Venezuela: la Rivoluzione resiste e avanza!

Fosco Giannini, direttore di “Cumpanis”, incontra il colonnello Irving Guilarte Figueroa, già ufficiale dell’Aeronautica militare del Venezuela, già direttore della Scuola di Intelligence del Sebin (Servizio Bolivariano di Intelligence) e attualmente funzionario della Sicurezza dello Stato venezuelano.

traduzione a cura di Nunzia Augeri

D. Caro compagno colonnello, vorrei iniziare con questa domanda che, credo, contenga in sé molte delle questioni che oggi caratterizzano la fase venezuelana e persino internazionale. Il 23 gennaio del 2019 un giovane venezuelano rampante e aggressivo, Juan Guaidó, si presenta su tutti i grandi media internazionali come il nuovo presidente ad interim del Venezuela, nel tentativo di rovesciare Maduro e spegnere la rivoluzione bolivariana. Per lunghi mesi le televisioni e i giornali dell’intero occidentale capitalistico rilanciano questa come una delle notizie centrali, nella speranza che davvero Guaidó possa vincere e scalzare Maduro. Poi, pian piano, Guaidó esce di scena, scompare. Che cosa è accaduto a Guaidó, cosa è accaduto a quel grande tentativo imperialista di abbattere la rivoluzione chavista?

R. Il 23 gennaio 2019 il deputato Juan Guaidó evocò un grande progetto controrivoluzionario che ebbe l’appoggio immediato degli Stati Uniti e di altri 54 paesi, suscitando speranza anche fra i venezuelani reazionari, ma il progetto si disintegrò nel giro di pochi mesi per effetto di due avvenimenti: il fatto del 23 febbraio 2019, quando si cercò di far passare a forza un aiuto umanitario, con un risultato disastroso e con la successiva scoperta di fatti di corruzione collegati a tale aiuto. Poi ci sono state le dichiarazioni di Humberto Calderón Berti, suo rappresentante a Bogotà, circa l’opacità nel maneggio dei fondi destinati all’aiuto. Subito dopo Calderón Berti abbandonò le sue funzioni di rappresentante, facendo sorgere un’opinione negativa sulla gestione dei fondi da parte di Guaidó. Più tardi, il 30 aprile 2019, si tentò di organizzare un colpo di Stato, che peraltro non ebbe seguito: fu un fatto mediatico, venne annunciato presso una pompa di benzina su un’autostrada, non ci fu alcuna azione militare e in poche ore tutto rientrò nella normalità. E questo fu il secondo fallimento. Le manifestazioni convocate da Juan Guaidó furono, perciò, sempre meno frequentate e il suo costante appello all’intervento degli Stati Uniti provocò lo scontento di gruppi importanti dell’opposizione, che ritenevano che la soluzione dovesse essere interna al Venezuela e non venire da fuori. D’altra parte, Guaidó aveva anche sottovalutato la capacità del chavismo in Venezuela, che continua ad essere una forza politica sempre pronta a scendere sul campo di battaglia. Tutto questo ha provocato una perdita di credibilità; il suo programma, “Fine dell’usurpazione, governo di transizione e libere elezioni”, non ha avuto neppure un inizio di attuazione. Malgrado tutto, Juan Guaidó continua a svolgere un ruolo importante nella politica venezuelana perché gode dell’appoggio degli Stati Uniti e di vari paesi.

D. I media dell’occidente capitalistico, compresi i media italiani, raccontano oggi di un Venezuela allo stremo delle forze, segnato dalla miseria di massa e da mille difficoltà sociali. Raccontano di un popolo venezuelano alla fame e, dunque, del “fallimento” della Rivoluzione. Qual è la verità?

