Cuba: perché un unico Partito?

Potrebbe essere praticabile un modello multipartitico, a Cuba, che non soccombesse alla volontà egemonica dei nemici della Rivoluzione? Il passato ed il presente ci insegnano che la dispersione delle forze politiche di sinistra, per quanto ben intenzionate possano essere, serve solo a spianare la strada all’esercizio del potere politico pubblico da parte delle coalizioni di destra.

Michel E. Torres Corona www.granma.cu

Quasi quanto la decisione di costruire il socialismo e trasformare le relazioni di produzione di taglio borghese-liberale, la Rivoluzione è attaccata per la strutturazione del potere statale e per gli elementi ideologici, funzionali e normativi che accompagnano il suo esercizio.

Negli ultimi anni, il nostro modello sociale ed economico è stato sottoposto ad un aggiornamento, per temperarlo alle esigenze del tempo e del contesto geopolitico. È impensabile ripetere le formule di un tempo, quando oggi impera un ordine mondiale segnato dall’unipolarità.

Tuttavia, questo aggiornamento non ha minato uno dei principi fondamentali del socialismo cubano in materia socio-politica: il sistema del Partitico unico, come guida e rettore della società e dello Stato. Di ciò è prova attendibile la Costituzione, approvata in un referendum, nel febbraio 2019, e proclamata esattamente un anno fa.

Indubbiamente, esistono basi storiche che supportano questo sistema. Già nel XIX secolo, anche quando gli indipendentisti concordavano sull’imperiosa necessità di separare Cuba dalla Spagna attraverso l’insurrezione armata, non esisteva alcun progetto politico uniforme che desse soluzione alle già classiche problematiche legate alla conduzione della guerra ed alla futura instaurazione dello Stato cubano sovrano.

La mancanza di unità nelle forze rivoluzionarie fu un fattore decisivo nella firma del Patto di Zanjon, nel clamoroso fallimento della Guerra Chiquita e nel fallito Piano Gómez-Maceo, per citare solo alcuni esempi. Per questo motivo, José Martí pensò alla necessità di fondare un Partito, che agglutinasse e coordinasse gli sforzi dei patrioti indipendentisti e guidasse una Rivoluzione che non si sarebbe limitata al successo militare, ma avrebbe instaurato un nuovo ordine, una repubblica «con tutti e per il bene di tutti». Una rivoluzione che non soccombesse né di fronte agli sforzi colonialisti per preservare lo status quo, né di fronte alla vocazione antinazionalista e lamentosa di riformisti ed annessionisti.

Un Partito che sfidasse potenti forze dentro e fuori la sfera nazionale e sociale, si potrebbe dire.

Sono noti i disaccordi tra Martí e Maceo riguardo a come si dovesse condurre la guerra, la perdita di autorità sofferta dal Partito dopo la morte dell’Apostolo e gli atteggiamenti traditori e timorosi di Tomás Estrada Palma; ma è indiscutibile che il Partito Rivoluzionario Cubano (PRC) – fondato il 10 aprile 1892 – fu vitale per l’inizio della guerra del ’95 e la realizzazione di un progetto politico che, sebbene frustrato dall’intervento USA e da un’insufficiente assimilazione da parte del mambisado (gurriglieri indipendentisti ndt) del pensiero martiano in tutta la sua estensione ed in tutto il suo peso, avrebbe dato i suoi frutti anni dopo.

La storia del PRC di Martí ebbe una potente influenza sul processo rivoluzionario, che sarebbe rinato con l’assalto alla caserma Moncada e che ebbe la sua incoronazione il 1 gennaio 1959. È, tuttavia, dopo il trionfo rivoluzionario quando si evidenzia, ancor più, la necessità di unire tutte le forze in base allo stesso obiettivo. In primo luogo, con le Organizzazioni Rivoluzionarie Integrate, poi con il Partito Unito della Rivoluzione Socialista di Cuba ed, infine, il Partito Comunista di Cuba (nel cui nome sempre è valido dichiarare la marcata influenza del campo socialista e del pensiero sovietico), la Rivoluzione ha cercato l’unità d’azione politica in un paese assediato dalle forze reazionarie dell’emisfero occidentale.

Oggi, persiste la necessità di quell’unità di azione politica, in uno scenario complesso in cui non mancano falsi profeti che propugnano una retrocessione a modelli di clientelismo politico e caciccati locali.

