Il ruolo complice dei media nel golpe in Bolivia

Verónica Zapata www.infodiez.com

Il colpo di stato civile, militare, poliziesco e clericale che si è concretato lo scorso 10 novembre in Bolivia, ha un’altra componente importante che è il mediatico, che si configura nel ruolo di media nella preparazione del terreno che ha portato al golpe e che oggi lavora per rendere invisibili e legittimare la persecuzione di dirigenti, sequestri, torture, sparizioni di persone, massacri, la sistematica violazione dei diritti umani ed il genocidio nei confronti dei popoli originari. Ciò che converte la stampa in un pezzo chiave nella trama golpista con l’obiettivo di costruire una realtà per dirimere il golpe, come è accaduto nelle dittature militari della decade del ’70 in America Latina nel quadro del Piano Condor.

Un obiettivo principale è demonizzare l’immagine di Evo Morales indiscutibile per le sue politiche economiche, che hanno portato la Bolivia al primo posto per crescita economica dell’intera regione, un risultato riconosciuto dal FMI, Banca mondiale e CEPAL. La Bolivia è il paese con la maggiore riduzione della povertà estrema, dal 38% al 15%, in America Latina, dal 2005-2018, secondo l’INE. A loro volta, oltre 3,2 milioni di boliviani sono stati incorporati nella classe media ed i suoi indicatori macroeconomici sono insuperabili nella regione.

Questo strato sociale medio, è divenuto un mero consumatore e non ha acquisito capacità politica militante, lì i media hanno giocato un ruolo importante politicizzando la popolazione in assenza di una politica di alfabetizzazione ideologica di massa da parte dello stato, ciò che ha portato alla costruzione del malcontento nella popolazione aggiunto ad una naturale usura per il tempo trascorso di 14 anni di governo Tuttavia, il nucleo duro indigeno rimane incondizionato per Morales.

Prima delle elezioni boliviane del 20 ottobre, i media hanno installato l’idea che se Evo Morales avesse vinto, sarebbe stato per “frode”, e l’opposizione ha anticipato lo sciopero indefinito con blocchi contro Morales.

Un ruolo importante è stato svolto dal segretario dell’OSA, Luis Almagro, che fino ad oggi non ha presentato alcuna prova di frode, né ha consegnato il rapporto finale. Ha solo presentato un rapporto preliminare in cui menziona solo “irregolarità” periferiche, che si trovano in qualsiasi elezione e non si parla di irregolarità sistematiche. Le opinioni di Almagro hanno cercato di delegittimare le elezioni e ottenere supporto nel mediatico con l’obiettivo di seminare il “dubbio”, l’idea di “frode” e scatenare una crisi politica che miete vite in Bolivia.

Nel 2016, quando si è tenuto il discusso referendum, in cui il MAS ha perso per solo l’1,3%, è scoppiata una guerra mediatica, attraverso Fake News, giungendo ad inventare un figlio a Morales.

Dopo il referendum, i media hanno riconosciuto la mancanza di veridicità delle informazioni diffuse, ma la destra aveva già raggiunto il suo obiettivo, la manipolazione mediatica della società motivo per cui ha perso il referendum.

La Corte Costituzionale si è pronunciata a favore di una rielezione in base ai patti internazionali, come la Convenzione Americana sui Diritti Umani che è al di sopra della costituzione, quindi la sua rielezione era legale e legittima, ma i media hanno sostenuto il contrario.

A sua volta, una volta concretato il golpe, i media boliviani non hanno neppure fatto eco della grave denuncia di Morales sui rapimenti di parenti di diversi funzionari per minacciarli al fine di ottenere le loro dimissioni, l’incendio della casa di sua sorella e di altri funzionari, così come la distruzione della propria casa.

Pochi media internazionali hanno diffuso la notizia, altri discutono, nei programmi televisivi, se è stata corretta o meno la sua rinuncia o gli “errori” di Morales, invece di condannare un colpo di stato, il più sanguinoso del XXI secolo.

Oggi in Bolivia i media cercano di costruire l’idea di un nemico interno, “sovversione” e “terrorismo” di ciò sono accusati coloro che sono contro il colpo di stato per giustificare la rottura dell’ordine democratico e la repressione.

Le società di comunicazione nazionali ed internazionali, che rispondono agli interessi economici di coloro che stanno dietro il golpe, presentano i massacri di Sacaba e Senkata come “scontri”.

In modo tale da coprire la responsabilità del governo di fatto che ha dato l’ordine alle forze armate ed alla polizia di reprimere e sparare per uccidere; prova di ciò sono i video viralizzati nelle reti e nei corpi dei crivellati che hanno proiettili di piombo.

