La giudizializzazione di Álvaro Uribe

 L’inizio di una nuova narcoguerra in Colombia?

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In Colombia, una decisione unanime della Corte Suprema di Giustizia ha posto agli arresti domiciliari il senatore ed ex presidente Álvaro Uribe Vélez, atto questo che rappresenta una pietra miliare nella storia contemporanea della Colombia ed un fatto di scalpore internazionale.

Uribe, che ha più di 200 processi penali contro di lui per un lungo elenco di crimini, è accusato di atti di corruzione e frode processuale nel caso di “falsi testimoni” contro il congressista Iván Cepeda; processo giudiziario che ha portato Uribe ad una dichiarazione dinanzi a questa Corte, nel 2018.

Il caso per il quale è processato

Ricordiamo che Uribe ha accusato il senatore Iván Cepeda, nel 2012, davanti al massimo tribunale della Colombia di creare falsi testimoni contro di lui. Questa istanza giudiziaria è incaricata da giudicare nei parlamentari nel paese vicino.

Tuttavia, la Corte non ha trovato elementi contro Cepeda, ma contro Uribe, che, paradossalmente, quindi ha fabbricato testimonianze su Cepeda ed, inoltre, ha corrotto ex paramilitari processati dalla giustizia (Pablo Hernann Sierra alias “Alberto Guerrero”, Juan Guillermo Monsalve, Carlos Enrique Vélez alias “Víctor” e Eurídice Cortés alias “Diana”) per proteggere se stesso e suo fratello Santiago, un altro criminale.

Iván Cepeda, parlamentare del Polo Democratico, indaganva su Álvaro e Santiago Uribe per i fatti dell’Hacienda Guacharacas, in Antioquia, proprietà di entrambi i fratelli e che sarebbe l’epicentro del Blocco Metro delle Unità di Autodifesa della Colombia; essendo i fratelli Uribe comandanti di questo blocco paramilitare, all’epoca del governo di Álvaro Uribe ad Antioquia, negli anni ’90.

La Corte ha invitato Uribe a comparire, nel 2018, per la manipolazione dei testimoni e quindi, via Twitter, ha annunciato le sue dimissioni dalla posizione di senatore, proprio per evitare di essere perseguito dal massimo tribunale incaricato di processare i parlamentari.

Tuttavia, due anni dopo, e con un processo che sembrava amministrativamente congelato, la Corte ordina la detenzione di Uribe al suo domicilio e sarà processato in tale condizione fino a quando non avverrà un giudizio definitivo.

Ascesa ed eredità criminale

Il curriculum storico di Álvaro Uribe potrebbe considerarsi mostruoso. I genocidi dell’11 giugno 1996 a La Granja e del 22 ottobre 1997 a El Aro durante il suo mandato come governatore di Antioquia e come capo paramilitare sono un punto critico in quella che sarebbe poi stata una lunga carriera nel suo inserimento nella vita politica colombiana sino ai massimi livelli.

L’ascesa avvenne nei cruenti anni ’90, l’auge del paramilitarismo e del narcotraffico, l’intensificazione della guerra contro le guerriglie fu il contesto in cui le vecchie oligarchie perdevano il controllo del territorio ed, in modo crescente, la facoltà dello stato colombiano nel reggere l’istituzionalità ed il paese.

La guerra in Colombia deve osare un drastico giro e tale lavoro fu delegato a tutti gli elementi soggiacenti nelle strutture criminali costruite all’ombra del narcotraffico. Il paese profondo era nelle mani di capataz armati tanto paramilitari che guerriglieri, e poi arrivati ​​arrivati ​​uomini come il ” Matarife ” (macellaio). Uomini con un piede nelle istituzioni e l’altro nel fango della cocaina e del sangue.

Uribe consolidò la sua ascesa sino alla presidenza della Colombia come parte di una nuova ala del narco-paramilitarismo. Un’ala ascendente del potere in Colombia che si separava dalle oligarchie familiari di origine e che rappresenta tutti i sensi comuni degli aspiranti e delle nuove élite emergenti, costruite dagli auspici del narcotraffico, dal riciclaggio di capitali, dal contrabbando e dai traffici illeciti di confine e da una Colombia che non era tanto raffinata come la zona ricche di Bogotà.

Quello che fu il passaggio di Pablo Escobar per la politica colombiana conquistando uno scranno come senatore, sarebbe stato perfezionato da Uribe fino a raggiungere la presidenza e persino nel formare un settore politico fatto su misura attraverso il partito Centro Democratico.

L’uribismo ha persino ottenuto nuovamente il seggio della presidenza tramite Iván Duque, ma è il denominatore di ciò che è una struttura molto più profonda.