Potrebbe essere praticabile un modello multipartitico, a Cuba, che non soccombesse alla volontà egemonica dei nemici della Rivoluzione? Passato e presente ci insegnano che la dispersione delle forze politiche di sinistra, per quanto ben intenzionate possano essere, serve solo a spianare la strada all’esercizio del potere politico pubblico da parte delle coalizioni di destra.

Nel mondo della politica, gli atti sono esternalizzazioni di interessi. E il sistema del partito unico è quello che difende l’idea di sottomettere l’ideologia di un sistema politico ad un unico ordine di interessi: gli interessi del popolo. Ed il Partito, come avanguardia organizzata di quel popolo, non solo deve interpretare e chiarire quegli interessi (in chiave democratica, secondo la legge della maggioranza), ma deve anche progettare strategie che coadiuvino l’apparato statale a prendere decisioni in accordo con tali interessi.

Pertanto, è pertinente chiarire le basi legali che supportano tali funzioni del Partito, quel ruolo che deve avere nella politica nazionale e nella complessa dinamica del sistema politico cubano.

Il modello del partito unico a Cuba è definito nella Costituzione, che istituisce il PCC come guida per lo Stato e la società. Ma il PCC non ha funzioni elettorali, non ha il potere di nominare o designare un candidato, di rimuovere una posizione amministrativa o di soppiantare attribuzionri statali, come l’amministrazione della giustizia o la pubblica amministrazione.

Il modello del Partito unico non può emularsi a quello dell’ “uni-partitismo” o “mono-partitismo”, dal momento che ciò implicherebbe che il PCC andasse alle elezioni come unica opzione possibile. D’altra parte, la legge cubana non stabilisce come requisito per essere candidato (a qualsiasi livello della magistratura pubblica) essere un militante. In altre parole, il Partito unico fa parte di un modello politico in cui ciò che conta non è l’affiliazione ad un’organizzazione ma la soggezione agli interessi e volontà popolari.

Oggi, il modello del Partito unico è oggetto di attacchi da parte della piattaforma di restaurazione capitalista che si trama per Cuba e che per questo utilizza media stampati e digitali, propaganda nelle reti sociali, creazione e diffusione di contenuti accademici, distorsioni della storia e dell’ordinamento giuridico, ecc.

La difesa che dobbiamo fare del ruolo del PCC deve basarsi sull’approfondimento della conoscenza sulla distinzione tra Partito e Stato, come elementi del sistema politico cubano, la differenziazione delle funzioni partitiche (a tutti i suoi vari livelli) e la promozione della ricerca che forniscono supporto scientifico alla difesa di questo aspetto molto distintivo della nostra realtà politica e sociale.

Quando celebriamo un anno dalla promulgazione della vigente Costituzione ed un altro anniversario della prima Carta Magna che ebbe la Repubblica Mambisa in armi, Cuba è immersa in una contingenza epidemiologica che sembra quasi comprendere qualsiasi campo di discussione o riflessione. Tuttavia, oltre a questo presente pieno di sfide, c’è il futuro e l’enorme responsabilità che abbiamo di pensare a Cuba ed al suo sistema politico. Il Partito e lo Stato socialista di Diritto sono, in questo senso, questioni fondamentali da difendere e perfezionare sempre.

Precisazioni

Quasi 9 milioni di persone hanno partecipato alle oltre 133000 riunioni. Possiamo affermare che non si è trattato di una mera assistenza, ma che coscientemente, responsabilmente ed in assoluta libertà, tutti hanno potuto esporre i propri criteri, il che ha anche contribuito ad elevare la cultura giuridica dei cittadini. Ci sono stati oltre 1700000 interventi, da cui sono state ricavate circa 783000 proposte.

Il popolo, con la sua partecipazione, si è convertito nel vero costituente. Basterebbe ribadire che, come risultato del contributo popolare, il progetto ha avuto variazioni in quasi il 60% dei suoi articoli.

È significativo che la maggioranza dei cubani che esercitano il voto appartengano alle generazioni nate dopo il trionfo rivoluzionario, ciò che riflette la forza e la continuità dei nostri principi.

I risultati del Referendum sono una prova inequivocabile di questa affermazione. Il 90% dei cittadini con diritti elettorali è andato alle urne e di questi l’86,85% ha votato a favore, cifra che a sua volta rappresenta il 78,3% del totale di compatrioti con diritto al voto, con cui la nuova Costituzione della Repubblica è stata approvata.

Rilevante è stato anche il 95,85% delle schede valide e che solo il 9% ha votato contro. In relazione a quest’ultimo dato, in non tutti i casi ciò ha significato un rifiuto del contenuto generale della nuova Costituzione, bensì ha obbedito a giudizi contrari su questioni specifiche.

