Cuba vigila ma non si chiude. E aiuta gli altri

Roberto Livi L’ Avana https://ilmanifesto.it

articolo del 19.03.202

L’emergenza è l’embargo Usa. Malgrado gli unici casi di coronavirus accertati siano d’importazione, gli aeroporti restano aperti. Così le scuole. Il governo ostenta calma. E i medici cubani sono di nuovo richiesti in mezzo mondo. Anche in Italia

«Tranquillo Roberto, tra un po’ mandiamo i nostri medici e medicinali a darvi una mano in Italia».

Il mio vicino di casa, che nei giorni scorsi era passato da una sentita preoccupazione per la sorte dei miei famigliari nella penisola messa in ginocchio dal Covid-19 a un vago sospetto che i miei amici italiani fossero una sorta di untori, adesso sfoggia l’orgoglio un po’ guascone, caratteristico dei cubani, per il fatto che una piccola isola possa andare in soccorso a nazioni più ricche e potenti.

In sostanza ha ragione. I responsabili della sanità cubana stanno scegliendo il personale medico «per rispondere alle richieste di aiuti di altre nazioni, tra le quali l’Italia». Una brigata medica è stata inviata in Venezuela – da ieri mercoledì in quarantena nazionale per far fronte al corona virus – e altri medici sono stati inviati in Nicaragua, le due nazioni hermanas più vicine a Cuba . Ma richieste di aiuti sono giunte anche da nazioni non certo schierate sulla stessa lunghezza d’onda socialista.

L’ultima è venuta dall’Inghilterra. La nave da crociera MS Braemar è giunta nel porto di Mariel dopo essere rimasta vari giorni in mare con quasi 900 persone tra passeggeri e personale di bordo perché respinta da varie nazioni, compresi ex colonie (Bahamas) e amici fraterni (Usa), perché a bordo vi erano cinque casi confermati di Sars Cov-2 e più di una decina in isolamento – compreso il medico di bordo – per sospetto contagio. Il governo cubano ha accettato la richiesta di aiuto ed era previsto che ieri (mercoledì) i passeggeri – malati e non – fossero trasferiti all’aereoporto dell’Avana dove quattro voli charter organizzati dalle autorità di Londra li porteranno direttamente in Inghilterra (tra i croceristi vi sono anche cittadini italiani).

Il Ministero di salute pubblica (MINSAP) «ha preparato tutti i mezzi necessari, sia materiali che umani e tecnologici per condurre un’evacuazione rapida, sicura ed efficiente». In questo periodo così pericoloso «applichiamo i criteri di solidarietà e cooperazione conforme alla tradizione umanista e solidaristica che caratterizza il nostro popolo» ha affermato José antonio Fernandez, portavoce del Ministero degli Esteri.

Vallo a spiegare a Donald Trump che anche in quest’occasione ha dimostrato di considerare i “cugini” europei come vuoti a perdere – oltre che di voler rubar loro un possibile vaccino made in Germany.

L’operazione di salvataggio della Braemar –nonostante gli evidenti pericoli- ha avuto una buona approvazione popolare. Molti dubbi e anche contestazioni invece ha suscitato invece la decisione del governo di tenere aperti gli aeroporti dell’isola per gli stranieri.

È vero che l’industria del turismo è essenziale per l’economia cubana, in forte crisi. Ma molti commenti raccolti sottolineano che i 7 casi confermati di contagiati da Covid-19 sono praticamente tutti di “importazione”: 5 dall’Italia (tre turisti italiani, un cubano contagiato dalla moglie e un altro dalla figlia, entrambe di ritorno dalla penisola) e uno dalla Spagna. Il settimo è un cubano che lavora su navi da crociera. Sei «hanno un’evoluzione clinica stabile». Il settimo, il paziente italiano di 61 anni-con precedenti di asma bronchiale – ricoverato in terapia intensiva – era fino a martedì «in condizione critiche con pericolo di vita».

Non sarebbe più opportuno difenderci riducendo quanto più possibile i contatti con zone infettate? Lo sostengono in molti. In un’epoca di globalizzazione non sono già troppi i pericoli di contagio esterno per aggiungervi anche una misura che va in controtendenza rispetto alla politica di isolamento attuata da molte nazioni?