Fernando Camacho, leader dei comitati civici ha dichiarato: “dobbiamo tirar fuori l’agenda come faceva Pablo Escobar, ma per scrivere i nomi dei traditori” e comandava gruppi paramilitari contrattati, responsabili della creazione del terreno di crisi politica prima dell’intervento della forza pubblica che ha chiesto le dimissioni di Morales; la stampa lo ha presentato come un cittadino in lotta per la “democrazia”.

Ciò che si osserva è una stampa portavoce e funzionale al colpo di stato che funzionano come veri operatori politici, che si presentano come “indipendenti” e hanno al loro servizio un monopolio di media su scala mondiale che si fa eco alle loro bugie. In questo modo hanno fabbricato correnti di opinione false per delegittimare Morales ed il processo di cambio. A loro volta, portano la componente dell’odio verso il contadino indigeno.

Questi messaggi vengono trasmessi incessantemente, insidiosamente, fino a convertirsi in senso comune nelle persone. In questo modo riesce ad imporre la visione ed il discorso dell’oligarchia che fa parte del governo di fatto che usa il vocabolario dei militari. La sua funzione è legittimare e lavare la faccia macchiata di sangue dei golpisti, diretta e finanziata principalmente dalla Casa Bianca.

D’altra parte, si demonizzano i dirigenti sociali, sindacali, i funzionari e gli ex funzionari della MAS, che dai media sono accusati di tutti i tipi di crimini senza alcuna prova, persino lo stesso Morales accusato di “terrorismo e sedizione” e “crimini contro l’umanità”, proprio da coloro che commettono questi crimini. Inoltre, i giornalisti internazionali sono stati accusati di “sedizione”, molti hanno dovuto lasciare il paese perché minacciati.

L’obiettivo principale è il movimento indigeno che viene presentato come “violenti” e “trafficanti di droga” per giustificare la reclusione e gli omicidi a sangue freddo. La recente approvazione della legge che indice nuove elezioni, i media l’hanno presentata come una “riconciliazione”, anche se il governo di fatto nega i massacri commessi e che in nome della “democrazia” e di “Dio” hanno fatto un colpo di stato contro un governo eletto democraticamente. Secondo l’Ufficio del Difensore Civico nel paese si registrano 32 morti, 870 feriti e oltre 1500 detenuti. Inoltre, è stata segnalata la scomparsa di persone, ma la stampa tace.

Le principali accuse mediatiche contro Evo Morales

1-Essere un “dittatore”, essendo il presidente che ha vinto le elezioni presidenziali con una maggioranza storica insuperabile nella storia della Bolivia. Nel 2005 ha vinto con il 51%, nel 2009 con il 64% e nel 2014 con il 61%. Sebbene sotto le precedenti la percentuale di supporto, lo scorso 20 ottobre 2019, il 47,08% è ancora una percentuale elevata rispetto a ciò che ha ottenuto il principale partito di opposizione di Carlos Mesa, il 36,57%, incluso il partito dell’autoproclamata presidentessa Áñez che ha ottenuto il 4% dei voti.

2-Essere un “trafficante di droga”: come se essere o essere stato un coltivatore di coca configurasse di per sé un crimine. L’ONU ha messo in evidenza la lotta contro il traffico di droga della Bolivia e ha certificato la riduzione delle coltivazioni di coca del 6% nel 2018. Il paese ospita il 10,5% delle coltivazioni di coca, ciò che lo rende uno dei paesi di meno produzione di droga nel mondo. Tuttavia, ciò non ha impedito che gli USA lo ponga nella lista nera come uno dei paesi che non collabora alla lotta contro il traffico di droga. Lista in cui non si trova la Colombia che è il maggiore produttore di coca al mondo con il 68,5%. Secondo il Dipartimento di Stato, è il paese di origine di oltre il 95% della cocaina che entra negli USA, il paese nel mondo che consuma maggiormente droga. La legge boliviana stabilisce un massimo di 22 mila ettari di colture legali destinate a coprire la domanda interna per usi medicinali, cerimoniali e come supplemento energetico.

3-Essere “corrotto”, benché Morales appena assunta la presidenza, nel 2006, abbia abbassato lo stipendio di tutti i funzionari ed il suo. Secondo un rapporto del quotidiano La Nación de Argentina, è il presidente con lo stipendio più basso.

4-Essere un “machista” recalcitrante in un paese che per la prima volta nella sua storia, attraverso la rifondazione dello Stato Plurinazionale della Bolivia, diventa il primo stato a dichiararsi Plurinazionale nel mondo e include le donne, ed in particolare, le indigene a far parte del governo e della ridistribuzione della ricchezza. In questo modo, le donne hanno ottenuto il 53% della rappresentanza femminile nell’Assemblea Legislativa, il secondo tasso più alto al mondo con questa percentuale.