R. La rivoluzione bolivariana non è per nulla fallita. Certo, in mille difficoltà finora non è riuscita a raggiungere tutti gli obiettivi che si era fissata. Alcuni mezzi di comunicazione nazionali e internazionali, negli ultimi vent’anni, si sono dedicati a demolire la rivoluzione. Vale la pena ricordare che nel 2002 venne tentato un colpo di stato e fu organizzato uno sciopero nel settore petrolifero; in entrambi i casi si poté notare come funzionava la manipolazione informativa: quei mezzi non avevano previsto che il comandante Chávez sarebbe stato liberato ad opera del popolo 48 ore dopo il colpo di stato e reinstallato al potere, smentendo le menzogne diffuse in tutto il mondo. La realtà del Venezuela è questa: si sono realizzati grandi sforzi per ridurre la povertà, come per esempio la “Misión Vivienda” che fino ad oggi ha consegnato 3.702.701 unità abitative a un ugual numero di famiglie povere su tutto il territorio nazionale. Siamo intervenuti sul sistema di alimentazione con i Comitati locali di approvvigionamento e produzione (CLAP), per fornire viveri a più di 4 milioni di famiglie. L’Instituto Nacional de Seguro Social ha assegnato pensioni di vecchiaia a più del 100% degli aventi diritto. Con la “Misión Barrio Adentro1” del 2003 si sono creati 6.576 ambulatori popolari che hanno esteso l’assistenza sanitaria. Nel 2005 il programma è stato ampliato con la “Misión Barrio Adentro 2”, creando centri diagnostici integrali (CDI) e centri di alta tecnologia attrezzati per ricoveri, operazioni chirurgiche, laboratori e gruppi di studio per la risonanza magnetica. Sui risultati di queste attività possiamo citare il messaggio del presidente Nicolás Maduro all’Assemblea nazionale costituente, nel gennaio del 2019: “Si sono salvate 1.700.072 vite, si sono effettuate un miliardo e 265 milioni di visite, 663 milioni di analisi mediche, 4 milioni 412 mila operazioni chirurgiche e applicate 20 milioni di vaccinazioni”. Sebbene siano stati compiuti grandi sforzi per migliorare la situazione delle famiglie più povere, è anche vero che non abbiamo fatto di più per tre ragioni fondamentali, due interne e una esterna. La prima riguarda l’inefficienza di alcuni funzionari pubblici: per ovviarvi il presidente Maduro ha lanciato il processo delle tre “R”: revisione, rettifica e reimpulso. La seconda ragione è la corruzione: ogni settimana le autorità dello Stato presentano ai mezzi di comunicazione i nuovi processi aperti per malversazione dei fondi pubblici, che attualmente investono vari funzionari di alto e medio livello. La terza ragione, quella esterna, consiste nelle misure coercitive unilaterali come le sanzioni economiche, il blocco, le restrizioni economiche che hanno avuto un impatto distruttivo sul benessere socioeconomico del popolo venezolano. Molti hanno deciso di cercare una situazione più favorevole in altri paesi, causando un grande movimento migratorio. Inoltre, le misure coercitive in questione hanno impattato gravemente sulle finanze pubbliche e hanno contribuito a mantenere una iperinflazione. Malgrado tutto ciò, il popolo venezuelano ha resistito con valore in questo stato quasi di guerra e non ha perso il coraggio di fronte alla difficoltà di mantenere un livello di vita minimo. Dobbiamo tutti ammirare questo popolo capace di alzarsi e non chinare la testa di fronte alle difficoltà, è un popolo coraggioso, come dice il primo verso del nostro inno nazionale: “Gloria al popolo valoroso!”

D. Qual è, oggi, il rapporto tra il potere rivoluzionario, tra il governo Maduro e il popolo venezuelano?

R. Esiste una relazione molto solida. Il legame fra il presidente Maduro e il suo popolo si fonda su tre pilastri: 1) attraverso i comuni, con un legame stretto fra il governo centrale e i consigli comunali, i comuni e i movimenti sociali; 2) l’unione civico-militare. La nuova strategia di sicurezza e difesa della nazione stabilita con la rivoluzione bolivariana ha cambiato il vecchio pregiudizio per cui quella fosse materia riservata ai militari. Attualmente si ritiene che della difesa e della sovranità sono corresponsabili i militari e il popolo; esiste, pertanto, un’articolazione fra gli ordini impartiti dal comandante in capo della Forza Armata Nazionale Bolivariana, il presidente Nicolás Maduro, con i comandanti di tutte le regioni strategiche di difesa integrale, e il popolo che vive in quelle regioni; 3) le Unità di combattimento Hugo Chávez, che dipendono dal Partito socialista unito del Venezuela e che sono state fondate per difendere la rivoluzione. Svolgono il compito di comunicazione delle direttive di governo, stabiliscono un vincolo fra il governo e le comunità, partecipano ai governi locali di quartiere; 4) il Sistema Patria. È una struttura digitale di comunicazione fra il governo e il popolo, con cui si realizzano inchieste fra la popolazione per conoscere lo stato di alimentazione, salute e servizi. Il Sistema Patria, diretto a tutta la popolazione indipendentemente dalle convinzioni politiche, ha costituito uno strumento straordinario per scoprire i casi di Covid 19, permettendo di rintracciare casi sospetti che sono stati poi esaminati direttamente mediante visite mediche nelle case dove si erano presentati. L’ultima inchiesta diffusa nel maggio del 2020 ha avuto risposta da 19.258.084 cittadini.

