Alicia Alonso, la ballerina più universale di Cuba è morta

Il Balletto Nazionale di Cuba (BNC) ha informato poche ore fa che la ballerina cubana più famosa a livello mondiale, Alicia Alonso, è morta oggi giovedì 17 ottobre a 98 anni

 

La leggendaria artista fu una delle fondatrici del American Ballet Theatre negli stati uniti e del BNC, nella prima metà del XX secolo.

Qualità e decisioni hanno tessuto leggende su Alicia Alonso, alcune associate al suo virtuosismo tecnico e interpretativo di opere classiche , altre alla decisione di continuare a ballare nonostante la progressiva perdita della vista e la volontà di mantenersi attiva in scena sino ad un’età avanzata.

La prima ballerina assoluta cubana dirigeva il BNC, i Festivals Internazionali di Balletto de L’Avana e montava coreografie.

«L’ arte può contribuire all’intesa e al dialogo tra i popoli, perchè mostra alcune delle più alte e pure coincidenze tra tutti gli esseri umani», aveva dichiarato una volta a a Prensa Latina.

La scuola cubana di balletto fondata da Alicia, Fernando e Alberto Alonso è unica nel continente americano e una delle sei più conosciute e apprezzate nel mondo.

Il BNC creato da loro tren el 1948 è stato distinto dal Governo cubano l’anno scorso come Patrimonio Culturale della Nazione.

Della trilogia Alonso, Alicia servì come modello al maestro Fernando quando questi scriveva le basi metodologiche della scuola cubana ed è stata protagonista di gran parte delle coreografie di Alberto, il primo grande difensore dell’identità nazionale dal campo coreografico.

La grande ballerina aveva ricevuto il Premio Nazionale di Danza in Cuba; la Medaglia d’Oro del Circolo delle Belle Arti di Madrid; il Premio ALBA delle Arti, concesso a personalità riconosciute del continente.

Nel 2000, il Consiglio di Stato della Repubblica di Cuba le aveva concesso la più alta decorazione dell’Isola, l’Ordine José Martí e, nel 2015, la stessa entità decise d sommare il nome di Alicia a quello del Gran Teatro de L’Avana.

All’interno di questo teatro s’ammira una statua di bronzo dell’artista ballando il suo classico favorito, Giselle, che attrae lo sguardo dei visitatori.

Nel 2003, l’allora presidente della Francia, Jacques Chirac, la decorò con il grado di Ufficiale della Legion d’Onore e nel 2017la nominarono Ambasciatrice di Buona Volontà della Unesco.

Questa organizzazione ha creato nel 2018, ufficialmente, la Cattedra Ispanoamericana di Danza Alicia Alonso, che fa parte dell’Università Rey Juan Carlos, a Madrid.

Dal gennaio del 2019, condivideva la direzione artistica del BNC con una allieva, la prima ballerina Viengsay Valdés. In questo modo la scuola creata da Alicia garantisce la sua continuità.

Molti altri premi fanno parte del curriculum della leggendaria artista includendo quello di Stella del Secolo, concesso dall’Istituto Latino della Musica per essere stata una vera promotrice della cadenza latina dalla danza classica.

Senza dubbio nessun premio è paragonabile alla sua impronta come principale paradigma di ballerina a Cuba, un riconoscimento che impressiona per la sua aata esigenza tutti i danzatori del presente.


Una riverenza all’eterna Giselle

Il Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Partito Comunista di Cuba; Miguel Díaz-Canel Bermúdez, Presidente della Repubblica di Cuba; José Ramón Machado Ventura, Secondo Segretario del Comitato  Centrale del Partito, ed Esteban Lazo Hernández, Presidente del Consiglio di Stato e dell’ Assemblea Nazionale del Potere Popolare hanno fatto la guardia d’onore alla più grande delle ballerine cubane e all’artista più universale della nostra cultura.

Alicia voleva che, quando l’inesorabilità avesse segnato la fine dei suoi giorni, la si ricordasse cosi com’era stata nella sua vita terrena.

Lo spirito della sua fertile esistenza si percepiva nel  Gran Teatro de L’Avana che porta il suo nome, quando sabato 19, si sono svolte le onoranze funebri offerte dal  Partito, dal Governo e dal popolo di Cuba alla più universale degli artisti dell’Isola.