Verónica Zapata, giornalista e psicologa oriunda di Cochabamba, Bolivia


El rol cómplice de los medios en el golpe en Bolivia

Verónica Zapata

El golpe de estado cívico, militar, policial y clerical que se concretó el pasado 10 de Noviembre en Bolivia, tiene otro componente importante que es el mediático, que se configura en el rol de los medios de comunicación en la preparación del terreno que dio lugar al golpe, y que hoy trabaja para invisibilizar y legitimar la persecución de dirigentes, secuestros, torturas, desaparición de personas, masacres, la sistemática violación de los DDHH, y el genocidio hacia los pueblos originarios. Lo que convierte a la prensa en una pieza clave en el entramado golpista con el objetivo de construir una realidad para dirimir el golpe, como sucedió en las dictaduras militares de la década del 70 en América Latina en el marco del Plan Cóndor.

Un objetivo principal es demonizar la imagen de Evo Morales incuestionable por sus políticas económicas, que pusieron a Bolivia en el primer puesto de crecimiento económico de toda la región, logro reconocido por el FMI, Banco Mundial y CEPAL. Bolivia es el país con la mayor reducción de la pobreza extrema de 38% a 15% en América Latina desde el periodo 2005-2018, según el INE. A su vez, se incorporaron más de 3,2 millones de bolivianos a la clase media, y sus indicadores macroeconómicos son insuperables en la región.

Esta capa media, pasó a ser un mero consumidor y no cobró capacidad política militante, ahí jugaron un rol importante los medios de comunicación politizando a la población a falta de una política de alfabetización ideológica masiva desde el estado, lo que dio lugar a la construcción del descontento en la población sumado a un natural desgaste por el tiempo transcurrido de 14 años de gobierno. Sin embargo, el núcleo duro indígena se mantiene incondicional a Morales.

Antes de la elección boliviana del 20 de Octubre los medios de comunicación instalaron la idea de que si ganaba Evo Morales, sería por “fraude”, y la oposición anticipo el paro indefinido con bloqueos contra Morales.

Rol importante jugó el secretario de la OEA, Luis Almagro que hasta el día de hoy no presentó prueba alguna de fraude, ni entregó el informe final. Solo presentó fue un informe preliminar que publicó y en el que solo menciona “irregularidades” periféricas, que se encuentran en cualquier elección, y no se habla de irregularidades sistemáticas. Las opiniones de Almagro tuvieron la intención de deslegitimar la elección, y obtener asidero en lo mediático con el objetivo de sembrar la “duda”, la idea de “fraude” y desatar una crisis política que se cobra vidas en Bolivia.

En el 2016 cuando se llevo a cabo el cuestionado referéndum en el que perdió el MAS por apenas el 1,3%, en ese entonces se desató una guerra mediática, a través de Fake News llegando a inventarle un hijo a Morales.

Luego del referéndum, los medios reconocieron la falta de veracidad de la información diseminada, pero la derecha ya había logrado su cometido, la manipulación mediática de la sociedad motivo por el que perdió el referéndum.

El Tribunal Constitucional falló a favor de una reelección en base a los pactos internacionales, como la Convención Americana de DDHH que están por encima de la constitución, por lo que su reelección fue legal y legítima, pero los medios sostuvieron lo contrario.

A su vez, una vez concretado el golpe los medios bolivianos tampoco se hicieron eco de la grave denuncia de Morales sobre secuestros a familiares de varios funcionarios para amenazarlos con el fin de obtener sus renuncias, el incendio de la casa de su hermana, y de otros funcionarios, así como del destrozo de su propia casa.

Pocos medios internacionales difundieron la noticia, otros se debaten en los programas de TV en si fue acertada o no su renuncia o en los “errores” de Morales, en vez de condenar un golpe de estado, el más sangriento del siglo XXI.

Hoy en Bolivia los medios buscan construir la idea de un enemigo interno, “subversión” y “terrorismo” de ello son acusados quienes están en contra del golpe de estado para justificar la ruptura del orden democrático y la represión.

Las empresas de comunicación nacionales como internacionales que responden a intereses económicos de quienes están detrás del golpe, presentan las masacres de Sacaba y de Senkata como “enfrentamientos”.

De manera tal, de encubrir la responsabilidad del gobierno de facto que dio la orden a las FFAA y a la policía de reprimir y tirar a matar, prueba de ello son los videos viralizados en redes y en los cuerpos de los acribillados que poseen balas de plomo.

