Bolivia: gli ingenui errori di Evo Morales

Vicky Peláez  https://mundo.sputniknews.com

Se si ha una buona conoscenza dei mezzi a disposizione del nemico, le perdite potrebbero essere minori

(Victor Serge, 1890-1947)

Evo Morales, il grande dirigente che è riuscito a far uscire il suo paese dalla povertà estrema e convertirlo in un esempio di sviluppo economico e sociale in America Latina, deve riconoscere che ha peccato d’ingenuità nel credere che il suo codice etico ed il suo amore per la Pachamama sarebbero stati compresi dalla maggior parte dei suoi connazionali e rispettata dagli stranieri che ambivano a tutte le sue risorse.

Non ha calcolato bene la capacità distruttiva dei suoi nemici e non si è preoccupato di preparare il suo popolo a difendere la sua rivoluzione concentrando tutta la sua energia e la sua capacità organizzativa sulla crescita dell’economia e del benessere del suo popolo. Sia lui che il suo secondo, Álvaro García Linera, hanno sottovalutato i segnali di pericolo e non si sono preparati per il golpe che era in preparazione e già stava praticamente annunciato da anni.

Ora, il potere USA -ed in particolare la CIA e la DIA- deve essere in festa avendo finalmente abbattuto quell’indio, Evo Morales, che ha osato, per 13 anni, costruire uno stato plurinazionale orgoglioso e sovrano sfidando Washington e, specialmente, le transnazionali tagliando loro l’accesso quasi gratuito ai giacimenti di gas, uranio e metalli strategici come litio, indio, gallio.

Dall’arrivo al potere di Evo Morales, il 22 gennaio 2006, è cominciata la cospirazione USA con la sua servile OSA, i servizi di intelligence USA, fondazioni tipo Jubilee Foundation, ONG come Standing Rivers, la Chiesa evangelica nazionale ed internazionale, i Comitati Civici boliviani, l’ambasciata USA a La Paz e gli alti comandi delle forze armate e della polizia.

Tutti i golpe richiedono molta preparazione ed addestramento per attuare azioni ben organizzate sia dai gruppi civili locali che dei paramilitari, che nel caso della Bolivia volevano consegnare il loro paese agli USA in cambio di ottenere l’accesso al potere ed agli affari.

Il governo di Evo Morales sapeva perfettamente di questo processo, in Bolivia, dopo che l’Unità Tattica di Risoluzione di Crisi della polizia ha abbattuto, il 16 aprile 2009, una cellula paramilitare composta dal boliviano-ungherese Eduardo Rozsa Flores e dai mercenari europei Michael Dwyer (irlandese) e Árpád Magyaros (rumeno-ungherese). Questi terroristi furono assunti dall’imprenditore e proprietario terriero croato-boliviano Branco Marincovik con lo scopo di assassinare Evo Morales e provocare un colpo di stato e la secessione dei dipartimenti della cosiddetta Media Luna (Santa Cruz, Tarija, Pando e Beni) formando un nuovo paese

Nel 2008, i servizi di intelligence di Cuba e Venezuela avevano avvertito Evo Morales che non avrebbe dovuto fare affidamento sulla maggior parte degli ufficiali di alto grado delle Forze Armate a causa del loro indottrinamento filonordamericano ricevuto nella Scuola delle Americhe (SOA). Proprio quell’anno Evo Morales prese la decisione di non inviare più l’esercito boliviano alla SOA. Ma non osò riformare le istituzioni militari infondendo loro valori plurinazionali.

Solo nel 2016 è stata creata la Scuola di Comando Antimperialista Generale Juan José Torres Gonzales, dove il tema Geopolitica dell’imperialismo è stato designato come un corso obbligatorio. Il 9 agosto 2019, già informato di alcuni movimenti sospetti nelle forze armate Evo Morales ha proposto creare un Comando Sud Antimperialista insieme alla partecipazione di Venezuela, Nicaragua e Cuba.

Tuttavia, il colpo di stato era già in gestazione da diversi mesi. L’incaricato d’affari dell’ambasciata USA a La Paz, Bruce Williamson, ha coordinato gli ultimi dettagli della destituzione di Evo Morales con il comandante in capo delle Forze Armate Boliviane, il generale Williams Kaliman. (TV Mundus, Argentina, 14 novembre 2019).