Hanno realizzato la guardia d’onore il Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Partito Comunista di Cuba; Miguel Díaz-Canel Bermúdez, Presidente della Repubblica di Cuba; José Ramón Machado Ventura, Secondo Segretario del Comitato Centrale del Partito, ed Esteban Lazo Hernández, Presidente del Consiglio di Stato e dell’ Assemblea Nazionale del Potere Popolare , come dirigenti d’istituzioni culturali cubane, personalità del mondo artistico e intellettuale e studenti di balletto.

Corone di fiori di  Raúl, di Díaz-Canel, e di molte altre personalità e istituzioni hanno reso omaggio alla Prima Ballerina Assoluta, alla quale il popolo cubano ha fatto la riverenza per otto ore. È stata poi portata al cimitero di Colón dove l’ha accolta uno scrosciante applauso della folla, quando il feretro è giunto alla sua ultima destinazione. Tutto parla di fedeltà e grande rispetto per una delle fondatrici della Scuola Cubana di Balletto.

Al centro degli aneddoti, le parole hanno onorato il suo nome, le sentite parole fuoriuscite come eloquenti testimoni dei suoi atteggiamenti e dalla grandezza di Alicia, tutto, mentre una fila interminabile di popolo giungeva sino al suo feretro per darle l’ultimo addio.

Per continuare ad offrire affetto all’eterna Giselle decorata con la più alta distinzione dello Stato cubano, la medaglia Ordine José Martí, l’ Unione degli Scrittori e degli Artisti di Cuba, Uneac, ha comunicato che sino a martedì 22, la popolazione potrà firmare i libri di condoglianze in omaggio alla stella della scena.

I libri sono collocati, uno nella sede del Balletto Nazionale di Cuba  (Calzada 510 entre d y e), esattamente nell’ufficio di Alicia, e l’altro nella sede della Uneac, sita in calle 17 angolo  H nel Vedado della capitale.


Dichiarazione Presidenza UNEAC

 

Alicia Alonso, fondatrice della Scuola Cubana di Balletto e una delle più straordinarie figure dell’arte della danza mondiale dell’ultimo secolo, è morta  a l’Avana giovedì 17 ottobre a 98 anni.

Donna  profondamente impegnata con il destino della sua Patria e con la Rivoluzione cubana, Alicia è stata e sarà uno dei simboli più profondi della cultura nazionale.

Eroina Nazionale del Lavoro  della Repubblica di Cuba, riconosciuta  dentro e fuori dal paese con numerosi premi e decorazioni, tra le quali spiccano la medaglia Ordine  José Martí, il Premio Nazionale della Danza e il Gran Premio della Città di Parigi, fu una delle fondatrici dell’Unione degli Scrittori e gli Artisti di Cuba.

Nel  IX Congresso dell’organizzazione, nel giugno scorso, i delegati hanno ratificato la sua condizione di membro d’Onore del Consiglio Nazionale della UNEAC in virtù de suoi contributi esemplari all’avanguardia del nostro movimento artistico e intellettuale.

La sua vocazione precoce per la danza si notò quando cominciò a ricevere lezioni nella Società Pro Arte Musicale. Tra il 1937 e il 1948 la sua crescita artistica fu vertiginosa in varie compagnie degli Stati Uniti, dove giunse ad essere la prima figura  del American Ballet Theater.

Aveva abbracciato sempre l’idea di sviluppare l’arte della danza classica nel suo paese e porre la nostra Patria nella mappa mondiale della disciplina.

Per questo aveva fondato nel 1948 il Balletto Alicia Alonso, poi ribattezzato Balletto Nazionale di Cuba, una delle  compagnie più prestigiose a scala planetaria. Nello stesso tempo aveva fondato l’Accademia Alicia Alonso, pietra miliare della Scuola di Cuba di balletto, oggi mondialmente stimata, alla quale lei, assieme a  Fernando e Alberto Alonso, apportò metodo e stile.

Nel 1956 la compagnia aveva sofferto le angherie della dittatura batistiana che cercava di trasformarla nel suo agente di propaganda e non riuscendovi aveva ritirato il pur magro appoggio economico statale.

