Colombia, Uribe inciampa nella legge

di Geraldina Colotti

La notizia era nell’aria e ha fatto scalpore: in Colombia, la Corte Suprema di Giustizia ha ordinato gli arresti domiciliari per l’ex presidente Alvaro Uribe, accusato di frode e corruzione di testimoni. Nell’ordinanza di custodia cautelare, poi trasformata in detenzione domiciliare, si adduce il pericolo che l’ex presidente possa inquinare le prove del processo che lo vede coinvolto e che dovrebbe concludersi massimo entro un anno. Una misura senza precedenti che il potente Uribe, padrino dell’attuale governante Ivan Duque ha immediatamente contestato, unendosi al coro di protesta dei suoi sostenitori.

Ma anche il campo opposto, animato da quanti hanno cercato di portarlo a processo per decine di delitti, principalmente relativi a violazioni dei diritti umani contro l’opposizione armata nel corso degli anni 1990, è sceso in strada festeggiare.

Molti anche i fascicoli aperti contro Uribe riguardo ai suoi rapporti col narcotraffico, in particolare con il Cartello di Medellin, quand’era direttore dell’Aeronautica civile e sindaco di Medellin.

I procedimenti contro di lui sono una sessantina e vanno dall’omicidio al voto di scambio. I fascicoli all’esame della Corte suprema sono 14, mentre altre 45 denunce sono state presentate alla Commissione di Inchiesta della Camera. Nella sua lunga vita politica, Uribe è stato accusato anche di complicità con il narco-trafficante Pablo Escobar, e di aver partecipato al massacro di El Aro, dove morirono 15 contadini. Il paramilitare che accusò Uribe di essere il mandante degli omicidi, compiuto dalle squadre di autodifesa, è stato assassinato. E così si sospetta sia finito l’ex amico di Uribe Pedro Juan Moreno, morto in un incidente aereo.

Il sessantottenne ex presidente, nativo di Medellin, ancora molto potente e popolare, è sempre riuscito a farla franca, ma questa volta sembra esser scivolato sulla classica buccia di banana: il diavolo, come si dice, si annida nei dettagli.

La vicenda ha avuto inizio nel 2014 quando il senatore della sinistra Ivan Cepeda, del partito Polo Democratico Alternativo, durante un dibattito al Congresso ha accusato Uribe di essere colluso con paramilitari e narcotrafficanti.  La denuncia si basava sulle dichiarazioni di alcuni ex paramilitari che dimostravano come Uribe, insieme a suo fratello Santiago, avesse fondato un braccio delle Autodefensas Unidad de Colombia (AUC), denominato Bloque Metro.

Una banda armata che, per decenni ha costruito i cosiddetti “falsi positivi” con i quali si uccidevano cittadini comuni, oppositori o mendicanti e li si faceva passare per guerriglieri. Durante i suoi governi (2002-2006 e 2006-2010) si contano 5.763 vittime civili.  Questo per giustificare la guerra sporca contro l’opposizione, una guerra lautamente finanziata dagli Stati Uniti con il pretesto della “lotta al terrorismo e al narcotraffico” promossa nel programma di governo “Sicurezza democratica”.

Un tema forte di campagna elettorale per Uribe, che aveva vinto le elezioni del 2002 promettendo di ridurre la spesa pubblica e di farla finita con la guerriglia. Il fratello Santiago, in carcere, sta affrontando un processo per la creazione di un altro gruppo paramilitare, quello dei Dodici Apostoli.

Gruppi che, dopo lo scioglimento ufficiale delle AUC stanno operando nel medesimo modo ma mimetizzati dietro altre funzioni, come quelle di contractor delle imprese private dalla sicurezza che accompagnano le multinazionali nello sfruttamento selvaggio dei territori. Dalla firma degli “accordi di pace”, che avrebbero dovuto portare a una soluzione politica del conflitto armato in Colombia, sono oltre 250 gli indigeni uccisi, 210 gli ex combattenti presi a bersaglio, e la Colombia ha il triste primato degli ambientalisti ammazzati.

