“Cuba per Cristo” non è per tutti e per il bene di tutti

S. H. Martín e A. Laksmi https://nostramerica.wordpress.com

Da vari mesi alcune chiese fondamentaliste ripetono lo slogan “Cuba per Cristo” nei loro templi, in strada o nelle reti sociali. La frase definisce un obiettivo che non è nuovo ma che ha preso forza da quando il movimento fondamentalista cristiano nel paese, guidato da varie denominazioni come la Chiesa Metodista e la Lega Evangelica, ha iniziato la sua offensiva contro il riconoscimento dei diritti delle persone LGBTIQ+ nella nuova Costituzione.

Chi è questo Cristo al quale vogliono consacrare il paese? Chi sono gli integranti della Cuba di cui parlano? Che implicazione ha la frase e che strategia utilizza il movimento che la usa come una bandiera?

Per molti di noi che seguiamo l’avanzata del fondamentalismo cristiano nella nostra isola, è evidente che il Cisto che promuovono incarna il patriarcato colonizzatore, razzista, capitalista, misogino e omofobico che rifiuta qualsiasi politica che dia valore a popolazioni storicamente sottomesse ai dogmi religiosi e le converte nel centro dei suoi attacchi con la premessa che offendono la morale e i valori biblici.

Il Cristo a cui si riferisce lo slogan rifiuta l’ecumenismo e si rifiuta di dialogare, perfino di riconoscere altre religioni e altre spiritualità che condanna come eresie. E’ un Cristo che rifiuta il multiculturalismo perché riconosce luce e verità solo alla sua stessa parola imposta da un’egemonia indiscutibile.

Nei loro profili Facebook e Istagram, vari rappresentanti di queste chiese si sono pronunciati sul carattere “satanico” delle religioni afrocubane ed hanno perfino convocato personaggi popolari come l’umorista Limay Blanco, la cui recente conversione al cristianesimo è stata sfruttata dalle reti sociali per rafforzare il discorso di discredito della religione Yoruba.

Nelle reti sociali abbiamo anche visto come, in molti dei culti, che sembrano più degli spettacoli che degli spazi spirituali, si verificano “guarigioni” miracolose che rafforzano la fede in chi crede e seducono quelli che dubitano che Dio stia in QUESTE Chiese, e dunque nelle agende che promuovono.

Allo scopo di propagare il messaggio di questo Cristo escludente e condannante hanno offerto la Bibbia nelle strade e hanno prodotto materiale informativo come video che incitano all’odio e alla discriminazione, riviste, libri e canali di YouTube infilati nel “pacchetto settimanale” rivolto soprattutto a un pubblico giovane.

Si sono infiltrati in spazi statali con un messaggio esplicitamente religioso, come dimostra il caso recente dei pagliacci evangelici “Los Parchís”, che dietro la facciata di uno spettacolo infantile nascondono il proselitismo più fiero, che costruisce sistemi di valore tanto chiusi come il concetto di cristianesimo di coloro che lo esercitano. Questo caso fa scattare l’allarme su situazioni simili che potrebbero stare accadendo nel paese senza che lo si sappia.

Negli ultimi mesi abbiamo vissuto la crociata di questo movimento contro le teorie femministe e di genere, che loro chiamano “ideologia di genere” con il proposito esplicito di togliere credibilità e impatto, e definire un “nemico” contro cui unirsi al di sopra delle differenze dottrinali.

Attaccano i femminismi, rinforzando intenzionalmente l’errore che essi costituiscano una categoria altrettanto escludente e violenta come il machismo. Da questa prospettiva, la possibilità di donne capacitate minaccia in modo diretto lo stereotipo di famiglia sostenuto dal patriarcato.

Per esempio, anche se credevamo che l’aborto, come il diritto delle donne a decidere sui loro corpi, fosse una garanzia indiscutibile a Cuba –perfino prima del 1959-, oggi il fondamentalismo cristiano promuove lo stesso discorso “pro vita” che in altri paesi della regione ha già limitato in effetti l’autonomia delle donne in questo senso.