Alicia Alonso lo fece sapere con un comunicato pubblico di denuncia. Poi aveva realizzato un giro di protesta nazionale, terminato con uno spettacolo d’omaggio e sgravio organizzato dalla Federazione Studentesca Universitaria.

La prima ballerina assoluta radicalizzò la sua posizione rifiutando di ballare a Cuba sino a che la tirannia fosse restata al potere.

Al trionfo della Rivoluzione tornò a Cuba nel 1959. Fu provvidenziale il suo incontro con Fidel Castro. Le nuove autorità non  solo l’appoggiarono, ma fomentarono  l’attività del Balletto Nazionale di Cuba, ed anche insegnamento della  danza classica.

Le sue interpretazioni in titoli classici e contemporanei sono memorabili: il suo lavoro di coreografa esteso e significativo e notevoli i suoi apporti alla formazione di generazioni successive di ballerini.

Alicia ha creato il Festival Internazionale del Balletto de L’Avana che oggi porta il suo nome. Nel  2015, per accordo del Consiglio di Stato, lo scenario dei suoi grandi successi nella capitale cubana si è chiamato Gran Teatro de La Habana Alicia Alonso.

La Presidenza della UNEAC condivide con il popolo cubano e i moltissimi ammiratori di Alicia in tutto il mondo, il dolore della sua perdita ed esprime il suo impegno con l’esaltazione del suo eccezionale legato.

L’Avana, 17 – 10 –  2019

PRESIDENZA DELL’ UNIONE DEGLI SCRITTORI E DEGLI ARTISTI DI CUBA


Il Presidente di Cuba e importanti figure globali hanno reso omaggio a Alicia Alonso

 

Il Presidente della Repubblica di Cuba, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, che realizza una visita ufficiale in Messico ha pubblicato nel suo account di Twitter:

«Alicia Alonso se n’è andata ed ha lasciato un vuoto immenso, ma anche un legato insuperabile. Lei ha posto Cuba sull’altare del meglio della danza mondiale. Grazie Alicia per la tua opera immortale. #SomosCuba », ha scritto il mandatario.

Il presidente dell’Unione Nazionale degli Scrittori e Artisti di Cuba, Luis Morlote, ha detto che «Con profondo dolore gli scrittori e gli artisti cubani salutiamo la grande Alicia Alonso. Membro d’Onore della UNEAC, Alicia la ricorderemo sempre molto vicina alla nostra organizzazione».

La Federazione Studentesca Universitaria di Cuba (FEU) ha ricordato in un messaggio il coraggio della grande ballerina cubana, che affrontò la dittatura prima del 1959 «Con profondo dolore abbiamo saputo della morte della Prima Ballerina Alicia Alonso, che non dubitò ad affrontare la tirannia e ballare davanti a centinaia di giovani nello Stadio Universitario.

«In suo onore continueremo ad onorare il matrimonio felice tra la FEU Cuba e il balletto», hanno pubblicato gli studenti in Twitter.

Istituzioni governative e pubbliche di differenti parti del mondo hanno fatto eco al suo legato.

Il Ministero di Cultura della Colombia ha pubblicato : «La @min-cultura lamenta la perdita di Alicia Alonso, ballerina emblematica del balletto cubano.

Il suo amore e il suo lavoro per l’arte l’hanno trasformata nella siluette latinoamericana che ha rappresentato meglio la forza espressiva e la delicatezza interpretativa della danza classica ».

La Segreteria di Cultura del Messico in nome del Governo del Messico ha scritto su «La sensibile morte della ballerina cubana Alicia Alonso (1920-2019), figura leggendaria del balletto ispanoamericano e della danza classica e Prima Ballerina del Balletto Nazionale di Cuba».


Ad Alicia Alonso, In aeternum…

 

Con quelle scarpette da ballo di raso mi ha dato una parte della sua vita. Era il 2 novembre 1978, anniversario della messa in scena di Gisselle. Si consacrava così un’amicizia che è stata inventata nello spazio degli anni, messa a prova in circostanze difficili, il cui ricordo appartiene solo a noi.

Conservo il calore della sua mano nel freddo inverno nel nord d’Italia, dove sono andato da Roma per il suo generoso invito per assistere al balletto che avrebbe avuto luogo nel Lido di Camaiore. Dal momento che io potevo corrispondere il suo affetto solo con le arti del mio mestiere, sono stato il cicerone della Compagnia nella Cattedrale di Pisa, davanti alla torre inclinata, e nel pantheon di San Raniero.