Gli strateghi di Washington avevano designato l’esercito boliviano come nodo centrale del golpe, essendo i Comitati Civici organizzatori ed esecutori di atti di protesta, violenza, saccheggi ed ogni tipo di azioni per destabilizzare il governo Morales, decapitare il processo di cambio dai suoi funzionari fino ai leader politici e non consentire la rielezione. Era già anche previsto che il primo presidente indigeno della Bolivia ripetesse il destino di Muammar Gheddafi e Saddam Hussein. (CounterPunch, novembre 2019).

Quando, nell’agosto 2018, il giornalista messicano Luis Hernández Navarro ha chiesto ad Evo Morales, a Cochabamba, sulla possibilità di un colpo di stato, il presidente rispose: “Non credo che ci sia un golpe militare, ma proveranno uno sconvolgimento nazionale…L’ambasciata USA cerca come convulsionare il paese. Ma hanno fallito, fallito e fallito perché siamo con la verità. È il grande vantaggio che abbiamo”. (La Jornada, Messico, 12-11-2019).

Morales aveva torto, poiché la sua verità e il suo codice etico basato sui principi di uguaglianza, patriottismo, del dire sempre la verità o di non rubare e proteggere la Pachamama erano drasticamente opposti alla verità dell’opposizione, desiderosa di conservare e aumentare i propri privilegi economici e sociali sebbene a spese della sovranità nazionale

Apparentemente, non ha letto, il presidente boliviano né il suo secondo, Álvaro García Linera, il saggio del rivoluzionario russo Víctor Serge ‘Ciò che ogni rivoluzionario dovrebbe sapere sulla repressione’ (1921). Quindi avrebbero imparato che, dal momento in cui viene preparata una rivoluzione, la controrivoluzione è alla ricerca dei modi per non consentirne l’attuazione.

Né Evo né Álvaro hanno studiato la propensione storica dell’esercito del loro paese al tradimento ed ai colpi di stato militari. Il quindicesimo presidente della Bolivia, il generale Mariano Melgarejo, salì al potere con un colpo di stato e consegnò la costa boliviana con tutte le sue ricchezza ai cileni ed agli inglesi fuggendo, alla fine, in Cile. L’altro golpista militare, Hilarión Daza Groselle – il diciannovesimo presidente- tradì il suo mentore Mariano Melgarejo per 10.000 pesos e offrì un pretesto ai cileni per la guerra del Pacifico (1879-1884). Tradì anche i peruviani ed alla fine disertò e fuggì a Parigi. Il trentaseiesimo presidente, German Busch Becerra, anch’egli militare -prese parte a tre golpe ed alla fine tradì la patria. Il presidente generale Rene Barrientos chiamò immediatamente i suoi capi della CIA quando Che Guevara fu catturato nell’ottobre 1967 per ricevere ordini su cosa fare con il prigioniero.

Non sorprende quindi che, con così tanti sinistri antecedenti nella storia dei militari boliviani, l’ormai ex comandante in capo delle forze armate boliviane, il generale Williams Kaliman -laureato alla Scuola della Americhe nel 2003 e un ex aggregato militare negli USA-, tradisse Evo Morales. Risulta che il 7 agosto, quando Kaliman si è dichiarato anti-imperialista e in favore dei cambiamenti che il presidente stava applicando, fosse già impegnato con l’ambasciata USA per effettuare un colpo di stato. Anche il generale della polizia ed ex presidente degli aggregati della polizia dell’ America Latina a Washington, Vladimir Yuri Calderón, era coinvolto nel tradimento.

L’analista Sullkata M. Quilla, del Centro Latinoamericano di Analisi Strategica (CLAE), ha rivelato che Kaliman e gli altri generali partecipanti al golpe hanno ricevuto 1 milione di $ ciascuno ed, i capi della polizia, 500.000. Williamson era il responsabile del pagamento ed è stato effettuato in Argentina, nella provincia di Jujuy, sotto l’egida del suo governatore, Geraldo Morales. Dopo 72 ore dal golpe, Kaliman e altri capi militari e di polizia si sono trasferiti negli USA al riparo da qualsiasi indagine nazionale ed internazionale. (TV Mundus, Argentina, 14 novembre 2019).