Nonostante le uccisioni di ex guerriglieri, contadini o ambientalisti siano quasi quotidiane (oltre 100 nel 2020), per banalizzarne la natura politica, Uribe ha coniato una nuova definizione: BACRIM, che sta per Bande Emergenti e Bande Criminali. Un terreno che, secondo le innumerevoli denunce, l’avvocato e imprenditore, leader del Centro Democratico, conosce bene.

Quando Cepeda ha motivato la propria denucia davanti al Senato, Uribe lo ha accusato di aver subornato gli ex paramilitari in carcere affinché lo accusassero. Dopo alcuni anni di indagine, nel 2018, la Corte Suprema di Giustizia ha assolto Cepeda e ha invece aperto un procedimento contro l’ex presidente per corruzione di testimoni attraverso uno dei suoi avvocati, Diego Cadena.

Centrale la figura di Juan Guillermo Monsalve, uno dei 42 testimoni coinvolti nel caso, che sta scontando una condanna a 40 anni di carcere in quanto ex appartenente al Bloque Metro delle AUC. Monsalve, che aveva supportato la denuncia di Cepeda, ha dichiarato che, in una tenuta in Antioquia, di proprietà della famiglia di Uribe, si sono organizzati due dei massacri commessi dai paramilitari. Il testimone ha poi cercato di ritrattare, confessando però di aver ricevuto pressioni, al pari di altri detenuti.

Il dato apparentemente casuale attraverso cui si è arrivati a bloccare momentaneamente Uribe, riguarderebbe l’incrocio con un’altra inchiesta condotta dalla polizia giudiziaria che, dopo ore di intercettazioni telefoniche, avrebbe scoperto che una delle linee sotto controllo rimandava a Uribe. Per questo, i suoi avvocati hanno cercato di impedire che fossero addotte come prove, ma finora senza esito. Nell’ordinanza di arresto domiciliare, la Corte Suprema di Giustizia sostiene di avere “solide prove testimoniali” e di disporre di “una gran quantità di materiale probatorio”.

Intanto, mentre i morti per coronavirus in Colombia superano già gli 11.600, anche l’ex presidente e i suoi due figli sono risultati positivi al Covid-19, e una squadra medica si è recata nella sua tenuta di Cordoba. E, intanto, fervono discussioni, analisi, polemiche e congetture.

“I tiranni vogliono convincerci di essere intoccabili, che possono fare quel che vogliono contro la gente perché tanto non succederà niente – ha scritto il partito Farc -. Però la verità è che per intoccabili che si credano alla fine i popoli trionfano su di loro”.

Ma proprio sulla presenza delle FARC al Congresso, fa leva il Centro Democratico per appoggiare il suo massimo rappresentante, il senatore più votato nella storia del paese, con 875.554 preferenze, e anche l’uomo finora capace di dirimere le contingenze interne. Per difenderlo (e difendersi), il partito sta puntando anche sulla proposta di un’Assemblea Costituente che mira a “riformare la giustizia”, ovviamente a vantaggio delle oligarchie. I senatori del Centro Democratico propongono infatti una Corte unica, vogliono sopprimere la Corte Costituzionale, quella Suprema e il Consiglio di Stato, e eliminare la Giurisdizione Speciale per la Pace (Gep).

Una proposta rifiutata dalle opposizioni, e che lascia tiepido anche il presidente Duke. E anche se Uribe aveva dichiarato che non si sarebbe ricandidato, la sua detenzione si proietta sulle elezioni del 2022. Questa sentenza è da considerarsi un segnale? La carriera politica di Uribe è da considerarsi finita?

Certamente, la forte presenza della sinistra, dimostrata alle ultime elezioni ha scalzato qualche nomina anche in ambito giudiziario, per esempio quella del procuratore Ordinez, il Torquemata di Uribe, e ha conquistato qualche piccola leva di potere. Tuttavia, come la levata di scudi a favore di Uribe sta dimostrando, la forza della destra in una democrazia bloccata, militarizzata e dipendente dagli USA può anche soprassedere al seggio di Uribe, la cui popolarità era d’altronde in discesa.