Le forme di cooptazione politica del narcotraffico hanno una presentazione chiaramente strutturate nel metabolismo dello stato colombiano e dei suoi poteri.

Non è Uribe, non è Duque; è il tutto. È la vecchia e la nuova classe. È inclusa la struttura.

La lotta dietro le quinte e cosa può scatenare

Uribe, l’uomo de “las chuzadas” (le intercettazioni illegali del DAS), lo stesso dell’omicidio del leader sociale Jesús María Valle, l’uomo dei “falsi positivi” e della violazione sistematica più cruenta dei diritti umani in Colombia, è un nome ripetuto nella storia del suo paese negli ultimi 20 anni per essere onnipresente dietro ogni piccolo o grande fatto di sangue e turbamento.

A metà degli anni ’90, il gruppo musicale basco-francese Mano Negra registra a Bogotà il video della canzone “Señor Matanza”, con Manu Chao a capo, riferendosi ad uno oscuro uomo senza volto, una struttura criminale occulta e silenziosa.

Per i colombiani negli ultimi decenni, quella faccia è resa visibile e con un nome nei manifesti della campagna elettorale, dividendo la Colombia tra approvare o criticare i suoi metodi, ma questo sì, con quasi tutta la società che li dà come certi.

Ciò ha portato Uribe a scontrarsi non solo con il Partito Liberale ed i suoi derivati ​​di sinistra, ma anche contro il Partito Conservatore, dove ha raccolto alleanze e conflitti, tra cui Juan Manuel Santos.

Una struttura di potere emergente ha messo in discussione la vecchia classe, e questo è conosciuto nella politica colombiana come una lotta tra élite e una lotta politica aperta, che sembra una semplice disputa tra le parti. Ma è molto più di questo.

Il fatto che Uribe sia processato per aver corrotto testimoni per affondare Cepeda è un grande segnale che la giustizia colombiana, sebbene operi bene in questo caso, sta anche sul punto di inghiottire il leader paramilitare per ragioni che dobbiamo considerare fuori dalla scena. penale.

In altre parole: nonostante le schiaccianti dimostrino che esistono di crimini contro l’umanità, omicidi e vincoli certificano il presidente con fattori del narco-paramilitarismo, Uribe è processato per un cavillo legale che, nonostante sia abbastanza grave, fa sentire la situazione identica a quella di Al Capone che viene processato per evasione fiscale.

È assolutamente incluso l’unanimità nella decisione della Corte Suprema colombiana come chiaramente concordata dall’élite conservatrice, per finalmente farla finita con Uribe ed il potere ed i settori che includevano.

Vale a dire che la manipolazione dei testimoni che questo ex capo paramilitare richiedeva commesso non sarebbe solo per segnalazione Uribe potrebbe entrare in una spirale giudiziaria.

Forse la giudizializzazione della politica (lawfare), Fenomeno sempre più in Aumento in America Latina, si stia facendo grande spazio in Colombia in un processo di guerra aperta di una narco-élite contro l’altra.

Per questi settori non esiste più una zona di distensione. L’istituto giudiziario, che era servito a delineare lo scontro era solo tra i partiti ed i media, è stato ora usato strumentalmente sul massimo capo della parte emergente.

In questa pietra miliare si evidenzia la probabile benedizione della DEA e delle autorità USA sui fatti in Colombia. Sono in gendarmi di entrambi i narco-stati, che hanno avuto in Uribe un vassallo per le operazioni contro il Venezuela ed il consolidamento dell’impalcatura militare USA in Colombia.

Potremmo dichiarare l’inutilità di Uribe e voltar pagina. Potremmo rimuovere il gioco per facilitare un consiglio.

Questa trama non lascia spazio all’ingenuità. Detto in questo modo, è altamente probabile che l’uribismo contrattacchi impiegando l’esecutivo sotto il suo controllo (governo di Iván Duque), scatenando così un episodio di conflitto di poteri che potrebbe lasciare la giudizializzazione politica e l’istituzionalità peruviana come dilettanti, data l’entità della Colombia, per le dimensioni delle sue istituzioni, e persino per le ingenti risorse del narco che sono in discussione.

Questo potrebbe essere un conflitto colossale.

Potrebbe anche risvegliare i non così vecchi ma sì perenni fantasmi dei grandi assassini politici e del terrorismo tra narcos e paramilitari”.

Gli eventi in Colombia continuano ad essere interessanti per la loro grandezza e devono essere osservati in una dimensione fatta su misura.

