Cosa c’è dietro l’assedio ai medici cubani in Bolivia?

Franco Vielma http://misionverdad.com

Lo scorso 13 novembre, quattro collaboratori della missione cubana dei servizi di salute che lavorano in quel paese sono stati arrestati a El Alto, in Bolivia. La notizia è immediatamente circolata e con grande consistenza nei media boliviani ed internazionali, indicando che si trattava di agenti che promuovevano la “destabilizzazione” del governo di fatto dopo il colpo di stato che aveva deposto il presidente Evo Morales.

Amparo García, Idalberto Delgado, Ramón Álvarez e Alexander Torres sono stati arrestati dopo essere usciti da una banca locale ed effettuare un significativo prelievo di contanti, come facevano mensilmente, per pagare l’affitto e i servizi di base di altri 107 membri della brigata medica cubana di stanza in quella regione.

Sono stati segnalati dalle autorità di fatto di utilizzare, presumibilmente, quei soldi per finanziare le proteste contro “il nuovo governo”. Come hanno potuto provarlo gli stessi pgolpisti, la detenzione è stata per motivi errati ed i quattro collaboratori sono stati rilasciati.

Ma allo scopo di costruire una narrazione internazionale e giustificare la vessazione contro il personale cubano in Bolivia, la detenzione sì ha raggiunto il suo obiettivo. Dopo questi eventi e davanti alle nuove condizioni imposte da una ostile dittatura in vigore, Cuba ha proceduto al ritiro dei membri della brigata.

Tuttavia, le ragioni che hanno giustificato questi atti vanno ben oltre la costruzione di una corrente di opinione anticubana o anti-venezuelana, come è accaduto nelle ore buie della Bolivia dopo il golpe.

In realtà, la forzata partenza dei brigatisti cubani in Bolivia ha come sfondo il riarrangiamento del sistema sanitario boliviano, a favore di interessi con una relazione diretta nel consumato colpo di stato.

I PILASTRI DEL SISTEMA BOLIVIANO DI SALUTE

 

Le ragioni del colpo di stato consumato in Bolivia sono multi direzionali. Come sappiamo, passano per gli interessi transnazionali nelle risorse boliviane, ma anche nell’assumere il pieno controllo dei servizi elementari per la popolazione, come applicato, in questo caso, nel settore sanitario.

È essenziale quindi conoscere il sistema sanitario della Bolivia.

Innanzitutto, questo è costituito da due grandi settori, come nella maggior parte dei paesi; un settore pubblico ed un settore privato. Il secondo presta servizi in piena condizione privatizzata, attraverso i pagamenti dei pazienti dei servizi con mezzi diretti o attraverso mezzi indiretti, tramite assicuratori.

Il sistema pubblico consiste in un intricato sistema di diverse denominazioni, con copertura differenziata per aree rurali, urbane, assicurati, settori corporativi e settori informali non assicurati (che comprende più impieghi in Bolivia).

È anche indispensabile indicare che Evo Morales ha ereditato dai governanti suoi predecessori un sistema sanitario estremamente precario ed in condizioni semi-private.

In Bolivia, solo alcuni settori della popolazione hanno avuto accesso alle cure gratuite, vale a dire le donne in gravidanza, persone con disabilità, anziani e i bambini di età inferiore ai 5 anni. Il resto della popolazione ha dovuto contribuire alle Casse della Salute per accedere al sistema, e anche così i pazienti e le loro famiglie sostengono i costi di medicine, esami e servizi, che, sebbene avessero prezzi molto inferiori a quelli dei sistemi privati, sono ancora molto costosi per le famiglie a basso reddito, il che faceva di tal sistema un escludente.

La politica statale ereditata da Evo Morales era inoltre supportata da modalità di cofinanziamento dello Stato boliviano ai fornitori di servizi sanitari attraverso il pagamento diretto agli assicuratori, i quali coprivano quote dei servizi forniti ai pazienti.

In effetti, durante i 13 anni di mandato di Morales, sebbene i miglioramenti nel sistema sanitario siano stati sostanziali e graduali, sempre dalle corporazioni dei medici si sono sollevati documenti conflittivi contro il governo mentre le riforme progredivano.

