Discorso M. Díaz-Canel Bermúdez (XV Anniversario ALBA-TCP)

Buona sera.

Questo incontro è a rovescio: Maduro, Ralf e Daniel hanno parlato poco e adesso io dovrò parlare un po’ di più.

Caro  Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba;

Stimati capi di Stato e di Governo dell’ALBA-TCP;

Stimati capi delle delegazioni e invitati:

Studenti delle nostre università, presente e futuro della nazione cubana.


Oggi ci dirigiamo a voi, giovani di Cuba, dell’ America Latina e dei Caraibi!

Siamo venuti sino a questa gloriosa scalinata per celebrare i 15 anni  dell’ALBA-TCP, perché questa alleanza ha le sue radici nel primo incontro di due giganti di Nuestsa America: il Comandante in Capo della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro Ruz, e l’allora (giovane) leader del Movimento Bolivariano 200, Hugo Rafael Chávez Frías.

Quell’incontro, che cambiò la storia dell’America Latina e il Caraibi e colpì  il mondo, avvenne dal 13 al 15 dicembre del 1994.

Oggi viviamo giorni complessi e incerti per la regione e il mondo. E fu vicino a  qui, nell’Aula  Magna dell’Università de L’Avana, che si ascoltarono per la prima volta analisi e proposte premonitrici di quello che col tempo e gli sforzi uniti, con l’avanzare dei governi progressisti, si cristallizzò nel 2004 come paradigma dell’integrazione solidale che conosciamo come ALBA-TCP.

Abbiamo scelto la Scalinata, la porta della nostra Università, una delle più antiche d’America, perché qui transitano ogni giorno il presente e il futuro d Cuba e di buona parte del resto del mondo, giovani provenienti da nazioni fraterne, studenti che condividono aule e sogni con i nostri figli.

Crediamo fermamente che le università non possono restare svincolate dal nostro mondo e i suoi  assillanti problemi.

Qui Fidel è diventato rivoluzionario, qui Hugo Chávez ha parlato ai suoi contemporanei dell’America  Latina, qui si studia e si pensa a quel mondo migliore possibile che noi rivoluzionari ci siamo proposti di conquistare.

Sorelle e fratelli:

Esattamente un anno fa l’Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra America si è riunita con l’obiettivo di stabilire posizioni comuni di fronte alla prevedibile intensificazione delle aggressioni contro le nostre nazioni. I pronostici d’allora non erano esagerati.

Il Governo degli Stati Uniti e i loro alleati hanno spiegato e insistono in una feroce campagna senza scrupoli di destabilizzazione nella regione.

Lo fanno riprendendo la brutale applicazione della Dottrina Monroe con cui l’attuale amministrazione di Washington si è impegnata in maniera aperta e prepotente.

Intensificano le azioni contro la fraterna Repubblica Bolivariana del Venezuela, violando i più elementari principi del Diritto  Internazionale.

Sono giunti al limite di designare chi potrebbe parlare in nome del Venezuela e decidere del destino del denaro e degli immobili del paese al di fuori del suo territorio.  Mai nella storia era stata offesa così tanto la democrazia, parlando a suo nome mentre la si calpesta.

La recente applicazione contro il Venezuela dell’obsoleto Trattato Interamericano d’Assistenza Reciproca (TIAR) —che non è mai servito per salvaguardare gli interessi della regione, è un’altra avvertenza che la pace, la democrazia e la sicurezza sono seriamente minacciate.

Quale altro obiettivo avrebbe il riscatto di un’istituzione come il TIAR che ha avallato colpi di Stato, favorito dittature militari e non è stato capace d’ appoggiare nemmeno uno dei suoi membri quando una potenza extra regionale occupava territori e scatenava una guerra?

Gli Stati Uniti hanno articolato attacchi contro la patria di Bolívar e Chávez senza comprendere che la determinazione del suo popolo si rinforza sempre più di fronte alle aggressioni esterne.

Hanno fallito e continueranno a fallire di fronte alla solida unione civico militare, al coraggio di milioni di venezuelani che hanno giurato d’essere  sempre leali  e non tradire mai.

Qui c’è nostro fratello  Nicolás Maduro  come rappresentante di questa unione vittoriosa e ferma.