Il popolo boliviano sta pagando con il suo sangue che Evo abbia peccato di innocenza al non prendere in considerazione l’esperienza di Hugo Chavez, che dall’inizio del processo di cambiamento è riuscito a formare una solida alleanza civico-militare e creare anche i Comitati per la Difesa della Rivoluzione Bolivariana. Li ha indottrinati nei postulati di Simón Bolívar e li ha armati con 100.000 fucili mitragliatori Kalashnikov acquistati in Russia. Il suo successore, l’attuale presidente Nicolás Maduro, ha rafforzato e addestrato militarmente questi comitati. Attualmente hanno già più di 2.000.000 di militanti.

Le Forze Armate Nazionali Bolivariane (FANB) dall’arrivo di Hugo Chavez al potere, nel 1999, sono state riformate ed educate al patriottismo e al suo servizio di intelligence. Nonostante tutte queste misure, solo nel 2019 ci sono stati 47 tentativi della CIA, DIA e dei servizi di intelligence della Colombia di reclutare ufficiali delle forze armate, come recentemente rivelato dal presidente Maduro.

Televen de Venezuela ha riferito che sono stati fatti tentativi di rubare missili e disarticolare il sistema di radar mobili e fissi. Grazie all’agire di militari patrioti, questi tentativi sono stati scoperti ed i coinvolti sono stati arrestati.

Secondo Nicolás Maduro, le sue “istituzioni militari stanno svolgendo un permanente lavoro di intelligence”. (Televen-Tv, 12 novembre 2019).

Questo permanente lavoro di intelligence è stato ignorato o non supervisionato dal governo Evo Morales e quasi certamente i suoi servizi di intelligence -il SIE e la DIE- erano già stati infiltrati dalla CIA e dalla DIA USA. Il governo di Evo Morales ha anche trascurato il ruolo svolto dalla maggior parte delle ONG nella destabilizzazione del MAS e del suo governo. Secondo il rapporto di Resumen Latinoamericano (20 novembre 2019), nel 2007 c’erano 1800 ONG nel paese, di cui solo 640 erano registrate nel 2018. Molte di esse erano finanziate dal governo USA attraverso l’USAID, organizzazione che, dal 2002, ha speso più di 97.000.000 $ per promuovere il separatismo in Bolivia e finanziare l’opposizione. Tante spese per gli USA che oggi già stanno recuperando.

Tutto lo sforzo sforzo del governo plurinazionale di Morales è stato dedicato alla crescita economica ed al benessere sociale del suo popolo. Ha trascurato la sicurezza del suo Stato ed ha dimenticato che il nemico interno come quello esterno non dorme mai, aspettando il suo momento. Alla fine è arrivato sotto forma di colpo di stato e con l’auto proclamazione di Jeanine Áñez come presidentessa della Bolivia.

Questa presidentessa ha già ricevuto per la sua collaborazione con gli USA il tanto anelato dalla maggior parte degli oppositori: la Green Card, inviata dallo stesso segretario di Stato, Mike Pompeo (Aporrea, José Sant Roz, 24-11-2019).

È stato anche scoperto che Jeanine è la perfetta birlocha boliviano (qualcuno che odia la sua razza).

E’ stata chiamata,, dalla sua nascita e fino all’età di 19 anni, Anahí Ayelén Áñez. Era una delle più pure origini indigene; a scuola la chiamavano Chola, chula, cholita. Col tempo e grazie alla borsa di studio dell’USAID ed alla sua identificazione con la religione evangelica, ha cercato di togliere dal suo corpo e dalla sua mente tutto ciò che fosse indigeno colorando i capelli e cambiando il colore dei suoi occhi con le lenti a contatto. Ha ottenuto il titolo di avvocato per corrispondenza e a 38 anni era già direttrice del canale Total Vision.