Come in Venezuela, le associazioni mediche, chiaramente finanziate da consorzi privati, hanno fustigato la presenza di medici cubani, sebbene la Bolivia abbia strutturalmente accumulato poco personale medico per numero di abitanti.

Nel 2019, Evo Morales ha lanciato il Sistema Unico di Salute (SUS). L’idea era di superare definitivamente il sistema semi-privato e sradicare il pagamento da parte dei pazienti, per passare a un sistema completamente universale e gratuito.

Ha anche puntellato la sua strategia attraverso una modalità di Assicurazione Sanitaria Unica, con copertura totale e attenzione statale, con carattere universale, che progressivamente ha fatto prescindere lo Stato dal pagamento a favore di assicuratori privati.

Morales ha deciso di omologare i sistemi di assistenza e le modalità di copertura con l’intenzione di abrogare la legislatura sanitaria globale 475, che aveva i suoi propri spiragli risalenti all’era neoliberale, misure che sono state applaudite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per considerarsi una “pietra miliare” per la Bolivia.

Per coprire i deficit di personale medico in Bolivia, Morales ha impiegato le brigate cubane per far avanzare il suo modello.

SOSTANZIALI RAGIONI DEL GOLPE

 

Tuttavia, come parte dell’eredità neoliberale, lo Stato boliviano nelle mani della Rivoluzione Democratica e Culturale di Morales manteneva sulle spalle un rapporto pernicioso con le società del Gruppo Nazionale Vita, il più grande assicuratore e fornitore di servizi sanitari in Bolivia.

Questo gruppo imprenditoriale è rimasto la principale compagnia assicurativa del paese, fornendo servizi per il settore privato ed il settore pubblico, ed è stata la società che ha captato la maggior parte delle risorse dello Stato boliviano a spese delle modalità assicurative finanziate dal governo.

Questo emporio imprenditoriale è stato costruito negli anni ’90 sulle rovine del vecchio sistema sanitario boliviano attraverso l’ondata di privatizzazioni in Bolivia. Su questa impalcatura finanziaria, che ha praticamente posto lo Stato boliviano a finanziarli perennemente, si è consolidato il potere di una ben nota famiglia cruceña, che ha acquisito rilevanza internazionale durante gli attuali eventi in Bolivia.

Il presidente e proprietario del National Life Group è José Luis Camacho Parada, padre di Luis Fernando Camacho, capo del Comitato Civico Cruz, fondamentalista, razzista e ultra-neoliberista, prossimo erede di una delle famiglie più ricche della Bolivia e nativa di Santa Cruz , il dipartimento della “Bolivia dei bianchi”.

Ricordiamo che oltre a guidare l’attuale colpo di stato, Luis Fernando Camacho è erede politico di Branko Markovich, leader di una sedizione separatista cruceña e della “mezzaluna” del 2008.

È evidente, quindi, che lo smantellamento del governo di Evo Morales passa attraverso l’abrogazione dell’intero nuovo sistema sanitario che si stava costruendo e che, per difetto, significava una perdita di privilegi per questa famiglia a medio termine.

In altre parole: una delle ragioni intrinseche del colpo di stato risiede negli interessi dell’élite locale a sostenere e, ora, espandere la propria quota di privilegi riprendendo il senso di un modello di salute privatizzato fatto su misura negli anni ’90 .

Uno dei fattori soggiacenti di questa tragedia si basa sulla sfortuna della perdita di diritti della popolazione boliviana. Il SUS pianificava raggiungere, progressivamente, 5 milioni di boliviani, tra cui i più vulnerabili dal punto di vista socioeconomico.

Ora, la natura progressiva dei loro diritti in materia di salute si è frantumata dopo il golpe, che è integratore non solo della violazione dei diritti umani e politici, poiché da oggi centinaia di migliaia di boliviani hanno la loro vita letteralmente a rischio, una volta smantellate le brigate cubane in quel paese.