Viva la Rivoluzione Bolivariana!

Reiteriamo la nostra solidarietà con la Rivoluzione Popolare Sandinista che con il suo presidente alla guida, il Comandante Daniel Ortega Saavedra, resiste agli attacchi imperiali contro il Nicaragua senza badare alle minacce e si sforza nel suo cammino di riconciliazione, pace e giusto sviluppo per il suo paese.

Viva la Rivoluzione Sandinista!

Celebriamo la liberazione del leader dei lavoratori brasiliani  ed ex presidente di questo paese, il compagno Luiz Inácio “Lula” da Silva, e  chiamiamo tutti a continuare a reclamare la sua piena libertà, il recupero della sua innocenza e la restituzione di tutti i suoi diritti politici.

Di fronte alle cospirazioni imperiali e alla politicizzazione dei sistemi giudiziari, di fronte alla corruzione e al discredito della politica attraverso agenti dell’imperialismo, del neoliberalismo e dei media di comunicazione,

Lula è l’esempio che  avremo sempre la risorsa di lottare per la verità, la dignità e la solidarietà per vincere le falsità.

Bolivia, il fratello assente, merita una citazione a parte.

Il colpo di Stato al presidente costituzionale Evo Morales Ayma ha confermato che agli Stati Uniti e alle forze reazionarie non importa schiacciare con qualsiasi mezzo le libertà e i diritti umani dei popoli, con il fine di rovesciare i processi emancipatori nella regione. Come sempre hanno usato il loro pedone fedele: L’Organizzazione degli Stati Americani  (OSA).

Non sorprende che, come impone il libretto imperiale, la prima azione di politica estera dei golpisti in Bolivia à stato uscire dall’ALBA.

In paesi come Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador e Brasil vediamo con dolore e indignazione che cresce il numero dei morti, e sono migliaia i feriti, mentre aumentano le lesioni oculari provocate a centinaia di giovani in azioni di repressione brutale  che ricordano i giorni tenebrosi delle dittature militari.

Si assassinano gli attivisti sociali, i giornalisti, gli ex guerriglieri.

I casi di violenza, tortura e violazioni di detenuti sono già centinaia.

Molti dei capi militari e della polizia che sono protagonisti dell’orribile repressione hanno studiato e sono stati addestrati  nella scomparsa Scuola delle Americhe. Quelli che perseguitano i leaders della sinistra e i progressisti hanno studiato nell’attuale Accademia Internazionale per l’Applicazione della Legge,  anch’essa di fattura  yankee.

Con ammirazione seguiamo  di giorno in giorno il corso drammatico della resistenza dei popoli e la loro crescente mobilitazione.

Da questa tribuna condanniamo con forza il silenzio complice e vergognoso di molti e la manipolazione e l’adeguamento dei media di comunicazione multinazionali e l’oligarchia su quello che è avvenuto in Bolivia.

E qui, oggi, Cuba  ratifica il suo appoggio e la sua solidarietà con il compagno Evo Morales Ayma.

Che vivano i governi e i popoli che onorano la propria dignità e la sovranità accogliendo e appoggiando i leaders perseguitati!

Il nostro personale di salute che prestava servizio in Bolivia, conosce da vicino la brutalità dei golpisti, le cui forze repressive guidate direttamente dagli Stati Uniti, hanno aggredito fisicamente  due collaboratori cubani e 54 di loro sono stati ingiustamente detenuti per diversi giorni.

Membri della Brigata Medica Cubana, senza alcun motivo, sono stati perquisiti in forma umiliante e spogliati dei loro oggetti personali. Le autorità golpiste hanno istigato l’odio contro i cubani.

La vigliaccheria di questi golpisti repressori ha contrastato con la dignità e il coraggio dei nostri abnegati professionisti che meritano un riconoscimento per il loro atteggiamento fermo, figlio della tradizione internazionale cubana.

Tutti sono già tornati in patria pronti a difenderla e per una prossima missione.

I fatti accaduti i Bolivia scuotono  gli allarmi e ci allertano.

Ancora una volta “la tigre si apposta”, come diceva  Martí nel suo magnifico saggio“Nuestra América”:

“La colonia continua a vivere nella repubblica e Nuestra America si sta salvando dai suoi gravi errori (…) per la virtù superiore, concimata dal sangue necessario della repubblica che lotta contro la colonia.  La tigre aspetta dietro ogni albero, raggomitolata in ogni angolo”.