D. Qual è, invece, il rapporto tra il potere rivoluzionario e l’esercito venezuelano, oggi? Sappiamo come l’esercito del Venezuela abbia sempre sorretto la Rivoluzione, tuttavia i media dell’occidente capitalistico parlano oggi di “contraddizioni” all’interno dell’esercito, insinuando che parte della Forza Armata sia stata con Guaidó e oggi sia ostile a Maduro. Tutto ciò è vero o siamo nel campo della propaganda imperialista?

R. La Forza Armata Nazionale Bolivariana appoggia il presidente Nicolás Maduro e il governo legittimamente costituito. Non si può negare che ci siano state dissidenze, insubordinazioni e diserzioni, ma questi episodi non determinano una mancanza di lealtà dei militari verso le leggi della Repubblica. Durante la mia esperienza trentennale nell’esercito ho avuto modo di osservare anch’io manifestazioni di indisciplina: alcuni non erano d’accordo con il governo legalmente costituito, altri avevano simpatie per i partiti di opposizione, altri non si schieravano con alcun partito politico. Anche ora non si può escludere l’ipotesi che alcuni militari siano stati attratti dal messaggio politico di Juan Guaidó, poiché anche l’esercito è una formazione viva, non statica, non priva di contraddizioni. Ma ciò che occorre affermare, senza ombra di dubbio, è che le Forze Armate venezuelane sono a fianco e appoggiano la Rivoluzione.

D. Qual è, invece, la forza che rimane alla borghesia venezuelana, al grande capitale venezuelano e quale ruolo giocano oggi le forze borghesi e capitalistiche contro la Rivoluzione?

R.  Nel XX secolo, fino al 1930, in Venezuela i grandi capitali si muovevano fra il governo di turno e le imprese petrolifere straniere mediante concessioni date dallo Stato venezuelano; secondo le tesi di alcuni economisti, fu allora che nacque il Venezuela della rendita. Esisteva l’impresa privata che partecipava all’attività economica nei settori dell’edilizia, dell’energia elettrica, dell’alimentazione e delle comunicazioni. Ma le maggiori entrate in divisa straniera derivavano dall’esportazione di petrolio grezzo. Negli anni Settanta il governo decreta la nazionalizzazione del petrolio e del ferro, che costituivano allora le principali industrie del paese. Il capitale privato partecipava all’economia venezuelana, ma in una percentuale minore rispetto allo Stato. Oggi, nell’anno 2020, questo schema economico si mantiene ancora nella gestione dello Stato venezuelano. L’industria del petrolio, la metallurgia di base, il controllo dello sfruttamento minerario, la produzione e distribuzione dell’energia elettrica sono ancora le voci principali. Oggi, l’impresa privata occupa un posto importante anche nell’industria automobilistica, nella produzione alimentare, nei mezzi di comunicazione, nelle banche, nella Borsa, ecc. Le sanzioni economiche imposte dagli USA hanno penalizzato sia le imprese statali che quelle private, molte hanno dovuto chiudere per mancanza di entrate e di investimenti e per diminuzione della domanda dei loro prodotti. In questo senso, in una correlazione di forze, lo Stato venezuelano ha una maggiore capacità di manovra per affrontare una crisi.

D. Potresti dirci, dire al movimento operaio italiano e al grande pubblico, quali sono le conquiste più importanti ottenute sino ad oggi dalla Rivoluzione? E su quali progetti rivoluzionari si sta lavorando?