Anni dopo, ho potuto vedere la sua interpretazione di La Diva in quelle stesse latitudini, ma sul palco del teatro Malibran a Venezia, in occasione di visitare quell’indescrivibile città insieme ad un gruppo di artisti ed intellettuali cubani, per poi ammirarla nuovamente a La Fenice, uno dei teatri più belli del mondo, non lontano dal Canal Grande. Seguendo questo filo di Arianna ci siamo incontrati dopo anni a Quito, a Madrid ed in altre capitali.

La sua dilezione mi ha permesso di essere testimone di qualcuno dei suoi dialoghi con Dolce Maria Loynaz, osservare da vicino il rigore dei suoi apprezzamenti, il suo amore per la bellezza delle forme e l’intensa vita interna che ha modellato nella sua natura femminile il mistero della danza, in cui è stata riconosciuta come prima ballerina assoluta.

Dama forte, che ha ricevuto con serenità l’applauso commovente dei suoi ammiratori che hanno fatto della sua vita un culto, ammirabile ancora di più quando l’infortunio ha velato i suoi occhi. Allora, a tentoni, con ferrea volontà, si è mantenuta sui palcoscenici, sicura di sé stessa, perché aveva già edificato la sua opera maggiore: una scuola, una tradizione, uno stile che ha assunto il lascito classico e le concezioni estetiche del nostro tempo.

Amata Alicia, labaro di “cubania” che ha fatto suo il saggio proverbio fiorentino, scritto non so dove, tante volte ricordato: “L’arte non ha patria, ma gli artisti sì”.

di Eusebio Leal traduzione di Ida Garberi


Carlos Acosta: “Mi unisco al dolore per la morte di Alicia Alonso, per tutto quello che ha creato”

 

“Ho ricevuto con dolore la notizia della morte della nostra Prima Ballerina, Alicia Alonso. In questi momenti non posso smettere di pensare a tutto quello che le dobbiamo, e nello straordinario lascito che Alicia ci ha dato.

Essendo figlia di una piccola isola dei Caraibi, Alonso si è imposta a tutte le barriere che dicevano che il balletto era un’arte dei paesi sviluppati, che il fisico ed il temperamento latino non si adattavano ai requisiti della danza classica.

Tutti questi pregiudizi sono stati demoliti quando Alicia Alonso è entrata sul palcoscenico. Ha imposto il suo nome latino, il suo fisico, la sua personalità. La sua lotta per essere riconosciuta ha aperto le porte del balletto classico per tutti i giovani del nostro continente, che sognavano di ballare ed ha posto il nome di Cuba sui cartelloni pubblicitari dei grandi scenari internazionali.

Dopo, insieme a Fernando ed Alberto Alonso, ha fondato la Scuola nel nostro paese e già si sa la storia che segue: il balletto cubano, i nostri ballerini, sono applauditi con ammirazione in tutto il mondo.

Ho avuto la fortuna di ballare con Alicia Alonso in un’occasione. In un altro momento ho avuto il privilegio che abbia assistito alle prove di “El espectro de la rosa”, di Michel Fokine. È stata un’esperienza indimenticabile perché, tra le correzioni, Alicia ci raccontava aneddoti sul coreografo. Quel giorno sono rimasto abbagliato per le sue conoscenze e la sua memoria, per il ricordo di quelle storie lontane che contandole lei diventavano così vicine.

Oggi mi unisco al dolore per la morte di Alicia Alonso, per tutto quello che ha creato, per tutto quello che ci ha dato, per essere il fondamento principale di una scuola di balletto che tanta gloria ha dato al nostro paese, per essere stata la radice del nostro movimento della danza. Insieme agli artisti di Cuba, continuerò a lavorare affinché il nostro paese continui a crescere. Credo che questo è il migliore modo per onorare il suo nome.