Nella  nostra  recente visita in Argentina per assistere alla nomina presidenziale  di Alberto e di Cristina, abbiamo sostenuto un profondo dialogo con importanti intellettuali e artisti di questo paese.

Abbiamo raccolto da tutti loro la più formidabile critica al neoliberalismo “la tigre in agguato” e alle sue gravi conseguenze per i popoli d’America, che sono stati distrutti dai loro esperimenti neoliberali.

Il cineasta e attuale ministro di Cultura argentino, Tristán Bauer ha appena documentato i gravi costi sociali del neoliberalismo nei quattro anni di macrismo, in un documentario intitolato: Terra  spianata.

Altri hanno ricordato che questi processi s’installano con una poderosa rete mediatica che i progetti progressisti devono affrontare in una battaglia asimmetrica. E si è proposto di promuovere una sorta di strategia culturale che risolva queste asimmetrie.

Quello che resta della mentalità coloniale in America deve sparire prima che scompaiano i nostri popoli e loro sogni d’emancipazione e integrazione, il grande debito dai tempi di Bolívar.

È essenziale seminare idee e valori per difendere le nostre conquiste.

Ed è d’obbligo integrarci nell’area della comunicazione per far sì che la mentalità coloniale non c’inghiotta con il suo carico di simboli falsi, come gli specchietti che i conquistadores davano ai nostri nobili abitanti in cambio delle ricchezze naturali con le quali hanno costruito il loro potere.

Le magnifiche idee che in appena due ore sono state formulate nell’incontro con gli amici argentini, ci confermano le enormi potenzialità dell’immaginativa intellettualità latino americana, i cui  migliori esponenti sono sempre stati alleati delle battaglie per la giustizia sociale.

Compagne e compagni:

Di fronte alle più brutali pressioni statunitensi, Cuba ha ottenuto una risonante vittoria nelle Nazioni Unite, quando 187 paesi hanno votato a favore della risoluzione  che reclama la fine del blocco economico, commerciale e finanziario degli Stati Uniti.

Quelli che non hanno avuto il valore per resistere alle pressioni yankee e non hanno osato condannare il blocco imposto a Cuba, caricano la responsabilità di appoggiare una politica che nessun popolo di questa terra approva, perché è criminale, perché viola i diritti umani di milioni, perché è extraterritoriale, illegale e infame.

E perché quello che fanno oggi contro  Cuba, lo faranno  domani contro altre nazioni, com’è stato provato più di una volta negli ultimi anni.

Nessuno è libero dalla frusta dell’impero e permettere che si colpisca un altro è come aprire il cammino al colpo su tutti.

Ci compiace sapere che questa attitudine non riflette quello che realmente sentono i popoli fratelli di Brasile e Colombia.

Nelle vittorie come la condanna al blocco nella ONU, l’ALBA è stata e deve continuare ad essere un fronte d’unità e resistenza all’impero, al golpismo e alle posizioni d’ingerenza che motivano solo la dignità di uomini e donne onorati del nostro continente.

Ugualmente salutiamo e ci stimolano le vittorie progressiste in Messico e Argentina, i cui nuovi governi hanno già mostrato in un breve periodo il loro impegno con la pace, la democrazia, lo sviluppo e la giustizia sociale dei popoli e con la genuina unità e integrazione di Nuestra  America.

Negli ultimi mesi abbiamo ascoltato accuse ridicole contro le rivoluzioni cubana e bolivariana, nel  vile tentativo di giustificare quello che non vogliono capire: le profonde ragioni delle ribellioni popolari contro il neoliberalismo che continuano a succedersi in varo paesi della regione. Non ci sorprendono.

Le manifestazioni popolari sono il risultato delle lotte contro la disuguaglianza e le ingiustizie sociali accumulate durante anni.

E rimarranno e cresceranno sino a che non si rimedieranno le loro cause.

Quelli che reprimono rifiutano di leggere in queste manifestazioni le loro vere cause, perché per installarsi, il neoliberalismo cerca d’impedirci d’avere una coscienza storica, proponendo la distorsione del tempo.  Per questo i suoi ideologi, come Francis Fukuyama, insistono che “la storia è terminata”.