R. Il primo successo della rivoluzione bolivariana è stata la vittoria nel referendum sulla nuova Costituzione nazionale della Repubblica bolivariana del Venezuela nel 1998, che fra le sue novità prevede il riconoscimento costituzionale dei diritti dei popoli indigeni e la loro partecipazione all’Assemblea nazionale. Poi, il riconoscimento dell’istruzione come diritto fondamentale, con un incremento delle iscrizioni a livello scolastico primario, secondario e universitario, che ha portato all’accesso di dieci milioni di studenti al sistema educativo nazionale. Anche la casa è diventata un diritto universale, oltre ai 3.702.701 di abitazioni già consegnate, abbiamo il progetto di costruirne altri 5 milioni entro questo decennio. Si è dato impulso alla previdenza sociale, di cui godono oggi 19.258.084 persone. È stata incoraggiata la partecipazione politica dei cittadini attraverso i consigli comunali, per avanzare proposte e gestire soluzioni nelle comunità di residenza. Si è realizzato il Processo di quantificazione e certificazione, chiamato “progetto grande riserva”, nella zona petrolifera dell’Orinoco Hugo Chávez, che ha permesso la partecipazione di società straniere allo sfruttamento della maggior riserva petrolifera del mondo. È stato adottato il nuovo modello militare venezuelano, che prevede la corresponsabilità dei militari e del popolo per la sicurezza della nazione, cioè l’unione civico-militare.

D. Ci ha sempre colpiti, da questa nostra parte del mondo, il progetto venezuelano/chavista volto alla costruzione di un potere rivoluzionario dal basso: i circoli bolivariani. Che cos’è questa forma rivoluzionaria popolare? E a che punto è la sua costruzione?

R.  I Circoli bolivariani furono la prima manifestazione di movimento sociale creati dal presidente Hugo Chávez Frías appena diventato presidente del Venezuela. Si aprirono in primo luogo per studiare la Costituzione, poi sono diventati la forza per mobilitare il popolo contro gli attacchi portati alla rivoluzione bolivariana; la loro capacità di mobilitazione è stata dimostrata dall’11 al 14 di aprile, quando si riprese il filo costituzionale e Chávez tornò al potere. In quei giorni servirono anche a organizzare la pressione popolare per allontanare da Palazzo Miraflores i golpisti che volevano instaurare una dittatura. I Circoli coprono tutto il paese, oggi sono attivi e lavorano con le comunità, molti dei loro rappresentanti hanno la carica di sindaco o consigliere comunale e alcuni rappresentano il proprio territorio all’Assemblea nazionale. Lavorano per la formazione di quadri, appoggiano le comunità per la soluzione dei problemi che si presentano, curano i processi di protezione sociale del popolo e stabiliscono vincoli di solidarietà con organizzazioni affini di altri paesi.

D. In tanta parte dell’America Latina, dopo le grandi rivoluzioni degli ultimi 15 anni, è tornata la violenza golpista e controrivoluzionaria del grande capitale e della borghesia nera, guidata dagli USA. Che ne pensi di questo ritorno del golpismo imperialista in America Latina? Ce la faranno i popoli e le forze della sinistra antimperialista a rispondere?

R.  Le azioni per disturbare l’attività dei governi progressisti o di sinistra non sono mai cessate, il caso più patetico è quello di Cuba. Nel resto d’America Latina il processo di cospirazione si svolge normalmente in due tappe, una passiva di vigilanza, e poi quella esecutiva e violenta. I casi più recenti sono i seguenti: nel 2002 colpo di stato in Venezuela, il presidente Hugo Chávez viene sequestrato e al suo posto si insedia un imprenditore, ma il popolo si solleva in difesa della democrazia e Hugo Chávez torna al potere. Nel 2008 la crisi politica in Bolivia, con scontri interni di disobbedienza civile contro il governo del presidente Evo Morales. Nel 2009 colpo di stato in Honduras, dove il presidente Manuel Zelaya venne esiliato mentre svolgeva legittimamente il suo mandato. Nel 2010 la crisi politica in Ecuador in seguito a una protesta della polizia nazionale, che il presidente Rafael Correa – sequestrato da alcuni elementi della polizia – considerò come un tentativo di colpo di stato. Altre forme di intervento sono gli attacchi parlamentari, come il caso di Fernando Lugo in Paraguay nel 2012 e la destituzione di Dilma Rousseff nel 2016. Nel 2019 si consolida il colpo di stato in Bolivia, dove dopo le elezioni l’alto comando militare raccomandò al presidente Evo Morales di dimettersi, cosicché egli dovette abbandonare rapidamente il paese pur essendone ancora il presidente. Negli anni 2019 e 2020 i popoli latinoamericani si sono organizzati e hanno protestato in tutto il continente, specialmente in Colombia, Ecuador, Perù e Cile, mentre in altri paesi della regione si sono svolte manifestazioni di intensità minore. Queste recenti manifestazioni di massa nelle strade, portate avanti da diversi gruppi popolari e indigeni, ci mostrano come si sviluppa e si articola l’azione dei popoli contro l’ingiustizia sociale e per contrastare le pretese dei movimenti ultraconservatori, che vogliono attentare alla sovranità delle rispettive patrie. In un prossimo futuro questi movimenti popolari avranno sicuramente la forza di opporsi a dittature o governi imposti con la violenza.

