La Bolivia e i militari, Washington e OSA

Álvaro Verzi Rangel, CLAEhttp://aurorasito.altervista.org

Il rovesciamento del governo popolare di Evo Morales in Bolivia conferma che la questione militare è tornata in America Latina, a salvaguardia dei piani USA per il controllo civile e politico del loro “cortile” e garanzia dell’appropriazione delle enormi ricchezze naturali della regione. In America Latina, lotte sociali in Cile o Ecuador, colpo di Stato in Bolivia, intervento nordamericano in Venezuela, elezioni in Uruguay, prigionia di Lula, politiche del FMI, progresso delle chiese evangeliche, ritorno al militarismo, violenze nelle città, migrazione, razzismo, sono espressioni della guerra globale.

Tale guerra, sebbene non si sia disposti ad accettarla, fa già parte di tutte i campi della vita umana e ne determina la sopravvivenza come specie, afferma l’ex-Vicecancelliere ecuadoriano Kintto Lucas. Per questo fu necessario minare i processi dell’integrazione regionale per poter coinvolgere le forze armate nell’ordine pubblico, nella vita elettorale, nella violazione dei diritti umani, militarizzazione della presunta lotta alla droga, repressione delle migrazioni, in situazioni ispirate e stimolate dalla politica militare nordamericana nella regione. Era anche necessario salvare il bellicoso Trattato inter-americano di assistenza reciproca (TIAR), per avere un altro fronte, militaresco, per gli attacchi contro Venezuela, Bolivia, Nicaragua o chi osi affrontare le politiche di Washington.

Donald Trump, il presidente nordamericano, chiariva: siamo ora un passo avanti verso un emisfero occidentale completamente democratico, prospero e libero. Questi eventi mandano un forte segnale ai regimi illegittimi in Venezuela e Nicaragua, affermava. “Gli Stati Uniti applaudono all’esercito boliviano per aver rispettato il suo giuramento di proteggere non solo una persona, ma la costituzione boliviana (…) Dopo quasi 14 anni e il suo recente tentativo di annullare la costituzione boliviana e la volontà del popolo, la partenza di Morales preserva la democrazia e apre la strada al popolo boliviano per far sentire la propria voce”, aveva detto Trump, chiarendo il coinvolgimento del suo governo nel colpo di Stato contro Morales.

In Brasile, il presidente, il vice, numerosi parlamentari e oltre la metà del gabinetto presidenziale sono militari, strettamente legati agli Stati Uniti: un militare brasiliano è oggi vicecomandante dell’interoperabilità del comando meridionale. Il governo di Jair Bolsonaro approvava un accordo bilaterale per il lancio di satelliti e razzi dalla base dell’Alcantara e firmava un accordo con la Guardia Nazionale dello Stato di New York.

In Uruguay, l’ex-generale Guido Manini ottenne col partito di estrema destra, Cabilda Apierta, l’11% dei voti alle elezioni di ottobre, ottenendo tre senatori e 11 deputati.

L’influenza del comando sud degli Stati Uniti in America centrale è decisiva e le azioni dei militari sono fondamentali nella sicurezza interna, presunta lotta al traffico di droga, riduzione della migrazione verso gli Stati Uniti, sicurezza interna e difesa di governi corrotti e contestati.

In Messico, la creazione della Guardia Nazionale per combattere il crimine organizzato non implicava la smilitarizzazione della “guerra alla droga”. In Venezuela, il principale sostegno al governo di Nicolás Maduro è l’esercito.

In Colombia, il lento progresso del governo degli impegni di pace concordati con le FARC e il fallimento del dialogo coll’ELN è in parte causato dalla pressione delle forze armate, finanziate e preparate dagli Stati Uniti, oggi preoccupate dalle crescenti denunce di violazioni sistematiche dei diritti umani e presentazione di false prpve (contadini uccisi e vestiti da guerriglieri per mostrare delle vittorie).

Il presidente Lenín Moreno, in Ecuador, aveva bisogno del sostegno e della repressione delle forze armate per imporre un pacchetto di misure neoliberiste. La sua foto insieme ai quattro rappresentanti delle forze armate evidenziava il ruolo militare nel sostenere un governo impopolare.

In Cile, Sebastián Pimhera voleva imporre altre misure neoliberiste ottenendo tensioni sociali. La sua risposta fu decretare lo stato di emergenza e applicare la mano dura di polizia e forze armate.

Per il vicecancelliere dell’Università argentina Torcuato di Tella, Juan Gabriel Tokatlian, ciò che accadeva in Bolivia fu inquadrato in ciò che alcuni analisti chiamano neo-golpismo guidato apertamente da civili col tacito sostegno o esplicita complicità delle forze armate, coll’intento che la violazione costituzionale sia meno apparente preservando una parvenza istituzionale anche se solo virtuale.