Fernando Camacho líder de los cívicos sostuvo: “debemos sacar la agenda como lo hacía Pablo Escobar, pero para anotar los nombres de los traicioneros” y comandaba grupos paramilitares contratados, responsables de crear el terreno de crisis política antes de la intervención de la fuerza pública que le pidió la renuncia a Morales, la prensa lo presentó como un ciudadano que luchaba por la “democracia”.

Lo que se observa es una prensa vocera y funcional al golpe de estado que funcionan como verdaderos operadores políticos, que se presentan como “independientes”, y tienen a su servicio un monopolio de medios a escala mundial que se hace eco de sus mentiras. De esta forma fabricaron matrices de opinión falsas para deslegitimar a Morales y al proceso de cambio. A su vez, cargan con el componente del odio hacia el campesino indígena.

Estos mensajes son transmitidos sin cesar de manera insidiosa hasta convertirse en sentido común en la gente. De esta forma logra imponer la visión y el discurso de la oligarquía que integra el Gobierno de Facto que utiliza el vocabulario de los militares. Su función es legitimar y lavar la cara manchada de sangre de los golpistas, direccionados y financiados principalmente por la Casa Blanca.

Por otro lado, se demoniza a los dirigentes sociales, sindicales, funcionarios y ex funcionarios del MAS, a quienes por los medios se los acusa de todo tipo de delitos sin prueba alguna, incluso el mismo Morales es acusado de “terrorismo y sedición” y “delitos de lesa humanidad”, justamente por quienes cometen esos delitos. También, los periodistas internacionales fueron acusados de “sedición”, muchos debieron salir del país amenazados.

El objetivo principal es el movimiento indígena a los que se presenta como “violentos” y “narcotraficantes” para justificar el encarcelamiento y los asesinatos a sangre fría. La reciente aprobación de la ley que vehiculiza nuevas elecciones, los medios la presentaron como una “reconciliación”, aunque el gobierno de facto niega las masacres cometidas y que en el nombre de la “democracia” y de “Dios” realizaron un golpe de estado a un gobierno elegido democráticamente. Según la defensoría del Pueblo en el país hay registrados 32 muertos, 870 heridos, y más de 1500 detenidos. Además se denunció desaparición de personas y pero la prensa, las silencia.

Las principales acusaciones mediáticas realizadas a Evo Morales

1-Ser un “dictador”, siendo que fue el presidente que ganó elecciones presidenciales con una mayoría histórica insuperable en la historia de Bolivia. En el 2005 ganó con el 51%, en el 2009 con el 64% y en el 2014 con el 61%. Si bien bajo el porcentaje de apoyo el pasado 20 de Octubre del 2019, el 47,08% sigue siendo un porcentaje alto en comparación a lo que obtuvo el principal partido opositor de Carlos Mesa con el 36, 57%, incluso el partido de la autoproclamada presidenta Áñez obtuvo el 4% de votos.

2-Ser un “narcotraficante”: como si ser o haber sido cocalero configurara un delito de por sí. La ONU destacó la lucha contra el narcotráfico de Bolivia y certificó la reducción de los cultivos de coca de 6% en el 2018. El país alberga el 10,5 % de los cultivos de coca, lo que lo convierte en uno de los países de menos producción de drogas del mundo. Sin embargo, ello no evitó que EEUU lo ponga en la lista negra como uno de los países que no colabora en la lucha contra el narcotráfico. Lista en la que no se encuentra Colombia que es el mayor productor de coca del mundo con el 68,5%. De acuerdo al Departamento de Estado, es el país de origen de más del 95% de la cocaína que ingresa a EEUU, el país en el mundo que más consume esa droga. La ley boliviana fija a 22 mil hectáreas el máximo de cultivos legales destinado a cubrir la demanda interna para usos medicinales, ceremoniales y como suplemento energético.

3-Ser “corrupto”, aunque Morales apenas asumió la presidencia en el 2006, bajó el sueldo de todos los funcionarios y el propio. Según u informe del diario La Nación de Argentina, es el presidente que menos gana de sueldo.

4-Ser un “machista” recalcitrante en un país que por primera vez en su historia, a través de la refundación del Estado Plurinacional de Bolivia, pasa a ser el primer Estado en declararse Plurinacional del mundo e incluye a las mujeres, y en especial, a las indígenas a ser parte del gobierno y de la redistribución de la riqueza. De tal forma la mujer obtuvo el 53% de la representación femenina en la Asamblea Legislativa, la segunda tasa más alta del mundo con este porcentaje.

*Verónica Zapata, periodista y psicóloga oriunda de Cochabamba, Bolivia.

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