Vittoria popolare in Cile

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Vittoria popolare in Cile. Il presidente neoliberista Sebastián Piñera ha annunciato che l’aumento del prezzo dei biglietti della metropolitana, misura che aveva innescato la rivolta popolare, sarà sospeso.

«Voglio annunciare che stiamo per sospendere l’aumento del costo dei biglietti della metropolitana, che richiede l’approvazione di una legge che deve essere molto urgente, fino a raggiungere un accordo che ci consenta di proteggere i nostri compatrioti, contro gli improvvisi e inaspettati rialzi del dollaro e il petrolio, come è accaduto nei mesi e quali sono le cause delle tariffe», ha affermato il capo dello Stato.

Tuttavia, l’emulo di Pinochet ha eluso il tema della repressione brutale operata da militari e carabineros che ha prodotto un eloquente bilancio: 308 detenuti e 160 feriti.

«Solo insieme saremo in grado di preservare la nostra democrazia e le nostre libertà, solo insieme possiamo superare queste difficoltà…

i vostri problemi e i vostri sogni sono stati i nostri. La priorità del nostro governo è combattere il crimine e il terrorismo», ha affermato il presidente Piñera.

Nella sua dichiarazione, il rappresentante dello Stato cileno ha affermato che convocherà un tavolo di dialogo con altri settori popolari, al fine di conoscere le loro opinioni e proposte in merito alla questione dei trasporti.

«Ho convocato un incontro con i rappresentanti dei poteri dello Stato, il presidente del Senato, la Corte suprema e la Camera dei Deputati per conoscere le loro impressioni e proposte per affrontare e superare questa difficile situazione», ha concluso Piñera.

Dopo la notizia, i manifestanti hanno applaudito alla decisione, ma hanno denunciato che manterranno la loro opposizione al governo, per aver promosso una serie di politiche neoliberiste che privatizzano i diritti fondamentali dei cileni.

Insomma, una prima parziale vittoria è arrivata. Ma l’obiettivo è quello di superare il regime neoliberista.


Cile: la repressione in stile Pinochet

 

La rabbia popolare contro il neoliberismo scoppia anche in Cile dopo l’Ecuador. Santiago è in fiamme proprio come lo è stata Quito dopo che la società che gestisce la rete metropolitana della capitale cilena ha deciso un significativo aumento del prezzo del biglietto.

Alle proteste popolari il governo di Sebastián Piñera da buon nostalgico della dittatura fascista di Pinochet ha risposto con la repressione più selvaggia. Decretando lo stato di emergenza in varie province del paese.

Durante un discorso indirizzato alla nazione il presidente ha annunciato di voler iniziare un dialogo per quanto riguarda il prezzo del trasporto pubblico, intanto però la risposta ufficiale, finora, è stata quella di aumentare il numero di agenti di polizia nelle stazioni della metro dove i manifestanti aprono i tornelli per far entrare le persone senza pagare il biglietto e criminalizzare la protesta.

Piñera inoltre ha definito i manifestanti «veri delinquenti che sono disposti a distruggere un’istituzione tanto utile e necessaria come la metro». Il presidente ha poi cercato di giustificare la misura: «L’aumento dei prezzi dei biglietti della metropolitana (innesco delle proteste) obbedisce al mandato della legge, risponde all’aumento che si è verificato nel prezzo del dollaro e del petrolio ed è stato determinato da un gruppo di esperti».

Dall’inizio delle proteste, la rete metropolitana di Santiago del Cile, famosa per la sua pulizia, l’ordine e il rispetto degli orari, è diventata teatro di proteste, violenza e repressione.

Questo venerdì, le linee 1, 2 e 6 hanno chiuso i loro accessi e costretto migliaia di persone a camminare lungo i principali viali della capitale cilena in cerca di mezzi pubblici alternativi, scrive America XXI.

Uno scenario che ha visto fermate degli autobus stracolme di persone, mancanza di taxi vuoti e ingorghi nelle strade principali.

I manifestanti hanno ricordato che, dall’inaugurazione del sistema di trasporto pubblico Transantiago nel 2007, il prezzo del biglietto è aumentato di venti volte, ma è stato l’ultimo, a scatenare le proteste.

La repressione da parte dei ‘carabineros’ ha coinvolto non solo i manifestanti che hanno commesso atti di violenza, ma anche quelli impegnati a protestare pacificamente.

Secondo i video tramite i social network, la polizia militare cilena ha anche compiuto atti di violenza all’interno dei vagoni della metropolitana, dove sono stati brutalmente picchiati alcuni studenti.

Tutto questo però non lo vedrete sui nostri media.

Nessuno racconta la feroce repressione che avviene nel ‘democratico’ Cile. Perché i manifestanti si oppongono al neoliberismo reale. Lo stesso che i media mainstream sostengono in ogni angolo del globo. Così alcune proteste vengono oscurate, le persone non devono sapere che ci sono popoli che hanno deciso di dire basta al regime neoliberista ribellandosi.

Allo stesso modo vengono sostenute a spada tratta le proteste di chi, strumentalizzato e foraggiato dalle potenze occidentali, vorrebbe imporre il regime neoliberista laddove è stato bandito. Il caso del Venezuela fornisce un esempio calzante in tal senso.