Carlos Acosta”


Alicia e Giustino al Teatro San Carlo

Alessandra Riccio –  https://nostramerica.wordpress.com

Siamo alla fine del 2010, la bella facciata neoclassica del Teatro San Carlo di Napoli riempie gli occhi di luce e di armonia. Nel Palco Reale, immerso nell’oscurità, due spettatori fuori dall’ordinario seguono i passi vivaci che esaltano la gioventù dei danzatori del Balletto Nazionale di Cuba impegnati nell’esecuzione di Elegia per un giovane, una coreografia in memoria di Fabio di Celmo, l’uomo d’affari italiano vittima di un attentato terroristico a Cuba nel 1997.

Contro un fondale che sembra evocare gli scogli porosi su cui si affaccia l’albergo dell’Avana dove è esplosa la bomba che lo ha ucciso, Fabio e gli amici riempiono la scena di allegria, affabilità e gioia di vivere. Il pallone scorre fra l’uno e l’altro danzatore come a disegnare una rete di solidarietà di cui fa parte anche il padre, guida e compagno del giovane che dovrà vedersela, però, con le figure allegoriche della simulazione, della vanità, dell’ambizione, della frivolezza, della tirannide, della schiavitù. D’improvviso una drammatica deflagrazione tinge di rosso il fondale mentre gli amici, sulle note della musica di Antonio Vivaldi, si ricompongono nella figurazione di una “pietà” commossa, piegata su quella vita assurdamente troncata. Il teatro scoppia in un grande applauso.

A me, che ho avuto la fortuna di assistere allo spettacolo dal Palco reale, è toccato il privilegio di condividere un momento di commozione non previsto e forse neanche immaginato vista la distanza che di solito corre fra spettacolo e vita.

Seduti l’uno accanto all’altra, nella retorica di quel palco schiacciato dagli emblemi reali, assistevano allo spettacolo Alicia Alonso, coreografa di quel balletto, mito vivente della danza classica, prima ballerina assoluta, straordinaria e testarda fondatrice del Balletto Nazionale di Cuba, e Giustino di Celmo, il padre di Fabio, uomo d’affari e abile commerciante. Fanno centottanta anni in due questi sagittari nati a qualche giorno di distanza nel dicembre 1920, e insieme si vantano di essere giunti ai novanta anni pieni di energia e di voglia di vivere.

Il loro lungo abbraccio fra le lacrime, mentre calava la tela sul’ Elegia per un giovane, le loro sagome, ormai esili e incerte, stagliate contro il rosso carminio dei velluti del sipario, l’inatteso esplodere di quell’abbraccio lontano dalle luci dei riflettori dava tutta la misura della profondità di una tragedia -quella della perdita di un figlio- che ha coinvolto e sconvolto tutta Cuba, vittima, in quel triste 1997, di un’offensiva terroristica per la quale si attende ancora giustizia.


«L’incredibile è aver fatto tanto in così poco tempo»

Per Alicia Alonso vivere a Cuba era «un orgoglio immenso». Soprattutto per la condivisione del senso della dignità. Qui lavoriamo per servire la Patria, per crescere come esseri umani nel mezzo di grandi difficoltà, con piena fiducia nel futuro».

 

Appena Alicia Alonso seppe che il satrapo era stato sconfitto dall’Esercito Ribelle, volle tornare a L’Avana dagli Stati Uniti, paese in cui lei occupava un’altissima posizione artistica, ma non riuscì a farlo immediatamente.

«Lo stesso 1 gennaio del 1959, a Chicago, mi ero impegnata con i compagni del movimento rivoluzionario ad andare in uno studio televisivo per fare un richiamo all’opinione pubblica sul pericolo per la gioventù cubana, dovuto all’aumento della repressione da parte degli sbirri di Fulgencio Batista, le cui pratiche criminali s’incrementavano mentre il regime perdeva terreno», racconta la straordinaria artista, ricordando quelle circostanze mezzo secolo dopo.

«Io ero pronta dalla mattina presto, quando qualcuno mi disse “Batista è scappato e i ribelli sono a Santiago! È finita la tirannia!” Sentii una cosa molto grande dentro di me, come se Cuba intera stesse nel mio petto.

Con Alicia la conversazione è fluida. Ha la risposta rapida per ogni domanda, ma sa dare peso alle parole. Se necessita un dato lo verifica con il suo compagno Pedro Simón, noto critico e investigatore letterario e attualmente  direttore del Museo della Danza.

