L’ultimo bottino dell’Impero britannico: 930 milioni di oro venezuelano

Roberto Montoya www.cubadebate.cu

La decisione della Giustizia britannica di legittimare la decisione della Banca d’Inghilterra sembrerebbe più tipica dell’arbitrarietà del cosiddetto “primo impero britannico”, del XVII e XVIII secolo, incentrato soprattutto sulle Americhe, che di una moderna democrazia del XXI secolo.

“Il governo di Sua Maestà ha riconosciuto il sig. Guaidó nella sua veste di presidente costituzionale interno del Venezuela e, pertanto, non riconosce il signor Maduro come presidente costituzionale del Venezuela”, ha affermato nel suo scritto Nigel Teare, il giudice portavoce del Tribunale Superiore di Giustizia, la “High Court”.

La disputa risale a due anni fa, quando il Governo venezuelano annunciò alla Banca d’Inghilterra la sua intenzione di ritirare le 31 tonnellate di lingotti d’oro -circa 930 milioni di euro- depositate nei suoi caveau da anni, per poter far fronte al crisi economica del Venezuela.

La Banca d’Inghilterra ha inizialmente ritardato la sua risposta ma, nel 2019, già con Juan Guaidó autoproclamato “presidente incaricato ad interim”, e sotto la pressione del Dipartimento del Tesoro USA, ha argomentato che la irregolare situazione istituzionale del Venezuela avrebbe richiesto una esaustiva analisi giuridica.

Il segretario di Stato USA, Mike Pompeo, e l’allora consigliere per la Sicurezza Nazionale, John Bolton -che ora paradossalmente rivela nel suo nuovo libro la diffidenza di Trump sulla capacità di Guaidó- hanno richiesto la complicità del governo britannico per stringere l’assedio al Governo Maduro.

Ufficialmente, il governo britannico si è sempre disinteressato del contenzioso.

“È competenza della Banca d’Inghilterra, non del governo”, ha dichiarato alla Camera dei comuni Alan Duncan, ministro degli Esteri britannico. Ma, a proposito, ha detto: “L’alta corte terrà sicuramente in considerazione il fatto che il Sign. Guaidó è riconosciuto come il legittimo presidente ad interim da più di cinquanta paesi”. Un messaggio chiaro

Con superbia imperiale, la Banca d’Inghilterra è giunta a chiedere ‘garanzie’ al Venezuela che l’oro lasciato temporaneamente in sua custodia -come fanno molti paesi- non sarebbe stato usato per il beneficio personale di Nicolás Maduro o dei molti alti funzionari civili e militari venezuelani contro i quali USA e /o UE applicano sanzioni.

Nonostante l’umiliazione che ciò comportava, il governo di Caracas ha chiarito che quel capitale sarebbe stato interamente destinato a soddisfare i bisogni causati, in Venezuela, dalla pandemia di COVID-19.

Per evitare qualsiasi altra scusa della Banca d’Inghilterra e come segno di trasparenza e buona volontà, il Venezuela ha proposto che il trasferimento non si facesse direttamente al Governo Maduro ma al Programma di Sviluppo dell’ONU (PNUD) in modo che questo organismo ONU lo gestisse.

Ma la decisione politica da parte del Regno Unito era già evidentemente presa e la “High Court” si è limitata a fornire argomenti legali e solennità.

Al fine di dare maggiore legalità a questa palese rapina miliardaria di uno stato sovrano, in parallelo, il “presidente incaricato” ​​Guaidó ha fatto sì che la “sua” Assemblea Nazionale -non riconosciuta dalla Tribunale Supremo del Venezuela- nominasse uno pseudo “Consiglio di amministrazione” della Banca Centrale del Venezuela parallela a quella reale, che giornalmente prende decisioni sull’economia venezuelana.

Con tale parodia, il “Consiglio di amministrazione” ha chiesto alla Banca d’Inghilterra, “per conto” della Banca Centrale del Venezuela, che non consegnasse l’oro venezuelano al Governo di Maduro.