Cuba ha dimostrato, ancora una volta, che da meccanismi democratici e basati sul diritto all’autodeterminazione, è possibile rafforzare il suo sistema socialista come un’alternativa praticabile in un momento di escalation dell’aggressività dell’imperialismo, che cerca screditare opzioni progressiste di sviluppo sociale.


Cuba: ¿Por qué un único Partido?

¿Podría ser viable un modelo pluripartidista en Cuba, que no sucumbiera ante la voluntad hegemonista de los enemigos de la Revolución? El pasado y el presente nos enseñan que la dispersión de las fuerzas políticas de izquierda, por muy buenas intenciones que estas tengan, solo sirve para pavimentar el camino hacia el ejercicio del poder político público por parte de coaliciones de derecha

Autor: Michel E. Torres Corona

Casi tanto como la decisión de construir el socialismo y transformar las relaciones de producción de corte burgués-liberal, a la Revolución se le ataca por la estructuración del poder estatal y por los elementos ideológicos, funcionales y normativos que acompañan su desempeño.

En los últimos años, nuestro modelo social y económico ha venido siendo objeto de una actualización, para atemperarlo a los requerimientos de la época y del contexto geopolítico. Se hace impensable repetir fórmulas de antaño, cuando hoy impera un orden mundial signado por la unipolaridad.

Sin embargo, esta actualización no ha socavado uno de los principios fundamentales del socialismo cubano en materia sociopolítica: el sistema de Partido único, como guía y rector de la sociedad y el Estado. De ello es muestra fehaciente la Constitución, aprobada en referendo en febrero de 2019, y proclamada un día como hoy.

Sin duda, existen fundamentos históricos que respaldan este sistema. Ya en el siglo xix, aun cuando los independentistas coincidieran en la imperiosa necesidad de separar a Cuba de España por medio de la insurrección armada, no existía un proyecto político uniforme que diera solución a las ya clásicas problemáticas en torno a la conducción de la guerra y la implantación futura del Estado cubano soberano.

La falta de unidad en las fuerzas revolucionarias fue un factor decisivo en la firma del Pacto del Zanjón, en el rotundo fracaso de la Guerra Chiquita y en el fallido Plan Gómez-Maceo, por solo citar algunos ejemplos. Por ello, José Martí pensó en la necesidad de fundar un Partido, que aglutinara y coordinara los esfuerzos de los patriotas independentistas y guiara una Revolución que no se limitaría al éxito militar, sino que implantaría un nuevo orden, una república «con todos y para el bien de todos». Una Revolución que no sucumbiera ni ante los esfuerzos colonialistas por preservar el status quo, ni ante la vocación antinacionalista y plañidera de reformistas y anexionistas.

Un Partido que desafiara poderosas fuerzas dentro y fuera del ámbito nacional y social, pudiera decirse.

Son conocidas las desavenencias entre Martí y Maceo con respecto a cómo se debería conducir la guerra, la pérdida de autoridad que sufriera el Partido luego de la muerte del Apóstol, y las actitudes traicioneras y medrosas de Tomás Estrada Palma; pero es indiscutible que el Partido Revolucionario Cubano (PRC) –fundado el 10 de abril de 1892– fue vital para el inicio de la guerra del 95 y la concreción de un proyecto político que, aunque frustrado por la intervención estadounidense y la insuficiente asimilación por parte del mambisado del pensamiento martiano en toda su extensión y en todo su peso, daría sus frutos años después.

La historia del prc de Martí fue una poderosa influencia en el proceso revolucionario, que renaciera con el asalto al cuartel Moncada y que tuviera su coronación el Primero de enero de 1959. Es, sin embargo, luego del triunfo revolucionario cuando se evidencia aún más la necesidad de unir todas las fuerzas en función del mismo fin. Primero, con las Organizaciones Revolucionaras Integradas, luego, con el Partido Unido de la Revolución Socialista de Cuba y, finalmente, el Partido Comunista de Cuba (en cuya denominación siempre es válido declarar la marcada influencia del campo socialista y del pensamiento soviético), la Revolución buscó la unidad de acción política en un país asediado por las fuerzas reaccionarias del hemisferio occidental.

En la actualidad, persiste la necesidad de esa unidad de acción política, en un escenario complejo donde no faltan falsos profetas que propugnan un retroceso a modelos de clientelismo político y cacicazgos locales.

