Il Nobel per la pace alle brigate mediche cubane

cresce la campagna di pressione

Claudia Fanti Tratto da: Adista Notizie n° 27 del 11/07/2020

ROMA – ADISTA. Cresce in tutto il mondo, dal Brasile al Vietnam, dalla Germania alla Grecia passando per l’Italia, la campagna per l’assegnazione del Premio Nobel alle brigate mediche cubane del contingente Henry Reeve, di cui ha potuto fare esperienza anche il nostro Paese durante il suo periodo di quarantena. Intitolato al giovane statunitense che all’età di 19 anni aveva lasciato Brooklyn per unirsi alla causa della liberazione di Cuba, diventando un generale dell’esercito liberatore, il contingente, composto da 7.400 operatori sanitari volontari, è stato creato da Fidel Castro nel 2005, dopo il rifiuto degli Stati Uniti di accogliere 1.500 medici cubani che si erano offerti di soccorrere le vittime dell’uragano Katrina.

Da allora, dando seguito a una tradizione di solidarietà internazionale in ambito sanitario iniziata già nel 1960, quando una brigata medica venne inviata ad assistere le vittime del devastante terremoto cileno, il contingente ha prestato il suo aiuto in tutto il mondo, dovunque si sia registrata una catastrofe o un’emergenza sanitaria, come nel caso dell’epidemia di Ebola nel 2014-2015, quando 400 medici e infermieri operarono in condizioni proibitive in Sierra Leone, Guinea e Liberia.

È tuttavia in occasione dell’attuale pandemia che il contingente, impegnato dal primo maggio, con più di 1.450 membri del personale medico cubano, a combattere il Covid- 19 in una trentina di Paesi, si è fatto particolarmente conoscere e apprezzare, come esprime bene la lettera al Comitato per il Premio Nobel per la pace firmata da un altissimo numero di personalità (da Noam Chomsky a Adolfo Pérez Esquivel, da Ignacio Ramonet a Chico Buarque, da Joao Pablo Stédile a Frei Betto) e di organizzazioni. «In mezzo a questa pandemia mondiale senza precedenti nella storia moderna c’è un gruppo di un piccolo Paese che ha offerto speranza ed è stato motivo di ispirazione per persone di tutto il mondo», scrivono i firmatari, sollecitando il conferimento del Nobel al contingente di medici e infermieri per «la loro magnifica solidarietà» e la loro dedizione «nel salvare migliaia di vite ponendo a repentaglio la propria».

Una campagna, quella per il Nobel al contingente Henry Reeve, che si inscrive nell’iniziativa #CubaSalvaVidas, #CubaPorLaVida, come risposta indiretta al tentativo degli Stati Uniti di screditare la missione medica cubana e di premere sui governi di vari Paesi per indurli a non accettare l’aiuto delle brigate. E ciò malgrado, evidenzia la lettera, il sistema medico cubano, coordinato dal Ministero della Salute pubblica di Cuba, abbia inviato all’estero più operatori sanitari – oltre 600mila, in più di 164 Paesi – di tutta l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Ma Cuba, che, con la sua rete di 13 università di medicina, è uno dei Paesi al mondo con il più alto numero di medici rispetto alla popolazione, è un esempio anche per come ha affrontato – e praticamente già vinto – la battaglia contro il Covid all’interno dei confini nazionali.

Come ha evidenziato Helen Yaffe, docente di Storia economica e sociale presso l’università di Glasgow, in un articolo pubblicato sul sito di Counterpunch il 4 giugno, le autorità cubane hanno reagito prontamente alle informazioni sul nuovo virus provenienti dalla Cina, stabilendo già a gennaio una Commissione nazionale intersettoriale per il Covid e mettendo in atto il proprio Piano di azione per le epidemie. Così hanno cominciato a controllare porti, aeroporti, installazioni marittime, preparando gli agenti di frontiera e di immigrazione ed elaborando un programma di “prevenzione e controllo”.

Non sorprende allora come gli operatori sanitari del Paese, secondo quanto sottolinea la diplomatica cubana Josefina Vidal in un articolo pubblicato in Italia dal progetto CubainformAzione (www.cubainformazione.it), realizzino visite porta a porta per individuare persone con possibili sintomi, trasferendo quelle contagiate «in centri appositamente designati per ricevere cure, principalmente con farmaci sviluppati dall’industria farmaceutica e biotecnologica» dell’isola e naturalmente fornendo in maniera gratuita esami e trattamenti medici.

E tutto questo nel quadro di un embargo che, sotto l’amministrazione Trump, non ha fatto che inasprirsi, traducendosi, tra gennaio 2019 e marzo 2020, in 90 misure dirette a colpire i principali settori dell’economia cubana, comprese le transazioni finanziarie, l’industria turistica, il settore energetico e i programmi di cooperazione medica con altre nazioni, non senza la minaccia di sanzioni alle linee aeree e alle compagnie di navigazione per impedire a Cuba di ricevere risorse da altri Paesi.

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