Pretendono di dirci che il capitalismo è eterno. E così vogliono rendere eterna  la disuguaglianza sociale, la miseria, l’esclusione.  Il tempo è storia!

E la nostra si appoggia in Bolívar, San Martín, Sucre, Martí, Che, Fidel, Chávez, Sandino, la lotta contro la schiavitù, contro il dominio spagnolo, contro le invasioni e contro il blocco a Cuba da parte dell’imperialismo genocida.

Il neoliberalismo obbliga l’economia mondiale a passare dalla produzione alla speculazione.  Mentre il Prodotto Interno Lordo  mondiale cresce a una media annuale da 1 % al 2 %, la resa finanziaria cresce più del 5 % l’anno.

Mentre ottocento venti milioni di persone sono minacciate dalla morte per fame, i paradisi fiscali custodiscono venti trilioni di dollari!
Il neoliberalismo produce quello che Marx aveva previsto: la gente già non vale per essere umana, ma per il valore della merce che porta. È la brutale disumanizzazione.

Il neoliberalismo non promuove la globalizzazione, ma è globo-colonizzazione.  Il suo proposito è fare del mondo un grande mercato al quale hanno accesso solamente i ricchi e gli altri restano esclusi. Sono esseri scartabili condannati a una morte precoce.

Il neoliberalismo si basa nella competitività, il socialismo nella solidarietà.  Il neoliberalismo nel cumulo privato della ricchezza, il socialismo nella condivisione della ricchezza.

Il neoliberalismo si basa nella difesa degli interessi del capitale, il socialismo nei diritto umano e in quelli della natura.

Quello che gli Stati Uniti e gli oligarchi non ci perdonano è che abbiamo costruito modelli inclusivi e impegnati con il popolo, anche sotto le pressioni e gli assedi delle sanzioni e dei blocchi.

Possiamo dargli la formula: non costruiamo modelli per l’1%.

Non costruiamo modelli d’esclusione.  Costruiamo modelli solidali e pratichiamo l’integrazione.

E  non ci perdonano di associarsi solidamente tra  latino-americani e caraibici senza tutele imperiali.

Non ci perdonano perché noi scegliamo di far prevalere l’indipendenza, la libertà, la sovranità sulle nostre risorse e la libera determinazione, e abbiamo dimostrato d’essere capaci di difenderle.
Quello che non perdonano a Cuba è che difendiamo la filosofia di condividere solidalmente quello che abbiamo, di portare salute e conoscenza, dove altri portano armi, insegnare a leggere e scrivere o ridare la vista o salvare la vita a coloro che non avevano mai avuto servizi di salute degni.

Ora, quando come risultati della congiura imperialista e oligarchica in alcuni luoghi si è interrotta la cooperazione che offre Cuba, osserviamo con preoccupazione che milioni di latinoamericani sono stati spogliati del loro diritto umano alla salute. Agli oligarchi non importa e si piegano alla patologica campagna yankee.

Le sole forze militari e di sicurezza che interferiscono nei temi interni dei paesi, che minacciano l’America Latina e i Caraibi, sono le statunitensi.

Cuba resisterà a tutte le minacce.  Siamo induriti nella lotta.  Abbiamo un popolo unito.  Contiamo con la solidarietà del mondo, dei popoli dell’America Latina e dei Caraibi e specialmente con i nostri fratelli dell’ALBA.

Non rinunceremo al socialismo!
Non rinunceremo alla solidarietà!
Non rinunceremo all’amicizia!
Non rinunceremo alla dignità! (applausi.)

Compagne e compagni  dell’ ALBA:

Reitero l’abbraccio di questo popolo nobile, valoroso e solidale da questa bella città che ha appena compiuto 500 anni di storia e di lotte, alla quale potranno sempre tornare per ricevere l’affetto di coloro  che non si arrendono e continueranno la Rivoluzione vibrante che ci ha portato sino a qui.

Termineremo come terminano sempre le manifestazioni in questa storica Scalinata: con la celebrazione della vita, del futuro che si forma qui per rendere possibile il mondo migliore per il quale hanno versato il loro sangue e dato le proprie vite  tante generazioni.

