Sul golpe e sul nostro apprendistato

Sara Rosemberg (*); da: insurgente.org

La confusione mediatica è un’arma di guerra del nemico per spezzare, disorganizzare e distruggere le risposte rapide ed effettive contro la barbarie imposta dal fascismo.

Ma, anche, vi si aggiungono discorsi – e silenzi rumorosissimi – dei cosiddetti “progressisti” che rapidamente, e ogni volta che nella battaglia c’è un arretramento, tirano fuori inopportunamente l’arma filosofica della critica superficiale, a volte più distruttiva di quella dei media egemonici perché, di fronte ad un attacco bestiale come sta succedendo in Bolivia e Cile, è più necessario che mai serrare le file.

Una cosa è analizzare le debolezze, la forza e le difficoltà di questo lungo processo di guerra antimperialista, e altra usare la “critica” che puzza di colonialismo per demoralizzare e aiutare così il nemico.

E’ piuttosto complice il silenzio dei cosiddetti “intellettuali” della Spagna e dell’Europa. Non mi riferisco a quelli che sono soliti gridare e pronunciarsi, e anche cantare contro il Venezuela, Cuba e ogni processo di liberazione con altrettanta passione che ignoranza o aperta complicità. Altri cantano basso e parlano di uguaglianze astratte verdi, femin-liberali, viola, demo-capitaliste, bambine climatiche e un lungo eccetera – che mai analizzeranno le cause di fondo di un sistema sociale perverso, basato sulla rapina e sul crimine organizzato mentre non si stancano di nominare la tanto famosa e tanto prostituita “democrazia occidentale”.

Non è casuale che sorgano queste voci di assennati commentatori “progre” che danno lezioni sull’acqua calda; è una tecnica di propaganda altamente efficace, soprattutto in società dove la sconfitta del progetto umanista è quasi totale, dove l’individualismo ha sostituito il senso e la necessita di una trasformazione sociale, collettiva; anche la parola ‘fraternità’ – tanto antica – si usa solo per coltivare funghi in modo da fare un buon affare.

Il totalitarismo del mercato si è installato nelle vene di una società che non vede se stessa e avanza contro la propria storia. 

E’ quello che fa l’Unione Europea con l’appoggio al colpo di Stato in Bolivia. L’Europa si inginocchia una volta ancora davanti all’impero in decadenza, anche a costo di trasformarsi in una colonia che affonderà insieme al suo padrone.  

Non è solo un tema morale, è un tema che mette in discussione il concetto stesso di quello che chiamano ‘democrazia’ e che evidenzia che chi detiene il potere è la grande impresa, il grande capitale e la sua necessità di distruggere ogni tessuto statale, anche quello della stato moderno, in modo da poter mantenere la capacità di accumulazione e di rapina intatte.

Il caso della Bolivia è importante per analizzare quanto sopra, perché Evo Morales non ha  i requisiti che sono stati usati per distruggere la Libia, attaccare il Venezuela e Cuba, o distruggere la Jugoslavia, l’Iraq, la Siria, la Palestina, o demonizzare la Russia e la Cina. Non hanno creato il ‘mostro’ di cui hanno sempre bisogno per giustificare la rapina e la morte perché non hanno potuto inventarlo. Hanno inventato una “frode” che persino il ministero delle colonie – la OSA (Organizzazione degli Stati Americani, n.d.t.) – è stato costretto a smentire.

Evo Morales ha sviluppato enormemente il suo paese, in tutti i sensi (1), è onesto, è una figura impossibile da demonizzare e la verità è che le “voci democratiche” appoggiano direttamente la barbarie e il crimine nell’appoggiare i fascisti boliviani organizzati attorno all’esercito, alla polizia, alle sette e, certo, all’oligarchia e al narcotraffico. Hanno dato milioni di dollari per potenziare un golpe sanguinoso appoggiato da orde fasciste. Un generale gli costa più o meno alcune migliaia di dollari e l’investimento è redditizio.

Certo, mi diranno, … il litio, gli Stati Uniti hanno bisogno del litio come hanno bisogno della coca e delle immense riserve naturali della regione.