Con la famiglia Camacho ora al potere, è evidente che il sistema sanitario boliviano retrocederà alla sua piena privatizzazione, cosa che i promotori del golpe ed i media difficilmente menzioneranno.


¿QUÉ HAY DETRÁS DEL ASEDIO A LOS MÉDICOS CUBANOS EN BOLIVIA?

Franco Vielma

El pasado 13 de noviembre fueron detenidos en El Alto, Bolivia, cuatro colaboradores de la misión cubana de servicios de salud que laburaban en ese país. La noticia circuló inmediatamente y con gran consistencia en medios bolivianos e internacionales, indicando que se trataba de agentes que promovían la “desestabilización” del gobierno de facto luego del golpe de Estado que depuso al presidente Evo Morales.

Amparo García, Idalberto Delgado, Ramón Álvarez y Alexander Torres fueron detenidos luego de salir de un banco local y efectuar un importante retiro en efectivo, como mensualmente lo hacían, para pagar la renta y servicios básicos de otros 107 miembros de la brigada médica cubana apostados en esa región.

Fueron señalados por autoridades de facto de usar presuntamente ese dinero para financiar protestas contra “el nuevo gobierno”. Tal como pudieron comprobarlo los propios golpistas, la detención fue por razones erróneas y los cuatro colaboradores fueron liberados.

Pero para los efectos de la construcción de una narrativa internacional y justificar el acoso contra el personal cubano en Bolivia, la detención sí cumplió su objetivo. Luego de esos eventos y ante las nuevas condiciones impuestas por una hostil dictadura en vigor, Cuba ha procedido a retirar a sus brigadistas.

No obstante, las razones que justificaron estos actos van mucho más allá de la construcción de una matriz de opinión anticubana o antivenezolana, tal como ha transcurrido en las oscuras horas de Bolivia luego del golpe.

En realidad, la forzada salida de los brigadistas cubanos en Bolivia tiene como trasfondo el reacomodo del sistema de salud boliviano, a favor de intereses con una relación directa en el golpe de Estado consumado.

LAS ARISTAS DEL SISTEMA DE SALUD BOLIVIANO

Las razones del golpe de Estado consumado en Bolivia son multidireccionales. Como sabemos, pasan por los intereses transnacionales en los recursos bolivianos, pero también en asumir el control pleno de servicios elementales a la población, tal como aplica en este caso en el sector salud.

Es indispensable entonces conocer el sistema de salud de Bolivia.

En primer lugar, este se compone de dos grandes sectores, tal como en la mayoría de los países; un sector público y un sector privado. El segundo presta servicios en plena condición privatizada, mediante pagos de los pacientes de los servicios por vías directas o mediante vías indirectas, a través de aseguradoras.

El sistema público consiste en un intrincado sistema de varias denominaciones, con cobertura diferenciada para áreas rurales, urbanas, sectores asegurados, sectores agremiados y sectores informales que no están asegurados (el que abarca más empleos en Bolivia).

También es indispensable indicar que Evo Morales heredó de los gobernantes predecesores un sistema de salud sumamente precario y en condiciones semiprivadas.

En Bolivia, solo algunos sectores de la población han tenido acceso a atención gratuita, a saber, mujeres embarazadas, personas con discapacidad, adultos mayores y niños menores de 5 años. El resto de la población ha tenido que aportar en las Cajas de Salud para acceder al sistema, y aun así los pacientes y sus familiares corren con los gastos en medicinas, exámenes y servicios, que, aunque tuvieran precios muy inferiores a los de los sistemas privados, siguen siendo muy cuesta arriba para familias de escasos recursos, lo cual hacía de ese sistema uno excluyente.

La política estatal heredada a Evo Morales también estaba sostenida a modalidades de cofinanciamiento del Estado boliviano a los prestadores de servicios de salud mediante el pago directo a las aseguradoras, las cuales cubrían cuotas de los servicios prestados a los pacientes.

De hecho, durante los 13 años de mandato de Morales, aunque las mejoras en el sistema de salud fueron sustantivas y graduales, siempre desde los gremios de médicos se auparon pliegos conflictivos contra el Gobierno a medida que avanzaban las reformas.

