Bolivia: le cosiddette “rotture democratiche” in realtà sono colpi di Stato

Emir Sader* www.alainet.org – Traduzione di M. Gemma Marx21.it

Da quando ha adottato la sua nuova strategia, la destra latinoamericana ha cercato di far credere che ha battuto le leadership progressiste latinoamericane con mezzi democratici, attraverso mobilitazioni popolari e civiche della “società civile” contro governi che avrebbero infranto il quadro istituzionale, commesso arbitrarietà, attentato contro la democrazia.

Lo hanno fatto in Brasile, abbattendo il governo recentemente eletto di Dilma Rousseff, rivendicando irregolarità di bilancio, che non autorizzano, secondo la Costituzione brasiliana, a promuovere l’impeachment di un presidente della Repubblica. Tale è il modo arbitrario e incostituzionale della decisione, che fino ad ora, quasi quattro anni dopo, la STF (Corte Suprema Costituzionale), la massima istanza della magistratura del Brasile, non si è ancora espressa sull’impeachment contro Dilma. Perché se apri la Costituzione, non troverai alcun sostegno per la decisione più grave che un Congresso può prendere: abbattere un presidente democraticamente eletto per volontà del voto popolare. Allora rimanda la sua posizione, come se il passare del tempo potesse far dimenticare la connivenza del potere giudiziario brasiliano con il colpo che ha spezzato la democrazia brasiliana e ha fatto passare il paese dai governi più virtuosi della sua storia all’inferno che sta vivendo attualmente.

La discussione sul fatto se l’impeachment sia stato un duro colpo o no, è assolutamente rilevante, perché denuncia quell’atto come rottura della democrazia, della Costituzione brasiliana e non, come vuole la destra e i suoi portavoce nei media, che si tratterebbe di una correzione del percorso, di un atto perfettamente legale e accettabile, per rovesciare un governo che la destra non aveva saputo sconfiggere con mezzi democratici, dopo essere stata battuta quattro volte di seguito.

Quando la destra ha sconfitto un governo progressista alle elezioni, come è accaduto in Argentina, dovendo rispettare le istituzioni democratiche, è stata apertamente sconfitta quattro anni dopo. A conferma che, con mezzi democratici, la destra può persino avere successo, ma non ha politiche che diano stabilità e sostegno popolare alle sue scelte neoliberiste, immediatamente ripristinate, quando essa ritorna al governo. La democrazia è incompatibile con il neoliberismo, che condanna la destra alla sconfitta, se non si appella a metodi non democratici.

Il caso della Bolivia è, in qualche modo, simile al brasiliano. La destra ha unito le proprie forze con le forze dell’ordine e le forze armate, con i media e la magistratura, per abbattere il governo rieletto legalmente di Evo Morales. Si è fatto riferimento a illegalità elettorali, menzionate dall’OSA, che ha rapidamente rivelato di essere complice del colpo di Stato, al punto da aver proposto nuove elezioni, accettate in un primo momento da Evo Morales, che però ha subito rifiutato perché ciò avrebbe significato unirsi a un governo apertamente golpista e dittatoriale.

La prova definitiva per stabilire se quel movimento è di restaurazione democratica o, al contrario, di rottura della democrazia, sarebbe dato dalle nuove elezioni indette dalla presidente che, senza alcuna legittimità istituzionale, ha assunto il governo. La repressione dei movimenti popolari, il carcere per i leader del MAS, le condizioni sempre più restrittive in cui si prevede che le elezioni in linea di principio siano indette per maggio di quest’anno, confermano che il movimento di mobilitazione popolare e di restaurazione democratica è stato una farsa, al contrario di quanto ha voluto affermare la destra boliviana, sostenuta dal governo degli Stati Uniti e dai suoi alleati nella regione.

La recente proibizione della candidatura di Evo Morales al Senato boliviano è solo la conferma delle condizioni controllate, antidemocratiche ed escludenti in cui si pretende di svolgere le elezioni. Dal momento che la candidatura di Luis Arce, del MAS, è data per prima nei sondaggi, la realizzazione di quelle elezioni viene messa in pericolo, poiché le forze armate boliviane hanno assunto spazi decisivi nell’attuale governo.

La Bolivia sta percorrendo la via brasiliana, della guerra ibrida, del regime di eccezione, e non la via argentina, in cui le forze democratiche si sono nuovamente imposte, perché sono state mantenute le condizioni democratiche minime per la disputa elettorale.

*Emir Sader è uno dei principali sociologi e scienziati della politica in Brasile

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