Per capire meglio verso dove questa presidentessa, e gli oppositori che la circondano, potrebbero portare la Bolivia, vale la pena riprodurre la risposta della presidentessa de facto ad un giornalista straniero che le ha chiesto, dopo il suo giuramento, se fosse razzista. Jeanine ha detto che “non ho mai voluto essere presidentessa di niente, tanto meno di questo paese. D’altra parte, per quanto ne so, da che il mondo è mondo ogni supremazia è stata e dovrà essere bianca. Non ho mai visto un Supremo che sia nero o indio, nemmeno mulatto. Lo stesso Signore Gesù Cristo è bianco”.

Con un governo di questo tipo, l’unica cosa che ci si può aspettare è la retrocessione economica, sociale, politico e culturale della Bolivia verso il passato, dove la disuguaglianza, il razzismo e l’ingiustizia imponevano le proprie regole.

L’Assemblea Legislativa Nazionale, la cui presidentessa e due terzi dei rappresentanti sono membri del MAS, non hanno osato seguire la costituzione e trattare la rinuncia di Evo Morales. La sua presidentessa, Monica Eva Copa, ha raggiunto il consenso per la legge che consente nuove elezioni.

La Confederazione Operaia Boliviana (COB), la Tavola di Unità ed altre organizzazioni hanno firmato un accordo con il governo di transizione. Secondo la presidentessa dell’Assemblea Legislativa, Monica Eva Copa, “se io prendessi una decisione con il cuore, continueremmo in guerra. Ma bisogna usare la testa in modo che si pacifichi e non ci sia più morte”. (Pagina 12, 27-11-2019)

Nel frattempo, la repressione continua il suo corso ed il ministro del governo, Arturo Murillo, ha fatto pubblicare una lista di senatori e deputati che, a suo avviso, promuovono la destabilizzazione del paese. Ha anche annunciato la creazione di un apparato speciale della Procura per arrestare deputati e senatori. Allo stesso tempo, sei Federazioni del Tropico di Cochabamba, la città di El Alto, Yapacaní ed il nord di Potosí continuano con il blocco delle strade esigendo la fine della repressione.

Sfortunatamente, Evo Morales, Álvaro García Linera ed i dirigenti del MAS non hanno fatto in tempo a seguire quello che Mónica Eva Copa chiama “usare la testa” per prevenire questo sinistro colpo di stato e proteggere sia la sicurezza nazionale che gli eccellenti risultati economici e sociali che La Bolivia ha raggiunto in questi 13 anni di governo di Evo Morales. Hanno dimenticato che “il nemico non dorme mai” e, soprattutto, il nemico di classe.


Bolivia: los errores ingenuos de Evo Morales

Por Vicky Peláez

Si se tiene un buen conocimiento de los medios de que dispone el enemigo, las pérdidas podrían ser menores (Victor Serge, 1890-1947)

Evo Morales, el gran líder que logró sacar a su país de la extrema pobreza y convertirlo en un ejemplo de desarrollo económico y social en América Latina, debe reconocer que pecó de ingenuo al creer que su código de ética y su amor a la Pachamama serían comprendidos por la mayoría de sus paisanos y respetado por los extranjeros que ambicionaban todos sus recursos.

No calculó bien la capacidad destructiva de sus enemigos y no se preocupó por preparar a su pueblo para defender su revolución al enfocar toda su energía y su capacidad organizativa al crecimiento de la economía y del bienestar de su pueblo. Tanto él como su segundo, Álvaro García Linera, subestimaron las señales de peligro y no se prepararon para el golpe que se preparaba y ya estaba prácticamente anunciado desde hacía años.

Ahora, el poder norteamericano —y especialmente la CIA y la DIA— debe de estar de fiesta al lograr tumbar por fin a ese indio Evo Morales que se atrevió durante 13 años a construir un Estado plurinacional orgulloso y soberano desafiando a Washington y, en especial, a las transnacionales al cortarles acceso casi gratuito a los yacimientos de gas, de uranio y de metales estratégicos como el litio, el indio, el galio.

Desde la llegada al poder de Evo Morales el 22 de enero de 2006 comenzó la conjura de Estados Unidos con su servil OEA, los servicios de inteligencia norteamericanos, las fundaciones tipo Jubilee Foundation, las ONG como Standing Rivers, la Iglesia evangélica nacional e internacional, los Comités Cívicos bolivianos, la Embajada norteamericana en La Paz y los altos mandos de las Fuerzas Armadas y de la Policía.