La perplessità di questa azione contro Uribe non deve intendersi come la fine di un ciclo, ma piuttosto come l’apice in questa fase della disputa sulla Colombia, che si preannuncia piena di contraddizioni e incroci.


La judización de Álvaro Uribe: ¿El inicio de una nuova narcoguerra en Colombia?

 

En Colombia, una decisión unánime de la Corte Suprema deJusticia ha puesto en arresto domiciliario al senador y ex presidente Álvaro Uribe Vélez, siendo este acto un hito en la historia contemporánea de Colombia y un hecho de revuelo internacional.

Uribe, quien tiene más de 200 procesos penales en su contra por una larga lista de delitos, es señalado por actos de soborno y fraude procesal en el caso de “falsos testigos” contra el congresista Iván Cepeda, proceso judicial que le valió a Uribe una declaración ante esta Corte en 2018.

El caso por el cual es procesado

Recordemos que Uribe acusó al senador Iván Cepeda en el año 2012 ante el máximo tribunal de Colombia de crear falsos testimonios en su contra. Esta instancia judicial es la encargada de juzgar a los parlamentarios en el vecino país.

Sin embargo, la Corte no halló elementos contra Cepeda pero sí contra Uribe, quien paradójicamente sí habría fabricado testimonios sobre Cepeda y, además de ello, habría sobornado a ex paramilitares procesados por la justicia (Pablo Hernann Sierra alias “Alberto Guerrero”, Juan Guillermo Monsalve, Carlos Enrique Vélez alias “Víctor” y Eurídice Cortés alias “Diana”) para protegerse a sí mismo y a su hermano Santiago, otro criminal.

Iván Cepeda, parlamentario por el Polo Democrático, investigaba a Álvaro y Santiago Uribe por los hechos de la Hacienda Guacharacas, en Antioquia, propiedad de ambos hermanos y que sería el epicentro del Bloque Metro de las Autodefensas Unidas de Colombia, siendo los hermanos Uribe comandantes de este bloque paramilitar, en tiempos de la gobernación de Álvaro Uribe en Antioquia en los años 90.

La Corte llamó a comparecer a Uribe en 2018 por la manipulación de testigos y por ello, vía Twitter, anunció su renuncia al cargo de senador, precisamente para evitar ser procesado por el máximo tribunal encargado de procesar a los parlamentarios.

Sin embargo, dos años después, y con un proceso que parecía administrativamente congelado, la Corte ordena el aseguramiento de Uribe en su domicilio y será procesado en esa condición hasta que tenga lugar una sentencia firme.

Ascenso y legado criminal

El historial de Álvaro Uribe podría considerarse monstruoso. Los genocidios del 11 de junio de 1996 en La Granja y del 22 de octubre de 1997 en El Aro durante su mandato como gobernador de Antioquia y como jefe paramilitar son un punto crítico en la que sería luego una larga carrera en su inserción en la vida política de Colombia hasta los niveles más altos.

El ascenso ocurrió en los cruentos años 90, el auge del paramilitarismo y el narcotráfico y el recrudecimiento de la guerra contra las guerrillas fue el contexto en el que las viejas oligarquías perdían el control del territorio, y de manera ascendente, la facultad del estado colombiano en regir la institucionalidad y el país.

La guerra en Colombia tenía que dar un giro drástico y tal labor quedó delegada en todos los elementos subyacentes en las estructuras criminales construidas en la sombra del narcotráfico. El país profundo estaba en manos de capataces armados tanto paramilitares como guerrilleros, y vendrían luego hombres como el “Matarife”. Hombres con un pie en la institucionalidad y otro en el lodo de la cocaína y la sangre.

Uribe consolidó su ascenso hasta la presidencia de Colombia siendo parte de un nuevo ala del narcoparamilitarismo. Un ala ascendente del poder en Colombia que se deslindaba de las oligarquías familiares de origen y que representa todos los sentidos comunes de los aspirantes y nuevas élites emergentes, construidas por los auspicios del narcotráfico, por el lavado de capitales, por el contrabando e ilícitos fronterizos y por una Colombia que no era tan refinada como las zonas acomodadas de Bogotá.

Lo que fue el paso de Pablo Escobar por la política de Colombia ganando un escaño como Senador, sería perfeccionado por Uribe hasta alcanzar la presidencia e incluso para formar un sector político hecho a medida mediante el partido Centro Democrático.

El uribismo ha alcanzado incluso el sitial de la presidencia nuevamente mediante Iván Duque, pero es el denominador de lo que es una estructura mucho más profunda.

Las formas de cooptación política del narcotráfico tienen presentaciones claramente estructuradas en el metabolismo del estado colombiano y sus poderes.

