de vanguardia mundial, hasta la advertencia temprana y los preparativos que ahora nos han permitido enfrentar el brutal recrudecimiento del bloqueo por parte de la administración norteamericana, con menos daños de los que nuestros adversarios calcularon.

El compromiso que hoy hacemos ante ustedes es el de mantener y fortalecer esa práctica, aprovechar el inestimable capital humano que hemos formado y los aportes de la academia y la ciencia para elevar el nivel de eficiencia de la gestión gubernamental como resultado de la previsión que genera el conocimiento.

El país tiene el compromiso de hacer florecer el talento formado por la Revolución, producir y aportar internamente sin cerrar las puertas a la cooperación y los aprendizajes fuera de fronteras.  La exportación de productos cubanos y de servicios debe crecer y diversificarse.

Cuando decidimos aumentar entre tres y cinco veces los salarios del sector presupuestado; cuando promovemos la informatización acelerada de la sociedad; cuando, pese a las limitaciones que nos impone el bloqueo, defendemos el fortalecimiento de la educación y el vínculo de las universidades con la producción en todos los niveles, estamos trabajando por el futuro.

Este año y, particularmente, los últimos meses han puesto a prueba nuestra capacidad de resistir sin renunciar al desarrollo.  Y han exigido al pueblo un extra, pero también de los ministros y cuadros de la administración del Estado.  No será menor la exigencia en los días y meses por venir.  Bajo las condiciones de asedio prolongado y total nos corresponde tensar fuerzas y apoyarnos en las estructuras existentes y las nuevas responsabilidades que adquieren.

El Consejo de Estado, por ejemplo, funcionará con mayor frecuencia e impacto entre sesiones de la Asamblea.  Hay muchas leyes, indispensables para hacer más eficiente el Gobierno, que precisan de modos más expeditos de revisión, aprobación e instrumentación. Es un compromiso desde que aprobamos la nueva Constitución.

Los municipios deben aprender a administrar los recursos disponibles con mayores facultades, pero con responsabilidad superior.

Ya estamos a las puertas del año 2020, en el que nos hemos propuesto seguir consolidando nuestra economía.  Sin renunciar nunca a los sueños más grandes, que por lógica elemental precisan mayor cantidad de recursos, afianzaremos líneas de trabajo y programas que durante el año 2019 planteamos como prioridades, entre ellas: las exportaciones, la inversión extranjera, la construcción de viviendas, la producción de alimentos, el turismo, el transporte y las fuentes renovables de energía.

Como hemos planteado en ocasiones anteriores, tras la escasez de combustible, generada por la terquedad del Gobierno de Estados Unidos, el país volverá a la normalidad, pero no será con los mismos modos de hacer.  Si algo bueno tuvieron estos días de tensión fue que sacaron a flote las enormes reservas con que cuenta Cuba para trabajar de manera más eficiente.

Por eso pondremos mayor énfasis en disminuir los gastos y ahorrar; en sistematizar las buenas soluciones nacidas de los años más duros del Período Especial, atemperadas a nuestra realidad, es decir, tomar en cuenta los avances tecnológicos y del conocimiento que pueden convertir un principio de trabajo, como el ahorro, en un motor del desarrollo.

Insistimos en la necesidad de trabajar por el bien de todos, en la preparación política e ideológica de los cuadros, en la convocatoria a los jóvenes que tantas energías nos aportan siempre, y en la participación del pueblo en la búsqueda de las mejores soluciones, con la certeza de que es inagotable la fuente de la inteligencia colectiva, así como las reservas de resistencia y creatividad que la agresividad del adversario siempre despierta en los cubanos.

Digo como hace un año al asumir la tarea en la Presidencia del entonces Consejo de Estado y de Ministros: No venimos a prometer.  Venimos a cumplir el mandato del pueblo revolucionario.

Hoy comienza una nueva etapa de trabajo para quienes representamos al Estado y al Gobierno, que demandará de cada dirigente, cuadro y funcionario a todos los niveles, la disposición a echar por la borda el pesado lastre de prácticas obsoletas y mecanismos engorrosos, que ralentizan los procesos y debilitan la autoestima nacional.

Son nuevos los tiempos que vivimos en todos los sentidos y exigen un pensamiento diferente.  Cambiar todo lo que deba ser cambiado, como nos dejó dicho Fidel, como nos lo ha demostrado Raúl durante sus años al frente de la Presidencia y como nuestro Primer Secretario del Partido.