A queste – e altre – domande e sollecitazioni si sforzano di rispondere le autorità sia politiche che sanitarie con una campagna di informazione che, secondo il presidente Díaz-Canel deve basarsi su criteri di trasparenza e diffusione. José Raúl de Armas, capo del Dipartimento di malattie infettive del Minsap ha informato che «Cuba dispone di un algoritmo diagnostico capace di individuare 17 virus respiratori, incluso il Sars Cov-2, e tre laboratori di biologia molecolare all’Avana, Villa Clara (centro dell’isola) e Santiago (oriente)». Tutti i pazienti sospetti di essere malati di coronavirus sono isolati e studiati per «poter scartare un possibile contagio da questi 17 virus». Al 17 marzo «sono stati ricoverati per controlli epidemiologici 389 pazienti, dei quali 147 sono stranieri; 24.853 sono monitorati dalla sanità pubblica di primo intervento».

Quello che più preoccupa la gente comune è la scarsezza di generi essenziali per l’igiene – saponi, detersivi, alcol e gelatine, mascherine – dovuta in gran parte all’implacabile guerra commerciale-economica e finanziaria condotta dall’amministrazione Trump per strangolare l’isola e provocare un cambio di governo.

Nemmeno in un periodo di conclamata pandemia i falchi di Washington e di Miami sono disposti a allentare lo strangolamento. Anzi soffiano sul fuoco della paura e di un possibile malcontento

Francisco Silva del Ministero del commercio interno ha informato che il governo e il sistema produttivo dell’isola sono impegnati in un intenso sforzo per aiutare le misure di controllo e prevenzione: rifornimento e commercializzazione di prodotti per l’igiene, produzione e distribuzione di soluzioni clorate per lavare le mani dei lavoratori e le superfici dei centri di lavoro e nelle scuole in primis e poi per i cittadini e le case. Più di 500 punti nell’isola sono stati abilitati alla commercializzazione del cloro in modo che i cittadini possano preparare in casa le soluzioni di disinfettanti. 129 centri di produzione sono impegnati a fabbricare mascherine che saranno messe in commercio e distribuite ai vari organismi.

Le scuole restano aperte a tutti i livelli con la raccomandazione – lo stesso vale per i lavoratori – che coloro che presentano un qualsiasi sintomo di problemi respiratori si presentino ai centri di assistenza – medico di famiglia, policlinici di quartiere, ospedali – che valuteranno il loro stato. Una serie di ospedali vengono preparati per far fronte a un massiccio sistema di controllo e di eventuali ricoveri.

Come in Italia, Cuba ha un’alta percentuale di anziani (“prodotto” della sanità pubblica generalizzata e gratuita): il 20,8% della popolazione (oltre 2 milioni di persone) ha più di 60 anni. È il maggior gruppo a rischio ha informato Alberto Fernández Seco, capo del Dipartimento adulto mayor del Minsap. «Il 15% di questi anziani vivono soli, per questo le indagini attive per prevenire i contagi si rivolgono a questo segmento di popolazione».

500 Case degli anziani distribuite nell’isola hanno a disposizione un medico e infermieri che ogni giorno seguono i semiinternati (permessi di visita ridotti, specie per gli stranieri). A queste si aggiungono 293 Case dei nonni, istituzioni sociali e non assistenziali ma con a disposizione trabajadores sociales – giovani che fanno lavoro sociale remunerato – istruiti per individuare sintomi di infezione respiratoria.

«La popolazione può stare tranquilla perchè la copertura medica è garantita a tutti i livelli di attenzione e per tutta la popolazione» ha insistito Fernández Seco. La capacità di affrontare situazioni di emergenza e di malattie infettive del sistema di salute cubano è ormai provata. Anche all’estero: partecipazione di medici cubani per affrontare il virus dell’ebola in Africa e il colera a Haiti, oltre a decine e decine di missioni all’estero in mezzo mondo. Cuba dispone anche di medicinali di produzione propria, come l’Interferón Alfa 2B ricombinante, un antivirale impiegato anche dai cinesi per combattere il coronavirus.

La popolazione, però, è tutt’altro che tranquilla. Ma la campagna battente del governo e la condizione di dover fare di necessità virtù – scarsezza di beni di consumo alimentari, trasporti deficitari – fa sì che la paura la si lascia a casa e le strade sono sempre affollate con poche persone che sfoggiano una mascherina, spesso artigianale.

Le code ai negozi sono generalizzate, almeno dove si vende qualcosa di utile o appetibile ma non vi sono sintomi di accaparramento. Se non quelli “normali” dovuti al fatto che, non essendoci un mercato all’ingrosso, tutti i ristoranti e i bar privati comprano a man bassa nei negozi dove va anche il padre di famiglia (con un budget assai inferiore).

Inoltre vi è la speranza che sia vero che il virus si debilita a temperature superiori ai 28 gradi: il sole del tropico non si arrende.

Il presidente Díaz-canel ha ribadito anche ieri che è necessaria disciplina e fiducia e collaborazione col sistema di salute pubblica. Nei prossimi giorni si potrà verificare la validità della strategia del governo cubano.

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