No es Uribe, no es Duque; es el todo. Es la vieja y la nueva clase. Es la estructura toda.

La pugna tras bastidores y lo que puede desencadenar

Uribe, el hombre de “las chuzadas” (las intercepciones ilegales del DAS), el mismo del asesinato del líder social Jesús María Valle, el hombre de los “falsos positivos” y de la violación sistemática más cruenta de los derechos humanos en Colombia, es un nombre repetido en la historia de su país en los últimos 20 años por ser omnipresente detrás de cada pequeño o gran hecho de sangre y conmoción.

A mediados de los 90, el grupo musical Vasco-Francés Mano Negra grababa en Bogotá el video de la canción “Señor Matanza”, con Manu Chao al frente, refiriendo a un oscuro hombre sin rostro, una estructura criminal oculta y silente.

Para los colombianos en las últimas décadas, ese rostro se hizo visible y con nombre en afiches de campaña electoral, dividiendo a Colombia entre aprobar o criticar sus métodos, pero eso sí, con casi toda la sociedad dándolos como ciertos.

Ello le valió a Uribe enfrentarse no solo contra el Partido Liberal y sus derivados de izquierda, sino también contra el Partido Conservador, donde cosechó alianzas y luego enemigos, entre ellos Juan Manuel Santos.

Una estructura de poder emergente puso en entredicho a la vieja clase y esto se ha conocido en la política de Colombia como una lucha entre élites y una pugna política abierta, que parece una simple disputa entre partidos. Pero es mucho más que eso.

El hecho de que Uribe sea procesado por sobornar testigos para hundir a Cepeda es una gran señal de que la justicia de Colombia, aunque obra bien en este caso, está también a punto de engullir al líder paramilitar por razones que debemos considerar fuera de la escena penal.

Dicho de otra manera: pese a las contundentes pruebas que existen de crímenes de lesa humanidad, asesinatos y vínculos exactos del ex mandatario con factores del narcoparamilitarismo, Uribe es procesado por una leguleyería, que aunque es bastante grave, hace ver la situación idéntica a la de Al Capone siendo juzgado por evasión de impuestos.

Es indispensable entender la unanimidad en la decisión de la Corte Suprema de Colombia como claramente concertada por la élite conservadora, para finalmente dar al traste con Uribe y el poder y sectores que representa.

Vale decir que la manipulación de testigos que habría cometido este ex jefe paramilitar no sería solo para señalar a Cepeda, sino para encubrir su nombre en crímenes de hace más de 20 años, lo cual implica que el resultado de este juicio podría desencadenar nuevos cargos y Uribe podría estar entrando en una espiral judicial.

Tal vez la judicialización de la política (lawfare), fenómeno cada vez más en alza en América Latina, esté haciéndose un gran lugar en Colombia en un proceso de guerra abierta de una narco-elite contra la otra.

Para estos sectores, ya no hay zona de distensión. La institucionalidad judicial, que había servido para delinear que el enfrentamiento estaba solo entre los partidos y medios de comunicación, ha sido ahora empleada instrumentalmente sobre el máximo líder del bando emergente.

En este hito queda al relieve la probable bendición de la DEA y las autoridades estadounidenses sobre los hechos en Colombia. Son los gendarmes de ambos narco-estados, quienes han tenido en Uribe a un vasallo para las operaciones contra Venezuela y la consolidación del andamiaje militar estadounidense en Colombia.

Podrían estar declarando la inutilidad de Uribe y dándole vuelta de hoja. Podrían estar sacándolo del juego para facilitar un reacomodo.

Esta trama no da espacio para ingenuidades. Dicho así, es altamente probable que el uribismo contraataque empleando al ejecutivo bajo su control (gobierno de Iván Duque), pudiendo desatar con ello un episodio de conflicto de poderes que podría dejar a la judicializada política e institucionalidad peruana como unos amateurs, por la magnitud de Colombia, por el tamaño de sus instituciones, e incluso por los ingentes recursos del narco que están en disputa.

Este podría ser un conflicto colosal.

Podría incluso despertar a los no tan viejos pero sí perennes fantasmas de los grandes asesinatos políticos y terrorismo que conmocionaron a ese país en los años 80 y 90, solo que aquellos que fueron en el marco de “la guerra contra el narco” serían reeditados hoy en una “guerra entre narcos y paramilitares”.

Gli eventi in Colombia sono seguiti da importanti per magnitudo e fieno osservando in una dimensione alla media.

La perplejidad de esta acción contra Uribe no debe entenderse entonces como el fin de un ciclo, sino como la cúspide en esta etapa de la disputa por Colombia, que promete estar llena de contradicciones y encrucijadas.

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