D. Il coronavirus ha prodotto morte e dolore in tanta parte dell’America, dagli USA all’Equador, mettendo a fuoco le gravi contraddizioni dei sistemi sanitari in mano ai privati, ai gruppi capitalistici. Cosa è accaduto in Venezuela e a Cuba?

R. Il controllo centralizzato del sistema sanitario e la facilità di accesso alle cure mediche hanno permesso di governare la pandemia, con cifre moderate di contagi e di morti, e con indici inferiori a quelli di altri paesi che contano di buone risorse e adeguati sistemi sanitari. Un’altra ragione che ha permesso di controllare la diffusione del virus, sia a Cuba che in Venezuela e in altri paesi latinoamericani, è che sono state applicate tempestivamente le misure di isolamento sociale e quarantena, dando priorità alla vita dei cittadini contro le preoccupazioni degli imprenditori.

D. La linea editoriale della rivista internazionalista e antimperialista che dirigo, “Cumpanis”, sostiene che oggi, nel contesto internazionale e in relazione alla nuova aggressività politica, economica e militare dell’imperialismo USA e della NATO, la Repubblica Popolare Cinese svolga un grande e positivo ruolo –attraverso il suo grande sviluppo economico e la sua visione politica delle dinamiche mondiali – nell’opposizione al dominio imperialista. La stessa Nuova Via della Seta, ci appare, con la sua natura economica “win-win”, come una grande alternativa di pace ai progetti di guerra portati avanti dall’imperialismo USA e dalla NATO. Qual è il tuo pensiero, rispetto a ciò? Qual è il rapporto, oggi, tra la Rivoluzione venezuelana e la Repubblica Popolare Cinese e con il Partito Comunista Cinese?

R. Le relazioni fra la Cina e il Venezuela sono iniziate nell’anno 1974, e recentemente si sono celebrati i 46 anni dei rapporti diplomatici. Quando il comandante Hugo Chávez divenne presidente del paese, prese la decisione di consolidare una relazione strategica che andasse oltre gli affari commerciali, assumendo una visione multipolare e multicentrica di cui la Cina era un centro importante. Se si vuole fare un bilancio delle relazioni, si può segnalare che sono stati firmati 490 accordi e si sono creati 790 progetti, che includono addestramento e scambio di tecnologie, cooperazione nella produzione agropecuaria, sviluppo per la costruzione di abitazioni e per la viabilità pubblica, partecipazione nello sfruttamento minerario e petrolifero, il tutto entro il quadro della “Associazione strategica per lo sviluppo condiviso”. Le relazioni fra la Cina e il Venezuela includono scambi politici, che si concretizzano fra l’altro con lo stretto rapporto che intercorre fra il Partito comunista cinese e il Partito socialista unito del Venezuela (PSUV); una delle iniziative realizzate è stata la visita di una delegazione del PSUV, presieduta da Diosdado Cabello nell’ottobre del 2019, poi una delegazione del PCC ha visitato il Venezuela nel gennaio del 2020. Vale la pena sottolineare che il PCC, nel quadro della solidarietà con il Venezuela, ha inviato al PSUV una donazione di materiale medico per potenziare la lotta contro il Covid 19.

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