Siamo Cuba!
E siamo anche America latina e Caraibi, tutti uniti per l’ ALBA-TCP!
Hasta la victoria siempre!


Discurso pronunciado por Miguel Díaz-Canel Bermúdez, presidente de la República de Cuba, en el acto político-cultural por el XV Aniversario del ALBA-TCP, en la Escalinata de la Universidad de La Habana.

Buenas noches.

Este acto está al revés: Maduro, Ralf y Daniel hablaron poquito y ahora yo voy a tener que hablar un poquito más.

Querido General de Ejército Raúl Castro Ruz, Primer Secretario del Comité Central del Partido Comunista de Cuba;

Estimados Jefes de Estado y de Gobierno del ALBA-TCP;

Estimados jefes de delegaciones e invitados:

Estudiantes de nuestras universidades, presente y futuro de la nación cubana.  ¡A ustedes y a todos los jóvenes de Cuba, Latinoamérica y el Caribe, nos dirigimos hoy!

Hemos venido hasta esta, nuestra gloriosa Escalinata, para celebrar los 15 años del ALBA-TCP, porque esta alianza tiene sus raíces en el primer encuentro de dos gigantes de Nuestra América: el Comandante en Jefe de la Revolución Cubana, Fidel Castro Ruz, y el entonces (joven) líder del Movimiento Bolivariano 200, Hugo Rafael Chávez Frías.

Aquel encuentro, que cambió la historia de América Latina y el Caribe e impactó al mundo, ocurrió entre el 13 y el 15 de diciembre de 1994.

Como sucede hoy, vivíamos días complejos e inciertos para la región y el mundo. Y fue cerca de aquí, en el Aula Magna de la Universidad de La Habana, donde se escucharon por primera vez los análisis y planteos premonitorios de lo que, con el tiempo, los esfuerzos concertados y el avance de gobiernos progresistas, cristalizaría en el año 2004 como este paradigma de la integración solidaria que conocemos como ALBA-TCP.

Escogemos también la Escalinata, puerta de nuestra Universidad, una de las más antiguas de América, porque por aquí transita todos los días el presente y el futuro de Cuba y de buena parte del resto del mundo, jóvenes provenientes de naciones hermanas, estudiantes que comparten aulas y sueños con nuestros hijos.

Creemos firmemente que las universidades no pueden estar desconectadas de nuestro mundo y de sus acuciantes problemas.  Aquí se hizo revolucionario Fidel, aquí habló a sus contemporáneos de Latinoamérica Hugo Chávez, aquí se estudia y se piensa para el mundo mejor posible que nos hemos propuesto conquistar los revolucionarios.

Hermanas y hermanos:

Hace exactamente un año se reunió la Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América, con el objetivo de establecer posiciones comunes frente a la previsible intensificación de las agresiones contra nuestras naciones. Los pronósticos de entonces no fueron exagerados.

El Gobierno de los Estados Unidos y sus aliados desplegaron e insisten en una feroz e inescrupulosa campaña desestabilizadora en la región.

Lo hacen retomando la aplicación brutal de la Doctrina Monroe, con la que la actual administración de Washington se ha comprometido de manera abierta y prepotente.

Intensifican las acciones contra la hermana República Bolivariana de Venezuela, violando los más elementales principios del Derecho Internacional.  Han llegado al colmo de designar quién o quiénes pueden hablar en nombre de Venezuela y a decidir el destino del dinero y los inmuebles del país fuera de su territorio. Nunca antes en la historia se ofendió tanto a la democracia hablando en nombre de ella mientras se le pisotea.

La reciente invocación contra Venezuela del obsoleto Tratado Interamericano de Asistencia Recíproca (TIAR) —que jamás sirvió para salvaguardar los intereses de la región— es otra advertencia de que la paz, la democracia y la seguridad permanecen bajo amenaza.

¿Qué otro objetivo tiene el rescate de una institución como el TIAR que avaló golpes de Estado, apuntaló dictaduras militares y no fue capaz de apoyar a uno de sus miembros cuando una potencia extrarregional ocupó territorios y desató una guerra?