Cuando pienso en ellos, también estoy pensando en el futuro, porque su generación fue una generación de futuro, que dejó hogar, estudios y comodidades para cambiar esta tierra de una vez.  No les tembló la mano para combatir a las peores lacras que le chupaban la sangre a la República, ni para desafiar al enemigo amenazante levantando una nación nueva desde la raíz, desde el monte, desde la Sierra.

Como no temblaron a la hora de enfrentar la guerra sucia que duró años, con mercenarios destruyendo y asesinando prácticamente a todo lo largo y ancho de la Isla; ni dudaron en dar apoyo a los pueblos hermanos que luchaban contra las odiosas dictaduras latinoamericanas, sostenidas y respaldadas por el mismo imperio que ahora acusa de dictadores a los líderes progresistas de la región.

Por cierto, qué mal está haciendo quedar a ese imperio, viejo y desmoralizado, su tropa de políticos mediocres y mendaces nucleados por la OEA.

¿Dónde están los que no han cesado de dar consejos sobre el destino de Venezuela y a la vez no muestran ocupación por los enormes conflictos y problemas sociales que aquejan a sus pueblos? ¿Cómo se proponen borrar en las agresiones contra Venezuela las chapucerías y los contubernios con mafias paramilitares?

Si algo no perdió jamás el liderazgo de la Revolución Cubana fue el curso de la moral en la Historia.  Ahí están, invictos, sin más monumentos que su propia obra, a la cual tenemos el deber de rendir el más justo de los tributos: hacerla crecer y prosperar, sin temor a las amenazas ni a los riesgos.

Los pobres de la tierra no podemos perder la dignidad ni ceder ante la amenaza.  Es una convicción demostrada muchas veces a lo largo de la historia, desde aquel 10 de Octubre en La Demajagua hasta el día de abril de 1961 en que Fidel disparó con un tanque contra los barcos mercenarios.

En estos tiempos, en que hemos vuelto a acompañar al Comandante Almeida en su grito de principios en medio de las más duras horas, afirmamos rotundamente que la Revolución Cubana preservará intactas todas sus convicciones, esas que costaron la sangre de los mejores hijos de nuestra Patria (Aplausos).

Cuando se cuenta con un pueblo de la estirpe del cubano, no se duda ni un segundo para enfrentar el futuro, conscientes de que lo conquistaremos.

Hoy volvemos a hacer nuestra aquella valoración que tantas veces le escuchamos al General de Ejército y que hemos aprendido a aquilatar mejor en medio de la dificultad: “¡Qué clase de pueblo tenemos!” (Aplausos.)

Los que crean y construyen han derrotado a los que odian y deshacen.

La sangre de nuestros nobles aborígenes, nuestros abuelos europeos, africanos y asiáticos y la de todos los hombres y mujeres de inmenso coraje, que a lo largo de los siglos conformaron el ser nacional, hierve de rebeldía frente a cada amenaza y de rabia ante cada agresión.

Mientras más nos agreden, mientras más nos intimidan, más crece la voluntad y la fuerza nacional: ¡La unidad! (Aplausos.)

¡Nos inspirará siempre el 10 de Octubre!  Como los mambises, honroso nombre del criollo rebelde, no vacilaremos en usar el machete si faltaran los fusiles. Y siempre tendremos la vergüenza como estandarte y como chaleco la moral.

Este pueblo, que más de una vez ha sido capital de la solidaridad mundial, acogiendo a quienes nos la ofrecen y brindándola por el mundo a quienes más la necesitan, espera pronto aquí, en La Habana de los 500 años, el arribo de una ola solidaria y antimperialista, como un cañonazo contra los zarpazos de la bestia imperial.

En la tierra de Céspedes, Mariana, Gómez, Maceo, Martí, Mella, Guiteras, Rubén, Camilo, Che, Almeida, Ramiro, Guillermo, Vilma, Celia, Haydée, Melba, en la tierra de Raúl y de Fidel, no ha variado ni un milímetro la advertencia del Titán de Bronce:

“Quien intente apropiarse de Cuba recogerá el polvo de su suelo anegado en sangre, si no perece en la lucha” (Aplausos).

Compañeras y compañeros:

Nos esperan días intensos y desafiantes, pero nadie va a quitarnos la confianza en el futuro que les debemos a nuestros hijos en la Patria que los padres nos ganaron de pie.

¡Viva Cuba Libre!

¡Socialismo o Muerte!

¡Patria o Muerte!

¡Venceremos!

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