Tal como en Venezuela, los gremios de médicos, claramente financiados por los consorcios privados, fustigaron la presencia de médicos cubanos, pese a que Bolivia estructuralmente ha acumulado poco personal médico por número de habitantes.

En 2019, Evo Morales lanzó el Sistema Único de Salud (SUS). La idea era superar definitivamente el sistema semiprivado y erradicar el pago por parte de los pacientes, para ir a un sistema totalmente universal y gratuito.

También apuntaló su estrategia mediante una modalidad de Seguro Único de Salud, de total cobertura y atención estatal, con carácter universal, que progresivamente hiciera prescindir al Estado del pago a favor de aseguradoras privadas.

Morales se dispuso a homologar los sistemas de atención y las modalidades de cobertura con la intención de derogar la legislatura de salud integral 475, la cual tenía los resquicios propios que databan desde la era neoliberal, medidas que fueron aplaudidas por la Organización Mundial de la Salud (OMS), por considerarse un “hito” para Bolivia.

Para la cobertura de los déficits de personal médico en Bolivia, Morales empleó a las brigadas cubanas para ir avanzando en su modelo.

RAZONES MEDULARES DEL GOLPE

Sin embargo, como parte de la herencia neoliberal, el Estado boliviano en manos de la Revolución Democrática y Cultural de Morales mantenía a cuestas una relación perniciosa con las empresas del Grupo Nacional Vida, la aseguradora y prestadora de servicios de salud más grande de Bolivia.

Este grupo empresarial seguía siendo la principal aseguradora del país, prestadora de servicios para el sector privado y el sector público, y ha sido la empresa que más recursos del Estado boliviano ha captado a expensas de las modalidades de seguro financiado por el gobierno.

Dicho emporio empresarial fue construido en los años 90 sobre las ruinas del antiguo sistema de salud boliviano mediante la ola privatizadora en Bolivia. Sobre este andamiaje financiero, que virtualmente colocó al Estado boliviano a financiarles perennemente, se consolidó el poder de una conocida familia cruceña que ha adquirido relevancia internacional durante los actuales eventos en Bolivia.

El presidente y dueño del Grupo Nacional Vida es José Luis Camacho Parada, padre de Luis Fernando Camacho, líder del Comité Cívico cruceño, cristiano fundamentalista, racista y ultra neoliberal, próximo heredero de una de las familias más acaudaladas de Bolivia y oriundos de Santa Cruz, el Departamento de la “Bolivia de los blancos”.

Recordemos que además de liderar el actual golpe de Estado, Luis Fernando Camacho es heredero político de Branko Markovich, líder de la sedición separatista cruceña y de la “media luna” del año 2008.

Resulta evidente, entonces, que el desmantelamiento del gobierno de Evo Morales pasa por la derogación de todo el nuevo sistema de salud que se estaba construyendo y que, por defecto, significaba una pérdida de privilegios a esta familia en el mediano plazo.

Dicho de otra manera: una de las razones intrínsecas del golpe de Estado yace en los intereses de la élite local de sostener y, ahora, ampliar su cuota de privilegios retomando el sentido de un modelo privatizado de salud hecho a la medida en los años 90.

Uno de los factores subyacentes en esta tragedia se basa en la desdicha de la pérdida de derechos de la población boliviana. El SUS tenía previsto alcanzar progresivamente una cobertura a 5 millones de bolivianos, entre ellos los socioeconómicamente más vulnerables.

Ahora, el carácter de progresividad de sus derechos en materia de salud se ha ido al traste luego del golpe, el cual es integrador no solo de la vulneración de derechos humanos y políticos, pues desde ahora cientos de miles de bolivianos tienen su vida literalmente en riesgo, una vez desmanteladas las brigadas cubanas en dicho país.

Con la familia Camacho ahora en el poder, es evidente que el sistema de salud boliviano retrocederá a su privatización plena, algo que los promotores del golpe y medios de comunicación difícilmente van a mencionar.

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