Bolivia non si arrende!

“Se l’oligarchia latinoamericana, inginocchiata davanti all’impero statunitense, rompe le regole del gioco ed ignora i diritti sovrani dei popoli, ci starebbero autorizzando ad attivare qualunque meccanismo per restituire ai popoli i loro legittimi diritti. Venezuela non rimane a braccia conserte davanti all’aggressione contro il popolo fratello di Bolivia”

Hugo Chavez, 12 ottobre 2006

Comincio queste righe, questo sentire bolivariano, con le parole del nostro Comandante Eterno, quando la destra boliviana iniziava la campagna di destabilizzazione contro il governo popolare e democratico del presidente Evo Morales. Questo è successo tredici anni fa, ai tempi della nascente rivoluzione nel paese fratello. Già da allora, l’oligarchia patrocinata dagli USA cospirava per abbattere il progetto di liberazione indigenista in Bolivia, timorosi di perdere i loro privilegi in una nazione con abbondanti risorse minerarie che sono state, durante decadi di obbrobrio, sfruttate unicamente per arricchire le classi poderose, piagando la popolazione di fame, miseria e discriminazione.

Il golpe di stato in Bolivia espressa le pretese permanenti imperialiste di reimpiantare le politiche neoliberali nel continente, come l’hanno fatto dove la più rancida borghesia ha ripreso il potere (Brasile, Cile, Argentina). Sono quelle politiche anti-popolari che erano state interrotte dai governi rivoluzionari e democratici in America latina, inspirati dal progetto liberatore bolivariano del Comandante Chavez.

Nella nazione dell’altopiano, la figlia prediletta del Libertador, Simon Bolivar, sotto la conduzione del compagno Evo, si erano prodotti grandi cambiamenti in favore dei più necessitati, della popolazione indigena, dei lavoratori e delle lavoratrici, dei contadini e delle contadine. Il recupero, da parte dello Stato, di grandi aziende strategiche che erano state privatizzate, come quella degli idrocarburi, dell’elettricità e delle telecomunicazioni, era riuscito ad aumentare l’entrata delle risorse per distribuirle nell’investimento pubblico, nella salute e nell’educazione, diminuendo i livelli di povertà nei quali era stato sommerso il popolo boliviano per molti anni.

Allo stesso modo, la crescita economica sperimentata durante gli anni di governo progressista, è un esempio dei grandi risultati nei 14 anni di gestione di Evo Morales, che i grandi mezzi internazionali hanno voluto occultare.

Non solo nell’ambito della vita materiale sono state le conquiste dei boliviani che oggi i golpisti pretendono cancellare. La democrazia partecipativa, il riconoscimento ed il protagonismo dei popoli indigeni, le lotte contro la discriminazione di genere, la rivendicazione dei movimenti sociali, sono importanti vittorie che i boliviani e le boliviane hanno ottenuto in questi anni di costruzione dello Stato Plurinazionale.

Sono questi i grandi sviluppi popolari per i quali il più poderoso impero di tutti i tempi ha spinto l’azione interventista in Bolivia. Così è successo storicamente: lì dove i popoli cominciano a forgiare la loro sovranità, l’imperialismo interviene per proteggere i suoi interessi.

Per non andare molto lontano, ripassiamo solamente la relazione dei golpe di stato in America Latina e nei Caraibi dall’inizio del XXI secolo, e nella cornice dei processi di liberazione continentale (ognuno con la sua particolarità, e tutti incorniciati dentro la strategia di “golpe non violento” che però alla fine scoppiano sempre in violenza): Venezuela, nell’anno 2002; Haiti, nel 2004; Honduras nel 2009: Brasile nell’anno 2016. Bisogna aggiungere il tentativo per abbattere Rafael Correa, in Ecuador, nell’anno 2010, e la permanente aggressione contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela, i tentativi golpisti ed i tentativi di omicidio del presidente fortunatamente frustrati. Tutto un prontuario interventista con la collaborazione dell’OSA, organismo nefasto che invece di rappresentare i paesi di questo continente, si è trasformato in complice fedele degli USA.

Ma né Bolivia, né i popoli latinoamericani e caraibici, che hanno elevato la loro coscienza politica in questi anni di sviluppo progressista, sono rassegnati a consegnare la loro sovranità, a perdere le loro conquiste, a retrocedere verso le vie neoliberali (guardate i cileni e le cilene, esigendo la fine dei governi interventisti e la nascita di una nuova costituente; guardate gli argentini e le argentine, che hanno dimostrato il loro scontento contundente col “Macrismo” e si preparano per una nuova tappa di cambiamenti; lo stesso vento di disubbidienza soffia in Brasile ed ad Haiti; il movimento popolare rivoluzionario è in piena insorgenza).

I boliviani ed le boliviane oggi scendono sulle strade de La Paz. Come un solo pugno, che ci ricorda la valanga di popolo che è uscita a riscattare il filo costituzionale a Caracas, il 13 aprile 2002, sono usciti a difendere la rivoluzione indigenista, lo Stato Plurinazionale, i risultati raggiunti; sono usciti a condannare, davanti al mondo, il fascismo sfrenato dai militari del governo de facto; sono usciti, coraggiosamente, alla riconquista dei loro sogni di indipendenza.

La frase del nostro Comandante Eterno, con la quale inizia questo testo, risuona sulle strade della Patria di Bolivar, il cui popolo si è manifestato con tutte le sue forze per il ritorno di Evo in Bolivia, per la continuità della pace ed il buon destino nella nostra nazione sorella.

Evviva il popolo boliviano!
Evviva il presidente Evo Morales!
Evviva lo Stato Plurinazionale della Bolivia!
Vinceremo!

di Adan Chavez Frias da Cubadebate

traduzione di Ida Garberi

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