Estados Unidos articuló ataques contra la patria de Bolívar y Chávez sin comprender que la determinación de su pueblo se fortalece aún más frente a las agresiones externas.  Fracasaron y seguirán fracasando ante la sólida unión cívico-militar y la valentía de millones de venezolanos, que han jurado ser leales siempre y traidores nunca (Aplausos).

Aquí está nuestro hermano Nicolás Maduro en representación de esa unión victoriosa y firme.

¡Viva la Revolución Bolivariana! (Exclamaciones de: “¡Viva!”)

Reiteramos nuestra solidaridad con la Revolución Popular Sandinista, que con su presidente al frente, el Comandante Daniel Ortega Saavedra, resiste los embates imperiales contra Nicaragua sin importar las amenazas, y se esfuerza en su camino de reconciliación, paz y desarrollo justo para su país.

¡Viva la Revolución Sandinista! (Exclamaciones de: “¡Viva!”)

Celebramos la liberación del líder de los trabajadores brasileños y expresidente de ese país, el compañero Luiz Inácio “Lula” da Silva, y a la vez llamamos a todos a continuar demandando su plena libertad, la recuperación de su inocencia y la restitución de todos sus derechos políticos.

Ante las conspiraciones imperiales y la politización de los sistemas judiciales, ante la corrupción y el descrédito de la política a mano de agentes del imperialismo y el neoliberalismo y de los medios de comunicación, Lula es un ejemplo de que siempre tendremos el recurso de luchar por la verdad, la dignidad y la solidaridad para vencer la mentira.

Bolivia, el hermano ausente, merece mención aparte.

El golpe de Estado al presidente constitucional Evo Morales Ayma confirmó que a Estados Unidos y a las fuerzas reaccionarias no les importa aplastar por cualquier medio las libertades y los derechos humanos de los pueblos con el fin de revertir los procesos emancipatorios en la región. Como siempre, usaron a su fiel peón: la Organización de Estados Americanos (OEA).

No sorprende que, como impone el libreto imperial, la primera acción de política exterior de los golpistas en Bolivia fuera salirse del ALBA.

En países como Bolivia, Chile, Colombia, Ecuador y Brasil vemos con dolor e indignación cómo crece el número de muertos y suman miles los heridos, al tiempo que aumentan las lesiones oculares a cientos de jóvenes en actos de represión tan brutales que recuerdan los días tenebrosos de las dictaduras militares.  Se asesina a activistas sociales, periodistas y exguerrilleros.  Los casos de violencia, tortura y violaciones de detenidos ya suman cientos.

Varios de los jefes militares y policiales que hoy protagonizan la horrible represión fueron formados en la desaparecida Escuela de las Américas.  Los que persiguen a los líderes de izquierda y progresistas se formaron en la actual Academia Internacional para la Aplicación de la Ley, también de factura yanqui.

Con admiración, seguimos día a día el curso dramático de la resistencia de los pueblos y su creciente movilización.

Desde esta tribuna, condenamos enfáticamente el silencio cómplice y vergonzoso de muchos, y la manipulación y ocultamiento de los medios de comunicación transnacionales y oligárquicos sobre lo acontecido en Bolivia.

Y hoy aquí, Cuba ratifica su apoyo y solidaridad con el compañero Evo Morales Ayma. ¡Vivan los gobiernos y los pueblos que rinden culto a su dignidad y soberanía acogiendo y apoyando a los líderes perseguidos! (Exclamaciones de: “¡Vivan!”)

Nuestro personal de Salud que prestaba servicios en Bolivia, conoce de cerca la brutalidad de los golpistas, cuyas fuerzas represivas, conducidas directamente por Estados Unidos, agredieron físicamente a dos colaboradores, en tanto 54 de ellos fueron injustamente detenidos, algunos por varios días.

Miembros de la Brigada Médica Cubana, sin motivo alguno, fueron registrados de forma humillante y despojados de sus pertenencias. Las autoridades golpistas instigaron el odio contra los cubanos.

La cobardía de estos represores contrastó con la dignidad y valentía de nuestros abnegados profesionales, quienes merecen un reconocimiento por su inconmovible actitud, hija de la tradición internacionalista cubana (Aplausos).

Ya están todos de vuelta en la patria, listos para defenderla y para una próxima misión.