Il tribunale Superiore britannico ha stabilito che quel falso “Consiglio di amministrazione” della Banca Centrale Venezuelana, guidato da Ricardo Villasmil, sia l’unico che può, d’ora in poi, accedere legalmente alle riserve di oro venezuelano depositate nei caveau della Banca d’Inghilterra, e non al Consiglio di amministrazione reale, quello governativo presieduto da Calixto Ortega.

Paradossalmente, il Regno Unito continua a mantenere relazioni diplomatiche e commerciali con l’unico governo con reali poteri in Venezuela, quello di Nicolás Maduro, ed è l’ambasciatrice di questo, Rocío Maneiro, la titolare dell’ambasciata venezuelana a Londra. A sua volta, il Regno Unito mantiene il suo ambasciatore Andrew Soper accreditato presso il Governo Maduro.

La schizofrenia diplomatica che questo implica si estende alla maggior parte dei paesi che hanno riconosciuto -pressati da Trump-, un anno e mezzo fa, Juan Guaidó come “presidente incaricato”, in un momento in cui Washington assicurava loro che il governo Maduro sarebbe crollato nel giro di pochi giorni.

Tutti volevano ben posizionarsi di fronte a Washington e di fronte a chi già davano per sicuro nuovo presidente del Venezuela.

Pedro Sánchez è stato uno dei capi di governo che ha riconosciuto Guaidó come presidente ad interim, all’inizio di febbraio 2019, ed alla fine di aprile ha persino accolto nell’ambasciata spagnola a Caracas l’anche dirigente dell’opposizione Leopoldo López, mentore di Guaidó. E tuttavia, continua a mantenere relazioni diplomatiche, politiche, commerciali e culturali con il Governo di Maduro.

Nonostante l’immenso sostegno economico, politico e diplomatico USA, della UE e di numerosi altri paesi, Guaidó si è mostrato incapace, in questo momento, di mantenere unita l’opposizione e di presentare un’alternativa credibile di governo, e quindi è andato perdendo appoggi politici e supporto sociale.

(Tratto da El Salto Diario)


El último botín del imperio británico: 930 millones de oro venezolano

Por: Roberto Montoya

La decisión de la Justicia británica de legitimar la decisión del Banco de Inglaterra pareciera más propia de las arbitrariedades del llamado ‘primer imperio británico’ de los siglos XVII y XVIII, centrado especialmente en las Américas, que de una democracia moderna del siglo XXI.

“El Gobierno de Su Majestad ha reconocido al Sr. Guaidó en su capacidad de presidente constitucional interno de Venezuela, y por consiguiente, no reconoce al Sr. Maduro como presidente constitucional de Venezuela”, ha dicho en su escrito Nigel Teare, el juez portavoz del Tribunal Superior de Justicia británico, la ‘High Court’.

El litigio se remonta a dos años atrás, cuando el Gobierno venezolano anunció al Banco de Inglaterra su intención de retirar las 31 toneladas de lingotes de oro —unos 930 millones de euros— depositados en sus cámaras desde años atrás, para poder hacer frente a la crisis económica de Venezuela.

El Banco de Inglaterra dilató inicialmente su respuesta pero en 2019, ya con Juan Guaidó autoproclamado ‘presidente encargado interino’, y presionado por el Departamento del Tesoro de EE UU, argumentó que la irregular situación institucional de Venezuela requería un análisis jurídico exhaustivo.

El secretario de Estado de Estados Unidos, Mike Pompeo, y el entonces asesor principal de Seguridad Nacional, John Bolton —que ahora revela paradójicamente en su flamante libro la desconfianza de Trump sobre la capacidad de Guaidó— requirieron la complicidad del Gobierno británico para estrechar el cerco al Gobierno de Maduro.

Oficialmente, el Gobierno británico siempre se ha desentendido del litigio.