¿Podría ser viable un modelo pluripartidista en Cuba, que no sucumbiera ante la voluntad hegemonista de los enemigos de la Revolución? El pasado y el presente nos enseñan que la dispersión de las fuerzas políticas de izquierda, por muy buenas intenciones que estas tengan, solo sirve para pavimentar el camino hacia el ejercicio del poder político público por parte de coaliciones de derecha.

En el mundo de la política, los actos son exteriorizaciones de intereses. Y el sistema de partido único es el que defiende la idea de someter la ideología de un sistema político a un solo orden de intereses: los intereses del pueblo. Y el Partido, como vanguardia organizada de ese pueblo, no solo debe interpretar y dilucidar esos intereses (en clave democrática, de acuerdo a la ley de mayorías), sino que debe proyectar estrategias que coadyuven al aparato estatal a tomar decisiones acordes con esos intereses.

Es pertinente, por ende, dilucidar fundamentos jurídicos que respalden esas funciones del Partido, ese papel que debe tener en la política nacional y en la compleja dinámica del sistema político cubano.

El modelo de Partido único en Cuba se define en la Constitución, que instituye al pcc como guía del Estado y de la sociedad. Pero el pcc no tiene funciones electorales, no tiene potestad para nominar o designar un candidato, para remover un cargo administrativo o para suplantar atribuciones estatales, como la impartición de justicia o la administración pública.

El modelo de Partido único no puede emularse al de «unipartidismo» o «monopartidismo», pues esto implicaría que el pcc acudiera a las elecciones como única opción posible. En cambio, la ley cubana no establece como requisito para ser candidato (en ningún nivel de la magistratura pública) el ser militante. Es decir, el Partido único forma parte de un modelo político en el que lo que importa no es la filiación a una organización sino la sujeción a intereses y voluntades populares.

Hoy, el modelo de Partido único es blanco de ataques por parte de la plataforma de restauración capitalista que se urde para Cuba, y que para ello se vale de medios impresos y digitales, propaganda en redes sociales, creación y difusión de contenidos academicistas, tergiversación de la historia y del ordenamiento jurídico, etc.

La defensa que debemos hacer del rol del pcc ha de basarse en la profundización del conocimiento sobre la distinción entre Partido y Estado, como elementos del sistema político cubano, la diferenciación de las funciones partidistas (en todos sus diversos niveles) y la promoción de investigaciones que brinden sustento científico a la defensa de esta faceta tan distintiva de nuestra realidad política y social.

Cuando celebramos un año de la promulgación de la Constitución vigente y otro aniversario más de la primera Carta Magna que tuviera la República mambisa en armas, Cuba se halla inmersa en una contingencia epidemiológica que casi parece abarcar cualquier ámbito de discusión o reflexión. Sin embargo, más allá de este presente lleno de retos, está el futuro y la tremenda responsabilidad que tenemos de pensar a Cuba y su sistema político. El Partido y el Estado socialista de Derecho son, en ese sentido, cuestiones medulares a defender y perfeccionar siempre.

Precisiones

Cerca de nueve millones de personas participaron en las más de 133 000 reuniones. Podemos afirmar que no se trató de una mera asistencia, sino que consciente, responsablemente y con absoluta libertad, todos pudieron exponer sus criterios, lo que también contribuyó a elevar la cultura jurídica de los ciudadanos. Hubo más de 1 700 000 intervenciones, de las que se derivaron unas 783 000 propuestas.

El pueblo, con su participación, se convirtió en el verdadero constituyente. Bastaría reiterar que, como resultado del aporte popular, el proyecto tuvo variaciones en casi el 60 % de su articulado.

Es significativo que la mayoría de los cubanos que ejercieron el voto pertenecen a las generaciones nacidas con posterioridad al triunfo revolucionario, lo que refleja la fortaleza y continuidad de nuestros principios.

Los resultados del Referendo son una prueba inequívoca de esta afirmación. El 90 % de los ciudadanos con derecho electoral concurrieron a las urnas, y de estos, el 86,85 % votaron a favor, cifra que a la vez representa el 78,3 % del total de compatriotas con derecho al voto, con la cual quedó refrendada la nueva Constitución de la República.

Relevante resultó también el 95,85 % de las boletas válidas, y que solo el 9 % votó en contra. Con relación a este último dato, en no todos los casos ello significó un rechazo al contenido general de la nueva Constitución, sino que obedeció a criterios contrarios sobre temas específicos.

Cuba demostró, una vez más, que desde mecanismos democráticos y basados en el derecho a la libre determinación es posible afianzar su sistema socialista como una alternativa viable en momentos de una escalada en la agresividad del imperialismo, que intenta desacreditar opciones progresistas de desarrollo social.

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