In Cile Piñera come Pinochet

di Paulo Cesar Valdes

 

Santiago del Cile in stato d’emergenza. Il popolo cileno è di nuovo sotto l’assedio dei militari e delle loro armi. La ragione? L’esplosione generalizzata delle proteste sociali contro l’aumento del costo della vita e del valore del trasporto pubblico, imposto dal governo della destra di Sebastian Piñera.

Il Cile, paese del cartello di Lima che sarà sede del prossimo summit dell’APEC, il paese laboratorio del modello di crescita neoliberale, con in maggiori indici di diseguaglianza fra ricchi e poveri del continente americano, da lunedì vive una crisi politica e sociale senza precedenti.

Nei giorni scorsi migliaia di studenti cileni sono scesi in piazza per protestare contro il “tarifazo”, l’aumento del prezzo del trasporto pubblico imposto dal governo, che porta il valore del biglietto della metro a più di un dollaro e trenta a viaggio. Ma questo venerdì 18 di ottobre, la protesta è divampata e altri settori sociali si sono uniti agli studenti. I manifestanti si sono recati in massa ad occupare le oltre 100 stazioni della rete metropolitana della capitale. Hanno bloccato le entrate e le uscite e costretto tutti i passeggeri a salire sulla metro senza biglietto: la cosiddetta “Evasione di Massa”, che ha avuto un enorme successo

La prima risposta del governo filoyankee è stata la condanna di questi atti vandalici e la mobilitazione del 90% degli agenti di polizia verso la rete sotterranea, con lo scopo di tenere la situazione sotto controllo. Questo ha esacerbato le proteste dei manifestanti che dinanzi ad una dura repressione, hanno deciso di occupare tutte le stazione e i binari delle 7 linee della rete metropolitana, che ogni giorno muove più di tre milioni di persone. La società che gestisce le linee ha dunque preso la decisione di chiudere le stazioni e sospendere totalmente i servizi in maniera indefinita.

La reazione dei manifestanti, che hanno agito in maniera spontanea, senza aver dietro alcuna organizzazione e orientamento politico, è stata quella di uscire dalle stazione e portare la protesta per le strade, scontrandosi con la polizia, ormai soggiogata dalla folla. Alle 18:30, ore locali, il presidente Piñera, che prima aveva minacciato i manifestanti con l’applicazione della legge pinochettista di Sicurezza dello Stato, ha decretato lo Stato di Eccezione, per permettere alle forze armate di riprendere il controllo della Regione Metropolitana. Mai nessun governante, dalla fine della dittatura militare di Pinochet, aveva decretato una misura del genere con lo scopo di porre fine alle proteste sociali. In seguito a ciò ci sono stati intensi scontri, i manifestanti hanno dato fuoco a più di venti autobus, quattro stazioni metro e all’edificio che ospita la sede aziendale di ENEL Cile, la società che gestisce l’energia elettrica nel Paese.

Il copione qui descritto è assai conosciuto dai popoli che hanno dovuto vivere sottomessi alla dittatura del capitale nella sua versione neoliberistica.

Gli argentini, peruviani, boliviani e venezuelani prima della vittoria dei governi progressisti, hanno già passato tutto questo.

La spiegazione è molto semplice. Il neoliberismo nella fase attuale, compiuto il suo primo ciclo di crescita espansiva, ha bisogno di sfruttare sempre di più e sempre più persone. La sua stessa esistenza dipende dalla capacità di depauperare e sfruttare i popoli del proprio reddito, delle proprie ricchezze, delle proprie risorse. Non è più possibile abbassare i salari, aumentare sistematicamente il costo della vita, mercificare i diritti sociali più basilari come istruzione, salute e pensioni, senza restringere la libertà, indebolire la democrazia liberale, controllare i mezzi di comunicazione e reprimere in maniera sempre più feroce. Il liberalismo abbandona la sua forma democratica e avanza verso il fascismo.

E così, a meno di una settimana dal successo delle mobilitazioni di popolo di Quito, in Ecuador, contro le misure di austerità del paquetazo e il decreto dello stato di eccezione di Lenin Moreno, vediamo andare in scena in Cile la stessa situazione che per l’arroganza del governo, la storica tradizione fascista dei militari, lo spontaneismo dei manifestanti e la mancanza di conduzione politica della mobilitazione, lasciano intravedere un panorama non roseo per il popolo santiaguino.

Le manifestazioni di oggi sono continuate nonostante la presenza in strada dei militari e addirittura si sono diffuse per tutto il territorio nazionale. Diversi settori sociali, lavoratori, cittadini si sono uniti sotto la bandiera di uno Sciopero Nazionale. Persone comuni sono scese nelle principali piazze del Paese per manifestare la solidarietà ai loro compagni di Santiago, per chiedere il congelamento dell’aumento del valore del passaggio, la fine dello stato di eccezione e il ritiro dei militari delle strade. Dall’altro lato il governo ha fatto un appello al dialogo nazionale con i settori politici dell’opposizione, che è stato rifiutato da tutti i partiti. Adesso le stazioni sono sotto il controllo dei militari e i mezzi di comunicazione tentano di colpevolizzare i manifestanti dei danni arrecati.

Comunque finirà questa mobilitazione, il segnale inviato alle oligarchie nazionali è stato molto chiaro. Nei paesi ieri sottomessi ai dettami del grande capitale, oggi e domani non saranno applicate misure alcune antipopolari senza una risposta immediata ed anche violenta dei settori popolari. La forza di un popolo si manifesta in tutte le maniere possibili e non accetterà nessuna sconfitta senza lottare fino alla fine.

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