Todos los golpes requieren bastante preparación y entrenamiento para poner en marcha acciones bien organizadas tanto de los grupos civiles locales como de los paramilitares, que en el caso de Bolivia querían entregar su país a Estados Unidos a cambio de obtener acceso al poder y negocios.

El Gobierno de Evo Morales sabía perfectamente de este proceso en Bolivia después de que la Unidad Táctica de la Resolución de Crisis de la Policía abatiese el 16 de abril de 2009 a una célula paramilitar compuesta por el boliviano-húngaro Eduardo Rozsa Flores y por los mercenarios europeos Michael Dwyer (irlandés) y Árpád Magyaros (rumano-húngaro). Estos terroristas fueron contratados por el empresario y hacendado croata-boliviano Branco Marincovik con el propósito de asesinar a Evo Morales y provocar un golpe de Estado y la secesión de los departamentos de la llamada Media Luna (Santa Cruz, Tarija, Pando y Beni) formando un nuevo país.

En 2008 los servicios de inteligencia de Cuba y Venezuela advirtieron a Evo Morales que no debía confiar en la mayoría de los oficiales de alto grado de las Fuerzas Armadas debido a su adoctrinamiento pronorteamericano que recibieron en la Escuela de las Américas (SOA). Precisamente aquel año Evo Morales tomó la decisión de no enviar más a los militares bolivianos a la SOA. Pero no se atrevió a reformar a las instituciones militares inculcándoles valores plurinacionales.

Recién en 2016 fue creada la Escuela de Comando Antimperialista General Juan José Torres Gonzales, donde el tema Geopolítica del imperialismo fue designado como un curso obligatorio. El 9 de agosto de 2019, ya informado sobre ciertos movimientos sospechosos en las Fuerzas Armadas Evo Morales propuso crear un Comando Sur Antimperialista junto con la participación de Venezuela, Nicaragua y Cuba.

No obstante, el golpe de Estado ya llevaba varios meses gestándose. El encargado de negocio de la Embajada norteamericana en La Paz, Bruce Williamson, coordinó los últimos detalles de la destitución de Evo Morales con el comandante en jefe der las Fuerzas Armadas bolivianas, el general Williams Kaliman. (TV Mundus, Argentina, 14 de noviembre 2019).

Los estrategas de Washington designaron al ejército boliviano como nudo central del golpe, siendo los Comités Cívicos organizadores y ejecutores de actos de protesta, violencia, saqueos y todo tipo de acciones para desestabilizar al Gobierno de Morales, descabezar el proceso de cambio desde sus funcionarios hasta los líderes políticos y no permitir su reelección. Inclusive ya estaba planificado que el primer presidente indígena de Bolivia repitiera el destino de Muammar Gadafi y Sadam Hussein. (CounterPunch, noviembre 2019).

Cuando en agosto de 2018 el periodista mexicano Luis Hernández Navarro preguntó a Evo Morales en Cochabamba sobre la posibilidad de un golpe de Estado, el mandatario le contestó: “No creo que haya golpe militar, pero intentarán una convulsión nacional… La embajada de EEUU busca cómo convulsionar el país. Pero han fracasado, fracasado y fracasado porque estamos con la verdad. Es la gran ventaja que tenemos”. (La Jornada, México, 12-11-2019).

Se equivocó Morales, pues su verdad y su código de ética basado en los principios de la igualdad, del patriotismo, del decir siempre la verdad, u de no robar y proteger a la Pachamama eran opuestos drásticamente a la verdad de la oposición, deseosa de conservar y aumentar sus privilegios económicos y sociales aunque a costa de la soberanía nacional.

Por lo visto, no ha leído el mandatario boliviano ni su segundo, Álvaro García Linera, el ensayo del revolucionario ruso Víctor Serge Lo que cada revolucionario debe saber sobre la represión (1921). Entonces se hubieran enterado de que, desde el momento en que se prepara una revolución, la contrarrevolución busca formas de no permitir su puesta en marcha.