Los hechos acaecidos en Bolivia, sacuden las alarmas y nos alertan. Una vez más “el tigre acecha”, como decía Martí en su magnífico ensayo “Nuestra América”:

“La colonia continuó viviendo en la república; y nuestra América se está salvando de sus grandes yerros (…) por la virtud superior, abonada con sangre necesaria, de la república que lucha contra la colonia. El tigre espera, detrás de cada árbol, acurrucado en cada esquina”.

En nuestra reciente visita a Argentina para asistir a la toma de posesión de Alberto y de Cristina, sostuvimos un valioso diálogo con importantes intelectuales y artistas de ese país.

De todos ellos recogimos la más formidable crítica al neoliberalismo “el tigre que acecha” y a sus graves consecuencias para los pueblos de América que han sido destrozados por los experimentos neoliberales.

El cineasta y actual ministro de Cultura argentino, Tristán Bauer acaba de documentar los graves costos sociales del neoliberalismo en los cuatro años de macrismo, en un documental que tituló: Tierra arrasada.

Otros de los asistentes, recordaron que esos procesos se instalan con una poderosa red mediática a los que los proyectos progresistas tienen que enfrentarse en una batalla asimétrica. Y se propuso promover una suerte de estrategia cultural que resuelva esas asimetrías.

Lo que queda de mentalidad colonial en América, debe desaparecer antes de que desaparezcan nuestros pueblos y sus sueños de emancipación e integración, la gran deuda desde los tiempos de Bolívar.

Es esencial sembrar ideas y valores para defender nuestras conquistas. Y también es preciso integrarnos en el área de la comunicación para que la mentalidad colonial no nos engulla con su carga de símbolos falsos, como los espejitos que los conquistadores daban a nuestros nobles habitantes originarios a cambio de las riquezas naturales con las que han construido su poder.

Las magníficas ideas que en apenas dos horas se desataron en el encuentro con los amigos argentinos, nos confirman las enormes potencialidades de la imaginativa intelectualidad latinoamericana, cuyos mejores exponentes siempre han sido aliados de las batallas por la justicia social.

Compañeras y compañeros:

Aun ante las más brutales presiones estadounidenses, Cuba alcanzó una resonante victoria en las Naciones Unidas, cuando 187 países votaron a favor de la resolución que condena el fin del bloqueo económico, comercial y financiero de Estados Unidos.

Aquellos que no tuvieron el valor de resistir las presiones yanquis y no se atrevieron a condenar el bloqueo a Cuba, cargan sobre sí la responsabilidad de apoyar una política que ningún pueblo de esta tierra aprueba, porque es criminal, porque viola los derechos humanos de millones, porque es extraterritorial, ilegal e infame.

Y porque lo que hacen hoy contra Cuba lo harán mañana contra otras naciones, como se ha probado más de una vez en los últimos años. Nadie está libre del látigo del imperio, y permitir que se golpee a otros es abrir el camino al golpe sobre todos.

Nos complace saber que esa actitud no refleja lo que realmente sienten los pueblos hermanos de Brasil y Colombia.

En triunfos como la condena al bloqueo en la ONU, el ALBA ha sido y debe seguir siendo un frente de unidad y resistencia al imperio, al golpismo y a las posturas injerencistas que solo motivan la vergüenza de los hombres y mujeres dignos de nuestro continente.

Asimismo, saludamos y nos alientan los triunfos progresistas en México y Argentina, cuyos nuevos gobiernos ya han mostrado, en muy corto plazo, su compromiso con la paz, la democracia, el desarrollo y la justicia social de los pueblos y con la genuina unidad e integración de Nuestra América.

En los últimos meses hemos escuchado acusaciones ridículas contra las revoluciones cubana y bolivariana, en el intento vil de justificar lo que se niegan a entender: las profundas razones de las rebeliones populares contra el neoliberalismo que continúan sucediendo en varios países de la región. No nos sorprenden.

Las manifestaciones populares son el resultado de las luchas contra la desigualdad y las injusticias sociales acumuladas durante años. Y permanecerán, y se harán mayores mientras no se atiendan sus causas.

Los que reprimen se niegan a leer en esas manifestaciones sus causas verdaderas, porque, para instalarse, el neoliberalismo trata de impedir que tengamos conciencia histórica, proponiendo la deshistorización del tiempo. Por eso sus ideólogos, como Francis Fukuyama, insisten en que “la historia ha terminado”.