Questa decisione potrebbe infatti annunciare la volontà delle classi dominanti di cambiare cavallo per prepararsi a gestire un paese ulteriormente squassato da contraddizioni laceranti acuite dalla pandemia. Il giornale di centro-destra, El Tiempo ha dato risalto a un’inchiesta del Centro Nacional de Consultoria (CNC), secondo la quale Duque avrebbe ancora il gradimento del 61% della popolazione. Il dato che emerge, però, è come la maggioranza degli intervistati (il 37%) consideri che il principale problema che affligge il paese non sia la pandemia (prima preoccupazione per il 27%), ma la corruzione. Al terzo posto, i colombiani sono preoccupati per il posto di lavoro, mentre le cifre ufficiali dicono che, nel mese di giugno, nelle 13 città delle aree metropolitane, la disoccupazione è stata del 24,9%, mentre il lavoro informale, il più incerto durante la pandemia, interessa il 46,1%.

Duque è chiamato in causa anche da uno scandalo giudiziario relativo a Samuel David Niño Cataño, pilota personale di Uribe, in prima fila nella campagna elettorale di Duke, scomparso lo scorso 3 dicembre alla frontiera tra Guatemala e Messico, considerato il tramite fra il governo e il narcotrafficante Hernandez Aponte, morto in Brasile, coinvolto nella compravendita di voti per l’elezione di Duque.

Quest’ultimo ha dichiarato che, da quando è andato al governo, nel 2018, a oggi ha estradato oltre 300 narcotrafficanti negli Stati Uniti, e ha rivendicato la decisione di accogliere la presenza di un centinaio di effettivi delle forze speciali statunitensi, anche senza l’autorizzazione del Congresso, prevista per costituzione: “per aiutare la Colombia a combattere il narcotraffico”.

La Brigata d’élite SFAB, allenata a Fort Benning per far fronte a “minacce e fattori destabilizzanti”, già impiegata in altri scenari di guerra in Medioriente e in Africa, è erede della tristemente nota Escuela de Las Americas, dove la Cia allevava i dittatori del Cono Sur.

La SFAB è arrivata a giugno in Colombia, creando il conseguente allarme nella sinistra, a seguito delle dichiarazioni bellicose dell’amministrazione USA contro il governo bolivariano. “È la prima volta che questa brigata lavora con un paese dell’America Latina, un fatto che conferma una volta di più l’impegno degli Stati Uniti con la Colombia, il suo migliore alleato e amico nella regione”, ha scritto in un comunicato la diplomazia USA in Colombia.

Su denuncia del senatore Ivan Cepeda, che ha presentato un ricorso giuridico per la quella “presenza di invasione e ostile sul territorio”, un tribunale ha ordinato la sospensione immediata di quelle attività. Il governo ha fatto però appello, fidando come al solito sulla politica dei fatti compiuti tanto praticata da Trump.

Il ruolo della Colombia di Duque e di Uribe nella destabilizzazione dei processi progressisti della regione è pari a quello svolto da Israele in Medioriente per conto degli Stati Uniti. Le denunce del governo bolivariano, che ha presentato numerose prove, sono state corroborate anche dai quotidiani nordamericani. L’ultimo allarme riguarda il piano per infettare i migranti che tornano in massa in Venezuela. Il sistema sanitario colombiano è al collasso, ma Duque ha respinto l’aiuto dei medici cubani richiesto, invece, dal sindaco di Medellin Daniel Quintero Calle, che ha denunciato come gli ospedali siano allo stremo di fronte alla pandemia.

In Venezuela, così ha commentato Roy Daza, membro della Commissione Affari Internazionali del PSUV: “Abbiamo ripetuto mille volte che la pace in Colombia è la pace del Venezuela e che la pace del Venezuela è la pace della Colombia, e per questo l’unità dei nostri popoli è una delle leve di un futuro solidale e di cooperazione fra le due nazioni. La vittoria della democrazia è opera di senatori coraggiosi come Ivan Cepeda che hanno risposto con fermezza a Uribe, di tutta la leadership democratica colombiana, della crescita elettorale che in modo unitario hanno avuto le forze progressiste nelle elezioni presidenziali, prodotto delle manifestazioni di massa che hanno interessato tutte le regioni della Colombia negli ultimi mesi dell’anno passato e che sono il germe di una nuova democrazia, della pace e della cooperazione, che nasce dalle vene più profonde della Colombia”.

(Articolo scritto per il Cuatro F)

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