Ecuador: i politici di opposizione imprigionati dalla dittatura di Moreno

di Fabrizio Verde  www.lantidiplomatico.it

Nonostante la ferrea censura mediatica la storia la conosciamo. Il regime di Lenin Moreno in Ecuador decide di implementare una serie di misure neoliberiste per soddisfare le richieste del Fondo Monetario Internazionale. Queste misure provocano, tra le altre cose, un forte aumento del costo del carburante e dei trasporti. Nasce una vera e propria ribellione popolare capeggiata dai settori indigeni del paese. Dopo 12 giorni di proteste durissime il governo capitola e decide di abrogare l’ormai famigerato decreto 883.

Inizia però la dura repressione della dittatura nei confronti degli esponenti della sinistra legati all’ex presidente Rafael Correa.

Repressione questa volta giudiziaria dopo che le proteste hanno lasciato un saldo che descrive bene la portata dell’azione repressiva del governo: 8 morti, 1340 feriti e 1192 detenuti, secondo i dati forniti dalla Defensoria del Pueblo dell’Ecuador.

Tornado alla repressione giudiziaria, il regime di Moreno ha approfittato delle proteste per procedere ad arresti arbitrari di oppositori. Mentre altri hanno deciso di cercare rifugio presso l’ambasciata del Messico a Quito.

Vediamo di chi si tratta.

Paola Pabón

Alle luci dell’alba le forze di sicurezza ecuadoriane buttano giù la sua porta e l’arrestano senza alcuna prova a suo carico. Il prefetto della provincia di Pichincha, Paola Pabón, si trova in detenzione preventiva a ‘fini investigativi’, scrive RT.

In un video diffuso in Internet sul suo arresto, si può vedere quando Pabón dice al funzionario responsabile della cattura: «Questa è una violazione dei diritti umani, questa è persecuzione politica in Ecuador».

Il giorno seguente, il presidente del tribunale provinciale di giustizia di Pichincha, Julio Arrieta, l’ha condannata alla detenzione preventiva per 90 giorni, che durerà per l’istruzione fiscale.

La FGE ha riferito di aver ‘l’accusa per il reato di ribellione’ in relazione ad ‘atti criminali registrati durante le proteste dei giorni addietro’.

Oltre a lei, i suoi collaboratori Christian González Narváez, sospettato di “finanziare gruppi violenti”, e Pablo Del Hierro, accusato di essere “responsabile della logistica e delle forniture” nei disordini, sono stati arrestati.

Inoltre, per i tre è stato decretato il congelamento dei conti bancari e il divieto di alienare beni.

Alexandra Arce

Domenica scorsa, quando le manifestazioni ancora non si erano fermate e le piazze ribollivano di rabbia popolare, l’ex sindaco del cantone Durán, nella provincia di Guayas, Alexandra Arce Plúas, anch’essa esponente della Revolución Ciudadana veniva arrestata.

Secondo la FGE, la misura della detenzione preventiva è stata emessa “per presunto reato di associazione illegale al fine di paralizzare i servizi, ribellione e discordia nelle manifestazioni”.

Yofre Poma e Amado Chávez

I primi arrestati durante le manifestazioni furono il deputato della Revolución Ciudadana per la provincia di Sucumbíos, Yofre Poma, e il prefetto della stessa provincia, Amado Chávez, del partito Sociedad Unida Más Acción (SUMA).

Insieme ad altre sette persone, furono arrestati il 7 ottobre quando, secondo le accuse, fecero irruzione nelle strutture della società pubblica Petroecuador, nel cantone di Nueva Loja, Sucumbíos.

L’Ufficio del Procuratore Generale dello Stato (FGE), nel corso di un’audizione presso la Corte Nazionale di Giustizia (CNJ) di Quito, ha sporto denuncia per la loro presunta partecipazione al reato di interruzione di un servizio pubblico.

Rifugiati presso l’Ambasciata del Messico

Gabriela Rivadeneira

In un messaggio pubblicato su Twitter, Rivadeneira ha affermato che la decisione di rifugiarsi presso la sede diplomatica del paese centroamericano è arrivata dopo aver subito “un pedinamento stragiudiziale negli ultimi giorni”.

Ha spiegato che sarebbe stata monitorata da “agenti dei servizi segreti, macchine della polizia, militari e civili”, davanti alla sua casa, all’ufficio personale e agli spazi di militanza.

Il procuratore ha effettuato una perquisizione nella casa del marito di Rivadeneira, Luis Flores. Sul posto, secondo le informazioni riferite dall’organismo, sono stati sequestrati “una cassetta di sicurezza, un libretto di risparmio che descriveva i pagamenti al ‘signor presidente’, registri di pagamento, dispositivi elettronici e materiale elettorale”.

Carlos Viteri, Soledad Buendía e Luis Fernando Molina

Due giorni dopo, il Messico ha informato di aver accolto nello stesso quartier generale diplomatico al fine di “fornire protezione e rigugio” i membri dell’assemblea Soledad Buendía e Carlos Viteri e il deputato supplente Luis Fernando Molina; così come i loro coniugi.

La Revolución Ciudadana denuncia la persecuzione politica

Il gruppo della Revolución Ciudadana presso il Parlamento ecuadoriano ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che «la persecuzione, l’assedio, la vendetta e la proscrizione non possono essere la risposta ufficiale a un’opposizione democratica».

«Ricordiamo che il crimine d’odio è caratterizzato e sanzionato nel quadro giuridico internazionale«, scrivono i parlamentari della sinistra ecuadoriana.

Inoltre, il gruppo parlamentare ha criticato l’arresto di Pabón e di altri militanti per “ribellione”, quando la giustizia non ha intrapreso alcuna azione contro il sindaco di Guayaquil, Cynthia Viteri, che ha pubblicamente convocato una manifestazione per il 9 ottobre, ufficialmente per “difendere la città”. Inoltre, dal Comune che dirige ha ordinato la chiusura del ponte ‘Unidad Nacional’ con autocarri con cassone ribaltabile, per evitare l’ingresso di altri manifestanti in città.

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