Ed è vero, ma se di qualcosa hanno bisogno gli Stati Uniti – voce delle grandi corporations – è lo sterminio dell’umanità stessa.

E questo non rimane confinato in America  Latina.

E’ da qui che il passo fatto è così grave, perché implica quello che l’impero sta dimostrando da molto tempo: si sono rotti tutti i limiti legali e giuridici per commettere questo sterminio, da cui nemmeno l’Europa si libererà. E’ un progetto imperialista molto chiaro ed esplicito, che usa la maschera della democrazia – e gli organismi e le istituzioni internazionali – solo in funzione dei suoi interessi.

Lo stato di diritto come tale è un guscio facile da rompere ed è quello che il capitalismo attuale sta facendo.

Lo diceva già Brecht:  prima vennero per loro e io non dissi niente, fino a che vennero per me ma era già tardi.

E il golpe in Bolivia evidenzia quanto Lenin disse molto tempo fa sulla necessità di un esercito del popolo capace di difendere i popoli (2), e apre una tappa in cui l’America Latina intera – e magari il mondo – si prepara a rispondere all’impero con altre armi, dopo aver cercato di consolidare le democrazie partecipative e l’unità continentale come strada verso il socialismo.

L’impero ha fretta, accelera nella sua sete di morte per poter sopravvivere e si fa scudo dei governi e dei pagliacci autoproclamati, con una violenza bestiale sullo Stato sovrano per distruggerlo e controllarlo, se c’è bisogno, più efficacemente che con i golpe militari degli anni di piombo dei ’70.

La mascherina democratica è ammuffita, la OSA, il Gruppo di Lima, i discorsi di Bachelet all’ONU ecc. sono patetici, non riescono più a coprire un tale assassino impune.

Tuttavia si sbagliano su un aspetto molto importante: i popoli dell’America Latina, come dicono in Cile, si sono svegliati e la guerra che l’impero impone e di cui ha bisogno sarà la sua tomba

E’ chiaro che i popoli devono essere armati per difendere la loro sovranità e che si trionfa solo quando si ha un esercito del popolo.  Ma la difficoltà di crearlo, o il credere che gli alti comandi militari possono essere modificati dall’interno porta, a volte, a strade senza uscite o con soluzioni molto costose.

Quindi la critica deve essere molto profonda e deve essere fatta per avanzare, non per smobilitare e giustificare il silenzio complice che oggi è assordante, sia in relazione  alla barbarie del governo del Cile come al golpe fascista in Bolivia, che sono parte della stessa strategia imperiale di rottura di ogni legalità o limite alla violenza.

L’esperienza storica delle rivoluzioni che hanno trionfato e sono sopravvissute nel mezzo della feroce aggressione imperialista ci insegna qual’è la strada; ora c’è bisogno di organizzare le forze e continuare a lottare contro la bestia fascista, appoggiando il popolo della Bolivia e tutti i popoli ribelli che, prima o poi, vinceranno il mostro.

Come ha detto poco tempo fa un contadino boliviano, “stanno usando la democrazia per massacrarci e noi non lo permetteremo”.

Viva la resistenza dei popoli dell’America Latina e del mondo.

 La lotta sarà lunga, ma la vittoria è nostra.

Note

(1) www.telesurtv.net/news/evo-morales-bolivia-logros-sociales-economia-20191111-0032.html

(2) “…nel giungere ad un certo grado di sviluppo della democrazia,  questa, in primo luogo, coesiona il proletariato, la classe rivoluzionaria, di fronte all’imperialismo, e le dà la possibilità di distruggere, di fare in pezzi, di far sparire dalla faccia della terra la macchina dello Stato borghese, anche quella dello Stato borghese repubblicano, l’esercito permanente, la polizia e la burocrazia, e di sostituirli con una macchina più democratica ma ancora statale, sotto forma delle masse operaie armate come passo verso la partecipazione di tutto il popolo nelle milizie”. (Stato e Rivoluzione – V.I. Lenin).

(*) Scrittrice e saggista argentina, esiliata per motivi politici vive in Spagna

(traduzione di Daniela Trollio Trollio  CIP “G.Tagarelli”)

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.