Tampoco estudió bien Evo ni Álvaro la proclividad histórica de los militares de su país a la traición y golpes militares. El décimo quinto presidente de Bolivia, el general Mariano Melgarejo, llegó al poder a través de un golpe, y entregó el litoral boliviano con todas sus riquezas a chilenos e ingleses escapando finalmente a Chile. El otro golpista militar, Hilarión Daza Groselle —el décimo noveno presidente—, traicionó a su mentor Mariano Melgarejo por 10.000 pesos y ofreció un pretexto a los chilenos para la guerra del Pacífico (1879-1884). Traicionó también a los peruanos y finalmente desertó y se escapó a París. El trigésimo sexto presidente, German Busch Becerra también militar—, participó en tres golpes y finalmente traicionó a la patria. El presidente general Rene Barrientos llamó inmediatamente a sus jefes de la CIA cuando Che Guevara fue capturado en octubre de 1967 para recibir órdenes respecto a qué hacer con el prisionero.

No es de extrañar entonces que con tantos antecedentes siniestros a través de la historia de los militares bolivianos el ahora excomandante en jefe de la Fuerzas Armadas de Bolivia, el general Williams Kaliman —egresado de la Escuela de las Américas en 2003 y exagregado militar en EEUU—, traicionase a Evo Morales. Resulta que para el 7 de agosto, cuando Kaliman se declaró antimperialista y partidario de los cambios que estaba aplicando el presidente, ya estuviese comprometido con la embajada norteamericana para realizar un golpe de Estado. El general de la Policía y expresidente de agregados policiales de América Latina en Washington, Vladimir Yuri Calderón, estaba involucrado también en la traición.

El analista Sullkata M. Quilla, del Centro Latinoamericano de Análisis Estratégico (CLAE), reveló que Kaliman y otros generales participantes en el golpe recibieron un millón de dólares cada uno y, los jefes de Policía, 500.000. Del pago se encargó Williamson, y se realizó en Argentina en la provincia de Jujuy bajo el auspicio de su gobernador, Geraldo Morales. Pasadas 72 horas del golpe, Kaliman y otros jefes militares y policiales se trasladaron a EEUU a resguardo de cualquier investigación nacional e internacional. (TV Mundus, Argentina, 14 de noviembre, 2019).

El pueblo boliviano está pagando con su sangre que Evo pecase de inocente al no tomar en cuenta la experiencia de Hugo Chávez, quien desde el inicio del proceso de cambio logró formar una sólida alianza cívico-militar y crear también los Comités de Defensa de la Revolución Bolivariana. Los adoctrinó en los postulados de Simón Bolívar y los armó con 100.000 metralletas Kalashnikov adquiridas en Rusia. Su seguidor, actual presidente Nicolás Maduro, fortaleció y adiestró militarmente a estos comités. Actualmente ya cuentan con más de 2.000.000 de militantes.

Las Fuerzas Armadas Nacionales Bolivarianas (FANB) desde la llegada a Hugo Chávez al poder en 1999 fueron reformadas y educadas en el patriotismo igual que su servicio de inteligencia. A pesar de todas estas medidas, solo en 2019 se registraron 47 intentos de de la CIA, la DIA y los servicios de inteligencia de Colombia de captar a oficiales de la Fuerza Armada, como reveló recientemente el presidente Maduro.

Televen de Venezuela informó que se han intentado robar misiles y desarticular el sistema de radares móviles y fijos. Gracias a la actuación de militares patriotas, estos intentos fueron descubiertos y los implicados fueron detenidos.

Según Nicolás Maduro, sus “instituciones militares están haciendo una permanente labor de inteligencia”. (Televen-Tv, 12 de noviembre de 2019).