Da quando è cominciato il dibattito sul Progetto della Costituzione, in cui si riconoscevano i diritti delle persone LGBTIQ+, i nostri collettivi sono stati al centro della loro offensiva. In tutto questo tempo, si sono dedicati a “demonizzare” usando diverse strategie.

Hanno impiegato risorse per diffondere una lettura biblica che condanna le identità e le espressioni che allontanano dalla cis-etero-norma, per mostrare l’omosessualità come una deviazione morale e una perversione che produce solo caos nella società e per ridicolizzare le varie espressioni della diversità sessuale e di genere.

Negano i progressi scientifici che mostrano il genere come una categoria costruita socialmente e le sessualità e le identità diverse come espressioni valide, e mentono sui propositi di un’educazione integrale della sessualità basata sul rispetto della diversità umana.

Questo spiega perché sono stati gli attivisti dei diritti sessuali coloro che si sono fatti carico frequentemente dei processi di denuncia, soprattutto nelle reti sociali, degli eccessi delle chiese fondamentaliste, anche quando non è del tutto evidente la minaccia verso le persone LGBTIQ+.

Questo Cristo al quale vogliono offrire Cuba, non dice “credi” ma “vedi”. Offre cibo, contribuisce a costruire case, fa apparire polvere d’oro nelle mani dei credenti, diverte i bambini e dà loro da mangiare, risana magicamente chi soffre e promette che questa buona sorte continuerà, sempre che abbraccino i suoi comandamenti. Utilizza il lavoro comunitario come una facciata per mascherare –appena, appena- il suo lavoro di proselitismo, la sua “pesca” di anime, non rispondendo ad uno scopo umanitario ma utilitaristico. Questo è un Cristo che pretende obbedienza incondizionata e acritica in cambio di benefici materiali.

La strategia della “pesca” delle anime nelle comunità è stata un successo per i Metodisti che hanno chiese e missioni in ogni municipio del paese e conta su 50.000 parrocchiani, secondo quanto pubblicano nella loro pagina web.

Questa cifra è solo una parte del movimento fondamentalista cristiano, composto anche da altre denominazioni che durante i lavori della riforma costituzionale si sono uniti in diverse dichiarazioni per ostacolare il riconoscimento dei diritti delle persone LGBTIQ+, altre denominazioni che sommano a più di 20 a Cuba.

Gli adepti costituiscono un commando con reali capacità di frenare qualunque progresso in materia di giustizia sociale e di sostenere l’agenda politica di coloro che sono a capo del fronte fondamentalista, un’agenda che include, insieme all’esclusione delle persone LGBTIQ+ dal progetto paese, l’esclusione dall’educazione privata, dall’accesso ai mezzi di comunicazione e alle condizioni legali per la loro crescita patrimoniale ed economica.

Oltre a lavorare per accrescere il numero, lo scorso 11 giugno hanno fatto un passo importante per compattare il movimento a Cuba e per legarsi al fronte regionale che ha già riscosso eccellenti risultati in paesi come il Brasile e la Bolivia. Hanno creato l’Alleanza delle Chiese Evangeliche di Cuba (AIEC), costituita, al momento della sua fondazione, da sette denominazioni: la Chiesa Metodista di Cuba, la Lega Evangelica di Cuba, le convenzioni Battista Orientale e Occidentale, la Chiesa Evangelica Pentecostale Assemblea di Dio, la Chiesa Buenas Nuevas e la Chiesa Evangelica Betel.

“Cuba per Cristo” riassume l’obbiettivo del fondamentalismo cristiano nel nostro paese, che pretende di revocare il principio costituzionale per cui Cuba è uno stato laico, cancellando completamente i limiti fra l’ambito religioso e quello secolare e subordinando tutta la vita del paese ai principi e alla morale fondamentalista cristiana. Infine, sovverte la massima di José Martí a cui si ispira la nostra Carta Magna la quale afferma che Cuba è uno stato “organizzato per tutti e per il bene di tutti”.

(da “Q de Cuir”)

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