La sola difficoltà radicava nell’impossibilità di captare in un’intervista scritta i movimenti delle mani di Alicia.
Molti dei suoi commenti sono accompagnati da gesti, accenti e movimenti del corpo con i quali sottolinea o descrive un apprezzamento.

Ha una memoria eccezionale.

• Quando riuscì alla fine a tornare in Patria?
–L’11 gennaio. Mi spiacque molto perdere l’entrata dei Barbudos a L’Avana, ma da quando avevo saputo che la Patria era stata liberata, avevo preparato le valigie per partire alla prima opportunità.

• Sapeva già da allora che s’inaugurava una nuova epoca per il suo popolo e in particolare per il suo futuro artistico?
–Avevo fiducia che qualcosa di bello e grande doveva succedere. Voglio dirle che anche prima che l’Esercito Ribelle sconfiggesse le forze della tirannia avevamo inviato ai compagni della Sierra Maestra un progetto molto completo di quello che poteva diventare il balletto nei tempi a venire.
Il portatore era un amico nostro, gran conoscitore della danza, un uomo molto colto e molto rivoluzionario, il dottor Julio Martínez Páez, che sulla Sierra si guadagnò il grado di Comandante.

• Nel 1956 lei aveva salutato il suo pubblico nell’Isola. Aveva detto che non avrebbe ballato mai più qui, sino a che non fosse cambiata la situazione politica del paese.
–Era una posizione di principio, non solo mía, ma anche di tutti i miei compagni. Batista, attraverso un signore che dirigeva l’istituzione ufficiale della cultura voleva approfittarsi del prestigio del Balletto di Cuba che guidavo io, per cercare di cancellare la cattiva immagine del suo governo.
Volevano ricattarmi, privandoci di una ridicola sovvenzione statale. E mi avevano offerto, a me personalmente, dato che il pubblico mi rispettava molto, ua sorta di pensione vitalizia. Dato che non accettai, si ritirò la sovvenzione.
In realtà il signore che dirigeva quella istituzione,Guillermo de Zéndegui, un uomo di un’apparente estrema raffinatezza, aveva commentato che io avevo un gravissimo difetto: ero comunista.

•Torniamo al 1959. Trionfa la Rivoluzione e lei ricomincia la sua carrera tra di noi. A quali condizioni?
–L’effervescenza di quei tempi iniziali si riflesse prontamente nel nostro spirito di lavoro. Inoltre ebbi la fortuna che il sogno di situare il balletto come una delle espressioni culturali più importanti della nuova realtà rivoluzionaria cominciò a realizzarsi davvero presto.

• Che ruolo svolse in questo Fidel Castro?*/
–Nello stesso 1959, un bel giorno arriva il capitan Antonio Núñez Jiménez e mi dice: «Ha una visita». Era Fidel.  Mi parve incredibile che nel mezzo di tante occupazioni il Comandante incontrasse uno spazio da dividere con noi.
Entrò subito nella materia e ci chiese cosa necessitavamo e offerse tutto il suo appoggio. Fidel è un essere eccezionale, fece sue rapidamente le nostre idee e le arricchì. Da primo incontro con lui mi resi conto che Fidel comprendeva
l’importanza della cultura artistica, e particolarmente del balletto per la Rivoluzione e fece sì che molti ed anche noi comprendessimo questa idea.

• Si può affermare che in quel momento iniziò ad avere una dimensione l’idea di una Scuola Cubana di Balletto?
–Questa idea era sempre presente nel mio animo, praticamente da quando mi iniziai nella danza, e poi a partire dal 28 ottobre del 1948, quando fondammo la compagnia che oggi si chiama Balleto Nazionale di Cuba. Sessant’anni sono un periodo breve  nella storia.  L’incredibile è aver fatto tanto in così poco tempo. Immagini quello che rappresenta: una piccola isola che aveva ereditato il sotto sviluppo, con una Scuola riconosciuta nel mondo intero.
E il fatto che non è una scuola per un’elite, ma è di tutto un popolo, con professori e ballerini usciti dal seno di questo popolo e un pubblico amplissimo e diverso, Senta! Questo è favoloso e non esiste in nessun’altra parte, glielo posso assicurare!
Ed è l’ora, adesso, di dire la verità. La Scuola è opera della Rivoluzione!