Esta permanente labor de inteligencia fue ignorada o no supervisada por el Gobierno de Evo Morales y casi seguro que sus servicios de inteligencia —el SIE y la DIE— ya estuvieran infiltrados por la CIA y DIA norteamericanos. También el Gobierno de Evo Morales descuidó el rol que desempeñaba la mayoría de las ONG en la desestabilización del MAS y de su Gobierno. Según el informe del Resumen Latinoamericano (20 de noviembre 2019), en 2007 hubo 1.800 ONG en el país, de las cuales estaban registradas en 2018 solamente unas 640. Muchas de ellas estaban financiadas por el Gobierno estadounidense a través de la USAID, organización que ha gastado desde 2002 más de 97.000.000 de dólares en promover el separatismo en Bolivia y en financiar la oposición. Tanto gasto de los norteamericanos que hoy ya está recuperado.

Todo el esfuerzo del Gobierno plurinacional de Morales fue dedicado al crecimiento económico y al bienestar social de su pueblo. Descuidó la seguridad de su Estado y se olvidó de que el enemigo tanto interno como externo nunca duerme, esperando su momento. Finalmente llegó en forma de un golpe de Estado y con la autoproclamación de Jeanine Áñez como presidenta de Bolivia.

Esta presidenta ya recibió por su colaboración con Estados Unidos lo tan anhelado por la mayoría de los opositores: la Green Card, enviada por el mismo secretario de Estado, Mike Pompeo (Aporrea, José Sant Roz, 24-11-2019).

Se descubrió también que Jeanine es la perfecta birlocha boliviana (alguien que odia su raza).

Se llamó desde su nacimiento y hasta los 19 años Anahí Ayelén Áñez. Era alguien del más puro origen indígena en la escuela la llamaba Chola, chula, cholita. Con el tiempo y gracias a la beca de la USAID y a su identificación con la religión evangélica, trató de sacar de su cuerpo y de su mente todo lo indígena coloreando su pelo y cambiando el color de sus ojos con lentes de contacto. Logró el título de abogada por correspondencia y a los 38 años ya era directora del canal Total Visión.

Para entender mejor hacia dónde podría llevar a Bolivia esta presidenta y los opositores que la rodean, vale la pena reproducir la respuesta de la presidenta de facto a un periodista extranjero que le preguntó, después de su juramentación, si era racista. Dijo Jeanine que “nunca quise ser presidenta de nada, mucho menos de este país. Por otra parte, que yo sepa, desde que el mundo es mundo toda supremacía ha sido y tendrá que ser blanca. Yo nunca he visto a un Supremo que sea negro o indio, ni siquiera trigueño. El mismo señor Jesucristo es blanco”.

Con un Gobierno de este tipo, lo único que se puede esperar es el retroceso económico, social, político y cultural de Bolivia hacia el pasado, donde la desigualdad, el racismo y la injusticia imponían sus reglas.

La Asamblea Legislativa Nacional, cuya presidenta y cuyos dos tercios de representantes son miembros de la MAS, no se atrevieron a seguir la constitución y tratar la renuncia de Evo Morales. Su presidenta, Mónica Eva Copa, logró el consenso para la ley que habilita nuevas elecciones.

La Confederación Obrera Boliviana (COB), la Mesa de Unidad y otras organizaciones firmaron un acuerdo con el Gobierno de transición. Según la presidenta de la Asamblea Legislativa, Mónica Eva Copa, “si yo tomara decisión con corazón seguiríamos en guerra. Pero hay que usar la cabeza para que esto se pacifique y no haya más muerte”. (Pagina 12, 27-11-2019)

Mientras tanto, la represión sigue su curso y el ministro de Gobierno, Arturo Murillo, hizo publicar una lista de senadores y diputados que, en su opinión, fomentan la desestabilización del país. También anunció la creación de un aparato especial de la Fiscalía para detener a diputados y senadores. A la vez, Seis Federaciones del Trópico de Cochabamba, la ciudad de El Alto, Yapacaní y el Norte de Potosí siguen con el bloqueo de carreteras exigiendo el fin de la represión.

Lastimosamente, Evo Morales, Álvaro García Linera y los dirigentes de la MAS no hicieron a tiempo lo que Mónica Eva Copa llama “usar la cabeza” para prevenir este siniestro golpe de Estado y proteger tanto la seguridad nacional como los excelentes logros económicos y sociales que logró Bolivia en estos 13 años de Gobierno de Evo Morales. Se olvidaron de que “el enemigo nunca duerme” y, en especial, el enemigo de clase.

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