Coronavirus, Cuba in soccorso dell’Italia

52 medici e infermieri in arrivo a Crema

Medici e infermieri cubani esperti in malattie infettive arrvano domani all’aeroporto milanese di Malpensa e domani andranno ad aiutare i nostri medici in una delle zone più colpite d’Italia, a Crema

Daniele Mastrogiacomo  www.repubblica.it

LO HANNO fatto ad Haiti, sconvolta dal terremoto e poi dal colera. Sono volati fino in Sierra Leone per aiutare chi lottava, ormai allo stremo, contro l’ebola. Lo faranno ancora una volta qui da noi, in Italia, a Crema, uno degli epicentri dove il Covid-19 ha quasi sbaragliato il nostro sistema sanitario pubblico. La piccola, forte Cuba mostra ancora una volta la sua straordinaria solidarietà internazionale. E lo fa nel modo più semplice, diretto, concreto.

Il governo del presidente Miguel Díaz-Canel ha raccolto l’appello lanciato dall’Italia e ha predisposto una brigata di 53 medici e infermieri specializzati nel trattamento di pazienti colpiti da virus, quindi virologi e immunologi soprattutto, che oggi atterreranno a Milano per poi spostarsi nell’ospedale da campo creato dagli uomini del Terzo reparto sanità di Bellinzago Novarese in collaborazione con la Protezione civile.

È un gesto non solo umanitario ma professionale. L’alta prestazione medica della sanità cubana è nota in tutto il mondo. Non solo per gli studi e le ricerche in campo scientifico e medico che anche davanti a questa pandemia si sono attivati mettendo a punto un farmaco, un interferone Alfa 2B, introvabile negli ospedali comuni ma per la loro esperienza maturata negli scenari più devastanti del nostro pianeta. Coraggio, motivazione, professionalità. Con il materiale che la brigata poterà con sé, ci saranno delle scorte dell’Alfa B2 che a parere di molti medici, anche italiani, usato in combinazione con un antiretrovirale simile a quelli messi in campo per l’HIV, risulta essere finora il più efficace nel trattamento del Covid-19. È stato utilizzato in Cina e in Corea del Sud.

Non è stata una scelta facile. Proprio venerdì sera, Cuba ha deciso di blindarsi e ha chiuso tutte le frontiere agli stranieri per 30 giorni. Attualmente ci sono 15 mila cittadini europei sull’isola. La maggior parte ha già un volo di ritorno a casa prenotato. La cancellazione di tutte le rotte programmate dalle compagnie aeree rende difficili e complicati i rientri. Il presidente Díaz-Canel, assieme al primo ministro Manuel Marrero, affiancati dai principali componenti il governo, è apparso in televisione e ha annunciato che nel giro di pochi giorni la maggioranza degli alberghi dell’isola chiuderanno.

È un brutto colpo per l’economia di Cuba, già strangolata dal blocco riesumato da Donald Trump con un calo del 20 per cento degli arrivi turistici. Il settore è una delle principali entrare della sua economia: con il divieto imposto alle navi da crociera e quello per i cittadini nordamericani di raggiungere l’Avana le entrate sono calate del 15 per cento. Nei prossimi mesi Cuba rischia di spegnersi. Una dimostrazione di solidarietà sarebbe il minimo che ci aspettiamo dalla nostra Italia.

Il governo di Díaz-Canel ha comunque ribadito che le frontiere aeree non si chiuderanno del tutto. Le compagnie Air Europe, Iberia e Alitalia, potranno organizzare dei charter per rimpatriare spagnoli e italiani. È già successo con la British che ha potuto atterrare a Cuba per raccogliere i passeggeri della nave da crociera respinta da decine di porti, anche Usa, e accolta, guarda caso, solo da Cuba per ragioni umanitarie.

In tutta l’isola ci sono cinque casi positivi al coronavirus che portano a 21 i totali dei pazienti affetti. L’unica vittima è un italiano di 62 anni già affetto da patologie pregresse tra cui l’asma. Altre 716 sono isolate in centri di assistenza e 26 mila sono in autoisolamento a casa. “Siamo nella fase 1”, ha spiegato il ministero della Salute, “ci prepariamo alla 2 e alla 3”. Bar e ristoranti presto chiuderanno, la circolazione della gente è limitata, sospese le attività artistiche, sportive e culturali. Restano aperte le scuole. A vigilare su tutti resteranno anche i 6 mila medici che Jair Bolsonaro ha espulso dal Brasile dopo aver cancellato il programma di cooperazione sanitaria con Cuba. Sono comunisti. Ma sono proprio questi che negli ultimi dieci anni hanno consentito a 50 milioni di brasiliani di curarsi e sopravvivere.

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