• In che maniera si assicura la continuità di quest’opera?
–La Rivoluzione ha creato un sistema d’insegnamento artistico nel quale il Balletto ha un posto privilegiato. Abbiamo sviluppato una pedagogia della danza molto stimata nel mondo. I giovani che hanno talento e si sforzano hanno possibilità di realizzazione. E oggi contiamo con una stupenda installazione: la Scuola Nazionale.

• Come valuta l’impronta internazionale della Scuola?
–In Ispanoamerica è stata enorme. Sono molti gli studenti che sono venuti da noi e continuamente ci chiedono professori.

• Contro cosa ha dovuto lottare di più per far accettare i suoi concetti sulla danza?
–In principio, negli Stati Unti pesava lo stigma che i latini siamo adatti solo al folclore. Ho conosciuto persone che dicevano che i nostri corpi non servivano per la danza classica. Questi pregiudizi son stati eliminati. E non parlo solo dei cubani. On America Latina e in Spagna si sono formati stupendi ballerini.
E dirò di più: i pregiudizi comprendevano anche gli stessi nordamericani. Si pensava che solo i russi o comunque gli europei  potessero accedere all’eccellenza nel balletto. Ci furono alcuni che si cambiarono il cognome per apparire come russi.

• Come ballerina lei è diventata una leggenda, ma è anche una splendida coreografa.  Come somma  la creazione in questo campo?
–Mi è sempre piaciuto creare per la scena. Anche nel mio tempo di ballerina ho sempre coltivato questa vocazione. Io vedo dentro di me la coreografia completa. La spiego ai miei collaboratori, non solo i movimenti, ma come concepisco la scena, quali sono i gesti, cosa voglio con ogni elemento e si pone in gioco sul palcoscenico. Il ballo con le mie coreografie è un modo per continuare a ballare. Prima ne godevo come ballerina, oggi lo faccio con gli altri.
Le giuro che continuo a sentire le emozioni di ogni personaggio. Alla fine di una rappresentazione termino estenuata, come avessi passato tutto il tempo in scena.

• Vuole darci un esempio del processo di creazione?  Diciamo partendo da Lucía Jerez, sull’opera narrativa di José Martí?
–Questo balletto era stato dedicato alla celebrazione dei 400 anni d’esistenza della letteratura cubana. Quindi era partito da un originale letterario e nulla di meglio e sfidante di un’opera di Martì, il suo unico romanzo. (…). È una storia appassionante che inoltre contava su un libretto per il balletto scritto niente meno che da Fina García Marruz, che io considero una delle più grandi poetesse cubane. Quel libretto fu un punto di partenza con un contenuto molto sensibile di poesia,che si doveva tradurre on linguaggio del movimento. Un giovane collaboratore, José Rodríguez Neira, scrisse a sua volta una versione del libretto con il quale ci mettemmo a lavorare per far sì che l’idea di Martì prendesse vita propria nella danza, dando un senso al gesto. Nello stesso tempo sorse il problema d’adeguare la musica alla coreografia e, cercando, incontrai una partitura di Enrique González Mántici, un importante compositore e direttore d’orchestra già deceduto, che ammiriamo, e scopersi che sembrava scritta proprio per l’opera.

• L’indigna personalmente l’atteggiamento aggressivo delle amministrazioni degli Stati Uniti di fronte alla Rivoluzione Cubana?
–Io credo che tanto o più del nostro popolo, la vittima principale sia il popolo nordamericano (…). Quando ho inviato una lettera agli artisti e agli intellettuali nordamericani, non speravo in una risposta tanto ampia e rapida. Credo che abbia aiutato a creare coscienza culturale sulla necessità di ricostruire i vincoli
Culturali, sulla base del rispetto del nostro diritto d’esistere, di scegliere il nostro destino. So che non è sufficiente, ma almeno si è aperta una finestra.

• È orgogliosa di vivere a Cuba ?
–Provo un orgoglio immenso, soprattutto nel condividere il senso della dignità.
Qui lavoriamo per servire la Patria, per crescere come esseri umani, nel mezzo di grandi difficoltà, ma con piena fiducia nel futuro.

• A questo punto: cosa si aspetta dalla vita?
-Tutto!

( Questa intervista forma parte del libro /Como el primer día/).


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