Pretenden decirnos que el capitalismo es eterno. Quieren entonces eternizar la desigualdad social, la miseria, la exclusión. ¡Tiempo es historia!  Y la nuestra se apoya en Bolívar, San Martín, Sucre, Martí, Che, Fidel, Chávez, Sandino, la lucha contra la esclavitud, contra la dominación española, contra las invasiones y contra el bloqueo a Cuba por parte del imperialismo genocida.

El neoliberalismo obliga a la economía mundial a pasar de la producción a la especulación. Mientras el Producto Interno Bruto mundial crece a un promedio anual de 1% a 2%, el rendimiento financiero crece más del 5% al año. ¡Mientras ochocientos veinte millones de personas son amenazadas de muerte por el hambre, los paraísos fiscales guardan veinte trillones de dólares!

El neoliberalismo produce lo que Marx había prevenido: la gente ya no vale por ser humana, sino por el valor de la mercancía que porta. Es la brutal deshumanización.

El neoliberalismo no promueve globalización, y sí globocolonización. Su propósito es hacer del mundo un gran mercado al que tienen acceso solamente los ricos, los demás quedan excluidos, son seres descartables, condenados a la muerte precoz.

El neoliberalismo tiene base en la competitividad, el socialismo en la solidaridad. El neoliberalismo en la acumulación privada de la riqueza, el socialismo en compartir la riqueza. El neoliberalismo en defender los intereses del capital, el socialismo los derechos humanos y de la naturaleza.

Lo que no nos perdonan los Estados Unidos y las oligarquías latinoamericanas es que hayamos construido modelos incluyentes y comprometidos con el pueblo, aun bajo las presiones y los cercos de sanciones y bloqueos.

Podemos darles la fórmula: no construimos modelos para el 1%. No construimos modelos de exclusión. Construimos modelos solidarios y practicamos la integración (Aplausos).

Y no nos perdonan que nos asociemos solidariamente entre latinoamericanos y caribeños sin tutelas imperiales.

No nos perdonan que no solo elijamos hacer prevalecer la independencia, la libertad, la soberanía sobre nuestros recursos y la libre determinación, sino que hayamos demostrado que somos capaces de defenderlas.

Lo que no le perdonan a Cuba es que defendamos la filosofía de compartir solidariamente lo que tenemos, de llevar salud y letras donde otros llevan armas, de enseñar a leer y a escribir, o devolver la vista o salvar la vida a quienes jamás tuvieron servicios de salud dignos.

Ahora, cuando como resultado de la conjura imperialista y oligárquica en algunos lugares se ha interrumpido la cooperación que Cuba brinda, observamos con preocupación que millones de latinoamericanos han sido despojados de su derecho humano a la salud. A las oligarquías no les importa y se pliegan a la patológica campaña yanqui.

Las únicas fuerzas militares y de seguridad que interfieren en los asuntos internos de los países y que amenazan a América Latina y el Caribe son las estadounidenses.

Cuba resistirá todas las amenazas. Estamos curtidos en la lucha. Tenemos un pueblo unido. Contamos con la solidaridad del mundo, de los pueblos de América Latina y el Caribe y, muy en especial, de nuestros hermanos del ALBA.

¡No renunciaremos al socialismo! ¡No renunciaremos a la solidaridad! ¡No renunciaremos a la amistad! ¡No renunciaremos a la dignidad! 

Compañeras y compañeros del ALBA:

Les reitero el abrazo de este pueblo noble, valiente y solidario en la bella ciudad que acaba de cumplir 500 años de historia y luchas y a la que siempre podrán volver para recibir el cariño de los que no se rinden, no se rendirán y continuarán la Revolución vibrante que nos trajo hasta aquí.

Terminemos como terminan siempre los actos en esta histórica Escalinata: con la celebración de la vida, del futuro que se forma aquí para hacer posible el mundo mejor por el que han dado su sangre y sus propias vidas tantas generaciones.

¡Somos Cuba!

¡Y también somos Latinoamérica y el Caribe, todos unidos por el ALBA-TCP!

¡Hasta la victoria siempre!

 

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