“Es competencia del el Banco de Inglaterra, no del Gobierno”, afirmó en la Cámara de los Comunes Alan Duncan, el titular de Exteriores británico. Pero, al pasar, acotó: “Seguramente el alto tribunal tendrá en consideración que el Sr. Guaidó es reconocido como el presidente interino legítimo por más de cincuenta países”. Un mensaje claro.

Con soberbia imperial el Banco de Inglaterra llegó a pedir ‘garantías’ a Venezuela de que el oro dejado temporalmente en su custodia —como hacen muchos países— no fuera a ser utilizado para beneficio personal de Nicolás Maduro o de los numerosos altos cargos civiles y militares venezolanos contra los cuales EE UU y/o la UE aplican sanciones.

A pesar de la humillación que esto suponía el Gobierno de Caracas aclaró que ese capital sería destinado íntegramente a atender las necesidades provocadas en Venezuela por la pandemia del COVID-19.

Para evitar cualquier otra excusa del Banco de Inglaterra y como muestra de transparencia y buena voluntad, Venezuela propuso que la transferencia no se hiciera directamente al Gobierno de Maduro sino al programa de Naciones Unidas para el Desarrollo (PNUD) para que este organismo de la ONU lo gestionara.

Pero la decisión política por parte del Reino Unido ya estaba evidentemente tomada, y la ‘High Court’ se limitó a proporcionar argumentario legal y solemnidad.

Para dar más visos de legalidad a ese descarado robo multimillonario a un Estado soberano, paralelamente el ‘presidente encargado’ Guaidó hizo que ‘su’ Asamblea Nacional —no reconocida por el Tribunal Supremo de Venezuela—, nombrara a una pseudo ‘Junta Directiva’ del Banco Central de Venezuela paralela a la real, a la que diariamente toma decisiones sobre la economía venezolana.

Con esa parodia la tal ‘Junta Directiva’ pidió al Banco de Inglaterra ‘en nombre’ del Banco Central de Venezuela, que no entregara el oro venezolano al Gobierno de Maduro.

El Tribunal Superior británico dictaminó que esa fake ‘Junta Directiva’ del Banco Central Venezolano encabezada por Ricardo Villasmil es la única que podrá a partir de ahora acceder legalmente a las reservas de oro venezolano depositado en las cámaras del Banco de Inglaterra, y no la Junta Directiva real, la gubernamental presidida por Calixto Ortega.

Paradójicamente, Reino Unido sigue manteniendo relaciones diplomáticas y comerciales con el único gobierno con poderes reales en Venezuela, el de Nicolás Maduro, y es la embajadora de este, Rocío Maneiro, la titular de la embajada venezolana en Londres. Reino Unido mantiene a su vez a su embajador Andrew Soper acreditado ante el Gobierno de Maduro.

La esquizofrenia diplomática que esto supone se extiende a la mayoría de los países que han reconocido —presionados por Trump— hace un año y medio a Juan Guaidó como ‘presidente encargado’, en momentos en que Washington les aseguraba que el Gobierno de Maduro se derrumbaría en cuestión de días.

Todos querían posicionarse bien ante Washington y ante quien ya daban por seguro nuevo presidente de Venezuela.

Pedro Sánchez fue uno de lo jefes de gobierno que reconoció a Guaidó como presidente interino a inicios de febrero de 2019, y a fines de abril incluso acogió en la embajada española en Caracas al también líder opositor Leopoldo López, mentor de Guaidó. Y sin embargo, sigue manteniendo relaciones diplomáticas políticas, comerciales y culturales con el Gobierno de Maduro.

Pese al inmenso apoyo económico, político y diplomático de EE UU, la UE y numerosos otros países, Guaidó se mostró incapaz en este tiempo de mantener unida a la oposición y de presentar una alternativa creíble de gobierno, y por ello fue perdiendo apoyos políticos y apoyo social.

(Tomado de El Salto Diario)

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