Scommettere contro la democrazia
Dallo scoppio della crisi economica nel 2008, l’oligarchia finanziaria globale e la sua articolazione nelle élite regionali smisero di scommettere sulla democrazia, affermavano Matías Caciabue e Paula Giménez, ricercatori del Centro latinoamericano per l’analisi strategica. Fu nello stesso momento in cui i popoli della regione poterono consolidarsi come strumento organizzativo, con capacità di garantirsi recupero economico e giustizia sociale della regione per la stragrande maggioranza la più disuguale del pianeta, questo presente difficile, caratterizzato da regione delle controversie, iniziò col colpo di stato civile e militare contro Mel Zelaya in Honduras nel 2009. A questo rosario si aggiunse il tentativo di colpo di Stato in Bolivia nel 2009 e il rapido intervento dei Paesi della regione e delle organizzazioni d’integrazione bloccarono, e col rovesciamento della mafia legale di Fernando Lugo in Paraguay, nel 2012. Il continuo colpo di Stato in Venezuela si ebbe colla morte di Hugo Chávez nel 2013, acuitasi con le garimbas e le sanzioni economiche statunitensi nel 2015 e la guerra non convenzionale dalla seconda elezioni di Nicolás Maduro nel 2019 (senza dimenticare, naturalmente, il colpo di stato dell’aprile 2002 e lo sciopero petrolifero del 2003). Non si dimentichi l’usura dei media e legalitaria del governo di Cristina Fernández nel 2015 e il conseguente trionfo di Macri e della sua alleanza Cambiamo (ricordando anche il colpo di Stato agricolo del 2008) o l’impeachment (processo politico) contro Dilma Rousseff nel 2015 e la criminalizzazione della militanza del Partito dei Lavoratori. Né la successiva detenzione con meccanismi comprovati da guerra legale di Lula Da Silva che, se libero, avrebbe vinto le elezioni del 2018 in Brasile, dove alla fine vinse l’ultra-destro Jair Bolsonaro. E vanno menzionati i tradimenti di Lenín Moreno in Ecuador e Nayib Bukele in El Salvador che esprimono la difesa dei settori borghesi dai programmi di trasformazione in cui furono arruolati, oltre ai movimenti sovversivi contro il sandinismo in Nicaragua nel 2018, pochi mesi dopo un’elezione in cui Daniel Ortega ottene oltre il 72% dei voti.

Oggi, ai nostri occhi, in Bolivia viene costruita una dittatura civile-militare che applicava una forte censura mediatica e arresta attivisti sociali, leader politici e funzionari del governo costituzionale, sotto la guida degli Stati Uniti, del segretariato generale del Organizzazione degli Stati americani e del gruppo di Lima (a sostegno delle politiche d’interferenza degli Stati Uniti).

Per distruggere ciò che è stato costruito
Ciò che costò tanto costruire in tre decenni al Movimento al Socialismo può scomparire in poche ore o giorni. Le conquiste sociali, economiche, etniche, culturali, di genere resero la Bolivia esempio sui programmi sanitari, educativi e abitativi saranno demonizzate, considerate la causa del colpo di stato:

-La Bolivia è passata dall’essere il Paese più povero in America, al Paese con la più alta crescita in America: aumentando il PIL del 400 percento. Il salario minimo era aumentato del mille percento.
-La discriminazione nei confronti degli indigeni fu fermata e fu creata la Repubblica Plurinazionale della Bolivia. Cultura e rispetto per l’ambiente e fu promosso l’amore per Pachamama.
–Fu creata una nuova Costituzione che dava diritti a lavoratori, contadini, studenti, donne e popolazioni indigene;
–Gas e acqua furono nazionalizzati. Furono costruiti oltre 25mila chilometri di strade, 134 ospedali, 7.91 centri sportivi, 1100 scuole.
–L’analfabetismo è passato dal 22,7 percento al 2,3 percento
–Furono create 12 fabbriche di litio, tre cementifici, due fabbriche automobilistiche, 28 tessili e 12694 cooperative,
-Le otto basi militari che gli Stati Uniti avevano in Bolivia furono eliminate e le missioni di DEA e CIA furono disarmate,
–La metà degli uffici pubblici è occupata da donne, di cui il 68 percento è indigeno.
–La pensione per gli anziani fu creata all’età di 65 anni e fu istituito un bonus per tutti gli studenti della Bolivia,
–La Bolivia ha lanciato il suo primo satellite, il Tupac Katarí.

L’odio accumulato dalla plutocrazia in un Paese in cui il dominio oligarchico si basa sul suprematismo etnico-razziale è il coagulante, afferma Marcos Roitman. Sindaci legati agli alberi, costretti a camminare in ginocchio, insultati, portati via da case, picchiati, minacciati di morte. E una città disarmata nel difendere la sua lotta, la sua storia La violenza delle orde fasciste integra e completa l’azione delle forze armate e della polizia ammutinati. Una nuova situazione nella tecnica del colpo di Stato, senza dimenticare l’anticomunismo ultramontano, fantasma fuori moda ma sempre buono per manipolare le popolazioni.

*Sociologo, condirettore dell’Osservatorio sulla comunicazione e la democrazia e il Centro latinoamericano per l’analisi strategica (CLAE).

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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